Archive pour le 5 juin, 2010

Corpus Domini

Corpus Domini dans immagini sacre

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Omelia (06-06-2010) : Mangiarono e tutti furono saziati

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/18654.html

Omelia (06-06-2010) 
mons. Gianfranco Poma

Mangiarono e tutti furono saziati

La Liturgia della festa del Corpus Domini ci invita a fermarci a riflettere sul mistero eucaristico, fonte e culmine dell’esperienza della Chiesa, che l’abitudine rischia di ridurre ad una pratica devozionale facendocene dimenticare la infinita ricchezza. L’Eucaristia è la memoria del dono che Gesù Cristo fa della sua vita per il mondo: è il compimento del progetto del Padre che ha mandato il proprio Figlio nel mondo perché, assumendo la carne dell’uomo, potesse amare il mondo sino al dono totale di sé e attirandolo a sé, ricondurlo nell’unità dell’amore del Padre. Celebrando l’Eucaristia, l’umanità entra nell’amore di Cristo, si lascia identificare con Lui, e con Lui vive la vita di Dio.
La festa del Corpus Domini ci invita a comprendere la relazione tra l’Eucaristia e la Chiesa: la Chiesa è il Corpo di Cristo che nasce dal realismo con cui Cristo ama l’umanità e donando la propria carne per l’amore del mondo, trasforma il mondo nella propria carne. Nella preghiera eucaristica preghiamo il Padre perché santifichi il pane e il vino con l’effusione dello Spirito Santo perché diventino « per noi » il corpo e il sangue di Gesù Cristo che in quell’ultima sera prese il pane, rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: questo è il mio corpo offerto per voi…E poi preghiamo perché « per la comunione al corpo e al sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo ». E il punto di arrivo è che uniti in Cristo e trasformati in Lui, possiamo dire: « Padre nostro… »
Nella festa del Corpus Domini comprendiamo che la Chiesa nasce dall’Eucaristia e nell’Eucaristia, perché l’Eucaristia è l’incontro tra l’Amore di Cristo e l’umanità che diventa una cosa sola con Lui: il Corpo del Signore è l’umanità in cui vive l’Amore del Signore risorto, è la Chiesa in cui Lui vive.
Quest’anno celebriamo questa festa leggendo il brano di Luca 9,11-17, la moltiplicazione dei pani. Il contesto in cui Luca colloca questo evento riguarda la preoccupazione di Gesù di formare i Dodici per la missione nel mondo: abbiamo così una pagina di grande interesse ecclesiale che dovrebbe essere studiata per intero. Tutto inizia da Gesù che chiama « insieme » i Dodici e dà loro forza ed autorità su tutti i demoni e di guarire le infermità: e li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Tutto parte da Gesù che chiama, dà loro la sua forza e li manda: e tutto riguarda i Dodici, la comunità, tutto è « comunione ecclesiale » (9,1-2). E poi essi ritornano, e narrano a Lui ciò che hanno fatto: ogni parola ha senso per illuminare il metodo che Gesù vuole che i Dodici seguano nella loro missione. La loro azione non li conduce lontano da Lui: essi si « voltano verso » di Lui, narrano a Lui ciò che hanno fatto, perché la loro azione è sempre un rendere concreto Lui e la sua parola. « E prendendoli con sé, si ritirò con loro verso una città chiamata Bethsaida »: è ancora Lui che prende l’iniziativa di fare comunione con loro.
