Archive pour juin, 2010

Martiri : Non temere quello che avrai da soffrire… Sii fedele fino alla morte e Io ti darò la corona della vita. (2 Timoteo 1:8 – Apocalisse 2:10)

per ricordare Mons. Luigi Padovese, da Il cammino cristiano:

http://camcris.altervista.org/testmartiri.html

Martiri

Non temere quello che avrai da soffrire… Sii fedele fino alla morte e Io ti darò la corona della vita. (2 Timoteo 1:8 – Apocalisse 2:10)

Quando l’imperatore Licinio perseguitava i cristiani d’Armenia, quaranta soldati d’una legione si dichiararono cristiani; per questo motivo furono condannati a passare la notte, nudi, sulla superficie d’uno stagno gelato. Una casa era stata preparata sul bordo dello stagno con del fuoco e del cibo per accogliere ogni soldato che avesse abbandonato la sua fede.
Il vento freddo del Caucaso spazzava la campagna, e sullo stagno quaranta prigionieri pregavano. Alcuni camminavano per combattere il freddo, altri, coricati, aspettavano la morte. Una preghiera, come un mormorio, si alzava verso Dio: « Signore, quaranta soldati lottano per te. Permetti che quaranta soldati ricevano la corona della vita ».
A un certo punto uno di loro, non riuscendo più a resistere, si diresse verso la casa. Il centurione che sorvegliava gli uomini rimasti, sconvolto dalla loro testimonianza, credette al Signore Gesù che essi invocavano. Lasciò entrare nella casa il legionario che aveva ceduto alla tortura e poi, dopo aver coraggiosamente dichiarato la sua fede in Cristo, andò a prendere il suo posto sullo stagno gelato.
Il freddo continuò la sua opera. Si udiva appena la preghiera dei martiri e poco dopo quaranta uomini entrarono nel riposo. Un giorno essi, insieme a quanti come loro hanno mostrato fino alla fine il loro amore per Cristo, riceveranno la corona della vita dal Signore per la loro fedele testimonianza.

« Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati.
Non temete quelli che uccidono il corpo ma, oltre a questo, non possono far di più. »
(Luca 12:4 – 2 Timoteo 3:12)
Perpetua aveva 22 anni. Sua madre era cristiana e suo padre pagano. Abitava a Cartagine, in Tunisia, nel 2° secolo d.C. Aveva un bambino di alcuni mesi quando, per ordine dell’imperatore Severo, fu arrestata perché era cristiana.
Appena lo seppe, il suo anziano padre che l’amava molto venne a supplicarla di rinunciare alla sua fede. Perpetua rifiutò. Tentarono di farla cedere concedendole qualche favore: le diminuirono le torture e le portarono il suo bambino. Alla vigilia del processo suo padre tornò a trovarla: « Figlia mia, abbi pietà dei miei capelli bianchi. Non espormi al dolore e alla vergogna di vederti morire in un’arena ». Si gettò ai suoi piedi e pianse.
Al momento dell’interrogatorio, mentre la sala d’udienza era al completo, il padre dell’accusata corse portando in braccio il suo bambino. La supplicò di rinunciare alla sua fede. Persino il giudice le disse: « Abbi pietà di tuo madre e di tuo figlio! Offri sacrifici all’imperatore ».
« Non posso ».
« Sei cristiana? ».
« Sì, lo sono ».
Perpetua fu condannata ad essere gettata in pasto alle belve del circo, un giorno in cui l’imperatore avrebbe dato una festa. E quel giorno non tardò. Fu condotta al supplizio con altri martiri. Prima di morire, si abbracciarono. Se ne andavano presso Gesù.

« Poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni… corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù. »
(Ebr. 1:1,2)
« Andare in galera » oggi è un’espressione banale. Ma chi erano quelli che venivano mandati alle galere sotto il regno di Luigi XIV in Francia? Erano dei prigionieri comuni, certo, ma anche persone innocenti definite « eretici ». Erano cristiani. Fra il 1685 e il 1752, sono state contate 7370 condanne di cristiani che preferifano morire piuttosto che rinnegare il Signore. Marchiati a fuoco con tre leggere infamanti (GAL), designati con il numero di matricola della prigione, incatenati al collo con un assassino o un rapinatore, aspettavano di partire per le galere reali. Là remavano fino alla morte, costretti alla cadenza imposta a colpi di frusta dalle guardie della ciurma.

