Archive pour le 18 juin, 2010

Mat-06,01-Prayer Our Father_Priere Notre Pere

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La preghiera orale e vocale : Il valore della preghiera orale

dal sito:

http://www.esicasmo.it/esicasmo.it.htm

Ignatij Brjancaninov

La preghiera orale e vocale

Il valore della preghiera orale

Nessuno tra coloro che desiderano progredire sulla via della preghiera pensi con leggerezza che la preghiera pronunciata dalle labbra e dalla voce e con la partecipazione dell’intelligenza sia di poco valore e non meriti la nostra stima. Se i Santi Padri parlano della sterilità della preghiera orale e vocale quando non è unita all’attenzione, non bisognerà concludere che hanno respinto o disprezzato questa preghiera come tale. Tutt’altro! Essi insistono solamente perché la si compia con attenzione. La preghiera orale e vocale compiuta con attenzione è l’inizio e la causa dell’orazione mentale; è anche una preghiera mentale. Abituiamoci per cominciare, a pregare attentamente in tal maniera, ed allora apprenderemo facilmente a pregare anche con il solo spirito nel silenzio della nostra interiorità.
 
La Testimonianza della Sacra Scrittura

La preghiera orale e vocale è menzionata nella Sacra Scrittura. L’esempio di questa preghiera e del canto vocale ci è dato dal Salvatore stesso e dagli Apostoli che l’avevano ricevuto da Lui. L’evangelista Matteo ci riferisce che dopo aver cantato l’inno alla fine della Mistica Cena, il Signore e gli Apostoli salirono verso il monte degli Ulivi. Il Signore pregò in modo da essere inteso da tutti prima della resurrezione di Lazzaro, morto da quattro giorni. Mentre erano rinchiusi in prigione, l’apostolo Paolo ed il suo compagno di viaggio Silas erano in preghiera a mezzanotte e cantavano le lodi di Dio: gli altri prigionieri potevano ascoltarli. Improvvisamente, coprendo la voce del loro canto, si verificò un grande terremoto, in modo che le fondamenta della prigione furono scosse; nel medesimo tempo, tutte le porte si aprirono, e le catene di tutti i prigionieri furono spezzate. La preghiera di sant’Anna, madre del profeta Samuele, sovente presentata dai Santi Padri come un modello di preghiera, non era solamente mentale. “Quella – dice la Scrittura – parlava in cuor suo: solo le labbra si muovevano, ma non si udiva la voce”. Questa preghiera non era vocale, ma, pur essendo una preghiera del cuore, era anche orale.
 L’apostolo Paolo chiama la preghiera orale il frutto delle labbra. Ordina di offrire senza sosta a Dio un sacrificio di lode, cioè il frutto delle labbra che pronunciano il suo nome; comanda di intrattenersi con dei salmi, con degli inni, e con dei canti spirituali, ed unendo la preghiera vocale ed orale al canto, di cantare e di celebrare nei nostri cuori le lodi del Signore. Rimprovera la mancanza d’attenzione durante la preghiera orale e vocale. Se la tromba ha un suono confuso, chi si preparerà al combattimento? Da voi stessi, se con la lingua non dite una parola distinta (cioè intelligibile), come si saprà ciò che dite? Perché parlate a vuoto. Benché l’Apostolo abbia detto queste parole a coloro che pregavano e che proclamavano ciò che il Santo Spirito loro ispirava nelle lingue straniere, i Santi Padri le applicano con ragione anche a coloro che pregano senza attenzione. Colui che prega così e che, per conseguenza, non comprende le parole che pronuncia, che è per se stesso se non uno straniero?

