Meditazione sulla Sequenza di Pentecoste o « aurea »
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Meditazione sulla Sequenza di Pentecoste o « aurea »
Introduzione
La sequenza della Pentecoste fu chiamata « aurea » per la ricchezza del pensiero, per la grande devozione, per la bellezza poetica. Fu composta fra il 1150 e il 1250, forse da Stefano Langton, contemporaneo di Lotario dei conti di Segni, nato nel 1161, cardinale a 27 anni, papa a 37, nel 1198, col nome di Innocenzo III.
Ci sono, comunque, diversi critici che attribuiscono a Innocenzo III il Veni, Sancte Spiritus.
Meditiamo la’sequenza aurea’.
Vieni, Santo Spirito
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce
« Vieni, Santo Spirito », così inizia la sequenza della Pentecoste, chiamata « aurea » per la preziosità del pensiero teologico e biblico, la grandezza devozione, la bellezza poetica.
L’inizio della sequenza è caratterizzato dal quadruplice invito delle prime due strofe: « Vieni, vieni, vieni, vieni ».
Non sorge spontaneo, nella recita, l’ implorazione dell’effusione dello Spirito, un rinnovato battesimo, una nuova Pentecoste?
Il verbo « venire », ci ricorda la figura del Cristo che, incarnato, viene a noi (cf. Gv 1, 14) e dello Spirito « Paraclito »: » Colui che chiamato, viene a noi », si effonde su di noi, penetra in noi? Così nell’incarnazione (Lc 1, 35) e nell’eucaristia con le due epiclesi: invocazioni al Padre perché effonda lo Spirito che trasforma il pane e il vino nel Cristo (prima epiclesi) e trasforma i nostri cuori, perché siano degni della comunione eucaristica (seconda epiclesi).
L’ implorazione inizia insistentemente, « vieni, vieni, vieni, vieni », si realizza così la promessa di Gesù di inviarci un altro Consolatore che « rimanga sempre con noi per sempre » (Gv 14,17; 14,26; 16;14).
« un raggio della tua luce ».
La « luce » è in rapporto diretto con la « vita »; è la prima realtà creata da Dio: « Sia la luce! » (Gen 1, 3).
Con la luce la bellezza del creato si mostra a noi. Nella luce abbiamo modo di vedere le cose, gustiamo i colori, la vita ci si presenta in tutto il suo splendore. In opposizione alla luce, nelle tenebre della notte tutto è nascosto, tutto si nasconde e tace. Alla luce dell’alba le creature si risvegliano e, se ne abbiamo fatto l’esperienza, possiamo ricordarne l’esplosione di gioia, tutto brilla e canta in allegria. Giovanni nel prologo dice del Verbo: » In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini » (Gv 1, 4). Quando nasce un bambino, diciamo che è venuto alla luce.
Vieni padre dei poveri,
vieni, datore dei doni
vieni, luce dei cuori.
La preghiera autentica è animata da tante virtù, prima fra tutte la carità, quindi la fiducia, l’abbandono, la speranza, l’umiltà; con la preghiera, dinanzi a Dio ci riconosciamo bisognosi di aiuto, poveri. Il superbo, l’orgoglioso, l’egoista rifuggono la preghiera. Nella triplice invocazione, possiamo anche intravedere un appello alla presenza delle Persone trinitarie:
Vieni padre dei poveri! Lo Spirito procede dal Padre poiché « ogni buon regalo e ogni dono perfetto proviene dall’alto e discende dal Padre della luce » (Gc 1,17).
Vieni, datore dei doni! Lo Spirito procede anche dal Figlio, per mezzo del quale « tutto è stato fatto », afferma S.Giovanni nel prologo, « e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste » (Gv 1,3)
Vieni, luce dei cuori! Lo Spirito è luce dei cuori, perché è « Spirito di verità » (Gv 14,17). Interior intimo meo, afferma S. Agostino, « Più intimo del mio intimo »; ci guida « alla verità tutta intera » (Gv 16,13) e ci ricorda tutto ciò che Gesù ci ha detto (cf. Gv 14,26), aiutandoci a realizzarlo nella nostra vita.
Consolatore perfetto,
ospite dolce dell’anima,
dolcissimo sollievo.
