Archive pour le 13 septembre, 2010

San Bernardo: La gloria della croce

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100914

Esaltazione della santa Croce, festa : Jn 3,13-17
Meditazione del giorno
San Bernardo (1091-1153), monaco cistercense e dottore della Chiesa
Meditazione sulla Passione VI, 13-15 ; PL 184, 747-752

La gloria della croce

        Lungi da me l’idea che ci sia, per me, altro vanto che nella croce del Signore mio Gesù Cristo (Gal 6, 14). La croce è la tua gloria, la croce è il tuo impero. Sulle tue spalle è il segno della sovranità (Is 9, 5). Chi porta la croce, porta la gloria. Perciò la croce, che fa paura agli infedeli, è per i fedeli più bella di tutti gli alberi del paradiso. Cristo ha forse temuto la croce ? E Pietro ?  E Andrea ? Al contrario l’hanno desiderata. Cristo si è lanciato verso di essa come prode che percorre la via (Sal 19, 6): «  Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi prima della mia passione » (Lc 22, 15). Ha mangiato la Pasqua, soffrendo la sua passione, quando passò da questo mondo al Padre. Sulla croce mangiò e bevve, si inebriò e si addormentò… Chi potrebbe ormai temere la croce ?

        Posso, Signore fare il giro del cielo e della terra, del mare e delle steppe, mai ti troverò se non sulla croce. Là, dormi, là, pasci il tuo gregge, là ti riposi al meriggio (Ct 1, 7). Su questa croce, colui che è unito al suo Signore canta con dolcezza : « Tu, Signore, sei mia difesa, tu sei mia gloria e sollevi il mio capo » (Sal 3, 4). Nessuno ti cerca, nessuno ti trova, se non sulla croce. O Croce di gloria, radicati in me, perché io sia trovato in te.

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Exécutant anonyme Ecole Italie ; Florence Titre LA TRINITE, ENTOUREE DE CHERUBINS Période 1er quart 16e siècle Matériaux

Exécutant anonyme Ecole Italie ; Florence Titre LA TRINITE, ENTOUREE DE CHERUBINS Période 1er quart 16e siècle Matériaux dans immagini sacre 16%20ANONYME%20TRINITE%20DIEU%20EST%20PAPE
http://www.artbible.net/3JC/-Mat-27,32_Crucifixion/index9.html

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Omelia per la Festa dell’Esaltazione della Santa Croce

