Il tuo volto Signore io cerco
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Il tuo volto Signore io cerco
di Rebecca Nazzaro
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Il tuo volto Signore io cerco
di Rebecca Nazzaro
L’uomo non è che una canna – ci dice Pascal – l’essere più debole della natura; ma allo stesso tempo più nobile, perché è consapevole di quello che avviene attorno a lui; la natura, invece, non sa nulla. Tutta la nostra dignità sta dunque nel pensiero. Diventare pienamente uomini, allora, significa anche e soprattutto, come dice Pascal, «lavorare a ben pensare», farsi coraggiosi esploratori della verità, liberamente interrogarsi e rigorosamente tentare di argomentare.
La fatica della riflessione e il ristoro della conoscenza, l’uso della ragione come di un principio che mette ordine nella massa confusa della realtà, come un filo che intrecciandosi va componendo un tessuto, non solo aiutano ad avvicinarsi alla fede, ma sono anche un’altra possibile forma attraverso la quale ci è dato di incontrare il bello.
Nella Sacra Scrittura troviamo più volte espresso l’invito ad approfondire la fede attraverso la conoscenza: «La sapienza tutto conosce e tutto comprende» (Sap 9, 11); «E’ gloria di Dio nascondere le cose, è gloria dei re investigarle» (Pro 25, 2). «Beato l’uomo che medita sulla sapienza e ragiona con l’intelligenza, considera nel cuore le sue vie, ne penetra con la mente i segreti. La insegue come uno che segue una pista, si apposta sui suoi sentieri» (Sir 14, 20-22).
La fede, dunque, non teme la ragione, ma la ricerca e in essa confida; lo dimostrano esempi di “appassionate della verità”, come Edith Stein e Santa Teresa d’Avila, donne che si sono esercitate senza risparmio nell’approfondire l’intelligenza della fede e che a lungo hanno indugiato sul “senso dell’oltre”.
Arriva, però, un punto in cui la ragione si ferma come stupita davanti ad una soglia, ad un mistero che sempre la supera, non irrazionale ma “soprarazionale”, è necessario allora con umiltà mettere da parte i propri schemi e ragionamenti umani, perché i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri, le nostre vie non sono le Sue vie (cfr. Is 55,8), e affidarsi alle ragioni della fede come un bambino si abbandona nelle braccia di sua madre. La fede, pur fondandosi sulla ragione, va oltre e penetra nel mistero di Dio, fino a contemplare il Suo Volto: “il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto” (Sal 27, 8-9). Il mondo, infatti, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto il volto di Dio, per questo “è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio” (I Cor 1, 21-24).
Sono, queste, parole che, oggi, s’impongono come ancora più necessarie, contro una ragione ricurva su di sé, che ha preteso di farsi autosufficiente, diventando in questo modo superba e rapace, nella convinzione di poter tutto svelare e tutto inquadrare in equazioni granitiche. A questa ragione si contrappone il vero volto di Dio, che si rivela in Gesù Crocifisso, morto e risorto. Gesù contrappone ai ragionamenti di questo mondo la logica inerme dell’amore, che sulla Croce sembra soccombere, ma in realtà vince, perché dal suo costato trafitto fiumi di misericordia sgorgano su tutta l’umanità per liberarla dal peccato e dalla morte.
2 aprile 2008

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