Archive pour le 18 septembre, 2010

Il Buon Pastore

Il Buon Pastore dans immagini sacre pastore

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Omelia 19 settembre 2010: Nessun servo può servire a due padroni

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/19369.html

Omelia (19-09-2010) 
mons. Antonio Riboldi

Nessun servo può servire a due padroni

Come è facile, nella vita, soprattutto di noi cristiani, essere o incontrarsi con fratelli che sanno servire ‘due padroni’, o meglio credono di poter essere a posto servendo a Dio e al mondo. Sappiamo tutti, o meglio dovrebbe essere un principio su cui tracciare la via della nostra vita cristiana, quanto sia importante discernere sempre la ‘via’ di Dio, ben diversa da quella del mondo. E tutti sappiamo che è un inganno alla coscienza ‘mettere un piede in due scarpe’! Eppure succede. Proprio con l’arte di voler educare al Regno di Dio, o se vogliamo di plasmare i suoi discepoli a vivere da ‘figli del Regno’, Gesù detta le sue regole, che hanno la chiarezza del sole e non hanno ambiguità di ombre, anche se, a chi non ha amore e fedeltà, possono sembrare ‘dure’. Ma la Parola di Dio è tutto e non ammette distorsioni: comprende la nostra debolezza umana, pronta a deviare, ma stimola costantemente al ritorno sulla retta via con il Suo aiuto.
Quello che Dio, Bene supremo, non può accettare assolutamente è il vivere nell’ambiguità, pensando di poter seguire e servire Lui e contemporaneamente il nostro egoismo, il mondo. Dio si vive in pienezza di amore.
Ricordiamo la risposta del dottore della legge che, alla domanda di Gesù quale fosse il comandamento dì Dio, disse: ‘Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze. Il secondo comandamento è simile: Amerai il prossimo tuo come te stesso’. La conferma dí Gesù è lapidaria: ‘Hai detto bene, fa’ questo e vivrai’!
Noi, confessiamolo senza paure, che sono spesso pericolose ipocrisie, siamo talmente abituati a tanti piccoli o grandi compromessi con il male, da non riuscire, il più delle volte, neppure a vedere ciò che è bene e ciò che è male in ciò che pensiamo, diciamo o facciamo… soprattutto oggi! Siamo ricchi, viviamo da ricchi (e qui per ricchezza intendo non solo il possedere realmente, ma il chiuderci nell »amore’, nel desiderio del denaro, dei tanti capricci: anche se non possiamo forse permetterceli viviamo nel rimpianto o nell’invidia per chi li può ‘godere’!) e ci diciamo a posto con la coscienza e con Dio.
Ci diciamo buoni e poi sbattiamo in faccia la porta, con la nostra deprecabile indifferenza, a quanti bussano al nostro cuore, come non ci importassero, dimenticando quanto disse Gesù: avete fatto a Me’.
E potremmo continuare, alla scuola della fedeltà a Dio, questo rosario di contraddizioni.
Siamo un poco come quella gente che sta sulla soglia di una chiesa, con un piede dentro e uno fuori, e la pretesa di credersi fedeli a Dio, restando servi del mondo.
Ma Gesù chiude oggi ogni nostra velleità, che ciò sia possibile, con parole dure, ma vere, che dovrebbero portarci a scelte diverse da quelle che, forse, facciamo…
Così, oggi, parla Dio nel Vangelo:
« Gesù diceva ai suoi discepoli: ‘C’era un uomo ricco che aveva un amministratore e questi fu accusato di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: ‘Che è questo che sento di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore’.
L’amministratore disse tra sé: ‘Che farò ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. So io che cosa fare perché quando sarò allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua’.
Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: ‘Tu quanto devi al mio padrone?’. Quello rispose: ‘Cento barili d’olio. Gli disse: ‘Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. Poi disse ad un altro: ‘Tu quanto devi?. Rispose: ‘Cento misure di grano. Gli disse: ‘Prendi la tua ricevuta e scrivi ottantà.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza’.