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/13594.html

Omelia (14-09-2008) 
per la festa della Santa Croce

padre Antonio Rungi

Celebriamo oggi la festa dell’Esaltazione della Croce, con data fissa il 14 settembre. Ricorrendo di domenica, la festa prevale liturgicamente e viene quindi ricordata non solo nelle orazioni, ma anche nei testi biblici, che sono chiaramente tutti riferiti al mistero della passione, crocifissione e morte in Croce di nostro Signore Gesù Cristo.
La prima lettura ci riporta al tempo dell’esodo, quando il popolo liberato dalla schiavitù dell’Egitto, sotto la guida di Mosé, fu condotto alla terra promessa. Il testo che ascoltiamo oggi è tratto dal libero dei Numeri, uno dei cinque del Pentateuco, cioè dei cinque primi libri della Bibbia che oltre ad avere un valore religioso, hanno anche un valore storico, in quanto ci riportano i dati essenziali del cammino del popolo di Israele verso la libertà.
Nel brano di questa festa troviamo riportate le lamentele del popolo che mal sopportò il viaggio e si ribellò contro Dio e contro Mosè. Per richiamare il popolo all’obbedienza della fede, Dio stesso manda serpenti brucianti che causano la morte di diversi Israeliti. La lezione servì, tanto che il popolo tramite Mosè chiese perdono al Signore e chiese la liberazione da questa calamità. E’ Dio stesso che consiglia la strategia e il metodo più efficace per superare questa emergenza ambientale e sanitaria. E’ il serpente di rame, collocato su un’asta, che ha effetto liberante per coloro che lo guarderanno. Chiaro riferimento al potere liberante di Dio nel mistero della croce, come viene interpretato questo testo, alla luce anche di quanto si verifica nel momento della morte in Croce di Gesù Cristo.
Proseguendo nella lettura dei testi assunti in questa liturgia della parola per far giustamente risaltare il mistero della Croce, risulta di grande efficacia, per entrare in modo responsabile in questo mistero, quello che scrive l’evangelista nel breve brano odierno nel quale ci presenta la figura di Nicodemo e la missione di Cristo in questo mondo. E’ Gesù stesso a spiegare i termini della questione e il motivo della sua venuta tra gli uomini.
Nel brano è fatto esplicito riferimento al testo della prima lettura ed è Gesù stesso a spiegare il senso di quell’evento liberatorio per il popolo di Israele, in rapporto alla sua morte e risurrezione. “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. L’esaltazione della Croce e del Crocifisso ha un significato salvifico, come Gesù precisa nel testo: “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.
Capire questo significa entrare nel mistero della salvezza del genere umano. Gesù è venuto per salvare e non per condannare, per perdonare e per giudicare negativamente l’umanità. Egli ama e in quanto questo amore è totale e puro, oblativo non può che non desiderare il bene della persona amata. E’ una lezione di vita di straordinariamente importante per tutti gli uomini e soprattutto per i discepoli di Gesù. Magari scegliessimo anche noi la via del sacrificio, piuttosto quella della condanna e del giudizio facile, per salvare i nostri fratelli dalla condizione di peccato e di fragilità in cui si trovano!
Giustamente, l’Apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla Lettera ai Filippesi ci riporta ai piedi della Croce e soprattutto ai piedi del Crocifisso, di questo Figlio di Dio Amore che si offre in riscatto per tutti noi, per liberarci dalla condizione di quella schiavitù che tiene legato l’uomo al peccato e alla malvagità. Il modello della nostra vita cristiana e da cristiani è proprio il Crocifisso e la sapienza di quella Croce, impressa in modo indelebile nella vita di quanti vogliono fare seriamente e scelgono la via che conduce alla vera felicità.
Ci vogliamo inginocchiare davanti all’Amore di Cristo che si manifesta nella sua pienezza proprio nella Croce, per chiedere misericordia per le nostre piccole o grandi infedeltà, per i nostri piccoli e gravi peccati, che non ci lasciano sereni di fronte al Croce, che non solo è Amore, ma è anche valutazione e giudizio della nostra vita e sulla nostra vita. Fissare più intensamente il nostro sguardo sul Crocifisso è comprendere di più la nostra pochezza e la nostra debolezza, non per abbandonare la strada di Dio, ma per recuperare fiducia in Lui e nella sua immensa misericordia.
Siamo riconoscenti a Gesù Cristo per il grande amore che ha manifestato nei nostri confronti, morendo per noi, vittima innocente, agnello senza macchia, sulla croce per salvarci dalla dannazione eterna.
Aggrappiamoci a questo segno identificativo di ogni vero discepolo di Gesù Cristo e facciamo sì che la Croce, più che portarla esteriormente, la viviamo interiormente, nel silenzio, nella sofferenza, nell’emarginazione, nel non essere considerati da un mondo e in un mondo ove ciò che conta non è tanto l’essere, ma l’avere e il possedere. Essere cristiani è identificarsi con la Croce e con il Crocifisso, per far sì che l’una e l’altro siano poi trasferibili nella vita quotidiana, nel portare con dignità la nostra croce e nell’essere vicino ai fratelli quando sono toccati da croci più pesanti ed insostenibili rispetto alle nostre.
Sia questa la nostra preghiera, in un giorno come quello che viviamo in cui gloriarsi della Croce di Cristo è davvero un motivo di santo orgoglio per tutti noi: “Di null’altro mai ci glorieremo se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati” (cf. Gal 6,14). 

14 settembre 2010 – Esaltazione della Santa Croce – Festa

dal sito:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/262.html

14 settembre 2010 -  Esaltazione della Santa Croce – Festa

BIOGRAFIA

La croce, già segno del più terribile fra i supplizi, è per il cristiano l’albero della vita, il talamo, il trono, l’altare della nuova alleanza. Dal Cristo, nuovo Adamo addormentato sulla croce, è scaturito il mirabile sacramento di tutta la chiesa. La croce è il segno della signoria di Cristo su coloro che nel Battesimo sono configurati a lui nella morte e nella gloria. Nella tradizione dei Padri la croce è il segno del Figlio dell’uomo che comparirà alla fine dei tempi. La festa dell’esaltazione della croce, che in Oriente è paragonata a quella della Pasqua, si collega con la dedicazione delle basiliche costantiniane, costruite sul Golgota e sul sepolcro di Cristo.

MARTIROLOGIO
Esaltazione della Santa Croce, quando l’Imperatore Eraclio, vinto il Re Cosroa, la riportò dalla Persia in Gerusalemme.

