dal sito:
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Omelia (19-09-2010)
mons. Antonio Riboldi
Nessun servo può servire a due padroni
Come è facile, nella vita, soprattutto di noi cristiani, essere o incontrarsi con fratelli che sanno servire ‘due padroni’, o meglio credono di poter essere a posto servendo a Dio e al mondo. Sappiamo tutti, o meglio dovrebbe essere un principio su cui tracciare la via della nostra vita cristiana, quanto sia importante discernere sempre la ‘via’ di Dio, ben diversa da quella del mondo. E tutti sappiamo che è un inganno alla coscienza ‘mettere un piede in due scarpe’! Eppure succede. Proprio con l’arte di voler educare al Regno di Dio, o se vogliamo di plasmare i suoi discepoli a vivere da ‘figli del Regno’, Gesù detta le sue regole, che hanno la chiarezza del sole e non hanno ambiguità di ombre, anche se, a chi non ha amore e fedeltà, possono sembrare ‘dure’. Ma la Parola di Dio è tutto e non ammette distorsioni: comprende la nostra debolezza umana, pronta a deviare, ma stimola costantemente al ritorno sulla retta via con il Suo aiuto.
Quello che Dio, Bene supremo, non può accettare assolutamente è il vivere nell’ambiguità, pensando di poter seguire e servire Lui e contemporaneamente il nostro egoismo, il mondo. Dio si vive in pienezza di amore.
Ricordiamo la risposta del dottore della legge che, alla domanda di Gesù quale fosse il comandamento dì Dio, disse: ‘Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze. Il secondo comandamento è simile: Amerai il prossimo tuo come te stesso’. La conferma dí Gesù è lapidaria: ‘Hai detto bene, fa’ questo e vivrai’!
Noi, confessiamolo senza paure, che sono spesso pericolose ipocrisie, siamo talmente abituati a tanti piccoli o grandi compromessi con il male, da non riuscire, il più delle volte, neppure a vedere ciò che è bene e ciò che è male in ciò che pensiamo, diciamo o facciamo… soprattutto oggi! Siamo ricchi, viviamo da ricchi (e qui per ricchezza intendo non solo il possedere realmente, ma il chiuderci nell »amore’, nel desiderio del denaro, dei tanti capricci: anche se non possiamo forse permetterceli viviamo nel rimpianto o nell’invidia per chi li può ‘godere’!) e ci diciamo a posto con la coscienza e con Dio.
Ci diciamo buoni e poi sbattiamo in faccia la porta, con la nostra deprecabile indifferenza, a quanti bussano al nostro cuore, come non ci importassero, dimenticando quanto disse Gesù: avete fatto a Me’.
E potremmo continuare, alla scuola della fedeltà a Dio, questo rosario di contraddizioni.
Siamo un poco come quella gente che sta sulla soglia di una chiesa, con un piede dentro e uno fuori, e la pretesa di credersi fedeli a Dio, restando servi del mondo.
Ma Gesù chiude oggi ogni nostra velleità, che ciò sia possibile, con parole dure, ma vere, che dovrebbero portarci a scelte diverse da quelle che, forse, facciamo…
Così, oggi, parla Dio nel Vangelo:
« Gesù diceva ai suoi discepoli: ‘C’era un uomo ricco che aveva un amministratore e questi fu accusato di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: ‘Che è questo che sento di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore’.
L’amministratore disse tra sé: ‘Che farò ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. So io che cosa fare perché quando sarò allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua’.
Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: ‘Tu quanto devi al mio padrone?’. Quello rispose: ‘Cento barili d’olio. Gli disse: ‘Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. Poi disse ad un altro: ‘Tu quanto devi?. Rispose: ‘Cento misure di grano. Gli disse: ‘Prendi la tua ricevuta e scrivi ottantà.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza’.