Ma adesso si apre una nuova fase nel loro cammino verso la missione: lo stare con Lui non è finalizzato a un bene solo per loro, Gesù non è solo per loro. Compare la folla che rappresenta l’umanità intera che ha bisogno di Lui, aspira a Lui, lo segue: e Gesù accoglie la folla e comincia a parlare del regno di Dio e a guarire quanti hanno bisogno di cure. Gesù educa così i Dodici perché imparino da Lui che cosa significa accogliere la folla, annunciare il regno di Dio e guarire i mali dell’umanità. Il rischio più grande che i Dodici possono correre nella loro missione è di guardare al mondo con il loro sguardo e non con quello di Gesù, di costruire il proprio regno e non quello di Dio, di seguire un proprio metodo e non quello di Gesù e tutto questo avviene quando i Dodici dimenticano che Gesù è con loro, sempre: Gesù ha bisogno della loro fragile debolezza per mostrare che attraverso la fragilità della Chiesa passa la forza dell’Amore di Dio.
Così, quando « il giorno cominciava a declinare i Dodici si accostarono a Gesù »: viene la sera, la folla è numerosa, il luogo è deserto e i Dodici, umanamente ragionevoli, sono presi dalla preoccupazione e dalla paura. Nella prima parte del nostro brano, i Dodici parlano, prendono l’iniziativa, si rivolgono a Gesù: la logica in cui si muovono è tutta umana e quello che chiedono a Gesù è di entrare nella loro logica. La risposta di Gesù è tutta « irragionevole », è la logica del regno di Dio. La richiesta dei Dodici è: « Sciogli la folla, perché si disperdano nei villaggi e nelle campagne…comprino il cibo… perché siamo in un luogo deserto »… La risposta di Gesù: « Date a loro voi stessi da mangiare »: la logica del regno di Dio è la comunione, non la dispersione, la responsabilità non il disinteresse, l’impegno concreto anche con i pochi mezzi possibili, non il rimandare ad altri i problemi. La logica del regno di Dio è l’Amore sempre, non la chiusura, l’egoismo, il tirarsi fuori.
Di nuovo i Dodici dicono: « Non abbiamo che cinque pani e due pesci… a meno che andiamo noi a comprare ». Ancora fanno leva sulla logica umana: è impossibile con così poco provvedere a molti, non rimane che comprare, ma come è possibile, per così tanta gente?
Adesso Gesù prende l’iniziativa con la sua logica del regno di Dio, adesso i Dodici non parlano più, sono i discepoli che ascoltano la Parola di Gesù e la mettono in pratica. « Fateli sedere a gruppi… »: la logica del regno è la comunione, la folla che diventa un popolo ordinato. « Fecero così e li fecero sedere ». « Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero »: i gesti che Gesù compie, sono quelli che troviamo nell’ultima cena, nella eucaristia. Le piccole cose umane sono un dono accolto da Dio: riconoscere questo, ringraziare Dio per la gratuità del dono, non trattenerlo per sé ma trasformarlo in un dono significa entrare nella logica del regno di Dio, lasciare spazio alla forza dell’Amore del Padre che provvede a tutti i suoi figli. Gesù ci mostra che la logica del regno di Dio non è quella per cui ognuno pensa a se stesso: è la logica dell’Amore gratuitamente ricevuto, gratuitamente donato.
La missione dei Dodici consiste nell’essere nel mondo coloro attraverso i quali passano i doni dell’Amore di Dio: l’Eucaristia è il sacramento nel quale il dono della vita di Cristo trasforma la nostra vita perché noi a nostra volta diventiamo un dono per il nostro mondo, che in questo modo non è più il luogo della solitudine, dell’egoismo e della morte, ma un giardino in cui fiorisce la vita.
Ma abbiamo il coraggio di abbandonare la logica della nostra razionalità calcolatrice, per seguire quella della gratuità dell’amore di Cristo? 