DAGLI SCRITTI…
Dai «Discorsi» di sant’Andrea di Creta, vescovo
La croce è gloria ed esaltazione di Cristo

Noi celebriamo la festa della santa croce, per mezzo della quale sono state cacciate le tenebre ed é ritornata la luce. Celebriamo la festa della santa croce, e così, insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. Infatti ci distacchiamo dalla terra del peccato e saliamo verso le altezze. E’ tale e tanta la ricchezza della croce che chi la possiede ha un vero tesoro. E la chiamo giustamente così, perché di nome e di fatto é il più prezioso di tutti i beni. E’ in essa che risiede tutta la nostra salvezza. Essa é il mezzo e la via per il ritorno allo stato originale.
Se infatti non ci fosse la croce, non ci sarebbe nemmeno Cristo crocifisso. Se non ci fosse la croce, la Vita non sarebbe stata affissa al legno. Se poi la Vita non fosse stata inchiodata al legno, dal suo fianco non sarebbero sgorgate quelle sorgenti di immortalità, sangue e acqua, che purificano il mondo. La sentenza di condanna scritta per il nostro peccato non sarebbe stata lacerata, noi non avremmo avuto la libertà, non potremmo godere dell’albero della vita, il paradiso non sarebbe stato aperto per noi. Se non ci fosse la croce, la morte non sarebbe stata vinta, l’inferno non sarebbe stato spogliato.
E’ dunque la croce una risorsa veramente stupenda e imareggiabile, perché, per suo mezzo, abbiamo conseguito molti beni, tanto più numerosi quanto più grande ne é il merito, dovuto però in massima parte ai miracoli e alla passione del Cristo. E’ preziosa poi la croce perché é insieme patibolo e trofeo di Dio. Patibolo per la sua volontaria morte su di essa. Trofeo perché con essa fu vinto il diavolo e col diavolo fu sconfitta la morte. Inoltre la potenza dell’inferno venne fiaccata, e così la croce é diventata la salvezza comune di tutto l’universo. La croce é gloria di Cristo, esaltazione di Cristo. La croce é il calice prezioso e inestimabile che raccoglie tutte le sofferenze di Cristo, é la sintesi completa della sua passione. Per convincerti che la croce é la gloria di Cristo, senti quello che egli dice: «Ora il figlio dell’uomo é stato glorificato e anche Dio é stato glorificato in lui, e lo glorificherà subito» (Gv 13, 31-32). E di nuovo: «Glorificami, Padre, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17, 5). E ancor: «Padre glorifica il tuo nome. Venne dunque una voce dal cielo: L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò» (Gv 12, 28), per indicare quella glorificazione che fu conseguita allora sulla croce. Che poi la croce sia anche esaltazione di Cristo, ascolta ciò che egli stesso dice: Quando sarò esaltato, allora attirerò tutti a me (cfr. Gv 12, 32). Vedi dunque che la croce é gloria ed esaltazione di Cristo.(Disc. 10 sull’Esaltazione della santa croce; PG 97, 1018-1019. 1022-1023)

Alcuni testi del Vespro Bizzantino.
La Croce esaltata invita tutta la creazione a cantar inni alla passione immacolata di Colui che su di essa fu innalzato: sulla Croce Egli mise a morte chi aveva dato la morte, risuscitò i morti e, purificatili, li rese degni, nella sua misericordia ed infinita bontà, di vivere nei cieli… Mosè ti ha prefigurato estendendo le braccia verso l’alto e mettendo in fuga il tiranno Amalek, o Croce veneranda, vanto dei fedeli, sostegno dei martiri, ornamento degli apostoli, difesa dei giusti, salvezza di tutti i santi. Per questo alla vista della tua esaltazione, il creato si rallegra e glorifica Cristo, la cui estrema bontà ha riunito per te ciò che era diviso.

Venite, fedeli, adoriamo il legno vivificante: su di esso Cristo, Re della gloria, stese le braccia e ci risollevò alla beatitudine iniziale di cui aveva spogliato il nemico… Venite, fedeli, adoriamo il legno grazie al quale siamo giudicati degni di schiacciare le teste dei nemici invisibili. Venite, famiglie tutte delle genti, veneriamo con i nostri canti la Croce del Signore…

Adoriamo la tua Croce, Signore, e glorifichiamo la tua santa risurrezione.

Publié dans:feste del Signore |on 13 septembre, 2010 |Pas de commentaires »

