Archive pour le 12 juin, 2010

una peccatrice unge i piedi di Gesù (Luca 7, 36-50)

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Annointment_Bethany_Onction – Chinese school Magdalen

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L’insistenza nella preghiera dai Sermoni di Sant’Antonio di Padova

dal sito:

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L’insistenza nella preghiera dai Sermoni di Sant’Antonio di Padova
II L’insistenza nella preghiera.

“E io vi dico: Chiedete e vi sarà dato”(Lc. 11,9) .Dice il profeta Zaccaria:” Chiedete al Signore la pioggia della sera, ed egli manderà la neve;e darà loro piogge abbondanti e a ciascuno era dei campi”(Zc 10,1).

Nella neve che è candida e fredda è raffigurato il nitore della castità;nelle piogge abbondanti la compunzione accompagnata dalle lacrime; nell’era la compassione per le necessità dei fratelli , che sempre deve verdeggiare nel campo del nostro cuore. Queste tre cose dobbiamo chiedere al Signore, anche se non al mattino presto, almeno sul far della sera, cioè in un secondo momento, giacchè prima di tutto dovremmo cercare il regno di Dio e la sua giustizia. (cf. Mt.6,33; Lc 12,31).I mondani chiedono prima di tutto le cose terrene, e per ultime quelle eterne, mentre prima dovrebbero incominciare dal cielo, dove stà il nostro tesoro, e dove perciò dovrebbero anche il nostro cuore( cf. Mt 6,21; Lc 12,34), e anche la nostra domanda.

“Cercate e troverete” (Lc. 11,9).Dice la sposa del Cantico dei Cantici “ Mi alzerò e mi aggirerò per la città : per strade e piazze cercherò colui che la mia anima ama” (Ct 3,2).La  città raffigura la patria celeste, nella quale ci sono strade e piazze, vale a dire gerarchie angeliche minori e maggiori.L’anima alzandosi, vale a dire sollevandosi dalle cose terrene , va in giro quando contempla l’ardente amore dei serafini verso Dio, quando osserva la sapienza dei cherubini  nei riguardi di Dio, e così degli altri ordini  angelici, tra i quali è alla ricerca del suo sposo. Ma poiché egli è molto più in alto di tutti, non trova, e quindi è necessario che essa superi con lo sguardo della mente le sentinelle , cioè gli spiriti celesti, per poter trovare il suo amato.

“ Cercate e troverete”. Dice Sofonia: “ Cercate il Signore voi tutti, umili della terra , che avete praticato i suoi precetti; cercate la giustizia, cercate l’umiltà per trovarvi al riparo nel giorno della sua ira” (Sof 2,3). E Amos :” Cercate il Signore e vivrete. Non rivolgetevi a Betel, non andate a Galgala e non pensate a Bersabea” ( Am 5,4-5).

I figli di Israele avevano fabbricato dei vitelli d’oro e li avevano collocati a Betel, per adorarli in quel luogo(cf. 3Re 12,32).Nell’oro è simboleggiato lo splendore della gloria temporale, nel vitello la lussuria della carne. Non cercate queste cose.

“Non andate a Gàlgala “, che s’interpreta “ pantano”, figura del fango della lussuria, nella quale i porci si rotolano, “ E non passate a Bersabea”, che si interpreta  “ settimo pozzo”, vale a dire abisso di cupidigia, che è assolutamente senza fondo, come il settimo giorno del quale si legge che non ha fine .” Cercate, dunque, il Signore finchè si fa trovare; invocatelo mentre e vicino” (Is 55,6).

Infatti continua “ Bussate e vi sarà aperto”(Lc 11,9) .Leggiamo negli atti degli Apostoli : “ Pietro continuava a bussare . Quando finalmente aprirono la porta e lo videro rimasero stupefatti” (at 12,16).Pietro liberato dalla prigione per opera di un angelo, raffigura colui che per , mezzo della grazia di Dio viene liberato dal carcere del  peccato.Costui deve bussare con perseveranza  alla porta della corte celeste, e allora gli angeli gli apriranno, presenteranno cioè al cospetto del Signore  la sua devota orazione: e il loro stupore , per così dire , non è altro che la gioia che provano per un peccatore che fa penitenza (Lc 15.10).

Tratto dai Sermoni di Sant’Antonio da Padova pagg.339-340 -Messaggero di Sant’Antonio Editrice. 