L’attenzione è essenziale

Fondandosi su questo insegnamento, san Nilo di Sora dice che colui che prega con le labbra e con la voce, ma senza attenzione, fa salire la preghiera in aria, ma non verso Dio, “È paradossale desiderare che Dio ti intenda, quando tu non comprendi te stesso”, diceva san Demetrio di Rostov, prendendo in prestito queste parole dal Santo vescovo e martire Cipriano di Cartagine. È esattamente ciò che succede a coloro che pregano oralmente e vocalmente, ma senza attenzione; non si capiscono, si lasciano trascinare dalle distrazioni, i loro pensieri vagano lontano nelle preoccupazioni, si estraniano dalla preghiera che spesso giunge ad arrestarsi bruscamente, senza ricordarsi di ciò che devono leggere; o invece di pronunciare le parole della preghiera che sono intenti a leggere, cominciano a dire quelle di altre preghiere, benché il libro sia aperto sotto i loro occhi. Come i Santi Padri non rimprovererebbero una simile preghiera recitata senza attenzione, mutilata, distrutta dalle distrazioni!

La Testimonianza dei Padri

“L’attenzione, dice san Simeone il Nuovo Teologo, deve essere anche strettamente legata alla preghiera come il corpo lo è all’anima: questi ultimi non possono essere separati; non possono esistere l’uno senza l’altro. L’attenzione deve essere come una sentinella in agguato per sorvegliare l’attacco del nemico. Che sia la prima a lottare contro il peccato, ad opporsi ai pensieri malvagi che si avvicinano al cuore! Quindi, dopo l’attenzione intervenga la preghiera per estirpare ed annientare istantaneamente tutti i pensieri malvagi contro i quali l’attenzione aveva prima ingaggiato il combattimento, perché, lei sola, l’attenzione non può dominarli. La vita e la morte dell’anima dipendono da questa battaglia condotta congiuntamente dall’attenzione e dalla preghiera. Se, per mezzo dell’attenzione, proteggiamo la purezza della preghiera, progrediremo. Se, al contrario, non ci preoccuperemo di conservarla pura, ma la lasceremo senza sorveglianza, i pensieri malvagi la insudiceranno, diventeremo uomini rilassati e non potremo fare dei progressi”.
 L’attenzione deve assolutamente accompagnare la preghiera orale e vocale, come d’altra parte… ogni altra forma di preghiera. Quando è presente, i frutti della preghiera orale sono innumerevoli. L’asceta deve cominciare dalla preghiera orale. È quella che la Santa Chiesa insegna per prima ai fanciulli. “La radice della vita monastica, è la salmodia”, ha detto san Isacco Siro. “La Chiesa”, insegna san Pietro Damasceno, “ha adottato per uno scopo lodevole e gradevole a Dio, dei canti e diversi inni in ragione della debolezza dell’intelletto, affinché, noi che non conosciamo, si sia attratti dalla dolcezza della salmodia e cantiamo, per così dire malgrado noi, le lodi a Dio. Coloro che possono comprendere e penetrare il senso delle parole che pronunciamo, entrano in uno stato di umile commozione del cuore. Così, come con una scala, ci eleviamo verso i santi pensieri. Nella misura con cui progrediamo nell’abitudine di questi pensieri divini, un desiderio divino sorge e ci fa scoprire ciò che significa l’adorazione del Padre in Spirito ed in Verità, secondo le parole del Signore”.

I frutti della preghiera orale

La bocca e la lingua che si esercitano spesso nella preghiera e nella lettura della Parola di Dio si santificano; non possono più dire parole oziose o ridere, e diventano incapaci di pronunciare delle celie, delle oscenità o dei propositi turpi. Vuoi progredire nell’orazione mentale e nella preghiera del cuore? Allora incomincia ad essere attento durante la preghiera orale e vocale: la preghiera orale detta con attenzione si trasformerà essa stessa in preghiera mentale e del cuore. Vuoi iniziare a respingere rapidamente e con forza i pensieri seminati in noi dal nemico comune dell’umanità? Respingili, quando sei solo nella cella, con una preghiera orale attenta, pronunciando le parole pacatamente, con un’umile commozione del cuore. L’aria risuona di una preghiera orale e vocale attenta, ed i santi Angeli si avvicinano a coloro che pregano e cantano; si rallegrano e partecipano ai canti spirituali come furono giudicati degni di vederli alcuni santi e, fra loro, un nostro contemporaneo, il beato staretz Serafino di Sarov.

