dal sito:
http://www.diocesivolterra.it/Pagine/omelie.asp
S.E. Mons. ALBERTO SILVANI
VOLTERRA BASILICA CATT. OGNISSANTI MERCOLEDÌ 1° novembre 2007 (ANNO C)
Noi fin d’ora siamo figli di Dio (1Gv 3,2)
Ap 7,2-4.9-14: Vidi una moltitudine immensa, di ogni nazione.
Sal 23: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
1Gv 3,1-3: Vedremo Dio cosi come egli è.
Mt 5,1-12: Rallegratevi ed esultate, grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Carissimi fratelli e sorelle,
La liturgia di oggi ci presenta come in un grande affresco la nostra realtà futura: una moltitudine immensa, di ogni razza lingua, popolo e nazione, tutti in piedi attorno al trono dell’Agnello per cantare le sue lodi. Un posto privilegiato è riservato ai martiri, a coloro che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello. In questa moltitudine immensa noi possiamo vedere anche i nostri cari defunti che sono morti nel segno della fede. Ma quella che sarà la realtà futura è già iniziata e anticipata qui su questa terra. Ci ha detto l’apostolo: noi fin d’ora siamo figli di Dio, anche se non è ancora rivelato in pieno quello che saremo. Però fin d’ora siamo figli di Dio (1Gv 3,2). E per arrivare alla completezza di questa filiazione con Dio dobbiamo seguire la via delle beatitudini tracciata nel Vangelo. La festa di oggi dunque è la festa della santità della Chiesa, completamente realizzata nei nostri fratelli che già sono giunti a destinazione, già iniziata in noi che fin d’ora siamo figli di Dio e possiamo rivolgerci a lui chiamandolo Padre. “Verso la patria comune noi pellegrini sulla terra affrettiamo nella speranza il nostro cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi nostri fratelli che ci hai dato come amici e modelli di vita” (Liturgia Eucaristica).
La Chiesa è stata scelta dal mondo e santificata dallo Spirito Santo di Dio (1Pt 1,1.2); quindi essa vive nella sfera divina ed è santa anch’essa, è il sacerdozio regale, il popolo santo (1Pt 2,9). Sottratta al mondo, chiamata e trasferita nell’ambito di Dio, la chiesa partecipa della santità di Dio ed è essa stessa santa (At 9,32; Rm 1,7; Ef 1,15; Ap 5,8; …). Infatti Cristo, il Figlio di Dio, il quale col Padre e lo Spirito è proclamato ‘il solo santo’, amò la Chiesa come sua sposa e diede se stesso per essa, al fine di santificarla, l’ha unita a sé come suo corpo e l’ha riempita col dono dello Spirito Santo per la gloria di Dio (Ef 5,25-27). Tutti nella Chiesa sono chiamati alla santità. Vige per lei l’antica prescrizione del Levitico: “Siate santi, perché io sono santo” (Lv 19,2).
La Santità non consiste nell’andare a farsi lapidare dai Turchi o nel baciare un lebbroso sulla bocca (P. CLAUDEL, L’Annoce à Marie, prologo), ma nel fare la volontà di Dio senza indugi, sia che si resti al nostro posto, sia che si salga più in alto. La santità è la gioia. Dire di qualcuno che è santo significa semplicemente dire che, attraverso la sua vita, si è rivelato un meraviglioso conduttore di gioia, come di un metallo si dice che è buon conduttore quando lascia passare il calore senza dispersione, come di una madre si dice che è una buona madre quando si lascia divorare dalla fatica per i figli. In ogni tempo come in ogni razza, la grazia riesce a creare sempre nuovi santi, che possono essere provvisoriamente intaccati , ma che nonostante gli attacchi resistono, perché sono aiutati dalla grazia.
Lo Spirito Santo scrive nel cuore e nella vita di ogni battezzato un progetto d’amore e di grazia, che solo può dare senso pieno all’esistenza, e aprire la via alla libertà dei figli di Dio. Lo Spirito Santo non solo aiuta a mettersi in sincerità davanti ai grandi interrogativi del proprio cuore (da dove vengo, dove vado, chi sono, qual è il fine della vita, come impegnare il mio tempo), ma ci abilita all’offerta del proprio personale e insostituibile contributo al progresso dell’umanità sulla via delle giustizia e della verità, ed apre la strada a risposte coraggiose nella vita consacrata. La scoperta che ciascun uomo e donna ha il suo posto nel cuore di Dio e nella storia dell’umanità costituisce il punto di partenza per una nuova cultura vocazionale.
La ragione più alta della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l’uomo è invitato al dialogo con Dio: esiste infatti perché creato per amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato (GS 19). La paralisi della paura di fronte alle difficoltà è sempre dietro l’angolo. Questo forse è il maggiore ostacolo alla vocazione in tanti giovani che istintivamente sarebbero disposti a rispondere sì a una chiamata esigente ma entusiasmante: quella di essere Diaconi o Presbiteri nella Chiesa. Eppure il considerare la vita come vocazione favorisce la libertà interiore, stimola nel soggetto la voglia di futuro, lo porta a rifiutare una concezione dell’esistenza passiva, noiosa, banale. La vita assume così il valore di dono ricevuto che tende per natura sua a divenire bene donato. Scriveva il beato Pier Giorgio Frassati: “Vivere senza fede, senza grandi ideali da difendere, senza sostenere la verità lottando con coraggio, non è vivere, ma far finta di vivere. Noi non dobbiamo far finta di vivere, ma vivere”. Questo dunque l’augurio che ci scambiamo: la vocazione alla santità si concretizzi in una vita donata a Dio e ai fratelli.