Archive pour le 22 septembre, 2010

La première Pâque juive – Bellini: preparation pour Pessah

La première Pâque juive - Bellini: preparation pour Pessah dans immagini sacre 15%20BELLINI%20PREPARATION%20POUR%20PESSAH%20B

http://www.artbible.net/1T/Exo1201_Passover_source/index.htm

Publié dans:immagini sacre |on 22 septembre, 2010 |Pas de commentaires »

Gianfranco Ravasi – Quattro scritti su Maria

dal sito:

http://www.tanogabo.it/religione/ravasi_maria.htm

Gianfranco Ravasi – Quattro scritti su Maria

LA DONNA E IL DRAGO

Il 15 agosto, nella celebrazione eucaristica dell’Assunzione di Maria al cielo, si legge una delle pagine più celebri dell’Apocalisse, il capitolo 12 che comincia così: «Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle…». L’intero capitolo è dominato anche da un altro “segno”, quello dell’enorme drago rosso con sette teste e dieci corna e alle teste sette diademi», ed è tutto intarsiato di allusioni a testi biblici. Avremo occasione di ritornare altre volte sull’Apocalisse, un libro di grande fascino ma vittima di molti equivoci nella sua corretta interpretazione.
Ora fissiamo il nostro sguardo su quella tavola pittorica quale sembra essere la raffigurazione della donna ammantata della luce del sole come lo è Dio nel Salmo 104,2. Una tavola letteraria che è diventata infinite volte dipinto nella storia dell’arte. Di fronte all’immagine mirabile della donna fasciata di luce, sospesa sulla luna, coronata da una costellazione di dodici astri, allusione alle tribù d’Israele e agli apostoli, potremmo domandarci come si fa nel Cantico dei Cantici davanti a una figura simile: «Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, splendente come il sole?» (6,10). Numerose sono le risposte date nei secoli dai lettori dell’Apocalisse.
La più comune in ambito cristiano tradizionale è quella che identifica nella donna Maria che genera il Cristo. Il primo a proporla fu sant’Epifanio, vescovo di Salamina nell’isola di Cipro, ma nato nei pressi di Gaza in Palestina attorno al 315. Petrarca inizia così una sua famosa canzone alla Vergine: «Vergine bella, che di so! vestita, / coronata di stelle, al sommo Sole / piacesti sì che ‘n te sua luce ascose…». E Savonarola in un sonetto a Maria cantava:
«Salve, Regina, virgo gloriosa, ne la cui fronte e! Sol soa luce prende…». E così via in centinaia e centinaia di testimonianze della letteratura cristiana, dell’arte, della liturgia e della pietà popolare d’Occidente e d’Oriente, fino appunto alla liturgia dell’Assunzione.
In realtà il pensiero di Giovanni — che, tra l’altro, più avanti ci presenterà due altre donne, simboli di altrettante città, la Prostituta Babilonia e la Sposa Gerusalemme — è probabilmente orientato in altra direzione. Alcuni ipotizzano che si tratti di una personificazione di Gerusalemme o della Sapienza divina oppure di Eva, la prima madre, dalla quale deriva l’intera umanità a cui è promessa la salvezza (vedi Genesi 3,15). Ma è più corretto pensare che in questa donna, per l’autore dell’Apocalisse, si intreccino due figure: da un lato, l’Israele fedele, sposa di Dio (Osea 2; Isaia 54), dalla quale proviene Gesù Messia; d’altro lato, la Chiesa che lotta per mantenersi fedele a Dio che la libera del Male: al suo interno Cristo nasce continuamente attraverso la parola evangelica e l’eucaristia. È appunto per questo che essa è raffigurata come incinta e pronta a generare un figlio contro il quale si scatenerà la violenza del drago color rosso sangue.