La pratica dei Padri

Numerosi padri illustri sono vissuti nella preghiera orale e vocale, e ciò non ha impedito loro di essere colmi dei doni dello Spirito. La causa dei loro progressi si trova nel fatto che in loro l’intelletto, il cuore, l’anima e tutto il corpo erano uniti alla voce ed alle labbra; pronunciavano la preghiera con tutta la loro anima, con tutte le loro forze, con tutto il loro essere, in breve con l’uomo tutto intero. È così che san Simeone della Montagna Ammirabile recitava durante la notte tutto il Salterio. San Isacco Siro menziona un felice staretz che aveva per occupazione la lettura dei salmi; gli fu concesso di non proseguire la lettura che per tre o quattro salmi, dopo di che la consolazione divina s’impadroniva di lui con una tale forza che rimaneva giorni interi in uno stato di felicissima estasi, cosciente né del tempo, né di se stesso.
Durante la lettura dell’Akatistos, san Sergio di Radonez fu visitato dalla Madre di Dio accompagnata dagli apostoli Pietro e Giovanni. Si racconta a proposito di san Ilarione di Suzdal che quando leggeva l’Akatistos in chiesa, le parole uscivano dalla sua bocca come se fossero fuoco, con una forza ed un’efficacia sugli ascoltatori che non si poteva spiegare. La preghiera orale dei santi era vivificata dall’attenzione e dalla grazia divina che ristabilisce l’unità delle potenze dell’uomo divise dal peccato; ciò che spiega che diffondeva una uguale forza sovrannaturale e che produceva un’impressione prodigiosa sugli ascoltatori. I santi hanno celebrato Dio con tutto il cuore; hanno cantato e professato Dio con una fermezza incrollabile, cioè senza distrazione, hanno cantato per Dio con saggezza.

Salmodia

Bisogna notare che i santi monaci dei primi secoli e tutti coloro che desideravano progredire nella preghiera non si preoccupavano del tutto o non si preoccupavano che molto poco del canto. Sotto il vocabolo “salmodia”, di cui si parla nelle loro Vite e nei loro scritti, bisogna intendere una lettura estremamente lenta dei salmi e delle preghiere. Una simile lettura è indispensabile se si vuole conservare un’attenzione vigilante ed evitare le distrazioni. A causa della lentezza e dell’affinità con il canto, questa lettura è stata chiamata “salmodia”. Si faceva con il cuore; i monaci di quei tempi avevano infatti per regola di imparare a memoria il Salterio. La recitazione dei salmi a memoria contribuisce molto a fissare l’attenzione. Una simile lettura – a dire il vero non è una lettura, perché non si fa per mezzo di un libro, ma si tratta proprio della salmodia – può essere compiuta in un’oscura cella, con gli occhi chiusi, ciò che protegge dalle distrazioni; quando una cella è illuminata quanto è indispensabile per la lettura di un libro e semplicemente per vederlo – distrae lo spirito e lo allontana dal cuore verso l’esterno. “Cantano, dice san Simeone il Nuovo Teologo, cioè le loro labbra pregano”. “Coloro che non cantano assolutamente, dice san Gregorio Sinaita, fanno bene, anche loro, se hanno già progredito; non hanno infatti, bisogno di recitare i salmi, ma hanno necessità di silenzio e della preghiera incessante”.