Quando erano ancora in prigione cantavano. Sulla lunga strada fino a Marsiglia, cantavano. Sul male si elevava il canto dei Salmi. Come i primi cristiani, e come l’apostolo Paolo e Sila, che nella prigionia « cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano » (Atti 16:25). Persino nella sofferenza essi manifestavano la gioia di essere testimoni del solo grande Dio, proclamavano la loro speranza e la loro fiducia.

Chi erano i vincitori, i veri uomini liberi? Quei galeotti o i loro carnefici? Erano quelli che potevano dire: « Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità?… In tutte queste cose noi siamo più che vincitori, in virtù di Colui che ci ha amati » (Rom. 8:35,37)

Publié dans:santi martiri |on 6 juin, 2010 |Pas de commentaires »

buona notte

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San Tommaso d’Aquino: « Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli» (Sequenza della festa)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100606

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, solennità : Lc 9,11-17
Meditazione del giorno
San Tommaso d’Aquino (1225-1274), teologo domenicano, dottore della Chiesa
Preghiere

« Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli» (Sequenza della festa)

        Dio onnipotente ed eterno, ecco che mi avvicino al sacramento del tuo Figlio unigenito, il nostro Signore Gesù Cristo. Malato, vengo dal medico dal quale dipende la mia vita; macchiato, alla sorgente della misericordia; cieco, al focolare della luce eterna; povero e privo di tutto, dal maestro del cielo e della terra.

        Imploro dunque la tua immensa, la tua inesauribile generosità, affinché ti degni di guarire le mie infermità, di lavare le mie macchie, di illuminare la mia cecità, di colmare la mia indigenza, di coprire la mia nudità; e così, io possa ricevere il pane degli angeli (Sal 77,25), il Re dei re, il Signore dei signori (1 Tm 6,15), con tutta la riverenza e l’umiltà, tutta la contrizione e la devozione, tutta la purezza e la fede, tutta la fermezza del proposito e la rettitudine dell’intenzione che la salvezza della mia anima richiede.

        Dammi, ti prego, di non ricevere semplicemente il sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, ma proprio tutta la fortezza e l’efficacia del sacramento. Dio pieno di mitezza, dammi di ricevere il Corpo del tuo Figlio unigenito, nostro Signore Gesù Cristo, questo corpo materiale che egli ha ricevuto dalla Vergine Maria, in modo tale da meritare di essere incorporato al suo corpo mistico e di figurare tra le sue membra.

        Padre pieno di amore, concedi a me che sto per ricevere ora il tuo Figlio amatissimo sotto il velo che si addice al mio stato di pellegrino, che io possa un giorno contemplarlo a viso scoperto e per l’eternità, lui che, essendo Dio, vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.

Corpus Domini

Corpus Domini dans immagini sacre

http://www.santiebeati.it/

Publié dans:immagini sacre |on 5 juin, 2010 |Pas de commentaires »

