San Matteo
El Greco (1541, Candia – 1614, Toledo), “San Matteo Evangelista Apostolo”, 1610-14, Olio su tela, 97 x 77 cm, Museo de El Greco, Toledo
http://gospelart.wordpress.com/2009/02/18/gesu-e-gli-apostoli-secondo-el-greco/

El Greco (1541, Candia – 1614, Toledo), “San Matteo Evangelista Apostolo”, 1610-14, Olio su tela, 97 x 77 cm, Museo de El Greco, Toledo
http://gospelart.wordpress.com/2009/02/18/gesu-e-gli-apostoli-secondo-el-greco/
dal sito:
http://www.disf.org/Documentazione/05-1-860528-CatMer_ita.asp
Giovanni Paolo II,
La Provvidenza divina e il destino dell’uomo: il mistero della predestinazione in Cristo, 28
Maggio 1986
[come tema metto un passo del testo: Nella predestinazione è contenuta dunque l'eterna vocazione dell'uomo alla partecipazione alla natura stessa di Dio. E vocazione alla santità, mediante la grazia dell'adozione a figli («per essere santi e immacolati al suo cospetto») (Ef 1,3-6).]
1. Dimensione soteriologica ed escatologica della Provvidenza. 2. «Predestinandoci ad essere noi figli adottivi». 3. La scelta di Dio «nel» Figlio suo Gesù Cristo. 4. La finalità ultima della creazione. 5. «Ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto». 6. In Cristo si compie la finalità del mondo e dell’uomo. 7. «Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati». 8. Il mondo creato in vista del Regno. 9. «Per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe».
1. La domanda sul proprio destino è molto viva nel cuore dell’uomo. E una domanda grande, difficile, eppure decisiva: «Che sarà di me domani?». C’è il rischio che cattive risposte conducano a forme di fatalismo, di disperazione, o anche di orgogliosa e cieca sicurezza. «Stolto, questa notte morrai», ammonisce Dio (Lc 12,20). Ma proprio qui si manifesta l’inesauribile grazia della Provvidenza divina. E Gesù che apporta una luce essenziale. Egli infatti, parlando della Provvidenza divina nel Discorso della Montagna, termina con la seguente esortazione: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33). Nell’ultima catechesi abbiamo riflettuto sul profondo rapporto che esiste tra la Provvidenza di Dio e la libertà dell’uomo. E proprio all’uomo, prima di tutto all’uomo, creato a immagine di Dio, che sono indirizzate le parole sul regno di Dio e sulla necessità di cercarlo prima di ogni cosa.
Questo legame tra la Provvidenza e il mistero del regno di Dio, che deve realizzarsi nel mondo creato, orienta il nostro pensiero sulla verità del destino dell’uomo: la sua predestinazione in Cristo. La predestinazione dell’uomo e del mondo in Cristo, Figlio eterno del Padre, conferisce a tutta la dottrina sulla Provvidenza divina una decisa caratteristica soteriologica ed escatologica. Lo stesso divin Maestro lo indica nel suo colloquio con Nicodemo: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).
2. Queste parole di Gesù costituiscono il nucleo della dottrina sulla predestinazione, che troviamo nell’insegnamento degli apostoli e specialmente nelle lettere di san Paolo. Leggiamo nella lettera agli Efesini: «Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo… in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia» (Ef 1,3-6).
Queste luminose affermazioni spiegano, in modo autentico e autorevole, in che cosa consiste ciò che in linguaggio cristiano chiamiamo «Predestinazione» (latino: «praedestinatio»). E infatti importante liberare questo termine dai significati erronei o anche impropri e non essenziali, entrati nell’uso comune: predestinazione come sinonimo del «cieco fato» («fatum») o dell’«ira» capricciosa di qualche divinità invidiosa. Nella rivelazione divina la parola «predestinazione», significa l’eterna scelta di Dio, una scelta paterna, intelligente e positiva, una scelta d’amore.
3. Questa scelta, con la decisione in cui si traduce, cioè il piano creativo e redentivo, appartiene alla vita intima della santissima Trinità: è operata eternamente dal Padre insieme col Figlio nello Spirito Santo. E un’elezione che, secondo san Paolo, precede la creazione del mondo («prima della creazione del mondo»); e dell’uomo nel mondo. L’uomo, ancor prima di essere creato, viene «scelto» da Dio. Questa scelta avviene nel Figlio eterno («in lui»), cioè nel Verbo dell’eterna Mente. L’uomo viene dunque eletto nel Figlio alla partecipazione della sua stessa figliolanza per divina adozione. In questo consiste l’essenza stessa del mistero della predestinazione, che manifesta l’eterno amore del Padre («nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo»). Nella predestinazione è contenuta dunque l’eterna vocazione dell’uomo alla partecipazione alla natura stessa di Dio. E vocazione alla santità, mediante la grazia dell’adozione a figli («per essere santi e immacolati al suo cospetto») (Ef 1,3-6).