Lettura e preghiera

Per dirla chiaramente, i Padri chiamano “lettura” quella della Sacra Scrittura e degli scritti dei Santi Padri, e “preghiera” soprattutto la Preghiera di Gesù, come la preghiera del Pubblicano e altre preghiere estremamente brevi. Che queste preghiere sostituiscano vantaggiosamente la salmodia è incomprensibile per i principianti e non può essere loro spiegato in modo soddisfacente, perché ciò oltrepassa la saggezza psichica e non si spiega che con la felice esperienza.
Fratelli, stiamo attenti durante le preghiere orali e vocali che pronunciamo nei servizi in chiesa e nella solitudine della cella. Non rendiamo i nostri sforzi e la nostra vita in monastero sterile a causa della mancanza di attenzione e della negligenza nell’opera di Dio. La negligenza nella preghiera è fatale! Maledetto, dice la Scrittura, sia colui che compie l’opera di Dio con negligenza. Il risultato di questa maledizione è evidente: una sterilità spirituale totale e l’assenza totale di progressi malgrado i numerosi anni trascorsi nella vita monastica. Mettiamo alla base dell’ascesa di preghiera la preghiera attenta, orale e vocale, è il principale ed il più importante tra i lavori monastici e quello per cui tutti gli altri esistono. In risposta a questa preghiera, il Signore misericordioso darà, a suo tempo, all’asceta perseverante, paziente ed umile la preghiera dell’intelletto e del cuore mosso dalla grazia. Amìn.
 ————————
Trad. di M. C.
in: “Messaggero Ortodosso”, Roma, agosto-settembre 1985, pp. 10-16
Cfr. Matteo 26, 30.
Cfr. Giovanni 11, 41-42.
Atti 16, 26.
1 Re 1, 12-13.
Ebrei 13, 15.
Cfr. Efesini 5, 19.
1 Corinti 14, 8-9.
Cfr. Giovanni 4, 24.
Salmo 46, 8.
Geremia 48, 20

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Il Sacro Cuore di Gesù: Dio è Amore. C’è lo dice chiaramente anche Giovanni nella sua lettera (4 , 8-19) :

dal sito:

http://www.preghiereonline.it/sacro_cuore/pol_scg_introduzione.htm

IL SACRO CUORE DI GESÙ

Introduzione

Dio è Amore. C’è lo dice chiaramente anche Giovanni nella sua lettera (4 , 8-19) :

« Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo.Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui. Per questo l’amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio; perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore. Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo.  »
 