Omelia (06-06-2010) : Mangiarono e tutti furono saziati

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/18654.html

Omelia (06-06-2010) 
mons. Gianfranco Poma

Mangiarono e tutti furono saziati

La Liturgia della festa del Corpus Domini ci invita a fermarci a riflettere sul mistero eucaristico, fonte e culmine dell’esperienza della Chiesa, che l’abitudine rischia di ridurre ad una pratica devozionale facendocene dimenticare la infinita ricchezza. L’Eucaristia è la memoria del dono che Gesù Cristo fa della sua vita per il mondo: è il compimento del progetto del Padre che ha mandato il proprio Figlio nel mondo perché, assumendo la carne dell’uomo, potesse amare il mondo sino al dono totale di sé e attirandolo a sé, ricondurlo nell’unità dell’amore del Padre. Celebrando l’Eucaristia, l’umanità entra nell’amore di Cristo, si lascia identificare con Lui, e con Lui vive la vita di Dio.
La festa del Corpus Domini ci invita a comprendere la relazione tra l’Eucaristia e la Chiesa: la Chiesa è il Corpo di Cristo che nasce dal realismo con cui Cristo ama l’umanità e donando la propria carne per l’amore del mondo, trasforma il mondo nella propria carne. Nella preghiera eucaristica preghiamo il Padre perché santifichi il pane e il vino con l’effusione dello Spirito Santo perché diventino « per noi » il corpo e il sangue di Gesù Cristo che in quell’ultima sera prese il pane, rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: questo è il mio corpo offerto per voi…E poi preghiamo perché « per la comunione al corpo e al sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo ». E il punto di arrivo è che uniti in Cristo e trasformati in Lui, possiamo dire: « Padre nostro… »
Nella festa del Corpus Domini comprendiamo che la Chiesa nasce dall’Eucaristia e nell’Eucaristia, perché l’Eucaristia è l’incontro tra l’Amore di Cristo e l’umanità che diventa una cosa sola con Lui: il Corpo del Signore è l’umanità in cui vive l’Amore del Signore risorto, è la Chiesa in cui Lui vive.
Quest’anno celebriamo questa festa leggendo il brano di Luca 9,11-17, la moltiplicazione dei pani. Il contesto in cui Luca colloca questo evento riguarda la preoccupazione di Gesù di formare i Dodici per la missione nel mondo: abbiamo così una pagina di grande interesse ecclesiale che dovrebbe essere studiata per intero. Tutto inizia da Gesù che chiama « insieme » i Dodici e dà loro forza ed autorità su tutti i demoni e di guarire le infermità: e li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Tutto parte da Gesù che chiama, dà loro la sua forza e li manda: e tutto riguarda i Dodici, la comunità, tutto è « comunione ecclesiale » (9,1-2). E poi essi ritornano, e narrano a Lui ciò che hanno fatto: ogni parola ha senso per illuminare il metodo che Gesù vuole che i Dodici seguano nella loro missione. La loro azione non li conduce lontano da Lui: essi si « voltano verso » di Lui, narrano a Lui ciò che hanno fatto, perché la loro azione è sempre un rendere concreto Lui e la sua parola. « E prendendoli con sé, si ritirò con loro verso una città chiamata Bethsaida »: è ancora Lui che prende l’iniziativa di fare comunione con loro.
Ma adesso si apre una nuova fase nel loro cammino verso la missione: lo stare con Lui non è finalizzato a un bene solo per loro, Gesù non è solo per loro. Compare la folla che rappresenta l’umanità intera che ha bisogno di Lui, aspira a Lui, lo segue: e Gesù accoglie la folla e comincia a parlare del regno di Dio e a guarire quanti hanno bisogno di cure. Gesù educa così i Dodici perché imparino da Lui che cosa significa accogliere la folla, annunciare il regno di Dio e guarire i mali dell’umanità. Il rischio più grande che i Dodici possono correre nella loro missione è di guardare al mondo con il loro sguardo e non con quello di Gesù, di costruire il proprio regno e non quello di Dio, di seguire un proprio metodo e non quello di Gesù e tutto questo avviene quando i Dodici dimenticano che Gesù è con loro, sempre: Gesù ha bisogno della loro fragile debolezza per mostrare che attraverso la fragilità della Chiesa passa la forza dell’Amore di Dio.
Così, quando « il giorno cominciava a declinare i Dodici si accostarono a Gesù »: viene la sera, la folla è numerosa, il luogo è deserto e i Dodici, umanamente ragionevoli, sono presi dalla preoccupazione e dalla paura. Nella prima parte del nostro brano, i Dodici parlano, prendono l’iniziativa, si rivolgono a Gesù: la logica in cui si muovono è tutta umana e quello che chiedono a Gesù è di entrare nella loro logica. La risposta di Gesù è tutta « irragionevole », è la logica del regno di Dio. La richiesta dei Dodici è: « Sciogli la folla, perché si disperdano nei villaggi e nelle campagne…comprino il cibo… perché siamo in un luogo deserto »… La risposta di Gesù: « Date a loro voi stessi da mangiare »: la logica del regno di Dio è la comunione, non la dispersione, la responsabilità non il disinteresse, l’impegno concreto anche con i pochi mezzi possibili, non il rimandare ad altri i problemi. La logica del regno di Dio è l’Amore sempre, non la chiusura, l’egoismo, il tirarsi fuori.
Di nuovo i Dodici dicono: « Non abbiamo che cinque pani e due pesci… a meno che andiamo noi a comprare ». Ancora fanno leva sulla logica umana: è impossibile con così poco provvedere a molti, non rimane che comprare, ma come è possibile, per così tanta gente?
Adesso Gesù prende l’iniziativa con la sua logica del regno di Dio, adesso i Dodici non parlano più, sono i discepoli che ascoltano la Parola di Gesù e la mettono in pratica. « Fateli sedere a gruppi… »: la logica del regno è la comunione, la folla che diventa un popolo ordinato. « Fecero così e li fecero sedere ». « Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero »: i gesti che Gesù compie, sono quelli che troviamo nell’ultima cena, nella eucaristia. Le piccole cose umane sono un dono accolto da Dio: riconoscere questo, ringraziare Dio per la gratuità del dono, non trattenerlo per sé ma trasformarlo in un dono significa entrare nella logica del regno di Dio, lasciare spazio alla forza dell’Amore del Padre che provvede a tutti i suoi figli. Gesù ci mostra che la logica del regno di Dio non è quella per cui ognuno pensa a se stesso: è la logica dell’Amore gratuitamente ricevuto, gratuitamente donato.
La missione dei Dodici consiste nell’essere nel mondo coloro attraverso i quali passano i doni dell’Amore di Dio: l’Eucaristia è il sacramento nel quale il dono della vita di Cristo trasforma la nostra vita perché noi a nostra volta diventiamo un dono per il nostro mondo, che in questo modo non è più il luogo della solitudine, dell’egoismo e della morte, ma un giardino in cui fiorisce la vita.
Ma abbiamo il coraggio di abbandonare la logica della nostra razionalità calcolatrice, per seguire quella della gratuità dell’amore di Cristo? 