papa Giovanni XXIII : Discorso alla Luna

dal sito:

http://www.giovaniemissione.it/testimoni/papa23luna.htm

Discorso alla Luna 
 
papa Giovanni XXIII 

“Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera… Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo… Noi chiudiamo una grande giornata di pace… Sì, di pace: ‘Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà’.
 
Se domandassi, se potessi chiedere ora a ciascuno: voi da che parte venite? I figli di Roma, che sono qui specialmente rappresentati, risponderebbero: ah, noi siamo i figli più vicini, e voi siete il nostro vescovo. Ebbene, figlioli di Roma, voi sentite veramente di rappresentare la ‘Roma caput mundi’, la capitale del mondo, così come per disegno della Provvidenza è stata chiamata ad essere attraverso i secoli.

La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore… Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà… Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i suoi figli specie nelle ore della mestizia e dell’amarezza… E poi tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino. Addio, figlioli. Alla benedizione aggiungo l’augurio della buona notte”.

 puoi ascoltare queste parole dalla sua viva voce, http://www.cronologia.it/storia/a1962d.htm
 

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Giovedì 03 Giugno : Beato Papa Giovanni XXIII (mf)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=saintfeast&localdate=20100603&id=2528&fd=0

Giovedì 03 Giugno 2010

Beato GIOVANNI XXIII, il « Papa Buono »

 Per saperne di più sui Santi del giorno…

Il Martirologium Romanum pone la data di culto al 3 giugno, mentre le diocesi di Bergamo e Milano celebrano la memoria del Beato Giovanni XXIII per la Chiesa locale in data 11 ottobre, anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II.
Giovanni XXIII nacque a Brusicco, frazione di Sotto il Monte (BG), il 25 nov. 1881, da Giovanni Battista Roncalli e Marianna Mazzola; venne battezzato la sera stessa, ricevendo il nome di Angelo Giuseppe. A differenza del suo predecessore, Eugenio Pacelli, che era di stirpe nobile, la sua famiglia è di umili origini: i suoi parenti lavoravano infatti come mezzadri. Questo non gli impedì, grazie all’aiuto economico di uno zio, di studiare presso il seminario minore di Bergamo, per poi vincere una borsa di studio e trasferirsi al Seminario dell’Apollinare di Roma, l’attuale Pontificio Seminario Romano Maggiore, ove completò brillantemente gli studi e fu ordinato prete nella chiesa di Santa Maria in Monte Santo, in Piazza del Popolo, nel 1905; fu scelto, nello stesso anno, dal nuovo vescovo di Bergamo, Giacomo Radini-Tedeschi, quale segretario personale.
Nel 1921 Pp Benedetto XV (Giacomo della Chiesa) lo nominò prelato domestico (che gli valeva l’appellativo di monsignore) e presidente del Consiglio Nazionale Italiano dell’Opera della Propagazione della Fede.
Nel 1925 Pp Pio XI (Achille Ratti) lo nominò Visitatore Apostolico in Bulgaria, elevandolo al grado di vescovo e affidandogli il titolo della diocesi di Aeropolis (Palestina).