IL MONDO ASPETTA LA VISITA DI MARIA

Dalla Gerusalemme ebraica moderna una strada conduce a un sobborgo immerso in un panorama dolce e fresco.
Il suo nome è Am Karim, che significa “sorgente della vigna”.
Da una fonte un viottolo ci porta a un santuario francescano, eretto nel 1939 su vestigia di edifici precedenti bizantini e crociati.
Il nome di questo santuario evoca un episodio evangelico, la Visitazione della Vergine Maria a Elisabetta (Luca 1,39-45).
Eravamo già stati in pellegrinaggio ideale a questo luogo quando abbiamo presentato una pagina bella dei Vangeli, il Magnflcat che risuona, proprio in occasione di quella visita, sulle labbra di Maria. Siamo ritornati qui a parlare ora di altre parole “belle”: è la “benedizione” che Elisabetta pronunzia vedendo apparire davanti a sé la parente di Galilea, Maria. Incinta di Giovanni Battista, essa proclama: «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!» (1,42).
Ebbene, come tutti sanno, queste parole sono state intrecciate con quelle pronunziate dall’angelo Gabriele nell’annunciazione di Maria, un episodio narrato anch’esso da Luca: «Rallegrati, o piena di grazia, il Signore è con te» (1,28). L’intreccio ha dato origine al nucleo fondamentale della più celebre preghiera mariana, l’Ave Maria. Abbiamo voluto evocarla dopo aver puntato nelle scorse settimane la nostra attenzione alla preghiera cristiana per eccellenza, il Padre nostro. L.a seconda parte
dell’Ave Marta — che in questo mese dedicato dalla devozione popolare al Rosario ha un significato particolare — è invece attribuita al papa Celestino I, che in occasione del Concilio di Efeso (431) difese la divina maternità di Maria contro Nestorio.
La preghiera fu definitivamente fissata nella forma che noi oggi usiamo nel XVI secolo da san Pio V, e da allora ebbe infinite trascrizioni musicali: Tomas da Victoria, Schubert, Gounod, Bruckner, Liszt (ne compose sei!), Verdi (tre, delle quali la più celebre è intonata da Desdemona nell’ultimo atto dell’Otello), Kodaly, il cantante francese Georges Brassens, Claude Ballif (Chapelet, cioè “rosario”) e così via elencando. Anche un poeta ateo come Louis Aragon nella sua opera Museo Grévin faceva ripetere l’Ave Maria ai prigionieri di Auschwitz. E tutta la storia di Maria, da quell’inizio sorprendente nella sua modesta casa di Nazaret, è stata trascritta in modo “laico” e per molti versi “scandaloso” dal film Je vous salue Maria dijean-Luc Godard (1985).
Noi, invece, sostiamo davanti alla scena dell’Annunciazione, immortalata dal Beato Angelico nell’affresco del convento di S. Marco a Firenze, con le parole di san Bernardo: «L’angelo aspetta la tua risposta, Maria! Stiamo aspettando anche noi, Signora, questo tuo dono, che è dono di Dio. Rispondi presto, o Vergine! Pronunzia, Signora, la parola che terra e inferi e persino il cielo aspettano!».

RALLEGRATI, MARIA!

Aveva un volto bellissimo, un profilo ideale per interpretare il fra Cristoforo dei Promessi sposi: ho conosciuto a Gerusalemme padre Bellarmino Bagatti, francescano e archeologo.
Fu lui a isolare all’interno di una modesta casa di Nazaret del I-Il secolo un graffito che recava le lettere greche XE MAPIA, cioè « Ave Maria, Rallegrati Maria, le parole che l’angelo Gabriele rivolge alla futura madre di Gesù nel racconto dell’annunciazione secondo Luca (1,26-38).
Modellata sui racconti biblici degli annunzi di nascita di personaggi importanti come Sansone o il re-Emmanuele (Isaia 7,10-17), questa pagina evangelica dolce e intensa ha al centro una vera e propria professione di fede cristologica: «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce, Io chiamerai Gesù. Sarà grande e sarà chiamato figlio dell’Altissimo.
Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine…
Lo Spirito Santo scenderà su di te, la potenza dell’Altissimo stenderà su te la sua ombra; colui che nascerà da te sarà santo e chiamato Figlio di Dio» (1,32-35).
Noi tutti abbiamo in mente la scena dell’annunciazione con i colori teneri ed estatici del Beato Angelico nel convento di San Marco a Firenze. Nell’ultimo dei suoi Canti spirituali il grande poeta tedesco Novalis (1772-1801)
confessava però una sensazione che era di tutti:
«In mille immagini, Maria, ti vedo / amabilmente ritratta. / Ma nessuna di esse può fissarti / come ti vede la mia anima».
È per questo che si sono moltiplicate non solo le Annunciazioni pittoriche, ma anche quelle letterarie (ad esempio, L’annuncio a Maria di Paul Claudel, 1912) e musicali (L’Angelo a Maria di Mussorgskij e Cajkovskij, 1887).
Il saluto dell’angelo ha generato l’Ave Maria, la preghiera mariana più popolare, ininterrottamente ripetuta nella forma che fu codificata definitivamente, così come oggi è recitata, da papa Pio V nel ’500, preghiera musicata infinite volte.
Una preghiera deformata in quella terribile e disperata ripresa dello scrittore americano Hemingway: «Ave, Nulla, pieno di nulla, il nulla sia con te!». Ma alla sostanza teologica che sta nel cuore di questa invocazione
sono state dedicate tante riflessioni.
Ne scegliamo due molto lontane tra loro, eppure entrambe suggestive.
San Bernardo nel XII secolo si rivolgeva così a Maria: «L’angelo aspetta la tua risposta, o Maria! Stiamo aspettando anche noi, Signora, questo tuo dono, che è dono di Dio. Sta nelle tue mani il prezzo del nostro riscatto.
Rispondi presto, o Vergine! Pronunzia, o Signora, la parola che terra e inferi e persino il cielo aspettano!».
L’altra testimonianza è del filosofo tedesco Johann G. Fichte che nel 1786 esclamava:
«Ci sembra poco che fra tutti i milioni di donne della terra soltanto Maria fosse l’unica eletta che doveva partorire l’Uomo-Dio Gesù?
Ci sembra poco l’esser madre di Colui grazie al quale l’uomo sarebbe divenuto un’immagine della divinità e l’erede di tutte le sue beatitudini?».