papa Giovanni XXIII : Discorso alla Luna

dal sito:

http://www.giovaniemissione.it/testimoni/papa23luna.htm

Discorso alla Luna 
 
papa Giovanni XXIII 

“Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera… Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo… Noi chiudiamo una grande giornata di pace… Sì, di pace: ‘Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà’.
 
Se domandassi, se potessi chiedere ora a ciascuno: voi da che parte venite? I figli di Roma, che sono qui specialmente rappresentati, risponderebbero: ah, noi siamo i figli più vicini, e voi siete il nostro vescovo. Ebbene, figlioli di Roma, voi sentite veramente di rappresentare la ‘Roma caput mundi’, la capitale del mondo, così come per disegno della Provvidenza è stata chiamata ad essere attraverso i secoli.

La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore… Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà… Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i suoi figli specie nelle ore della mestizia e dell’amarezza… E poi tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino. Addio, figlioli. Alla benedizione aggiungo l’augurio della buona notte”.

 puoi ascoltare queste parole dalla sua viva voce, http://www.cronologia.it/storia/a1962d.htm
 

Publié dans:Papa Giovanni XXIII |on 5 juin, 2010 |Pas de commentaires »

Giovedì 03 Giugno : Beato Papa Giovanni XXIII (mf)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=saintfeast&localdate=20100603&id=2528&fd=0

Giovedì 03 Giugno 2010

Beato GIOVANNI XXIII, il « Papa Buono »