4. In questo senso la predestinazione precede «la fondazione del mondo», cioè la creazione, giacché questa si realizza nella prospettiva della predestinazione dell’uomo. Applicando alla vita divina le analogie temporali del linguaggio umano, possiamo dire che Dio vuole «prima» comunicarsi nella sua divinità all’uomo chiamato ad essere nel mondo creato sua immagine e somiglianza; «prima» lo elegge, nel Figlio eterno e consostanziale, a partecipare alla sua figliolanza (mediante la grazia), e solo «dopo» («a sua volta») vuole la creazione, vuole il mondo, al quale l’uomo appartiene. In questo modo il mistero della predestinazione entra in un certo senso «organicamente» in tutto il piano della divina Provvidenza. La rivelazione di questo disegno dischiude davanti a noi la prospettiva del regno di Dio e ci conduce al cuore stesso di questo regno, dove scopriamo la finalità ultima della creazione.
5. Leggiamo infatti nella lettera ai Colossesi: «Ringraziando con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. E lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati» (Col 1,12-14). Il regno di Dio è, nel piano eterno di Dio Uno e Trino, il regno del «Figlio diletto», in particolare perché per opera sua si è compiuta «la redenzione» e «la remissione dei peccati». Le parole dell’apostolo alludono anche al «peccato» dell’uomo. La predestinazione, cioè l’adozione a figli dell’eterno Figlio, si opera quindi non solo in relazione alla creazione del mondo e dell’uomo nel mondo, ma in relazione alla redenzione, compiuta dal Figlio, Gesù Cristo. La redenzione diventa l’espressione della Provvidenza, cioè del governo premuroso che Dio Padre esercita in particolare nei riguardi delle creature, dotate di libertà.
6. Nella lettera ai Colossesi troviamo che la verità della «predestinazione» in Cristo è strettamente congiunta con la verità della «creazione in Cristo». «Egli – scrive l’apostolo – è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose…» (Col 1,15-16). Così dunque il mondo, creato in Cristo, eterno Figlio, fin dall’inizio porta in sé, come primo dono della Provvidenza, la chiamata, anzi il pegno della predestinazione in Cristo, a cui si unisce, quale compimento della salvezza escatologica definitiva, e prima di tutto dell’uomo, finalità del mondo. «Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza» (Col 1,19). Il compimento della finalità del mondo, e in particolare dell’uomo, avviene proprio ad opera di questa pienezza che è in Cristo. Cristo è la pienezza. In lui si compie in un certo senso quella finalità del mondo, secondo la quale la Provvidenza divina custodisce e governa le cose del mondo e in particolare l’uomo nel mondo, la sua vita, la sua storia.
7. Comprendiamo così un altro aspetto fondamentale della divina Provvidenza: la sua finalità salvifica. Dio infatti «vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» (1Tm 2,4). In questa prospettiva è doveroso allargare una certa concezione naturalistica di Provvidenza, limitata al buon governo della natura fisica o anche del comportamento morale naturale. In realtà, la Provvidenza divina si esprime nel conseguimento delle finalità che corrispondono al piano eterno della salvezza. In questo processo, grazie alla «pienezza» di Cristo, in lui e per mezzo di lui viene anche vinto il peccato, che si oppone essenzialmente alla finalità salvifica del mondo, al compimento definitivo che il mondo e l’uomo trovano in Dio. Parlando della pienezza, che ha preso dimora in Cristo, l’apostolo proclama: «Piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (Col 1,19-20).
8. Sullo sfondo di queste riflessioni, attinte dalle lettere di san Paolo, diventa meglio comprensibile l’esortazione di Cristo a proposito della Provvidenza del Padre celeste che abbraccia ogni cosa (cf. Mt 6,23-34 e anche Lc 12,22-31), quando dice: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33). Con quel «prima» Gesù intende indicare ciò che Dio stesso vuole «prima»: ciò che è la sua prima intenzione nella creazione del mondo, e insieme il fine ultimo del mondo stesso: «il regno di Dio e la sua giustizia» (la giustizia di Dio). Il mondo intero è stato creato in vista di questo regno, affinché si realizzi nell’uomo e nella sua storia. Affinché per mezzo di questo «regno» e di questa «giustizia» si adempia quell’eterna predestinazione che il mondo e l’uomo hanno in Cristo.