ANNA LA STERILE CONCEPISCE MARIA

Nell’antico santuario di Silo la folla si sta accalcando per una festa, forse quella autunnale delle Capanne, la solennità della vendemmia. Il sacerdote-capo, Eli, controlla che tutto si svolga con compostezza. All’improvviso nota una donna che, in disparte, prega muovendo le labbra ma senza emettere voce, come è prescritto per la preghiera pubblica. La sua reazione è dura: egli sospetta che la festa dell’uva abbia avuto qualche conseguenza e apostrofa la donna con asprezza. Le dice: « Fino a quando rimarrai ubriaca? Liberati dal vino che hai bevuto! ».
Ma quella donna, profondamente infelice, gli replica: « No, io sono solo una donna affranta e non ho bevuto vino né altra bevanda inebriante, ma sto solo sfogandomi davanti al Signore! ». Protagonista di questo piccolo dramma, che si svolge nell’XI secolo a.C., è Anna, un nome che in ebraico evoca il chinarsi amoroso e « grazioso » di Dio sulla sua creatura.
A prima vista questo nome sembra essere smentito dalla storia di chi lo porta: Anna è la moglie sterile di Elkana, un uomo delle montagne centrali della Terrasanta. In Oriente la donna sterile era considerata un ramo secco e inutile ed èper questo che il dolore di Anna è così intenso, anche se suo marito non le fa pesare questa sua situazione.
Abbiamo introdotto Anna nella nostra galleria di personaggi biblici perché la liturgia di questa domenica è dominata proprio dal tema della preghiera. E Anna è una sorta di simbolo dell’orante, tant’è vero che a lei dobbiamo anche uno splendido cantico che è citato nel capitolo 2 del secondo Libro di Samuele. Sì, perché alla fine Dio si chinerà su questa sua fedele e le donerà la grazia di un figlio, compiendo in tal modo il significato del nome « Anna ». L’inno di ringraziamento intonato dalla donna è, in realtà, un salmo autonomo di taglio regale-messianico (in finale si esalta il re e il Messia).
Tuttavia ben s’adatta alla situazione di Anna il cui grembo sterile, simile a una tomba, è fatto germogliare di vita: « La sterile ha partorito sette volte e la ricca di figli è sfiorita. il Signore fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire » (versetti 5-6).
Ma c’è di più. Questo cantico è stato definito il Magnifìcat dell’Antico Testamento non solo per il suo avvio che lo
rende simile al ben noto inno di Maria (il mio cuore esulta nel Signore… »), ma anche perché la madre di Gesù modellerà la sua preghiera di lode proprio su questo canto antico. Si legga, perciò, subito dopo il salmo di Anna, il Magnifìcat di Maria (Luca 1,45-55).
Forse è anche per questo che la tradizione cristiana ha attribuito alla madre di Maria il nome di Anna (che festeggeremo il prossimo 26 luglio). Il figlio della prima Anna sarà il grande profeta e sacerdote Samuele e il nome « Anna » sarà portato dalla moglie di Tobia e da una vedova di 84 anni che nel tempio di Gerusalemme accoglierà il neonato Gesù (Luca 2,36-38).
Diverrà anche un nome maschile perché in pratica Anna è in ebraico il diminutivo di « Giovanni » e « Anania ». Così, si chiamerà Anna il sommo sacerdote coinvolto nel processo di Gesù, anche se non più in carica (Giovanni 18,12-24).