 Per saperne di più sui Santi del giorno…

Il Martirologium Romanum pone la data di culto al 3 giugno, mentre le diocesi di Bergamo e Milano celebrano la memoria del Beato Giovanni XXIII per la Chiesa locale in data 11 ottobre, anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II.
Giovanni XXIII nacque a Brusicco, frazione di Sotto il Monte (BG), il 25 nov. 1881, da Giovanni Battista Roncalli e Marianna Mazzola; venne battezzato la sera stessa, ricevendo il nome di Angelo Giuseppe. A differenza del suo predecessore, Eugenio Pacelli, che era di stirpe nobile, la sua famiglia è di umili origini: i suoi parenti lavoravano infatti come mezzadri. Questo non gli impedì, grazie all’aiuto economico di uno zio, di studiare presso il seminario minore di Bergamo, per poi vincere una borsa di studio e trasferirsi al Seminario dell’Apollinare di Roma, l’attuale Pontificio Seminario Romano Maggiore, ove completò brillantemente gli studi e fu ordinato prete nella chiesa di Santa Maria in Monte Santo, in Piazza del Popolo, nel 1905; fu scelto, nello stesso anno, dal nuovo vescovo di Bergamo, Giacomo Radini-Tedeschi, quale segretario personale.
Nel 1921 Pp Benedetto XV (Giacomo della Chiesa) lo nominò prelato domestico (che gli valeva l’appellativo di monsignore) e presidente del Consiglio Nazionale Italiano dell’Opera della Propagazione della Fede.
Nel 1925 Pp Pio XI (Achille Ratti) lo nominò Visitatore Apostolico in Bulgaria, elevandolo al grado di vescovo e affidandogli il titolo della diocesi di Aeropolis (Palestina).

Nel 1935 fu nominato Delegato Apostolico in Turchia e Grecia : questo periodo della vita, che coincise con la seconda guerra mondiale, è ricordato in particolare per i suoi interventi a favore degli ebrei in fuga dagli stati europei occupati dai nazisti.
Nel 1944, Pp Pio XII (Eugenio Pacelli) lo nominò Nunzio Apostolico a Parigi. Fra i suoi maggiori successi a Parigi si segnalò la riduzione del numero di vescovi di cui il governo francese reclamava l’epurazione in quanto compromessi con la Francia di Vichy.
Coerentemente al suo stile di obbedienza, accettò prontamente la proposta di trasferimento alla sede di Venezia ove giunse il 5 marzo 1953, fresco della nomina cardinalizia decisa nell’ultimo Concistoro di Pio XII.
A seguito della morte di Pio XII, con sua grande sorpresa, fu eletto Papa il 28 ottobre 1958 e il 4 novembre dello stesso anno fu incoronato, divenendo così il 261º Vicario di Gesù Cristo sulla Terra. Secondo alcuni analisti sarebbe stato scelto principalmente per un’unica ragione: la sua età. Dopo il lungo pontificato del suo predecessore, i cardinali avrebbero perciò scelto un uomo che presumevano, per via della sua età avanzata e della modestia personale, sarebbe stato un Papa di «transizione». Ciò che giunse inaspettato fu il fatto che il calore umano, il buon umore e la gentilezza di Pp Giovanni XXIII, oltre alla sua esperienza diplomatica, conquistarono l’affetto di tutto il mondo cattolico, in un modo che i suoi predecessori non avevano mai ottenuto. Fin dal momento della scelta del nome (“Vocabor Johannes…” mi chiamerò Giovanni, esordì appena eletto) molti cardinali si accorsero che Roncalli non era ciò che loro si aspettavano, infatti Giovanni era un nome che nessun papa adottava da secoli (nel 900 quasi tutti i papi si erano chiamati Pio, e questo è ciò che molti si aspettavano), inoltre nella storia c’era stato un antipapa di nome Giovanni XXIII.
Per il primo Natale da papa visitò i bambini malati dell’ospedale romano Bambin Gesù, ove con intima e contagiosa dolcezza benedisse i piccoli, alcuni dei quali lo avevano scambiato per Babbo Natale.
Il giorno di santo Stefano sempre del suo primo anno di pontificato, il 26 dicembre 1958, visitò i carcerati nella prigione romana di Regina Coeli, dicendo loro: « Non potete venire da me, così io vengo da voi…Dunque eccomi qua, sono venuto, m’avete visto; io ho fissato i miei occhi nei vostri, ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore..la prima lettera che scriverete a casa deve portare la notizia che il papa è stato da voi e si impegna a pregare per i vostri familiari ». Memorabilmente, accarezzò il capo del recluso che, disperato, inaspettatamente gli si buttò ai piedi domandandogli se  « le parole di speranza che lei ha pronunciato valgono anche per me ».
Il radicalismo di Pp Giovanni XXIII non si fermò all’informalità. Fra lo stupore dei suoi consiglieri e vincendo le remore e le resistenze della parte conservatrice della Curia, indisse un concilio ecumenico; mentre i suoi aiutanti stimavano di dover impiegare almeno un decennio per i preparativi, Giovanni XXIII progettò di tenerlo nel giro di mesi.
Il 4 ottobre 1962, ad una settimana dall’inizio del concilio, Giovanni XXIII si recò in pellegrinaggio a Loreto e Assisi (era dall’età di 14 anni terziario francescano) per affidare le sorti dell’imminente Concilio alla Madonna e a S. Francesco.
 