Il Sacro Cuore
 
 Giovanni che ci svela così chiaramente questo amore è lo stesso discepolo che nell’ultima cena ebbe l’onore di poggiare il proprio capo sul petto di Gesù. Molte raffigurazioni dell’ultima cena, dipinti, icone, affreschi e quant’altro l’uomo abbia voluto utilizzare per imprimere qui in terra quella scena, avvenuta molti anni fa nella storia, ci mostrano Gesù al centro della tavola ed un discepolo chinato sul suo petto. Questa immagine è tratta da vangelo secondo Giovanni cap. 13, 23-25 « Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Di’, chi è colui a cui si riferisce?». Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?».  »
E’ una bellissima scena che ci fa desiderare di essere al posto di quel discepolo, li ad ascoltare quel petto dal qual esce l’amore di Dio. Da quel petto santo è sgorgata la giustificazione del peccatore, da quel petto santo è zampillato sangue ed acqua per lavare i nostri peccati e donarci la vita eterna « uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua » Gv 19, 34. E’ in previsione di questo evento che il profeta Zaccaria dice queste parole « Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto, e lo piangeranno come si piange la morte di un figlio unico… In quel giorno vi sarà una fontana zampillante per gli abitanti di Gerusalemme, per espiazione e per purificazione » (Zc 12,10 ss).
La devozione al Sacro Cuore di Gesù è vecchia quanto la chiesa stessa. Se si esclude Origene e la scuola siriana la maturazione è avvenuta nel secondo millennio. Il mistero del cuore di Gesù è già così esplicito da caratterizzare la vita spirituale di autori quali san Bernardo, Ugo di San Vittore. L’Ordine benedettino ha avuto la sua espressione più suggestiva nel gruppo di Helfta: Matilde di Magdeburgo, santa Matilde di Hackeborn, che Gesú favorì dello scambio dei cuori, e santa Gertrude che scrisse il celebre libro L’araldo dell’amore divino. Per queste sante, il Cuore di Gesù è il santuario glorioso dell’amore, dove si riassume il culto che, da tutto il creato, sale verso il trono dell’Altissimo. Gertrude di Helfta è ritenuta l’iniziatrice della devozione al Sacro Cuore. E’ detta infatti « la teologa del Sacro Cuore »
Proprio san Geltrude chiese a san Giovanni perché non avesse detto nulla del Cuore di Gesù sul quale aveva potuto posare familiarmente il capo nel Cenacolo. L’Apostolo rispose: « Era mia missione dire alla Chiesa nascente, in relazione al Verbo, una semplice parola, che fino alla fine del mondo, bastasse a nutrire l’intelligenza di tutta la stirpe umana. La Provvidenza manifesterà più tardi quanto nascondono di dolcezza e di soavità le divine pulsazioni e l’amore immenso del Cuore sacro dell’Uomo-Dio, per rianimare la fiamma della carità, fattasi fredda in un mondo invecchiato e languente » (S. Gertrude. L’Araldo dell’amore divino, I, IV, c. IV).
Non a caso Gesù rivela le dolcezze del suo Cuore a san Geltrude. Proprio per ammissione della santa la sua vita di religiosa era scivolata nell’ozio dell’orgoglio intellettualistico. A venticinque anni, Gertrude è un pozzo di scienza, ma soprattutto per quel che riguarda le conoscenze profane. Conduce un’esistenza claustrale tranquilla e, in apparenza, appagante: lavoro, preghiera, studio, lectio divina, canto, insomma il normale bagaglio quotidiano di ogni buon religioso appartenente all’ordine benedettino. Ed è proprio sullo sfondo di questa vita tranquilla che si dibatte un’anima che è inquieta e non trova pace. Proprio davanti ad una crisi di coscienza che il 27 gennaio del 1281 incominciano le rivelazione e quello che lei stessa definirà una seconda conversione.
Il messaggio della vicenda di Gertrude, è chiaro: l’intelligenza, la ragione, non esaurisce tutto l’uomo. Anzi: è forse qui la radice del peccato d’origine, l’eterna, sottile tentazione dei teologi di professione. Semmai, secondo la celebre espressione agostiniana, è l’amore che esaurisce l’uomo: amare et amari, hic est totus homo.
Oltre a santa Geltrude di Helfta altri santi furono arricchiti dalla conoscenza della devozione al Cuore di Gesù. La scuola francescana è rappresentata da san Bonaventura, autore di Vitis mystica; la beata Angela da Foligno, che scrisse il Libro della grazia speciale; e Ubertino da Casale, il quale, per il suo Arbor vitae crucifixae Jesu, è detto il doctor medievalis cordis Jesu. L’Ordine domenicano è rappresentato soprattutto da sant’Alberto Magno e dai mistici tedeschi G. Taulero ed E.Suso. Spiritualmente apparentata alla scuola domenicana è anche santa Caterina Da Siena con la contemplazione delle piaghe di Nostro Signore.
Ma perché parlare proprio del cuore ? Il termine « cuore » nel simbolismo occidentale e soprattutto quello ebraico designa il nucleo, l’essenza dell’uomo. E’ con cognizione di causa che Gesù afferma: « Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore » (Mt 6,21). San Tommaso ci dice « Come è naturale per il fuoco bruciare così è naturale per il cuore amare; e poiché esso nell’uomo è l’organo primario del sentimento, è conveniente che l’atto comandato dal primo di tutti i precetti sia reso sensibile mediante il cuore ».
Tutto ciò che riguarda la Persona del Figlio di Dio è infinitamente degno di venerazione. Una sia pur minima particella del corpo, la più impercettibile goccia del suo sangue meritano le adorazioni del cielo e della terra. A maggior ragione è giusto e lodevole rivolgere le nostre preghiere a quel cuore che ha consumato tutto per noi sino alla morte ed alla morte di croce.
Con il passaggio dal Medio Evo all’età moderna la tendenza assolutistica dei sovrani si manifesta anche nel campo religioso. La monarchia assoluta non tollera l’ingerenza nel territorio nazionale di forze sottratte al proprio potere: si afferma, così, progressivamente, l’esigenza di una Chiesa nazionale, sotto il controllo dello Stato. Le tendenze gallicane in Francia, il movimento luterano in Germania e quello calvinista nei Paesi Bassi, I’anglicanesimo in Inghilterra, sono fenomeni, oltre che religiosi, di carattere politico, che possono essere intesi solo in rapporto alla nuova situazione politico-economico-sociale determinatasi in Europa. La rottura dell’unità politica era fatalmente accompagnata dalla rottura dell’unità religiosa.
Nell’epoca moderna il culto al Cuore del Salvatore conobbe nuovi sviluppi. In un tempo in cui il giansenismo proclamava i rigori della giustizia divina, ed il protestantesimo sotto le varie denominazioni, spaccava la chiesa di Dio, la devozione al Cuore di Cristo, costituì un efficace antidoto per suscitare e rinnovare nei fedeli l’amore al Signore e la fiducia nella sua infinita misericordia, di cui il Cuore è pegno e simbolo.
San Francesco di Sales († 1622), che assunse come norma di vita e di apostolato l’atteggiamento fondamentale del Cuore di Cristo, cioè l’umiltà, la mansuetudine, l’amore tenero e misericordioso; santa Margherita Maria Alacoque († 1690), a cui il Signore mostrò ripetutamente le ricchezze del suo Cuore; san Giovanni Eudes († 1680), promotore del culto liturgico al Sacro Cuore; san Claudio la Colombière († 1682), san Giovanni Bosco († 1888) e altri santi e sante sono stati insigni apostoli della devozione al Sacro Cuore. Le forme di devozione al Cuore del Salvatore sono molto numerose; alcune sono state esplicitamente approvate e frequentemente raccomandate dalla Sede Apostolica. Tra esse sono da ricordare:

- la consacrazione personale, che, secondo Pio XI, «fra tutte le pratiche riferentisi al culto del Sacro Cuore è senza dubbio la principale»;
- la consacrazione della famiglia, mediante la quale il nucleo familiare, già partecipe in virtù del sacramento del matrimonio del mistero di unità e di amore fra Cristo e la Chiesa, viene dedicato al Signore, perché egli regni nel cuore di ognuno dei suoi membri;
- le Litanie del Cuore di Gesù, approvate nel 1891 per tutta la Chiesa, di contenuto segnatamente biblico e arricchite di indulgenze;
- l’atto di riparazione, formula di preghiera con cui il fedele, memore dell’infinita bontà di Cristo, intende implorare misericordia e riparare le offese recate in tanti modi al suo Cuore dolcissimo;
- la pratica dei nove primi venerdì del mese, che trae origine dalla « grande promessa » fatta da Gesù a santa Margherita Maria Alacoque. In un’epoca in cui la comunione sacramentale era molto rara presso i fedeli, la pratica dei nove primi venerdì del mese contribuì significativamente al ripristino della frequenza ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia.
Non a caso Santa Margherita Maria ricevette la rivelazione del Sacro Cuore mentre era dinanzi al SS.mo Sacramento; Gesù le si svelò in un’Ostia mostrandole il suo Cuore e dicendole quelle parole adorabili che costituiscono il commento più eloquente alla presenza reale del SS.mo Sacramento: « Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini! »
E, apparendo alla ven. M. Matilde, fondatrice di una società di adoratrici, le comandò di amare ardentemente, e di onorare il suo Sacro Cuore nel SS. Sacramento; questo perché fosse pegno del suo amore, perché fosse il suo rifugio in vita, e la sua consolazione nell’ora della morte.
Del resto lo scopo della festa del Sacro Cuore è quello di onorare con maggior fervore e devozione l’amore di Gesù Cristo che soffre ed istituisce il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue.
Per entrare nello spirito della devozione verso il Sacro Cuore, bisogna dunque onorare i patimenti passati del Salvatore e riparare le ingratitudini di cui è colmato ogni giorno nell’Eucaristia.
Nel nostro tempo la devozione dei primi venerdì del mese, se praticata in modo corretto, può recare ancora indubbi frutti spirituali. È necessario tuttavia essere sufficientemente istruiti: sul fatto che non si deve riporre in tale pratica una fiducia che rasenta la vana credulità, la quale, in ordine alla salvezza, annulla le insopprimibili esigenze della fede operante e l’impegno di condurre una vita conforme al Vangelo; sul valore assolutamente predominante della domenica, la «festa primordiale» che deve essere caratterizzata dalla piena partecipazione dei fedeli alla celebrazione eucaristica. La devozione al Sacro Cuore costituisce una grande espressione storica della pietà della Chiesa per Gesù Cristo, suo Sposo e Signore; essa richiede un atteggiamento fatto di conversione e riparazione, di amore e gratitudine, di impegno apostolico e di consacrazione nei confronti di Cristo e della sua opera salvifica.