Publié dans:CAR. GIANFRANCO RAVASI, Maria Vergine |on 22 septembre, 2010 |Pas de commentaires »

BENEDETTO XVI TRACCIA UN BILANCIO DEL SUO VIAGGIO NEL REGNO UNITO

dal sito:

http://www.zenit.org/article-23809?l=italian

BENEDETTO XVI TRACCIA UN BILANCIO DEL SUO VIAGGIO NEL REGNO UNITO

ROMA, mercoledì, 22 settembre 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo dell’intervento pronunciato da Benedetto XVI questo mercoledì durante l’Udienza generale tenutasi in piazza San Pietro.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa si è soffermato sul suo recente viaggio apostolico nel Regno Unito.

* * *
Cari fratelli e sorelle!
Oggi vorrei soffermarmi a parlare del viaggio apostolico nel Regno Unito, che Dio mi ha concesso di compiere nei giorni scorsi. E’ stata una visita ufficiale e, in pari tempo, un pellegrinaggio nel cuore della storia e dell’oggi di un popolo ricco di cultura e di fede, qual è quello britannico. Si è trattato di un evento storico, che ha segnato una nuova importante fase nella lunga e complessa vicenda delle relazioni tra quelle popolazioni e la Santa Sede. Scopo principale della visita era quello di proclamare beato il Cardinale John Henry Newman, uno dei più grandi inglesi dei tempi recenti, insigne teologo e uomo di Chiesa. In effetti, la cerimonia di beatificazione ha rappresentato il momento preminente del viaggio apostolico, il cui tema era ispirato al motto dello stemma cardinalizio del beato Newman: « Il cuore parla al cuore ». E nelle quattro intense e bellissime giornate trascorse in quella nobile terra ho avuto la grande gioia di parlare al cuore degli abitanti del Regno Unito, ed essi hanno parlato al mio, specialmente con la loro presenza e con la testimonianza della loro fede. Ho potuto infatti constatare quanto l’eredità cristiana sia ancora forte e tuttora attiva in ogni strato della vita sociale. Il cuore dei britannici e la loro esistenza sono aperti alla realtà di Dio e vi sono numerose espressioni di religiosità che questa mia visita ha posto ancora più in evidenza.
Sin dal primo giorno della mia permanenza nel Regno Unito, e durante tutto il periodo del mio soggiorno, ovunque ho ricevuto una calorosa accoglienza da parte delle Autorità, degli esponenti delle varie realtà sociali, dei rappresentanti delle diverse Confessioni religiose e specialmente della gente comune. Penso in modo particolare ai fedeli della Comunità cattolica e ai suoi Pastori, che, pur essendo minoranza nel Paese, sono largamente apprezzati e considerati, impegnati nell’annuncio gioioso di Gesù Cristo, facendo splendere il Signore e facendosi sua voce specialmente tra gli ultimi. A tutti rinnovo l’espressione della mia profonda gratitudine, per l’entusiasmo dimostrato e per l’encomiabile solerzia con cui si sono adoperati per la riuscita di questa mia visita, il cui ricordo conserverò per sempre nel mio cuore.
Il primo appuntamento è stato a Edimburgo con Sua Maestà la Regina Elisabetta II, che, unitamente al suo Consorte, il Duca di Edimburgo, mi ha accolto con grande cortesia a nome di tutto il popolo britannico. Si è trattato di un incontro molto cordiale, caratterizzato dalla condivisione di alcune profonde preoccupazioni per il benessere dei popoli del mondo e per il ruolo dei valori cristiani nella società. Nella storica capitale della Scozia ho potuto ammirare le bellezze artistiche, testimonianza di una ricca tradizione e di profonde radici cristiane. A questo ho fatto riferimento nel discorso a Sua Maestà e alle Autorità presenti, ricordando che il messaggio cristiano è diventato parte integrante della lingua, del pensiero e della cultura dei popoli di quelle Isole. Ho parlato anche del ruolo che la Gran Bretagna ha svolto e svolge nel panorama internazionale, menzionando l’importanza dei passi compiuti per una pacificazione giusta e duratura nell’Irlanda del Nord.