Uno dei più celebri discorsi di Pp Giovanni, forse una delle allocuzioni in assoluto più celebri della storia della Chiesa, è quello che ormai si conosce come  il « discorso della luna ».
L’11 ottobre 1962, in occasione della serata di apertura del Concilio, piazza San Pietro era gremita di fedeli che, se pur non comprendendo a fondo il valore teologico dell’avvenimento, ne percepivano la storicità, la fondamentalità, la difficoltà, ed erano nel luogo che simboleggia il cattolicesimo: la piazza appunto. A gran voce chiamato ad affacciarsi, cosa che non si sarebbe mai immaginata possibile richiedere al papa precedente, Pp Giovanni XIII davvero si sporse a condividere, con la piazza, la soddisfazione per il raggiungimento del primo traguardo: si era arrivati ad aprirlo, il Concilio. Il discorso a braccio fu poetico, dolce, semplice, e pur tuttavia conteneva elementi del tutto innovativi. Nel momento che avrebbe dato un nuovo corso alla religione cattolica, con un richiamo straordinario salutò la luna: è Discorso della Luna « Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, a guardare a questo spettacolo, che neppure la Basilica di San Pietro, che ha quattro secoli di storia, non ha mai potuto contemplare. La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato padre per volontà di Nostro Signore, ma tutti insieme paternità e fraternità e grazia di Dio, facciamo onore alle impressioni di questa sera, che siano sempre i nostri sentimenti, come ora li esprimiamo davanti al Cielo, e davanti alla Terra: Fede, Speranza, Carità, Amore di Dio, Amore dei Fratelli. E poi tutti insieme, aiutati così, nella santa pace del Signore, alle opere del Bene. Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza. »
Il Papa ora viveva con la piazza dei fedeli, ne condivideva la serata di fine estate, ne partecipava la sofferenza e la « maraviglia » per quella luna inattesa; la Chiesa era davvero molto più comunitaria di quanto non fosse mai stata in passato. I fedeli avevano il Papa fra loro, con loro. Proprio ciò per cui il Concilio era stato voluto.
Sin dal settembre 1962, prima ancora dunque dell’apertura del Concilio, si erano manifestate le avvisaglie della malattia fatale: un tumore dello stomaco, patologia che aveva già colpito altri fratelli Roncalli. Pur visibilmente provato dal progredire del cancro, Pp Giovanni firmò l’11 aprile 1963 l’enciclica Pacem in Terris e, un mese più tardi, l’11 maggio 1963, ricevette dal Presidente della Repubblica italiana, Antonio Segni, il premio “Balzan” per il suo impegno in favore della pace e del suo decisivo intervento in occasione della grave crisi di Cuba nell’autunno del 1962. Fu il suo ultimo impegno pubblico. Il 23 maggio 1963, solennità dell’Ascensione, si affacciò per l’ultima volta dalla finestra per recitare il Regina Coeli.