9. A questa visione paolina della predestinazione corrisponde quanto scrive san Pietro: «Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non ci corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi» (1Pt 1,3-5). Veramente «sia benedetto Dio», che ci rivela come la sua Provvidenza sia il suo instancabile, premuroso intervento per la nostra salvezza. Essa è infaticabilmente all’opera fino a quando giungeranno «gli ultimi tempi», quando «la predestinazione in Cristo» degli inizi si realizzerà definitivamente «mediante la risurrezione in Gesù Cristo», che è «l’alfa e l’omega» del nostro umano destino (Ap 1,8).
dal sito:
http://www.zenit.org/article-23786?l=italian
IL REGNO UNITO IN TRIPUDIO PER LA BEATIFICAZIONE DEL CARDINALE NEWMAN
L’ultimo giorno della visita papale abbraccia realtà spirituali e secolari
di Edward Pentin
BIRMINGHAM, lunedì, 20 settembre 2010 (ZENIT.org).- Un arcobaleno è apparso su Cofton Park mentre Papa Benedetto XVI arrivava questa domenica mattina per la Messa di beatificazione del Cardinale John Henry Newman, il teologo inglese del XIX secolo che ha avuto un’influenza significativa sulla vita del Santo Padre.
Moltissimi fedeli di tutto il Paese e stranieri avevano sfidato la pioggia e si erano riuniti fin dalle prime ore del mattino nel luogo vicino Birmingham in cui si sarebbe celebrata la beatificazione, non lontano da Rednal, dove riposano i resti del porporato.
E’ stata una Messa di beatificazione molto speciale: non solo è stata l’unica Messa di questo tipo celebrata da Benedetto XVI, ma è stata anche la prima beatificazione di un inglese da secoli.
Il Santo Padre è arrivato in papamobile e, come giovedì a Glasgow, è stato condotto attraverso una folla di 70.000 pellegrini entusiasti. Da un lato dell’altare costruito per l’occasione spiccavano le parole “Il cuore parla al cuore”, il tema scelto dal Papa per la sua visita, tratto dai pensieri del Cardinale Newman.
Hanno assistito alla cerimonia Vescovi di Inghilterra, Galles e Scozia e membri della Famiglia reale e del Governo. C’erano anche dei parenti del Cardinale Newman – discendenti di suo cugino – e il diacono Jack Sullivan, la cui guarigione inspiegabile da un problema alla schiena è stata attribuita lo scorso anno all’intercessione del Cardinale Newman. Il decreto ha portato alla beatificazione, ponendo fine a un caso su cui si indagava dal 1958.
Nella sua omelia, il Santo Padre ha lodato la spiritualità e la santità del teologo inglese, sottolineando il suo pensiero circa l’educazione, “fermamente contrario ad ogni approccio riduttivo o utilitaristico”, e rimarcando il famoso appello del beato a un laicato intelligente e ben istruito.
Allo stesso modo, ha riflettuto anche sulla sua vita sacerdotale, ricordando la “visione profondamente umana del ministero sacerdotale nella devota cura per la gente di Birmingham durante gli anni spesi nell’Oratorio da lui fondato, visitando i malati ed i poveri, confortando i derelitti, prendendosi cura di quanti erano in prigione”.
“’Il cuore parla al cuore’ ci permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio del cuore umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio”, ha detto il Santo Padre. “Ci rammenta che la fedeltà alla preghiera ci trasforma gradualmente nell’immagine divina”.
Il Papa ha iniziato la sua omelia ricordando che il Regno Unito questa domenica commemorava il 70° anniversario della “Battle of Britain”, durante la quale, contro ogni previsione, la Royal Air Force vinse una famosa battaglia aerea contro i nazisti.
“Per me, che ho vissuto e sofferto lungo i tenebrosi giorni del regime nazista in Germania, è profondamente commovente essere qui con voi in tale occasione, e ricordare quanti dei vostri concittadini hanno sacrificato la propria vita, resistendo coraggiosamente alle forze di quella ideologia maligna”, ha detto Benedetto XVI.
