Sant’Agostino, Le Confessioni – Libro nono: Lettura dei Salmi (stralcio)
dal sito:
http://www.augustinus.it/italiano/confessioni/index2.htm
SANT’AGOSTINO
LE CONFESSIONI : LIBRO NONO
Lettura dei salmi
4. 8. Quali grida, Dio mio, non lanciai verso di te leggendo i salmi di Davide, questi canti di fede, gemiti di pietà contrastanti con ogni sentimento d’orgoglio! Novizio ancora al tuo genuino amore, catecumeno ozioso in villa col catecumeno Alipio e la madre stretta al nostro fianco, muliebre nell’aspetto, virile nella fede, vegliarda nella pacatezza, materna nell’amore, cristiana nella pietà, quali grida non lanciavo verso di te leggendo quei salmi, quale fuoco d’amore per te non ne attingevo! Ardevo del desiderio di recitarli, se potessi, al mondo intero per abbattere l’orgoglio del genere umano. Ma lo sono, cantati nel mondo intero, e nessuno si sottrae al tuo calore 37. Come era violento e aspro di dolore il mio sdegno contro i manichei, che tosto si mutava in pietà per la loro ignoranza dei nostri misteri, dei nostri rimedi, per il loro pazzo furore contro un antidoto che avrebbe potuto salvarli! Avrei voluto averli vicini da qualche parte in quel momento, e che a mia insaputa osservassero il mio volto, udissero le mie grida mentre nella quiete di quelle giornate leggevo il salmo quarto, e percepissero l’effetto che producevano in me le sue parole: Ti invocai e mi esaudisti, Dio della mia giustizia; nell’angustia mi apristi un varco. Abbi pietà di me, Signore, esaudisci la mia preghiera 38; ma che udissero a mia insaputa, altrimenti avrebbero potuto intendere come dette per loro le parole che intercalavo a quelle del salmo. Invece davvero non le avrei dette, o le avrei dette diversamente, se avessi sentite su me le loro orecchie e i loro occhi; o, se dette, non le avrebbero intese quali le dicevo a me e fra me innanzi a te, espressione dell’intimo sentimento della mia anima.
Riflessioni sul salmo quarto
4. 9. Rabbrividii di paura e insieme ribollii di speranza e giubilo nella tua misericordia 39, Padre; e tutti questi sentimenti si esprimevano attraverso i miei occhi e la mia voce alle parole che il tuo spirito buono 40 dice rivolto a noi: « Figli degli uomini, fino a quando avrete i cuori gravati? Sì, perché amate la vanità e cercate la menzogna? » 41. Io avevo amato appunto la vanità e cercato la menzogna, mentre tu, Signore, avevi già esaltato il tuo Santo 42, risuscitandolo dai morti e collocandolo alla tua destra 43, affinché inviasse dal cielo chi aveva promesso 44, il Paracleto, spirito di verità 45. L’aveva già inviato 46, ma io lo ignoravo. L’aveva già inviato, per essere già stato esaltato risorgendo dai morti 47 e ascendendo al cielo 48. Prima lo Spirito non era stato ancora dato, perché Gesù non era stato ancora glorificato 49. Grida il profeta: « Fino a quando avrete i cuori gravati? Sì, perché amate la vanità e cercate la menzogna? Sappiate che il Signore ha esaltato il suo Santo » 50; grida: « Fino a quando », grida: « Sappiate », e io per tanto tempo, ignaro, amai la vanità e recai la menzogna. Perciò un brivido mi corse tutto all’udirlo 51. Ricordavo di essere stato simile a coloro, cui sono rivolte queste parole; gli inganni che avevo preso per verità, erano vanità e menzogna. Perciò feci risuonare a lungo, profonde e forti, le mie grida nel dolore del ricordo. Oh, se le avessero udite coloro che amano tuttora la vanità e cercano la menzogna! Forse ne sarebbero rimasti turbati e l’avrebbero rigettata; tu li avresti esauditi, quando avessero levato il loro grido verso di te 52, poiché morì per noi della vera morte della carne Chi intercede per noi 53 presso di te.
4. 10. Al leggere: « Adiratevi e non peccate » 54, quanto mi turbavo, Dio mio! Avevo ormai imparato ad adirarmi contro me stesso dei miei trascorsi per non peccare in avvenire, e con giusta ira, perché in me non peccava per mezzo mio una natura estranea, della razza delle tenebre, secondo le asserzioni di coloro che, non adirandosi contro se stessi, accumulano un patrimonio d’ira per il giorno dell’ira e della proclamazione del tuo giusto giudizio 55. Il mio bene non era più fuori di me, né lo cercavo più in questo sole con gli occhi della carne. Quanti pretendono di avere gioia fuori di sé, facilmente si disperdono, riversandosi sulle cose visibili e temporali 56 e lambendo la loro apparenza con immaginazione famelica. Oh se, spossati dal digiuno, chiedessero: « Chi ci mostrerà il bene? » 57. Rispondiamo loro, e ci ascoltino: « In noi è impresso il lume del tuo volto, Signore » 58. Non siamo noi il lume che illumina ogni uomo 59, ma siamo illuminati da te per renderci, da tenebre che fummo un tempo, luce in te 60. Oh se vedessero nel loro interno l’eterno, che io, per averlo gustato 61, fremevo di non poter mostrare a loro; se mi portassero il cuore, che hanno negli occhi, quindi fuori di loro, lontano da te, e chiedessero: « Chi ci mostrerà il bene? ». Là infatti, ove avevo concepito l’ira contro me stesso, dentro, nella mia stanza segreta, ove ero stato punto dalla contrizione 62, ove avevo immolato in sacrificio la parte vecchia di me stesso 63 e fidando in te avevo iniziato la meditazione del mio rinnovamento, là mi avevi fatto sentire dapprima la tua dolcezza e avevi messo la gioia nel mio cuore 64. Gridavo, leggendo esteriormente queste parole e comprendendole interiormente, né volevo moltiplicarmi nei beni terreni, divorando il tempo e divorato dal tempo, mentre avevo nell’eterna semplicità un diverso frumento e vino e olio 65.
4. 11. Il verso seguente strappava un alto grido dal mio cuore: Oh, nella pace, oh, nell’Essere stesso…: oh, quali parole: … mi addormenterò e prenderò sonno 66! Chi potrà mai resisterci, quando si attuerà la parola che fu scritta: La morte è stata assorbita nella vittoria 67? Tu sei veramente quell’Essere stesso, che non muti 68; in te è il riposo oblioso di tutti gli affanni 69, poiché nessun altro è con te né si devono cogliere le altre molteplici cose che non sono ciò che tu sei; ma tu, Signore, mi hai stabilito, unificandomi nella speranza 70. Leggevo e ardevo e non trovavo modo di agire con quei morti sordi, al cui novero ero appartenuto anch’io, pestifero, aspro e cieco nel latrare contro le tue Scritture dolci del dolce miele celeste, e del lume tuo luminose 71. Mi consumavo, pensando ai nemici di tanto scritto 72.

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