Il Papa morì, dopo un’agonia di tre giorni, la sera del 3 giugno 1963, alle 19,49. “Perché piangere? È un momento di gioia questo, un momento di gloria” furono le sue ultime parole rivolte al suo segretario.
Dal Concilio Vaticano II, che Pp Giovanni XXIII non vide dunque terminare, si sarebbero prodotti, negli anni successivi, fondamentali cambiamenti che avrebbero dato una nuova connotazione al cattolicesimo moderno; gli effetti più immediatamente visibili consistettero nella riforma liturgica, in un nuovo ecumenismo e infine in un nuovo approccio al mondo e alla modernità.

Chiamato affettuosamente da molti il “Papa buono”, Giovanni XXIII venne dichiarato Beato dal  Servo di Dio Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyla) il 3 settembre 2000. 

Publié dans:Papa Giovanni XXIII |on 5 juin, 2010 |Pas de commentaires »

Buona notte

Buona notte dans immagini buon...notte, giorno lilium_henryi_53b

Henry’s Lily

http://www.floralimages.co.uk/index2.htm

Beata Teresa di Calcutta :« Tutti hanno dato dal loro superfluo, lei invece, dalla sua povertà »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100605

Sabato della IX settimana delle ferie delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 12,38-44
Meditazione del giorno
Beata Teresa di Calcutta (1910-1997), fondatrice delle Suore Missionarie della Carità
A Simple Path

« Tutti hanno dato dal loro superfluo, lei invece, dalla sua povertà »

        Occorre dare ciò che vi costa qualcosa. Non basta dare soltanto ciò di cui potete fare a meno, ma anche ciò di cui non potete né volete fare a meno, le cose alle quali siete attaccati. Allora il vostro dono diviene un sacrificio che ha prezzo agli occhi di Dio… È quello che chiamiamo l’amore in atto. Ogni giorno vedo crescere questo amore in bambini, uomini e donne.

        Una volta camminavo per la strada ; un mendicante mi venne incontro e mi disse : « Madre Teresa, tutti ti fanno dei regali, anch’io voglio darti qualcosa. Oggi ho ricevuto soltanto ventinove centesimi per tutta la giornata, e voglio darteli ». Riflettei un attimo. « Se prendo questi ventinove centesimi (che valgono quasi niente), lui rischia di non avere niente da mangiare questa sera ; e se non li prendo, gli causerò un dispiacere ». Allora ho steso le mani e ho preso il denaro. Mai, su nessun viso, ho visto tanta gioia, quanto ne ho visto su quello di quest’uomo, tanto felice di aver potuto fare un regalo a Madre Teresa ! Per lui, che aveva mendicato tutta la giornata al sole questa somma irrisoria, con la quale non si poteva fare nulla, era un sacrificio enorme. Ma era anche meraviglioso, perché questi spiccioli ai quali lui rinunciava, dati con tanto amore, diventavano una fortuna.

un ricordo di Padre Luigi Padovese, sul mio blog: la pagina di San Paolo

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Padre Padovese ai funerali di Don Santoro; 

ho scritto qualcosa per Padre Luigi Padovese, di lui, i ricordi, i pensieri che mi sucita la sua morte, oggi non riesco a faare dei più, vi rimando se volete al post su Luigi Padovese ed alla categoria nella quale vi sono alcuni (troppo pochi) suoi scritti;

il mio ricordo:

Padre Luigi Padovese, il mio ricordo ed un mio pensiero per lui:

http://lapaginadisanpaolo.unblog.fr/2010/06/04/padre-luigi-padovese-un-mio-ricordo-ed-un-mio-pensiero-per-lui/

la categoria:

http://lapaginadisanpaolo.unblog.fr/tag/arcivescovi-e-vescovi/mons-luigi-padovese/

vi prego pregate con me, con coloro che amano Padre Padovese;

Publié dans:† Padre Luigi Padovese |on 4 juin, 2010 |Pas de commentaires »
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