L’amore non si difende

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L’amore non si difende

La debolezza della Chiesa, la sua fragilità, il deprezzamento di cui è fatta oggetto è la sua grande forza. «L’uomo non sperimenta mai la potenza divina nel riposo e nella quiete», dice Isacco il Siro. Solo quando i segni tangibili della vita umana della Chiesa, cioè gli idoli della vita sono messi a morte, solo allora essa si apre all’amore personale verso lo Sposo. In questo caso la nostra speranza non sono i nostri successi umani ma solamente la vita divina, la pienezza della vita che ci è data da Cristo, l’unione di Dio con l’uomo attraverso l’eucaristia, l’ascesi, i sacramenti, che non cessano mai di agire, neppure nei tempi più desolanti di decadenza. Lo scandalo della morte può armare la nostra mano dell’inefficace spada dell’utopia storica, ma ci può anche rivelare il volto della vita, disarmarci fino al dono totale di noi stessi nell’amore. In questo secondo caso il frutto è la risurrezione. Nel primo, invece, è l’orecchio mozzato di un certo servo: l’orecchio di Malco. «Simone Pietro che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco» (Gv 18, 10). La croce di Cristo, il mistero della morte e della risurrezione, sarà sempre il principio e la fine, l’alfa e l’omega della vita della Chiesa, ma anche della nostra vita personale e della storia del nostro mondo. Chi vuol vivere deve rimettere la spada nel fodero, deve «perdere» la propria vita per poterla «salvare», deve «rinunciare a se stesso e caricarsi della propria croce» (Lc 9,23). Accettare la croce, la morte volontaria di ogni certezza fondata su noi stessi; non mettere nessuna speranza nel potere, nella virtù, nel prestigio, nell’attività, nell’efficacia umana: ecco, qui sta la potenza suprema, l’efficacia massima della vita. Isacco il Siro, che aveva un’esperienza effettiva di questo perdersi salvifico, ci assicura che «nulla è più potente del disperare: nulla lo può vincere. Quando l’uomo giunge a non confidare più in se stesso, ogni audacia diventa possibile…». Questa libertà vertiginosa della morte, questa potenza illimitata del non riporre più fiducia in se stessi può essere vissuta solamente nello spazio di una vicenda d’amore. Ogni amore autentico è una morte, è un disperare di tutto ciò che non è l’amato. Ecco perché il mistero della morte e della risurrezione può essere vissuto unicamente se riferito al volto dello Sposo della Chiesa. É lo Sposo a fare il primo passo in questa vicenda d’amore: «É lui che per primo si è innamorato di noi… di noi che eravamo suoi nemici e avversari… E non solo si è innamorato, ma per noi si è umiliato, è stato schiaffeggiato, crocifisso, è stato annoverato fra i morti e, in tutto questo, ha manifestato il suo amore per noi» (Fozio). Evitare questa morte con qualche stratagemma terreno, con la spada – non importa quale – di una difesa a breve respiro, significa escludersi dalla camera nuziale, significa mettere la fiducia nell’illusione di un successo che null’altro è se non l’orecchio mozzato di un certo servo: l’orecchio di Malco.

Ch. Yannaras, L’oreille deMalchus, pp. 197-199.

D. Ruberval Monteiro da Silva OSB

Mosteiro da Ressurreição

Publié dans : meditazioni |le 23 octobre, 2010 |Pas de Commentaires »

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