“Settant’anni dopo, ricordiamo con vergogna ed orrore la spaventosa quantità di morte e distruzione che la guerra porta con sé al suo destarsi, e rinnoviamo il nostro proposito di agire per la pace e la riconciliazione in qualunque luogo in cui sorga la minaccia di conflitti”.
La nota giusta
Per padre Richard Duffield, prevosto dell’Oratorio di Birmingham che ha anche letto la Dichiarazione di Beatificazione durante la Messa, la celebrazione è stata “splendida” ed è andata “estremamente bene”.
Padre Duffield ha detto a ZENIT che la decisione del Santo Padre di concentrarsi sugli aspetti spirituali e pastorali del beato Newman “ha toccato proprio la nota giusta”.
Dopo la Messa, il Santo Padre è stato condotto all’Oratorio di Birmingham, dove ha visto i luoghi in cui ha vissuto il Cardinale Newman e ha visitato la biblioteca in cui ha studiato. “Ha visto i libri e le carte di Newman e noi abbiamo dato al Santo Padre uno dei suoi rosari”, ha detto padre Duffield. “Ci ha detto che avrebbe voluto poter trascorrere più tempo nella biblioteca”.
Irena Sani, pellegrina originaria dell’Albania e che ora vive a Londra, mi ha detto prima della beatificazione che si aspetta che produrrà “molti frutti”. Newman è un “grande esempio” di anglicano “che conosce la Chiesa cattolica e può aiutare altri anglicani a tornare alla Chiesa”, ha detto.
“Non è una coincidenza che si sia convertito perché ha riconosciuto la Verità quando l’ha vista, e la gente che conosce la Verità non può fare altro che essere accolta nella Chiesa”. La beatificazione, ha detto, è importante non solo per il Regno Unito, ma per tutto il mondo.
Il Papa ha poi pranzato con i Vescovi di Inghilterra, Galles e Scozia al St. Mary’s College di Oscott, prima di incontrare i seminaristi. Nel suo discorso ai Vescovi, nella stanza in cui il Cardinale Nicholas Wiseman incontrò i Vescovi inglesi nel 1852 per discutere la restaurazione della gerarchia, il Papa ha pronunciato schiette parole di guida.
Ha esortato la Chiesa in Gran Bretagna a “presentare nella sua interezza il messaggio vivificante del Vangelo, compresi quegli elementi che sfidano le diffuse convinzioni della cultura odierna”, e ha incoraggiato i Vescovi ad avvalersi del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, che il Papa ha istituito di recente.
Allo stesso modo, ha esortato i cattolici britannici a mostrare solidarietà con le vittime della crisi economica, e ha fatto appello ai Vescovi affinché incoraggino la gente ad “aspirare ai valori morali più alti”.
Ha anche lodato il modo in cui la Chiesa nel Paese ha affrontato i casi di abuso sessuale da parte di chierici, incoraggiando a condividere ciò che è stato appreso. Ha inoltre ricordato che i leader cristiani devono vivere in “integrità, umiltà e santità”.
Parlando di due questioni relative al ministero episcopale, ha chiesto ai Vescovi di “cogliere l’occasione” di usare la nuova traduzione inglese del Messale Romano per avvalersi di una catechesi approfondita sull’Eucaristia, e ha affermato che la “Anglicanorum Coetibus”, la Costituzione Apostolica che permette agli anglicani di essere accolti in gruppo nella Chiesa, è uno strumento per la comunione.
Quest’ultima iniziativa, non sempre pienamente sostenuta dalla gerarchia di Inghilterra e Galles, dovrebbe essere considerata “un gesto profetico che può contribuire positivamente allo sviluppo delle relazioni fra anglicani e cattolici”, ha detto.
“Ci aiuta a volgere lo sguardo allo scopo ultimo di ogni attività ecumenica: la restaurazione della piena comunione ecclesiale nel contesto della quale il reciproco scambio di doni dai nostri rispettivi patrimoni spirituali, serve da arricchimento per noi tutti”.
Dopo aver salutato un folto gruppo di seminaristi e aver percorso un breve tratto verso l’aeroporto, il Papa si è congedato, dopo un discorso del Primo Ministro David Cameron.
Grande onore
Nel suo discorso di congedo al Papa, Cameron ha detto che è stato un “grande onore” averlo in visita, e che il messaggio che il Santo Padre ha portato non era “solo per la Chiesa, ma per ciascuno di noi, di qualsiasi fede o di nessuna”. Ha anche lodato l’opera del Cardinale Newman e la sua visione di “un’educazione più ampia”.