Nel 1935 fu nominato Delegato Apostolico in Turchia e Grecia : questo periodo della vita, che coincise con la seconda guerra mondiale, è ricordato in particolare per i suoi interventi a favore degli ebrei in fuga dagli stati europei occupati dai nazisti.
Nel 1944, Pp Pio XII (Eugenio Pacelli) lo nominò Nunzio Apostolico a Parigi. Fra i suoi maggiori successi a Parigi si segnalò la riduzione del numero di vescovi di cui il governo francese reclamava l’epurazione in quanto compromessi con la Francia di Vichy.
Coerentemente al suo stile di obbedienza, accettò prontamente la proposta di trasferimento alla sede di Venezia ove giunse il 5 marzo 1953, fresco della nomina cardinalizia decisa nell’ultimo Concistoro di Pio XII.
A seguito della morte di Pio XII, con sua grande sorpresa, fu eletto Papa il 28 ottobre 1958 e il 4 novembre dello stesso anno fu incoronato, divenendo così il 261º Vicario di Gesù Cristo sulla Terra. Secondo alcuni analisti sarebbe stato scelto principalmente per un’unica ragione: la sua età. Dopo il lungo pontificato del suo predecessore, i cardinali avrebbero perciò scelto un uomo che presumevano, per via della sua età avanzata e della modestia personale, sarebbe stato un Papa di «transizione». Ciò che giunse inaspettato fu il fatto che il calore umano, il buon umore e la gentilezza di Pp Giovanni XXIII, oltre alla sua esperienza diplomatica, conquistarono l’affetto di tutto il mondo cattolico, in un modo che i suoi predecessori non avevano mai ottenuto. Fin dal momento della scelta del nome (“Vocabor Johannes…” mi chiamerò Giovanni, esordì appena eletto) molti cardinali si accorsero che Roncalli non era ciò che loro si aspettavano, infatti Giovanni era un nome che nessun papa adottava da secoli (nel 900 quasi tutti i papi si erano chiamati Pio, e questo è ciò che molti si aspettavano), inoltre nella storia c’era stato un antipapa di nome Giovanni XXIII.
Per il primo Natale da papa visitò i bambini malati dell’ospedale romano Bambin Gesù, ove con intima e contagiosa dolcezza benedisse i piccoli, alcuni dei quali lo avevano scambiato per Babbo Natale.
Il giorno di santo Stefano sempre del suo primo anno di pontificato, il 26 dicembre 1958, visitò i carcerati nella prigione romana di Regina Coeli, dicendo loro: « Non potete venire da me, così io vengo da voi…Dunque eccomi qua, sono venuto, m’avete visto; io ho fissato i miei occhi nei vostri, ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore..la prima lettera che scriverete a casa deve portare la notizia che il papa è stato da voi e si impegna a pregare per i vostri familiari ». Memorabilmente, accarezzò il capo del recluso che, disperato, inaspettatamente gli si buttò ai piedi domandandogli se  « le parole di speranza che lei ha pronunciato valgono anche per me ».
Il radicalismo di Pp Giovanni XXIII non si fermò all’informalità. Fra lo stupore dei suoi consiglieri e vincendo le remore e le resistenze della parte conservatrice della Curia, indisse un concilio ecumenico; mentre i suoi aiutanti stimavano di dover impiegare almeno un decennio per i preparativi, Giovanni XXIII progettò di tenerlo nel giro di mesi.
Il 4 ottobre 1962, ad una settimana dall’inizio del concilio, Giovanni XXIII si recò in pellegrinaggio a Loreto e Assisi (era dall’età di 14 anni terziario francescano) per affidare le sorti dell’imminente Concilio alla Madonna e a S. Francesco.
 

Uno dei più celebri discorsi di Pp Giovanni, forse una delle allocuzioni in assoluto più celebri della storia della Chiesa, è quello che ormai si conosce come  il « discorso della luna ».
L’11 ottobre 1962, in occasione della serata di apertura del Concilio, piazza San Pietro era gremita di fedeli che, se pur non comprendendo a fondo il valore teologico dell’avvenimento, ne percepivano la storicità, la fondamentalità, la difficoltà, ed erano nel luogo che simboleggia il cattolicesimo: la piazza appunto. A gran voce chiamato ad affacciarsi, cosa che non si sarebbe mai immaginata possibile richiedere al papa precedente, Pp Giovanni XIII davvero si sporse a condividere, con la piazza, la soddisfazione per il raggiungimento del primo traguardo: si era arrivati ad aprirlo, il Concilio. Il discorso a braccio fu poetico, dolce, semplice, e pur tuttavia conteneva elementi del tutto innovativi. Nel momento che avrebbe dato un nuovo corso alla religione cattolica, con un richiamo straordinario salutò la luna: è Discorso della Luna « Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, a guardare a questo spettacolo, che neppure la Basilica di San Pietro, che ha quattro secoli di storia, non ha mai potuto contemplare. La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato padre per volontà di Nostro Signore, ma tutti insieme paternità e fraternità e grazia di Dio, facciamo onore alle impressioni di questa sera, che siano sempre i nostri sentimenti, come ora li esprimiamo davanti al Cielo, e davanti alla Terra: Fede, Speranza, Carità, Amore di Dio, Amore dei Fratelli. E poi tutti insieme, aiutati così, nella santa pace del Signore, alle opere del Bene. Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza. »
Il Papa ora viveva con la piazza dei fedeli, ne condivideva la serata di fine estate, ne partecipava la sofferenza e la « maraviglia » per quella luna inattesa; la Chiesa era davvero molto più comunitaria di quanto non fosse mai stata in passato. I fedeli avevano il Papa fra loro, con loro. Proprio ciò per cui il Concilio era stato voluto.
Sin dal settembre 1962, prima ancora dunque dell’apertura del Concilio, si erano manifestate le avvisaglie della malattia fatale: un tumore dello stomaco, patologia che aveva già colpito altri fratelli Roncalli. Pur visibilmente provato dal progredire del cancro, Pp Giovanni firmò l’11 aprile 1963 l’enciclica Pacem in Terris e, un mese più tardi, l’11 maggio 1963, ricevette dal Presidente della Repubblica italiana, Antonio Segni, il premio “Balzan” per il suo impegno in favore della pace e del suo decisivo intervento in occasione della grave crisi di Cuba nell’autunno del 1962. Fu il suo ultimo impegno pubblico. Il 23 maggio 1963, solennità dell’Ascensione, si affacciò per l’ultima volta dalla finestra per recitare il Regina Coeli.