L’atmosfera di festa e gioia creata dai ragazzi e dai bambini ha allietato la tappa di Edimburgo. Trasferitomi poi a Glasgow, città impreziosita da incantevoli parchi, ho presieduto la prima Santa Messa del viaggio proprio nel Bellahouston Park. E’ stato un momento di intensa spiritualità, molto importante per i cattolici del Paese, anche in considerazione del fatto che in quel giorno ricorreva la festa liturgica di san Ninian, primo evangelizzatore della Scozia. A quell’assemblea liturgica riunita in attenta e partecipe preghiera, resa ancor più solenne da melodie tradizionali e canti coinvolgenti, ho ricordato l’importanza dell’evangelizzazione della cultura, specialmente nella nostra epoca in cui un pervasivo relativismo minaccia di oscurare l’immutabile verità sulla natura dell’uomo.
Nella seconda giornata ho iniziato la visita a Londra. Qui, ho incontrato dapprima il mondo dell’educazione cattolica, che riveste un ruolo rilevante nel sistema di istruzione di quel Paese. In un autentico clima di famiglia ho parlato agli educatori, ricordando l’importanza della fede nella formazione di cittadini maturi e responsabili. Ai numerosi adolescenti e giovani, che mi hanno accolto con simpatia ed entusiasmo, ho proposto di non perseguire obiettivi limitati, accontentandosi di scelte comode, ma di puntare a qualcosa di più grande, vale a dire la ricerca della vera felicità, che si trova soltanto in Dio. Nel successivo appuntamento con i responsabili delle altre religioni maggiormente rappresentate nel Regno Unito, ho richiamato l’ineludibile necessità di un dialogo sincero, che ha bisogno del rispetto del principio di reciprocità perché sia pienamente fruttuoso. Al tempo stesso, ho evidenziato la ricerca del sacro come terreno comune a tutte le religioni sul quale rinsaldare amicizia, fiducia e collaborazione.
La visita fraterna all’Arcivescovo di Canterbury è stata l’occasione per ribadire il comune impegno di testimoniare il messaggio cristiano che lega Cattolici e Anglicani. E’ seguito uno dei momenti più significativi del viaggio apostolico: l’incontro nel grande salone del Parlamento britannico con personalità istituzionali, politiche, diplomatiche, accademiche, religiose, esponenti del mondo culturale e imprenditoriale. In quel luogo così prestigioso ho sottolineato che la religione, per i legislatori, non deve rappresentare un problema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale al cammino storico e al dibattito pubblico della nazione, in particolare nel richiamare l’importanza essenziale del fondamento etico per le scelte nei vari settori della vita sociale.
In quel medesimo clima solenne, mi sono poi recato nell’Abbazia di Westminster: per la prima volta un Successore di Pietro è entrato nel luogo di culto simbolo delle antichissime radici cristiane del Paese. La recita della preghiera dei Vespri, insieme alle diverse comunità cristiane del Regno Unito, ha rappresentato un momento importante nei rapporti tra la Comunità cattolica e la Comunione anglicana. Quando insieme abbiamo venerato la tomba di sant’Edoardo il confessore, mentre il coro cantava: « Congregavit nos in unum Christi amor », abbiamo tutti lodato Dio, che ci conduce sulla via della piena unità.
Nella mattinata di sabato, l’appuntamento con il Primo Ministro ha aperto la serie di incontri con i maggiori esponenti del mondo politico britannico. E’ seguita la celebrazione eucaristica nella Cattedrale di Westminster, dedicata al Preziosissimo Sangue di Nostro Signore. E’ stato uno straordinario momento di fede e di preghiera – che ha anche evidenziato la ricca e preziosa tradizione di musica liturgica « romana » e « inglese » – a cui hanno preso parte le diverse componenti ecclesiali, spiritualmente unite alle schiere di credenti della lunga storia cristiana di quella terra. Grande è la mia gioia per aver incontrato un gran numero di giovani che partecipavano alla Santa Messa dall’esterno della Cattedrale. Con la loro presenza carica di entusiasmo ed insieme attenta e trepida, essi hanno dimostrato di voler essere i protagonisti di una nuova stagione di coraggiosa testimonianza, di fattiva solidarietà, di generoso impegno a servizio del Vangelo.
