Nel palmo della mano (di Luigi Verdi)
dal sito:
http://www.romena.it/Giornalino/2008-4/pagina04.htm
Nel palmo della mano (di Luigi Verdi)
Spesso ciò che ci è familiare non lo conosciamo, perché è sempre sotto i nostri occhi e perché l’enfasi eccessiva delle ripetizioni rende scontati i modi di fare, gli atteggiamenti e gli obiettivi.
Gli aspetti per noi più importanti delle cose sono nascosti dalla loro semplicità e quotidianità. Minima Moralia di Adorno, uno dei più bei libri scritti sulla vita quotidiana, aveva come sottotitolo “Riflessioni di una vita offesa”. La vita quotidiana è così il teatro di una tensione costante, un insieme di pratiche, di ambienti, di relazioni. Ci si attrezza a vivere con l’incertezza, elaborando volta a volta strategie utili a eliminare dall’orizzonte ciò che procura ansia.
In questa vita offesa, se vogliamo rimane in piedi e non essere travolti, dobbiamo prendere esempio dallo stile di vita del monaco e dell’artigiano. Per loro prioritario è il presente, il Kairòs, che vuol dire armonia. Il monaco e l’artigiano si incarnano nel presente, lo attraversano, per trovare la misura giusta dell’armonia e cercare una saggezza che renda abitabile questa nostra vita terrena. Il vivere intensamente il presente li porta a conquistare se stessi, uscire da sé e affrontare il mondo.
Oggi la nostra vita è un continuo migrare e migrare è sempre smantellare il centro del mondo per entrare in un mondo perduto e disorientato di frammenti. Dio è sempre molto attento ai dettagli e ai frammenti: agli occhi, ai gesti, a come si fanno e si dicono le cose, al granello di senape, alla pecora perduta, allo spicciolo della vedova. In ogni momento di frantumazione e di crisi Dio ci chiede di partire dai frammenti e dai dettagli per riprendere il cammino e la nostra dignità.
L’attenzione ai particolari appartiene a uno stile di vita orientato alla profondità e all’interiorità; un dettaglio è ciò che fa commuovere, è ciò che fa innamorare o che ci fa perdere per un momento nella vertigine dell’infinito.
Oggi dobbiamo tornare a scegliere e smettere di vivere per contrarietà, perché senza una storia di scelte nessuna dimora può essere una casa. Dopo l’anno di pausa che mi aiutò ad attraversare la crisi senza scappare, decisi di tornare. Dovevo scegliere un luogo per abitare e la scelta di Romena non è stata una scelta di gusto, ma di intuizione, è stata eleggere un luogo in cui le due linee della vita si incrociavano. Ad abitare un luogo così intensamente, dopo un po’ senti che l’amore non è un luogo, ma un modo di vivere, e la tua casa non è più l’abitare, ma la storia non detta di una vita vissuta.
Ogni fiore, casa, amore, lavoro è iniziato dal palmo di una mano.
All’inizio di Romena in falegnameria creavo icone, ma anche tavoli e altri oggetti per arredare la casa, e tutto partiva dal palmo della mia mano. Accoglievo chiunque attento ai dettagli e tutto partiva dal palmo della mia mano; il palmo della mano era il crocevia delle due linee, io e Dio, io e l’altro.
Dobbiamo tornare ad abitare la vita per far sì che non si ripeta la triste liturgia delle stesse parole e dei gesti di chi consuma. Abitare la vita è permettere all’altro di abitare con te in un “luogo” che non pretende una chiarezza senza ombra, un’identità senza divenire, un posto fisso.
L’altro in noi deve restare di carne, vivo, mobile, senza mai trasformarlo in un’idea; bisogna scoprire i gesti o le parole che toccano l’altro nella sua alterità. Abitare è essere capaci di risparmiare in noi un luogo non solo per l’altro, ma per la relazione con lui, creare uno spazio libero in cui ciascuno si possa sentire a casa.
La pelle del palmo ha memoria tenace
Erri De Luca
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