I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari, sono più scaltri dei figli della luce… Chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto, e chi è disonesto nel poco è disonesto anche nel molto… Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà a uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a due padroni: a Dio e a mammona ». (Lc. 16, 1-15)
E’ davvero difficile, ma necessaria, la fedeltà a Dio e al Suo amore, come del resto lo è anche tra di noi uomini. Potrebbe dire le stesse parole uno sposo alla sua sposa, o una persona consacrata o chiunque nella vita abbia rapporti stretti con un amico.
« Il grande fallo di tanti cristiani moderni – scrive Paolo VI – è l’incoerenza e la mancanza di fedeltà alla grazia, ricevuta nel battesimo e successivamente negli altri sacramenti e agli impegni solenni e salutari assunti verso Dio, verso Cristo, verso la Chiesa nella celebrazione di un patto, di un’alleanza, di una comunione di vita soprannaturale, che mai avrebbe dovuto essere trascurata o tradita. Come il grande vantaggio di avere tenuto fede lealmente a quegli impegni che danno senso e virtù e merito alla vita cristiana. Possiamo infatti ad ogni singolo cristiano riferire quella esigenza che S. Paolo vuole operante in ogni dispensatore dei ‘Misteri di Dio’, cioè dei ministri di Cristo, che ‘ciascuno sia riscontrato fedele’. Si tratta infatti di una esigenza che assume la forza di amore d’un atteggiamento reciproco: come Dio è fedele verso di noi, cosi noi dobbiamo essere fedeli verso di Lui. La fede nella pratica della vita si manifesta in due forme spirituali e morali che danno consistenza alla nostra religiosità, derivata appunto dalla fede, e sono la fiducia e la fedeltà. Riportiamo quanto scrive il libro ‘Imitazione di Cristo’: ‘Mio Dio, tu sei la mia speranza, tu la vera fiducia, tu il mio consolatore, il fedelissimo in tutto’. (settembre 1974)
Sono davvero una testimonianza di fiducia le parole che l’apostolo Paolo scrive, oggi, nella lettera a Timoteo: « Carissimo, ti raccomando prima di tutto che si facciano domande, suppliche e preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità. Questa è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità ». (Tim. 2, 1-8)
Ma come è difficile oggi che i giorni trascorrano ‘tranquilli e calmi’ tra di noi!
L’amore al denaro schiavizza troppa gente. Il denaro, se non conosce in noi il debito distacco, ci rende schiavi, può depredarci di tutto quanto veramente ha valore, fino a renderci pagliacci in mano di quel tremendo burattinaio che è appunto la ricchezza, cercata spasmodicamente, per cui mena la sua danza a piacimento.
Quanto è stupenda invece la libertà di Gesù, povero e umile, Lui che ‘da ricco che era si fece povero per arricchire noi della sua povertà’.
grande, profonda e vera gioia, quella di poter dire: ‘Non mi inchino a nulla’, ma di mia scelta, per fare posto all’amore, mi metto ‘un grembiule’ per essere servo del Padre e di ogni uomo. Questa è la vera libertà.
Una scelta che ci aiuta ad uscire da ogni compromesso, per non rischiare di cadere nella situazione che, con durezza, il profeta Amos stigmatizza:
« Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: ‘Quando sarà il prossimo plenilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo le misure e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con il denaro gli indigenti e il povero con un paio di sandalì. Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: certo non dimenticherò mai le loro opere ». (Amos 8, 4-7)
Facciamo nostra la preghiera di don Tonino Bello:
« Santa Maria, donna itinerante, concedi alla Chiesa la gioia di riscoprire, nascoste tra le zolle, le radici della sua primordiale vocazione…
Quando la Chiesa si attarda all’interno delle sue tende,
dove non giunge il grido del povero,
dalle il coraggio di uscire dagli accampamenti.
Madre itinerante, come Te, riempila di tenerezza verso tutti i bisognosi. Fa’ che non sia di nient’altro preoccupata che di presentare Cristo,
come facesti con i pastori, i Magi e tanti che attendono la redenzione. » 