13 settembre San Giovanni Crisostomo Vescovo e dottore della Chiesa

dal sito:

http://www.santiebeati.it/dettaglio/24400

13 settembre  San Giovanni Crisostomo Vescovo e dottore della Chiesa
 
Antiochia, c. 349 – Comana sul Mar Nero, 14 settembre 407

Giovanni, nato ad Antiochia (probabilmente nel 349), dopo i primi anni trascorsi nel deserto, fu ordinato sacerdote dal vescovo Fabiano e ne diventò collaboratore. Grande predicatore, nel 398 fu chiamato a succedere al patriarca Nettario sulla cattedra di Costantinopoli. L’attività di Giovanni fu apprezzata e discussa: evangelizzazione delle campagne, creazione di ospedali, processioni anti-ariane sotto la protezione della polizia imperiale, sermoni di fuoco con cui fustigava vizi e tiepidezze, severi richiami ai monaci indolenti e agli ecclesiastici troppo sensibili alla ricchezza. Deposto illegalmente da un gruppo di vescovi capeggiati da Teofilo di Alessandria, ed esiliato, venne richiamato quasi subito dall’imperatore Arcadio. Ma due mesi dopo Giovanni era di nuovo esiliato, prima in Armenia, poi sulle rive del Mar Nero. Qui il 14 settembre 407, Giovanni morì. Dal sepolcro di Comana, il figlio di Arcadio, Teodosio il Giovane, fece trasferire i resti mortali del santo a Costantinopoli, dove giunsero la notte del 27 gennaio 438. (Avvenire)

Patronato: Preghiere
Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall’ebraico
Emblema: Api, Bastone pastorale

Martirologio Romano: Memoria di san Giovanni, vescovo di Costantinopoli e dottore della Chiesa, che, nato ad Antiochia, ordinato sacerdote, meritò per la sua sublime eloquenza il titolo di Crisostomo e, eletto vescovo di quella sede, si mostrò ottimo pastore e maestro di fede. Condannato dai suoi nemici all’esilio, ne fu richiamato per decreto del papa sant’Innocenzo I e, durante il viaggio di ritorno, subendo molti maltrattamenti da parte dei soldati di guardia, il 14 settembre, rese l’anima a Dio presso Gumenek nel Ponto, nell’odierna Turchia.
(14 settembre: A Gumenek nel Ponto, nell’odierna Turchia, anniversario della morte di san Giovanni Crisostomo, vescovo, la cui memoria si celebra il giorno precedente a questo).

Educato dalla madre, S. Antusa, Giovanni (nato ad Antiochia, probabilmente nel 349) negli anni giovanili condusse vita monastica in casa propria. Poi, mortagli la madre, si recò nel deserto e vi rimase per sei anni, dei quali gli ultimi due li trascorse in solitario ritiro dentro una caverna, a scapito della salute fisica. Chiamato in città e ordinato diacono, dedicò cinque anni alla preparazione al sacerdozio e al ministero della predicazione. Ordinato sacerdote dal vescovo Fabiano, ne diventò zelante collaboratore nel governo della chiesa antiochena. La specializzazione pastorale di Giovanni era la predicazione, in cui eccelleva per doti oratorie e per la sua profonda cultura. Pastore e moralista, si mostrava ansioso di trasformare il comportamento pratico dei suoi uditori, più che soffermarsi sulla esposizione ragionata del messaggio cristiano.
Nel 398 Giovanni di Antiochia – il soprannome di Crisostomo, cioè, Bocca d’oro, gli venne dato tre secoli dopo dai bizantini – fu chiamato a succedere al patriarca Nettario sulla prestigiosa cattedra di Costantinopoli. Nella capitale dell’impero d’Oriente Giovanni esplicò subito un’attività pastorale e organizzativa che suscita ammirazione e perplessità: evangelizzazione delle campagne, creazione di ospedali, processioni anti-ariane sotto la protezione della polizia imperiale, sermoni di fuoco con cui fustigava vizi e tiepidezze, severi richiami ai monaci indolenti e agli ecclesiastici troppo sensibili al richiamo della ricchezza. I sermoni di Giovanni duravano oltre un paio d’ore, ma il dotto patriarca sapeva usare con consumata perizia tutti i registri della retorica, non certo per vellicare l’udito dei suoi ascoltatori, ma per ammaestrare, correggere, redarguire. Predicatore insuperabile, Giovanni mancava di diplomazia per cautelarsi contro gli intrighi della corte bizantina. Deposto illegalmente da un gruppo di vescovi capeggiati da quello di Alessandria, Teofilo, ed esiliato con la complicità dell’imperatrice Eudossia, venne richiamato quasi subito dall’imperatore Arcadio, colpito da varie disgrazie avvenute a palazzo. Ma due mesi dopo Giovanni era di nuovo esiliato, dapprima sulla frontiera dell’Armenia, poi più lontano, sulle rive del Mar Nero.
Durante quest’ultimo trasferimento, il 14 settembre 407, Giovanni morì. Dal sepolcro di Comana, il figlio di Arcadio, Teodosio il Giovane, fece trasferire i resti mortali del santo a Costantinopoli, dove giunsero la notte del 27 gennaio 438, tra una folla osannante. Dei numerosi scritti del santo ricordiamo il volumetto “Sul sacerdozio”, un classico della spiritualità sacerdotale.

Autore: Piero Bargellini

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