Al Cuore dì Gesù vivente nel SS.mo Sacramento, amore, lode, adorazione nei secoli dei secoli!

Documenti pontifici sul Cuore di Gesù sono :
· Annum Sacrum (25 Maggio 1899):
· Miserentissimus Redemptor (8 Maggio 1928)
· Haurietis Aquas (15 Maggio 1956)
· Investigabiles divitias Christi (6 Febbraio 1965)
· Diserti interpretes (25 Maggio 1965)
Tutti i documenti possono essere visionati nel sito ufficiale del Vaticano.

Publié dans:preghiera (sulla) |on 18 juin, 2010 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno calendario_cuccioli_02_2010

http://www.windoweb.it/desktop_foto/calendario_cuccioli.htm

San Basilio: « Non accumulatevi tesori sulla terra »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100618

Venerdì della XI settimana delle ferie delle ferie del Tempo Ordinario : Mt 6,19-23
Meditazione del giorno
San Basilio (circa 330-379), monaco e vescovo di Cesarea in Cappadocia, dottore della Chiesa
Omelia sulla carità : PG 31, 266 – 267; 275

« Non accumulatevi tesori sulla terra »

        Perché tormentarti e fare tanti sforzi per mettere la tua ricchezza al riparo dietro la malta e i mattoni ? « Un buon nome val più di grandi ricchezze » (Pr 22 ,1). Ami il denaro per la considerazione che esso ti procura. Pensa quanto più grande sarà la tua fama se ti si può chiamare il padre, il protettore di migliaia di figli, piuttosto che tenere nelle tue borse migliaia di monete d’oro. Che tu lo voglia o no, dovrai ben lasciare qui il tuo denaro, un giorno. Invece, la gloria di tutto il bene che avrai fatto, la porterai con te fino davanti al sovrano Maestro, quando tutto un popolo, accalcandosi per difenderti presso il giudice comune, ti chiamerà per nomi che diranno che l’hai nutrito, che l’hai assistito, che sei stato buono.

        Quanto dovresti essere grato, felice e fiero dell’onore che ti viene fatto. Non sarai tu a dover importunare gli altri alla loro porta. Saranno loro ad accalcarsi alla tua. Però a questo punto, si rabbuia il tuo viso, diventi inabbordabile, fuggi gli incontri per paura di dovere lasciare un pò di quello che tieni così gelosamente. Non sai dire altro che : « non ho niente, non vi darò niente, perché sono povero ». Povero lo sei, in realtà, e povero di ogni bene : povero di amore, povero di bontà, povero di fiducia in Dio, povero di speranza eterna.

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