Il Papa morì, dopo un’agonia di tre giorni, la sera del 3 giugno 1963, alle 19,49. “Perché piangere? È un momento di gioia questo, un momento di gloria” furono le sue ultime parole rivolte al suo segretario.
Dal Concilio Vaticano II, che Pp Giovanni XXIII non vide dunque terminare, si sarebbero prodotti, negli anni successivi, fondamentali cambiamenti che avrebbero dato una nuova connotazione al cattolicesimo moderno; gli effetti più immediatamente visibili consistettero nella riforma liturgica, in un nuovo ecumenismo e infine in un nuovo approccio al mondo e alla modernità.

Chiamato affettuosamente da molti il “Papa buono”, Giovanni XXIII venne dichiarato Beato dal  Servo di Dio Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyla) il 3 settembre 2000. 

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Buona notte

Buona notte dans immagini buon...notte, giorno lilium_henryi_53b

Henry’s Lily

http://www.floralimages.co.uk/index2.htm

Beata Teresa di Calcutta :« Tutti hanno dato dal loro superfluo, lei invece, dalla sua povertà »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100605

Sabato della IX settimana delle ferie delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 12,38-44
Meditazione del giorno
Beata Teresa di Calcutta (1910-1997), fondatrice delle Suore Missionarie della Carità
A Simple Path

« Tutti hanno dato dal loro superfluo, lei invece, dalla sua povertà »

        Occorre dare ciò che vi costa qualcosa. Non basta dare soltanto ciò di cui potete fare a meno, ma anche ciò di cui non potete né volete fare a meno, le cose alle quali siete attaccati. Allora il vostro dono diviene un sacrificio che ha prezzo agli occhi di Dio… È quello che chiamiamo l’amore in atto. Ogni giorno vedo crescere questo amore in bambini, uomini e donne.

        Una volta camminavo per la strada ; un mendicante mi venne incontro e mi disse : « Madre Teresa, tutti ti fanno dei regali, anch’io voglio darti qualcosa. Oggi ho ricevuto soltanto ventinove centesimi per tutta la giornata, e voglio darteli ». Riflettei un attimo. « Se prendo questi ventinove centesimi (che valgono quasi niente), lui rischia di non avere niente da mangiare questa sera ; e se non li prendo, gli causerò un dispiacere ». Allora ho steso le mani e ho preso il denaro. Mai, su nessun viso, ho visto tanta gioia, quanto ne ho visto su quello di quest’uomo, tanto felice di aver potuto fare un regalo a Madre Teresa ! Per lui, che aveva mendicato tutta la giornata al sole questa somma irrisoria, con la quale non si poteva fare nulla, era un sacrificio enorme. Ma era anche meraviglioso, perché questi spiccioli ai quali lui rinunciava, dati con tanto amore, diventavano una fortuna.

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