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Omelia (13-06-2010) : Simone, a te devo parlare

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/18692.html

Omelia (13-06-2010) 
mons. Gianfranco Poma

Simone, a te devo parlare

Riprendiamo con la undicesima domenica del tempo ordinario, la lettura del Vangelo di Luca. Il brano che oggi leggiamo, Lc.7,36-50, ci porta nel cuore del « lieto annuncio » che l’evangelista Luca più di tutti gli altri ha colto come il messaggio nuovo che Gesù di Nazareth ha da rivelare ad ogni uomo e a tutto il mondo. « Simone, a te devo parlare », « Maestro, dì »: con questo dialogo tra Gesù e il fariseo Simone, Luca esprime con evidenza quanto importi a Gesù parlare personalmente, al cuore di Simone ( e oggi al nostro), perché solo un cuore che ne fa l’esperienza può comprendere la novità sconvolgente di Gesù, l’annuncio dell’Amore del Padre che perdona gratuitamente ai figli che si affidano a Lui. Il centro del brano che oggi leggiamo è proprio questa rivelazione: l’amore che un cuore umano sperimenta e vive, è la manifestazione della forza dell’amore di Dio che per-dona gratuitamente a chi ha il coraggio di aprirsi e di confidare in Lui. L’amore di Dio non è la ricompensa per chi non ha peccato, ma è il dono gratuito per chi è cosciente della propria povertà: solo chi si lascia amare da Dio, comincia ad amare.
In un contesto nel quale Luca sottolinea tutti i dubbi che i Farisei nutrono nei riguardi di Gesù, uno di loro, Simone, lo invita a pranzo: lo ritengono un « amico dei pubblicani e dei peccatori », « un mangione e un beone ». « Simone, uno dei farisei, lo invita a mangiare con lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola »: tutto ci orienta a ritenere che Simone, fariseo, voglia entrare in relazione personale con Gesù, voglia verificare di persona chi è Gesù. E Gesù come è suo solito risponde senza esitazione all’invito di Simone. Ma proprio nella casa di Simone, il fariseo puro, avviene il fatto sconcertante, che rompe volutamente ogni regola di purità: entra una donna la cui reputazione e il modo in cui si comporta, permettono di identificarla immediatamente nella sua attività e quindi nel suo peccato. Ella cerca un contatto fisico con Gesù, ardito e molto sensuale: porta un vaso di olio profumato, stando ai piedi di Gesù, comincia a bagnarli di lacrime, ad asciugarli con i suoi capelli, a baciarli e a profumarli con l’olio. Il gesto tradisce l’esperienza della prostituzione a cui è dedita questa donna qualificata come peccatrice. Il suo pianto e il modo con cui si comporta istintivamente, letteralmente gettandosi su Gesù, manifestano due convinzioni che sembrano animarla in questo momento: il rimorso per la sua vita e una grande riconoscenza verso Gesù. La reazione di Simone è comprensibile: come mai Gesù, questo grande profeta, non si accorge di che razza di donna si tratti? Ma Gesù, il grande profeta, ha perfettamente capito non solo chi è questa donna, ma anche i pensieri di coloro che stanno lì attorno: potrebbe fare la morale alla donna e rimproverare gli altri per la durezza del loro cuore. Gesù invece ha una Parola da dire al cuore di Simone, una Parola che fa nuove tutte le persone che l’ascoltano.
« Un creditore aveva due debitori »: immediatamente, il fariseo e la donna sono posti dalla stessa parte, due persone che ritenevano di appartenere a due mondi diversi sono dalla stessa parte: entrambi sono debitori pur essendo diverso l’ammontare del debito (ma chi dei due ha il debito più grande?). Il fariseo che si considerava puro scopre di essere lui pure peccatore. E per la donna non è indifferente sapere che anche coloro che accolgono Gesù nella loro casa, sono peccatori.
E la Parola di Gesù diventa sempre più rivelatrice e nuova: « Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due ». Gesù ci svela il modo di Dio di guardare e di rapportarsi con gli uomini: Dio guarda con amore alla fragilità degli uomini. Nessuno uomo può porsi di fronte a Dio come « giusto e puro »: l’amore di Dio è gratuito, è Lui solo che colma l’abisso della povertà dell’uomo.
La lezione vale soprattutto per Simone, il fariseo: è lui che scopre anzitutto di essere peccatore, perché Gesù gli svela in realtà un senso nuovo del peccato, e scopre che il perdono di Dio non è « un merito » che egli si è conquistato con le sue opere. Il vero peccato è in realtà il senso di autosufficienza del fariseo, è il credere di poter bastare a se stesso perché osserva la legge e il porsi davanti a Dio rivendicando il proprio merito. Il vero peccato è il non sentire il bisogno di essere perdonato gratuitamente, di essere amato di un amore talmente profondo da poter far risorgere la persona umana.
La peccatrice è perfettamente cosciente di tutto questo: per questo non chiede nulla a Gesù, solo esprime l’amore per Lui perché prima si è lasciata amare da Lui.
Per questo Gesù si rivolge a Simone: « Chi dei due lo amerà di più? ». Simone non può che ammettere l’evidenza: egli riconosce così la propria situazione (è quello che ama di meno) e la situazione della donna (è quella che ama di più). I ruoli si sono capovolti, ma Gesù ha fatto in modo che gli interessati lo riconoscano. E Gesù si ferma a sottolineare la conclusione di Simone: i gesti di amore della donna sottolineano in modo crudele l’assenza di quelli di Simone. La dimostrazione è evidente: « Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato: ma colui al quale è perdonato poco, ama poco » La peccatrice ha compiuto meravigliosi gesti di amore perché ha lasciato che l’amore gratuito di Dio la raggiungesse nel profondo della propria umanità. Chi crede di essere perfetto e di non aver bisogno del perdono di Dio, chi è chiuso nella propria presunzione ha ben poco da accogliere da Dio e di conseguenza non gustando il suo amore non diventa capace di amare.
E’ questa la grande Parola di Gesù, il suo « lieto messaggio »: la gratuità dell’Amore del Padre offerta alla fragilità della persona umana, proprio quando si sente tale, fa nuova la vita dell’uomo. Chi non mettendo maschere, liberandosi dalla presunzione ipocrita di autosufficienza si lascia inondare dall’Amore del Padre, entra in rapporto filiale con Lui, lo ama e comincia ad amare i fratelli.
La peccatrice ha creduto, ha gustato, ha iniziato una vita nuova. Lo avrà capito Simone e gli altri ben pensanti che gli stanno attorno
?