Cameron ha detto che il messaggio del Papa è andato “al cuore della nuova cultura e responsabilità sociale” che il nuovo Governo desidera costruire in Gran Bretagna, e ha assicurato al Pontefice che la fede “è sempre stata e sarà sempre” parte del tessuto della società britannica. Le parole del Santo Padre hanno “sfidato l’intero Paese a sedersi e a pensare”, e a lavorare per il bene comune, ha detto.
“Pensi al nostro Paese come a uno che non solo conserva la fede, ma è anche profondamente compassionevole”, ha aggiunto Cameron, concludendo col dire che auspica “una cooperazione sempre più stretta” con la Santa Sede.
Nel suo discorso, Benedetto XVI ha espresso la propria gratitudine per l’organizzazione della visita e per l’opportunità di incontrare la regina Elisabetta II e di poter discutere questioni di interesse comune. Ha detto di essersi sentito “particolarmente onorato” di essere stato invitato a rivolgersi a entrambe le Camere del Parlamento nella Westminster Hall, e di sperare che la sua visita confermi e rafforzi le “eccellenti relazioni” tra la Santa Sede e il Regno Unito su questioni comuni.
La diversità della Gran Bretagna di oggi è una sfida, ha detto, ma offre anche una “grande opportunità” per un ulteriore dialogo interculturale e interreligioso. Il Pontefice ha concluso dicendo che è stato “commovente in maniera speciale” celebrare la beatificazione “di un grande figlio dell’Inghilterra, il Cardinale John Henry Newman”.
“Con la sua vasta eredità di scritti accademici e spirituali, sono certo che egli abbia ancora molto da insegnarci sulla vita e la testimonianza cristiane tra le sfide del mondo contemporaneo, sfide che egli previde con eccezionale chiarezza”, ha confessato.
“Nel congedarmi da voi, permettetemi ancora una volta di formulare i migliori voti e le mie preghiere per la pace e la prosperità della Gran Bretagna – ha concluso –. Grazie molte e Dio vi benedica tutti!”.
[Traduzione dall'inglese di Roberta Sciamplicotti]
dal sito:
http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/10648.html
Omelia (21-09-2007)
Monaci Benedettini Silvestrini
Dal banco delle imposte alla sequela di Cristo
Fra le tante curiosità che vorremmo soddisfare sulla persona di Cristo c’è anche quella di poter ascoltare la sua voce; ciò non tanto per sentirne l’accento, ma per poterne comprendere la profondità e il fascino che esercitava sugli ascoltatori. Oggi lo sentiamo ancora una volta scandire un comando a una persona che per il ruolo che svolgeva, molti evitavano e non suscitava sicuramente simpatia; poi l’immediata risposta: «Egli si alzò e lo seguì». Il banco delle imposte dove sedeva Matteo poteva essere anche considerato una comoda poltrona e un buon mestiere, che garantiva un reddito sicuro e un discreto prestigio oltre che incutere timore. Non è perciò facile distogliere dalla loro posizione persone così ben accomodate e apparentemente soddisfatte. Gesù lo fa con un imperativo categorico: «Seguimi». Evidentemente il Signore voleva sin dal primo impatto rivelare una grandissima verità al suo futuro apostolo ed evangelista: la forza divina della sua Parola, quella parola che Matteo riporterà fedelmente nel suo Vangelo e che risuona ancora, grazie a lui, in tutto il mondo. Voleva poi che egli in prima persona potesse godere di una predilezione sicuramente immeritata ed insperata affinché potesse raccontare al mondo che Gesù non è venuto per i sani che non hanno bisogno del medico, ma per i malati. Voleva fare di Matteo, convertito dai suoi meschini e forse anche illeciti guadagni, un cantore della misericordia divina; voleva che proprio un pubblicano intonasse quel canto, che tanti e tante hanno poi ripreso e cantato con identico fervore. Voleva infine far comprendere a tutti che i chiamati da Cristo non sono santi prefabbricati, ma anime che, avendolo incontrato e ascoltato la sua voce, hanno il coraggio di seguirlo da vicino dando con tutta la vita una risposta di gratitudine al bene ricevuto dalla divina misericordia. Vediamo perciò in Matteo un primo anello di una catena d’oro, che ha portato la voce viva di Cristo fino a noi, con l’immediatezza con cui egli stesso l’ha accolta e ne ha goduto. Egli ci invita ad accogliere le sollecitazioni divine che ancora giungono a noi per farci conoscere la verità e renderci capaci di viverla nella gioia.