Nella Nunziatura Apostolica ho incontrato alcune vittime di abusi da parte di esponenti del Clero e dei religiosi. E’ stato un momento intenso di commozione e di preghiera. Poco dopo, ho incontrato anche un gruppo di professionisti e volontari responsabili della protezione dei ragazzi e dei giovani negli ambienti ecclesiali, un aspetto particolarmente importante e presente nell’impegno pastorale della Chiesa. Li ho ringraziati e incoraggiati a continuare il loro lavoro, che si inserisce nella lunga tradizione della Chiesa di cura per il rispetto, l’educazione e la formazione delle nuove generazioni. Sempre a Londra ho visitato poi la casa di riposo per anziani gestita dalle Piccole Sorelle dei Poveri con il prezioso apporto di numerose infermiere e volontari. Questa struttura di accoglienza è segno della grande considerazione che la Chiesa ha sempre avuto per l’anziano, come pure espressione dell’impegno dei cattolici britannici nel rispetto della vita senza tenere conto dell’età o delle condizioni.
Come dicevo, il culmine della mia visita nel Regno Unito è stata la beatificazione del Cardinale John Henry Newman, illustre figlio dell’Inghilterra. Essa è stata preceduta e preparata da una speciale veglia di preghiera svoltasi sabato sera a Londra, in Hyde Park, in un’atmosfera di profondo raccoglimento. Alla moltitudine di fedeli, specialmente giovani, ho voluto riproporre la luminosa figura del Cardinale Newman, intellettuale e credente, il cui messaggio spirituale si può sintetizzare nella testimonianza che la via della coscienza non è chiusura nel proprio « io », ma è apertura, conversione e obbedienza a Colui che è Via, Verità e Vita. Il rito di beatificazione ha avuto luogo a Birmingham, nel corso della solenne Celebrazione eucaristica domenicale, alla presenza di una vasta folla proveniente dall’intera Gran Bretagna e dall’Irlanda, con rappresentanze di molti altri Paesi. Questo toccante evento ha portato ancor più alla ribalta uno studioso di grande levatura, un insigne scrittore e poeta, un sapiente uomo di Dio, il cui pensiero ha illuminato molte coscienze e ancora oggi esercita un fascino straordinario. A lui, in particolare, si ispirino i credenti e le comunità ecclesiali del Regno Unito, perché anche ai nostri giorni quella nobile terra continui a produrre frutti abbondanti di vita evangelica.
L’incontro con la Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles e con quella della Scozia, ha concluso una giornata di grande festa e di intensa comunione di cuori per la Comunità cattolica in Gran Bretagna.
Cari fratelli e sorelle, in questa mia Visita nel Regno Unito, come sempre ho voluto sostenere in primo luogo la Comunità cattolica, incoraggiandola a lavorare strenuamente per difendere le immutabili verità morali che, riprese, illuminate e confermate dal Vangelo, stanno alla base di una società veramente umana, giusta e libera. Ho inteso anche parlare al cuore tutti gli abitanti del Regno Unito, nessuno escluso, della realtà vera dell’uomo, dei suoi bisogni più profondi, del suo destino ultimo. Nel rivolgermi ai cittadini di quel Paese, crocevia della cultura e dell’economia mondiale, ho tenuto presente l’intero Occidente, dialogando con le ragioni di questa civiltà e comunicando l’intramontabile novità del Vangelo, di cui essa è impregnata. Questo viaggio apostolico ha confermato in me una profonda convinzione: le antiche nazioni dell’Europa hanno un’anima cristiana, che costituisce un tutt’uno col « genio » e la storia dei rispettivi popoli, e la Chiesa non cessa di lavorare per mantenere continuamente desta questa tradizione spirituale e culturale.
Il beato John Henry Newman, la cui figura e cui scritti conservano ancora una formidabile attualità, merita di essere conosciuto da tutti. Egli sostenga i propositi e gli sforzi dei cristiani per « diffondere ovunque il profumo di Cristo, affinché tutta la loro vita sia soltanto un’irradiazione della sua », come scriveva sapientemente nel suo libro Irradiare Cristo.