Agostino: La continuazione dell’opera creatrice

dal sito:

http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20030207_agostino_it.html

Agostino, Le Lettere, III, 205,17 (a Consenzio)

La continuazione dell’opera creatrice

« Il problema se i lineamenti dei corpi vengano formati a uno a uno da Dio creatore, non ti agiterà più se, per quanto può la mente umana, riuscirai a comprendere la potenza della divina opera creatrice. Come possiamo infatti negare che anche ora Dio operi in tutto ciò che vien creato, dato che il Signore dice: Il Padre mio fino ad ora opera (Gv 5,17)? Perciò il riposo dal settimo giorno lo si deve intendere nel senso che Dio cessò di creare le diverse specie della natura, non cessando tuttavia di governare quelle già create. Dato dunque che tutta la natura viene governata dal Creatore e tutte le cose nascono in ordine, a luogo e tempo debito, Dio opera fino ad ora. Infatti se Dio ora non formasse queste cose, come si leggerebbe nella Scrittura: Prima di formarti nell’utero, ti ho conosciuto (Ger 1,5)? E come si dovrebbe intendere il passo: E se il fieno del campo, che oggi è, e domani viene gettato nel forno, Dio riveste così… (Mt 6,30)? Crederemo forse che il fieno viene da Dio vestito, e i corpi non vengono da Dio formati? E dicendo «veste», parla evidentemente non di una preordinazione passata, ma di una operazione presente. A ciò allude anche il passo paolino sulle semenze, già ricordato: Tu non semini il corpo che sarà, ma un grano nudo, come, puoi pensare, di frumento o di qualsiasi altra pianta; ma Dio gli dà il corpo, come vuole (1Cor 15,37-38). Non dice «gli ha dato», né «gli ha predisposto», ma dice «gli dà», perché tu comprenda che il Creatore applica l’efficacia della sua sapienza alla creazione delle cose che nascono ogni giorno a loro tempo; e di quella Sapienza sta scritto: Si estende da un confine all’altro con forza e dispone – non dice «dispose» – ma dispone tutto con soavità (Sap 8,1). È una grande cosa sapere, anche solo un pochino, come tutte le realtà mutevoli e temporali vengano create non già mediante azioni mutevoli e temporali del Creatore, ma dalla sua eterna e stabile potenza. »

L’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY: UN VIAGGIO OLTRE OGNI ASPETTATIVA

dal sito:

http://www.zenit.org/article-23752?l=italian

L’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY: UN VIAGGIO OLTRE OGNI ASPETTATIVA

“La gente è uscita per le strade per manifestare la sua fede”

ROMA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Penso che una delle cose belle sia stata proprio la percezione che molte delle previsioni fatte siano risultate sbagliate”. Ad affermatlo è stato l’Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, al microfono della Radio Vaticana.
“La cosa principale che voglio dire – ha detto – è che è stata un’occasione estremamente felice e l’accoglienza che il Papa ha avuto dai vescovi anglicani, dalla gente in strada e naturalmente a Westminster Hall è stata enormemente positiva. E certamente la preghiera ecumenica della sera nell’Abbazia è stata intensamente commovente per tutti i presenti”.

Il viaggio di Benedetto XVI, ha continuato, “è stata un’occasione davvero benedetta e la gente è uscita per le strade per manifestare la sua fede”.
“Il conflitto è sempre una storia migliore per un titolo di giornale che non l’armonia – ha commentato –. Ma come molte persone mi hanno detto in questa occasione, quando si pensa a quanto questo sarebbe stato totalmente inimmaginabile 40 o 50 anni fa, anche agli inizi del Concilio Vaticano II, chiaramente qualcosa è accaduto”.
“E parte di questo qualcosa – ha continuato l’Arcivescovo di Canterbury – è un ritorno alle radici, qualcosa di cui il Papa ed io abbiamo parlato in privato – sono alcuni dei nostri entusiasmi teologici in comune – l’eredità dei Padri e di nuovo il pregare insieme al sacrario di Edoardo il Confessore, guardando indietro all’epoca in cui i confini non erano quelli che ci sono ora tra i cristiani – e tutto questo è parte penso di un quadro molto positivo”.
“E penso sia un peccato che il mondo veda solamente le liti o le piccole cose negative mentre l’immenso peso della preghiera quotidiana, della comprensione, dell’amore e dell’amicizia che c’è tra noi passa inosservato”, ha poi osservato.

Riguardo, invece, all’incontro privato con il Papa, Rowan Williams ha detto che i dialoghi si sono concentrati non tanto sui rapporti tra anglicani e cattolici quanto sulla situazione dei cristiani in Terra Santa in vista del prossimo Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente che si terrà nell’ottobre prossimo a Roma.
“Abbiamo parlato di alcune delle grandi aree di conflitto dove stiamo cercando di lavorare insieme – ha detto ancora –; di come le gerarchie anglicane e cattoliche abbiano lavorato insieme in Sudan, testimoni e portatori di pace, e di come sia urgente rafforzare tutto questo. Abbiamo parlato dell’argomento quindi di come impegnarsi in un dialogo razionale con il mondo laico”.

“La mia preghiera e la mia speranza per questa visita – ha quindi concluso – è che aiuti a promuovere la fede in questo Paese e aiuti la gente a riconoscere le tante persone assolutamente comuni che credono in Dio, credono nella vita sacramentale della Chiesa e fondano la propria vita su tutto ciò”.

Publié dans:Papa Benedetto XVI |on 18 septembre, 2010 |Pas de commentaires »

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