IL SIGNORE HA DATO, IL SIGNORE HA TOLTO» (Giob. 1,21)
dal sito:
http://www.atma-o-jibon.org/italiano6/letture_patristiche_i.htm#
IL SIGNORE HA DATO, IL SIGNORE HA TOLTO» (Giob. 1,21)
San Gregorio Magno *
San Gregorio Magno (540-604) fu successivamente prefetto della città di Roma, monaco e fondatore di monasteri, diacono e legato a Costantinopoli, ed infine papa in un contesto storico molto fosco. Questo grande mistico, che conservò sempre in cuore la nostalgia della sua vita monastica, seppe essere un pastore ammirevole. I suoi scritti spirituali hanno profondamente influenzato la pietà medioevale.
Dopo aver perduto tutti i suoi beni e tutti i suoi figli, Giobbe si alzò, si stracciò le vesti, si rase il capo e, prostrandosi a terra, adorò (cfr. Giob. 1, 20). Lo stracciarsi le vesti, il gettarsi a terra col capo raso, mostrano bene che egli sentiva il dolore di queste sventure. Ma quell’«adorò» che vi si aggiunge sta a testimoniare che, sia pure nel dolore, egli non si ribellava contro la decisione di chilo colpiva. Ascoltiamo quello che disse allora: Nudo sono uscito dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò (Giob. 1, 21)… Poiché per volontà del Signore era stato privato di tutto, per poter conservare la pazienza si richiamò alla mente il tempo in cui non possedeva ancora nulla di ciò che aveva perduto; e così il pensiero di non aver avuto, una volta, nessuno di quei beni, mitiga il dolore di averli perduti. E’ infatti una consolazione grande, quando perdiamo i nostri beni, ricordarci del tempo in cui non li possedevamo.
Poiché la terra ci ha generati tutti, non è sbagliato chiamarla nostra madre. Per questo la Scrittura dice: Un giogo pesante grava sui figli di Adamo, dal giorno della uscita dal seno della loro madre, fino al giorno del ritorno alla madre dI’ tutti (Eccli. 40, 1). E il beato Giobbe, per piangere, sì, ma nella pazienza, quello che ha perduto in questo mondo, considera attentamente lo stato in cui era quando vi giunse; e, per potersi mantenere più sicuramente in un atteggiamento di pazienza, pensa con un’attenzione ancora più grande allo stato in cui lo lascerà: Nudo sono uscito dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. E’ come se dicesse: la terra mi ha portato alla luce nudo al mio ingresso nel mondo, la terra mi accoglierà nudo quando lo abbandonerò. Mi è stato tolto quel che avevo ricevuto e che dovevo lasciare: che cosa ho dunque perduto che fosse realmente mio?
E siccome la consolazione non ci deve venire soltanto dal pensiero del nostro stato, ma anche dalla considerazione della giustizia del nostro Creatore, ben a ragione Giobbe continua così: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come piacque al Signore, così è avvenuto (Giob. 1, 21 Vulg.). Quest’uomo aveva perduto tutto per la tentazione dell’avversario; ma sapendo che Satana non avrebbe avuto il potere di tentarlo senza il permesso di Dio, non disse: «Il Signore ha dato, il diavolo ha tolto»; ma: 1/ Signore ha dato, il Signore ha tolto. Forse ci sarebbe stato motivo di lamentarsi se quel che il Creatore gli aveva dato, il nemico gliela avesse portato via; ma siccome chi ha tolto è proprio colui che ha dato, egli non ha portato via cose nostre: si è soltanto ripreso le sue. Se da lui infatti riceviamo i beni di cui facciamo uso in questa vita, perché lamentarci se egli vuole che restituiamo quello che nella sua bontà ci aveva prestato?…
Ascoltiamo ora Giobbe che conclude la sua preghiera lodando il suo giudice con queste parole di benedizione: Sia benedetto il nome del Signore (Giob. 1,21). Questo benedire il Signore è come la conclusione di tutto ciò che Giobbe ha pensato di giusto… Quest’uomo, anche quando è percosso da Dio, gli innalza un inno di gloria.
* Moralia, Il, 29-32: PL 75,569-571.

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