Giovanni Paolo II: Salmo 84: La nostra salvezza è vicinaLodi del martedì della 3a settimana (Sal 84, 2-3.9.13-14) (2002)

dal sito:

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/audiences/2002/documents/hf_jp-ii_aud_20020925_fr.html

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 25 settembre 2002

Salmo 84: La nostra salvezza è vicinaLodi del martedì della 3a settimana (Sal 84, 2-3.9.13-14)

1. Il Salmo 84 che abbiamo ora proclamato è un canto gioioso e pieno di speranza nel futuro della salvezza. Esso riflette il momento esaltante del ritorno di Israele dall’esilio babilonese nella terra dei padri. La vita nazionale ricomincia in quell’amato focolare, che era stato spento e distrutto nella conquista di Gerusalemme da parte delle armate del re Nabucodonosor nel 586 a.C.

Infatti, nell’originale ebraico del Salmo si sente risuonare ripetutamente il verbo shûb, che indica il ritorno dei deportati, ma significa anche un «ritorno» spirituale, cioè la «conversione». La rinascita, quindi, non riguarda solo la nazione, ma anche la comunità dei fedeli, che avevano sentito l’esilio come una punizione per i peccati commessi e che vedevano ora il rimpatrio e la nuova libertà come una benedizione divina, per l’avvenuta conversione.

2. Il Salmo può essere seguito nel suo svolgimento secondo due tappe fondamentali. La prima scandita dal tema del «ritorno» con tutte le valenze a cui accennavamo.

Si celebra innanzitutto il ritorno fisico di Israele: «Signore…, hai ricondotto i deportati di Giacobbe» (v. 2); «rialzaci, Dio nostra salvezza… Non tornerai tu forse a darci vita?» (vv. 5.7). È questo un prezioso dono di Dio, il quale si preoccupa di liberare i suoi figli dall’oppressione e s’impegna per la loro prosperità. Egli, infatti, «ama tutte le cose esistenti…, risparmia tutte le cose, perché tutte sono di lui, il Signore amante della vita» (cfr Sap 11,24.26).

Ma, accanto a questo «ritorno», che concretamente unifica i dispersi, c’è un altro «ritorno» più interiore e spirituale. Ad esso il Salmista lascia ampio spazio, attribuendogli un particolare rilievo, che vale non solo per l’antico Israele ma per i fedeli di tutti i tempi.

3. In questo «ritorno» agisce efficacemente il Signore, rivelando il suo amore nel perdonare l’iniquità del suo popolo, nel cancellare tutti i suoi peccati, nel deporre tutto il suo sdegno e mettere fine alla sua ira (cfr Sal 84,3-4).

Proprio la liberazione dal male, il perdono delle colpe, la purificazione dei peccati creano il nuovo popolo di Dio. Ciò è espresso attraverso un’invocazione che è entrata anche nella liturgia cristiana: «Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza» (v. 8).

Ma a questo «ritorno» di Dio che perdona deve corrispondere il «ritorno», cioè la conversione, dell’uomo che si pente. Infatti il Salmo dichiara che la pace e la salvezza vengono offerte a «chi ritorna a lui con tutto il cuore» (v. 9). Chi si mette decisamente sulla via della santità riceve i doni della gioia, della libertà e della pace.