La vera consolazione viene solo da Dio. Lui è la roccia sicura ove rifugiarsi nei momenti della grande sventura. Dio, non solo dà sollievo al cuore, ma dà forza (conforto nel senso etimologico della parola), trasforma il cuore, libera e salva. « Ti amo, Signore, mia forza, – Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza » (Sal 18 (17), 2-3). Dio non elimina la nostra sofferenza, ma ce ne fa scoprire il significato misterioso e profondo.
Ospite dolce dell’anima!
Ha un particolare sapore di Paradiso. « Dio ci ha fatto dono del suo Spirito » ( 1Gv 4, 13). « E dove c’è lo Spirito del Signore c’è la libertà » (2Cor 3, 17); liberi dal rifiuto all’Amore, il peccato; ricolmi di gioia, di pace, di speranza, di vita, pregustiamo il Paradiso. La dolcezza dell’ospitalità di Dio la esprime nell’anima specialmente lo Spirito Santo; la esprime come un’esperienza profonda di pace, di gioia, di bontà, che scoglie ogni durezza di cuore, placa ogni turbamento e inquietudine, allieva il peso della croce e dona la gioia nel dolore. Scomparsa ogni paura, ogni tristezza, ogni angoscia, l’anima può realmente dire allo Spirito: « Dolcissimo sollievo…Dolcissimo sollievo! ».
Nella fatica, riposo
nella calura, riparo
nel pianto, conforto.
Abbiamo, sinora, parlato degli aspetti positivi e dolcissimi, del battesimo dello Spirito o effusione dello Spirito, ora consideriamo la debolezza umana: la fatica quotidiana, l’ardore delle passioni, il pianto della prova e del dolore. Considerando queste realtà, scaturiscono spontanee le implorazioni allo Spirito: Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto. Sentiamo in queste parole, l’eco delle parole di Gesù: « Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi, e io vi ristorerò » (Mt 11, 28). Noi siamo spesso stanchi ed affaticati sul piano morale e spirituale. Gesù ci ristora con la sua presenza, il ritrovarlo nella celebrazione dell’Eucaristia, nei sacramenti ci dà la forza di riposare. Nel pianto della nostra miseria morale nel confessionale, ci soccorre con la sua misericordia, ci conforta e ci rialza . Ricordiamo che l’umiltà è la via della carità. Farsi piccoli, essere poveri in spirito è attirare la compiacenza di Dio. « Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha il cuore contrito » (Is 66, 2). « Chiedete e troverete…bussate e vi sarà aperto » (Mt 7, 7): il mistero della preghiera insistente, perseverante!…non perché pensiamo di essere esauditi per le molte preghiere; ma per la virtù che la preghiera ci fa esercitare: la fiducia, la speranza, la carità, l’umiltà. (cf. Lc 11, 5-8).
O luce beatissima,
invadi nell’intimo
il cuore dei tuoi fedeli.
E’ un’implorazione che sale dalle tenebre, nelle quali, senza la luce e la forza dello Spirito, siamo spesso sommersi. Brancoliamo nel buio di dubbi e di problemi non risolti; esperimentiamo il doloroso vuoto del cuore, privo d’amore, di gioia, di pace; il vuoto doloroso della vita priva di opere buone, di virtù. Imploriamo lo Spirito, perché ci illumini e ci guidi » alla verità tutta intera » (Gv 16,13); ci aiuti a realizzarla nella nostra vita: « (lo Spirito) vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà ( vi aiuterà a realizzare) tutto ciò che vi ho detto » (Gv 14,26). Preghiamo per tutti quelli che lo ignorano, lo rattristano o addirittura l’hanno spento nella loro vita. Preghiamo col grande Manzoni nella Pentecoste: « Noi t’imploriam! Placabile Spirito discendi ancora, ai tuoi cultor propizio, propizio a chi t’ignora … ».
Senza la tua forza,
nulla è nell’uomo,
nulla senza colpa.
Fare l’umile esperienza della debolezza umana, della nostra impotenza, nonostante i buoni propositi, le sincere intenzioni; debolezza e impotenza non solo nelle azioni, ma anche nei pensieri, nell’amore: accettare con umiltà e semplicità questa situazione, è una garanzia del nostro cammino verso Dio. Pietro disse a Gesù: » Signore, insieme a te sono pronto a subire il carcere e anche la morte » (cf. Lc 22, 33). Pietro è indubbiamente sincero, ma Gesù sa che cosa c’è nel cuore dell’uomo e non ha bisogno che alcuno glielo dica (cf. Gv 2, 24-25), « Non ora, Pietro, ora non puoi seguirmi, mi seguirai più tardi » (cf. Gv 13, 36).
Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sànguina.
L’ uomo senza lo Spirito è nulla, è dolore, è colpa. Il « nulla » ci richiama, il deserto, l’abisso, il peccato. Scegliamo la via dell’umiltà, della carità, del semplice abbandono; « Beati i puri di cuore » (Mt 5, 8). Preferiamo alla speculazione, la contrizione del cuore, che purifica e la contemplazione che porta all’unione d’amore. Dio « non è lontano da ciascuno di noi », dice Paolo agli Ateniesi. « In lui, infatti, noi viviamo, ci muoviamo ed esistiamo. Di lui stirpe noi siamo » (At 17, 27-28). Perché il nostro sguardo sia limpido, curiamo la purificazione del cuore. « Crea in me, o Dio, un cuore puro…Un cuore affranto e umiliato tu, o Dio, non disprezzi » (Sal 51(50), 12-19).
Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò ch’è sviato.
Lo Spirito Santo fa suoi i nostri limiti, le nostre imperfezioni, le nostre impotenze, perfino i nostri peccati….
« Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza » (Rm 8, 26). Lo Spirito completa ciò che in noi è incompleto, perfeziona ciò che in noi è imperfetto, purifica ciò che in noi è impuro, sana ciò che in noi è malato. Missione dello Spirito è trasformare il nostro cuore inaridito e indurito, secondo la promessa-profezia di Ezechiele: « Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati. Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne » (Ez 36, 25-26). Maria è la più valida collaboratrice dello Spirito Santo. Preghiamo Lei, porta del cielo… preghiamo Lei che interceda per noi peccatori e le chiediamo: Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò ch’è sviato.
Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
La prima generosità che lo Spirito ci domanda è la totale fiducia in lui, l’abbandono totale. Noi ci abbandoniamo a Lui, consapevoli che non siamo stati noi per primi « ad amare Dio; ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati » ( 1Gv 4, 10) e « Ci ha fatto dono del suo Spirito ». « Abbiamo noi riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi « ? (1Gv 4, 16). Il lavoro, gli impegni, sono quelli di sempre; ma interiormente e anche esteriormente c’è qualcosa di nuovo, di molto importante. Il santo timore di Dio o amoroso rispetto per il Padre nostro celeste, la coscienza della nostra piccolezza e l’esperienza della maestà divina (Sal 139 (138)). La fortezza che ci permette di combattere con le armi stesse di Dio, la fede, la speranza, la carità, la preghiera. Il consiglio che, dono dello Spirito, dà all’anima la capacità dell’ascolto interiore, le fa cogliere la Voce che parla nel più intimo del suo intimo: Interior intimo meo, scrive S. Agostino. Impariamo a distinguere, nella nostra vita, le sfumature più delicate, quello che piace o dispiace a Dio. « Il Consolatore, lo Spirito Santo, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto » (Gv 14, 26). La pietà ci fa sperimentare la tenerezza paterna di Dio verso di noi, suoi figli. La scienza ci fa vedere le creature con l’occhio di Dio. La sapienza ci dà il gusto di Dio, delle realtà divine, tutte le realtà di questo mondo, senza riferimento a Dio, risultano insipide.
Dona virtù e premio
dona morte santa,
dona gioia eterna.
La sequenza aurea si era aperta con una visione di cieli lontani dai quali imploravamo « Vieni…vieni…vieni…vieni… »: quattro implorazioni. Ora si chiude nella pace e nella sicurezza del dono. Si ripete, in conclusione, il verbo’donare’ . Ricordiamo, allora, le parole di Paolo nella lettera ai Romani: « Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare (tanto meno che cosa sia conveniente fare), ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui (il Padre) che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti, secondo i disegni di Dio » (Rm 8, 26-27)!. Così lo Spirito trasforma tutta la nostra vita per il tempo e per l’eternità. Sì lo credo, lo spero, ne sono sicuro, per il tempo e per l’eternità.
1. Molte parti di questa meditazione sono state tratte da « VIENI SANTO SPIRITO » di Giuseppe Manzoni ED. DEHONIANE ROMA a cui si rimanda per un maggiore approfondimento.

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