I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari, sono più scaltri dei figli della luce… Chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto, e chi è disonesto nel poco è disonesto anche nel molto… Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà a uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a due padroni: a Dio e a mammona ». (Lc. 16, 1-15)
E’ davvero difficile, ma necessaria, la fedeltà a Dio e al Suo amore, come del resto lo è anche tra di noi uomini. Potrebbe dire le stesse parole uno sposo alla sua sposa, o una persona consacrata o chiunque nella vita abbia rapporti stretti con un amico.
« Il grande fallo di tanti cristiani moderni – scrive Paolo VI – è l’incoerenza e la mancanza di fedeltà alla grazia, ricevuta nel battesimo e successivamente negli altri sacramenti e agli impegni solenni e salutari assunti verso Dio, verso Cristo, verso la Chiesa nella celebrazione di un patto, di un’alleanza, di una comunione di vita soprannaturale, che mai avrebbe dovuto essere trascurata o tradita. Come il grande vantaggio di avere tenuto fede lealmente a quegli impegni che danno senso e virtù e merito alla vita cristiana. Possiamo infatti ad ogni singolo cristiano riferire quella esigenza che S. Paolo vuole operante in ogni dispensatore dei ‘Misteri di Dio’, cioè dei ministri di Cristo, che ‘ciascuno sia riscontrato fedele’. Si tratta infatti di una esigenza che assume la forza di amore d’un atteggiamento reciproco: come Dio è fedele verso di noi, cosi noi dobbiamo essere fedeli verso di Lui. La fede nella pratica della vita si manifesta in due forme spirituali e morali che danno consistenza alla nostra religiosità, derivata appunto dalla fede, e sono la fiducia e la fedeltà. Riportiamo quanto scrive il libro ‘Imitazione di Cristo’: ‘Mio Dio, tu sei la mia speranza, tu la vera fiducia, tu il mio consolatore, il fedelissimo in tutto’. (settembre 1974)
Sono davvero una testimonianza di fiducia le parole che l’apostolo Paolo scrive, oggi, nella lettera a Timoteo: « Carissimo, ti raccomando prima di tutto che si facciano domande, suppliche e preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità. Questa è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità ». (Tim. 2, 1-8)
Ma come è difficile oggi che i giorni trascorrano ‘tranquilli e calmi’ tra di noi!
L’amore al denaro schiavizza troppa gente. Il denaro, se non conosce in noi il debito distacco, ci rende schiavi, può depredarci di tutto quanto veramente ha valore, fino a renderci pagliacci in mano di quel tremendo burattinaio che è appunto la ricchezza, cercata spasmodicamente, per cui mena la sua danza a piacimento.
Quanto è stupenda invece la libertà di Gesù, povero e umile, Lui che ‘da ricco che era si fece povero per arricchire noi della sua povertà’.
grande, profonda e vera gioia, quella di poter dire: ‘Non mi inchino a nulla’, ma di mia scelta, per fare posto all’amore, mi metto ‘un grembiule’ per essere servo del Padre e di ogni uomo. Questa è la vera libertà.
Una scelta che ci aiuta ad uscire da ogni compromesso, per non rischiare di cadere nella situazione che, con durezza, il profeta Amos stigmatizza:
« Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: ‘Quando sarà il prossimo plenilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo le misure e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con il denaro gli indigenti e il povero con un paio di sandalì. Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: certo non dimenticherò mai le loro opere ». (Amos 8, 4-7)
Facciamo nostra la preghiera di don Tonino Bello:
« Santa Maria, donna itinerante, concedi alla Chiesa la gioia di riscoprire, nascoste tra le zolle, le radici della sua primordiale vocazione…
Quando la Chiesa si attarda all’interno delle sue tende,
dove non giunge il grido del povero,
dalle il coraggio di uscire dagli accampamenti.
Madre itinerante, come Te, riempila di tenerezza verso tutti i bisognosi. Fa’ che non sia di nient’altro preoccupata che di presentare Cristo,
come facesti con i pastori, i Magi e tanti che attendono la redenzione. »