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]
Rivolgo ora un cordiale saluto a tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare ai partecipanti al corso di Diritto Canonico promosso dalla Pontificia Università della Santa Croce, che sono venuti ad esprimere al Successore di Pietro sentimenti di affetto e di profonda comunione ecclesiale. Sono lieto di accogliere i religiosi Legionari di Cristo, giunti a Roma per iniziare gli studi filosofici e teologici; cari amici, nel rivolgervi i migliori auguri per il vostro impegno di studio, vi assicuro un particolare ricordo nella preghiera. Saluto il gruppo della Banca di Credito cooperativo, di Gatteo di Romagna, incoraggiando a testimoniare costantemente i valori umani e cristiani necessari per costruire una società realmente giusta e solidale.
Con speciale affetto il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati, ed agli sposi novelli. L’amicizia con Gesù, cari giovani, sia per voi fonte di gioia e motivo per compiere scelte impegnative. Questa amicizia, cari malati, vi rechi conforto nei momenti difficili ed infonda serenità al corpo ed allo spirito. Cari sposi, alla luce dell’amicizia con Gesù, impegnatevi a corrispondere alla vostra vocazione nell’amore reciproco, nell’apertura alla vita e nella testimonianza cristiana.

[APPELLO DEL SANTO PADRE]
In questa settimana si svolge a Vienna la riunione plenaria della Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme. Il tema della fase attuale di studio è il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa universale, con particolare riferimento al primo millennio della storia cristiana. L’obbedienza alla volontà  del Signore Gesù, e la considerazione delle grandi sfide che oggi si presentano al cristianesimo, ci obbligano ad impegnarci seriamente nella causa del ristabilimento della piena comunione tra le Chiese. Esorto tutti a pregare intensamente per i lavori della Commissione e per un continuo sviluppo e consolidamento della pace e concordia tra i battezzati, affinché possiamo dare al mondo una testimonianza evangelica sempre più autentica.

Publié dans:Papa Benedetto XVI |on 22 septembre, 2010 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans OMELIE PREDICH, DISCORSI E...♥♥♥ brachycome_Mvc-341f

Brachycomes

http://environnement.ecoles.free.fr/fleurs_jardin_photos.htm

Omelia per il 22 settembre 2010: Gesù convocò i dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie.

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/19362.html

Omelia (22-09-2010) 
Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
Gesù convocò i dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie.

Come vivere questa Parola?
Gesù aveva già chiamato gli apostoli a seguirlo uno per uno ( 6,13). Nel Vangelo di oggi egli si stringe più fortemente intorno a sé, i dodici, condividendo con loro la propria missione di annunciare il regno di Dio e di guarire le malattie con la sua stessa forza e potere.
Questi dodici apostoli sono la comunità di Gesù, la ecclesia. Essi sono convocati da Gesù e a loro volta convocano nel suo nome, sono convocati a continuare la sua missione che termina nell’Eucaristia, raffigurata nel pasto nel deserto (9,10-17). La forza e la potenza che Gesù conferisce loro, è lo Spirito di Dio; così sono in grado di opporsi al maligno e curare qualsiasi malattia dell’uomo.
Gesù ordina loro: « Non prendete nulla per il viaggio ». Non hanno bisogno di preoccuparsi di niente perché hanno già ricevuto tutto da Gesù; ricevendo il suo Spirito, sono rivestiti di lui.

Oggi, nel mio rientro al cuore, rifletterò sulla povertà come condizione per seguire Gesù: povertà che è il vuoto necessario per accogliere l’azione di Dio, per essere salvato da Lui e riempito della sua vita.
Col sacerdote che all’offertorio versa un po’ di acqua con il vino, anch’io prego: « l’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana. Amen! »

Un teologo-mistico dei nostri giorni
Dio stesso è divenuto il nutrimento dell’uomo e con questo nutrimento l’uomo vince finalmente la morte. La morte non può avere in suo dominio colui che possiede in sé la vita stessa di Dio; con l’Eucaristia si anticipa così la vita stessa del cielo. Nel Cristo si fa presente la realtà definitivo del mondo: Egli è il mondo nuovo di Dio. Col sacramento eucaristico, l’uomo entra in questo mondo per vivere in Cristo già ora la vita eterna.
Divo Barsotti 

PUERI CANTORES SACRE' ... |
FIER D'ÊTRE CHRETIEN EN 2010 |
Annonce des évènements à ve... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | Vie et Bible
| Free Life
| elmuslima31

TESTING