È noto che spesso i termini biblici concernenti il peccato evocano uno sbagliare strada, un fallire la meta, un deviare dal retto percorso. La conversione è appunto un «ritorno» sulla via lineare che conduce alla casa del Padre, il quale ci attende per abbracciarci, perdonarci e renderci felici (cfr Lc 15,11-32).

4. Giungiamo, così, alla seconda parte del Salmo (cfr Sal 84,10-14), tanto cara alla tradizione cristiana. Vi si descrive un mondo nuovo, in cui l’amore di Dio e la sua fedeltà, come se fossero persone, si abbracciano; similmente anche la giustizia e la pace si baciano incontrandosi. La verità germoglia come in una rinnovata primavera e la giustizia, che per la Bibbia è anche salvezza e santità, si affaccia dal cielo per iniziare il suo cammino in mezzo all’umanità.

Tutte le virtù, prima espulse dalla terra a causa del peccato, ora rientrano nella storia e, incrociandosi, disegnano la mappa di un mondo di pace. Misericordia, verità, giustizia e pace diventano quasi i quattro punti cardinali di questa geografia dello spirito. Anche Isaia canta: «Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia. Io, il Signore, ho creato tutto questo» (Is 45,8).

5. Le parole del Salmista, già nel secondo secolo con sant’Ireneo di Lione, sono state lette come annunzio della «generazione di Cristo dalla Vergine» (Adversus haereses, III, 5, 1). La venuta di Cristo è, infatti, la sorgente della misericordia, lo sbocciare della verità, la fioritura della giustizia, lo splendore della pace.

Per questo il Salmo, soprattutto nella sua parte finale, è riletto in chiave natalizia dalla tradizione cristiana. Ecco come lo interpreta sant’Agostino in un suo discorso per il Natale. Lasciamo a lui di concludere la nostra riflessione. « »La verità è sorta dalla terra »: Cristo, il quale ha detto: « Io sono la verità » (Gv 14,6) è nato da una Vergine. « E la giustizia si è affacciata dal cielo »: chi crede in colui che è nato non si giustifica da se stesso, ma viene giustificato da Dio. « La verità è sorta dalla terra »: perché « il Verbo si è fatto carne » (Gv 1,14). « E la giustizia si è affacciata dal cielo »: perché « ogni grazia eccellente e ogni dono perfetto discendono dall’alto » (Gc 1,17). « La verità è sorta dalla terra », cioè ha preso un corpo da Maria. « E la giustizia si è affacciata dal cielo »: perché « l’uomo non può ricevere cosa alcuna, se non gli viene data dal cielo » (Gv 3,27)» (Discorsi, IV/l, Roma 1984, p. 11).

Publié dans:Papa Giovanni Paolo II, salmi |on 12 juin, 2010 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno silene_vulgaris_1de8

http://www.floralimages.co.uk/index2.htm

Beata Elisabetta della Trinità : « Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore » (Lc 2,19)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100612

Cuore Immacolato della Beata vergine Maria, memoria : Lc 2,41-51
Meditazione del giorno
Beata Elisabetta della Trinità (1880-1906), carmelitana
Ultimo ritiro, 15° giorno

« Maria  serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore » (Lc 2,19)

        «La Vergine serbava tutte queste cose nel suo cuore». Tutta la sua storia si può riassumere in queste poche parole! Nel suo cuore, infatti, lei ha sempre vissuto, e in una tale profondità che lo sguardo umano non può seguirla. Quando leggo nel Vangelo che «Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda» (Lc 1,39) per compiere la sua opera di carità presso Elisabetta sua parente, la vedo passare bella, calma, maestosa, raccolta nel suo cuore con il Verbo di Dio. La sua preghiera fu sempre questa : «Eccomi…» Chi? «La serva del Signore» (Lc 1,38), la più piccola delle sue creature: sua Madre! Fu proprio vera nella sua umiltà, poiché fu sempre immemore, ignara, liberata da se stessa. Pertanto essa poteva cantare: «Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente; d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,49.48).

        Questa Regina delle vergini è anche Regina dei martiri. Tuttavia fu ancora il suo cuore ad essere stato trafitto dalla spada (Lc 2,35), poiché per lei tutto succede nell’intimo… Oh! Quanto è bella da contemplare nel suo lungo martirio, così serena, avvolta in una sorta di maestà che respira insieme la fortezza e la dolcezza! Infatti aveva imparato dal Verbo stesso come devono soffrire coloro che il Padre ha scelto come vittime, coloro che egli ha voluto associare alla grande opera della redenzione, coloro che egli ha «conosciuti e predestinati ad essere conformi al suo Cristo», crocifisso per amore. Lei sta in piedi sotto la croce nella fortezza e nel coraggio.

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