Archive pour le 15 mai, 2010

Ascensione del Signore

Ascensione del Signore dans immagini sacre

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« Amico dell’anima » (preghiera ebraica del mattino)

dal sito:

http://www.finestramedioriente.it/Patrimonio%20Antico/Preghiere/FrameEbraiche.htm

« Amico dell’anima » (preghiera ebraica del mattino)

O amico dell’anima, padre misericordioso,
piega il tuo servo a compiere il tuo volere!
Correrà allora il tuo servo come un cervo,
si prostrerà dinanzi alla tua gloria,
poiché gli sarà dolce la tua amicizia,
più di un favo di miele e di ogni altro sapore.
O tu glorioso, splendido, ornamento del mondo,
l’anima mia è malata dell’amor tuo!
Ti prego dunque o Dio risanala tu,
mostrandole con dolcezza la tua gloria:
allora essa ritroverà forza e salute,
e diverrà tua ancella in eterno!
O antico, muoviti a misericordia
e abbi pietà di un figlio che ti ama,
poiché questi ha bramato con ardore
di vedere lo splendore della tua potenza:
ti prego dunque o mio Dio, delizia del mio cuore,
accorri, non stare nascosto!
Rivelati ti prego e su di me
stendi o diletto la tenda della tua pace,
illumina la terra con la tua gloria
e noi esulteremo e gioiremo in te.
Presto o amato poiché è giunto il tempo:
abbi pietà di me come nei giorni antichi.

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Omelia (16-05-2010) : Gesù ascende al cielo

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/18520.html

Omelia (16-05-2010) 
mons. Antonio Riboldi
 
Gesù ascende al cielo

Negli Atti degli Apostoli è narrata la solennità di oggi: Gesù, che dopo la sua missione tra gli uomini – diremmo noi – ‘torna a Casa’: ma è un ritorno che, in altro modo, assicura la Sua Presenza – come è di fatto – tra di noi.
« Nel mio primo libro – così inizia S. Luca, riferendosi al suo Vangelo – ho già trattato, Teofilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui, dopo avere dato istruzione agli apostoli, che si era scelto nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo.
Egli si mostrò vivo ad essi, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del Regno di Dio. E mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre: ‘quello che avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni’. Così, venutisi a trovare insieme Gli domandarono: ‘Signore, è questo il tempo in cui ricostruirai il regno di Israele?: Ma egli rispose: ‘Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti in cui il Padre ha riservato la sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra.’ Detto questo fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché stavano a guardarlo, fissando il cielo mentre se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: ‘Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù che è stato tra di voi assunto in cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo.’ » (At. 1, 1-11)
Forse ci saremmo aspettati, alla fine del breve racconto dell’Ascensione, che si evidenziasse l’afflizione degli Apostoli per la partenza ormai definitiva del Maestro,
Ma non è così, perché non vi fu tristezza, come racconta, sempre Luca, nel suo Vangelo:
« Poi li condusse fuori verso Betania, e alzate le mani li benedisse, Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. E gli apostoli, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio, lodando Dio ». (Lc. 24, 46-53)
C’è una bella differenza rispetto al Venerdì santo, quando erano stati lasciati nella paura e nello smarrimento… come se tutto avesse avuto una fine inaspettata.
Sulla croce era apparso un ‘uomo’ privo dì dignità e di grandezza. Come se Gesù, che era stato seguito come il Maestro, il Signore, si fosse sbriciolato sotto i colpi della superbia umana: un ‘giocattolo’ di estrema fragilità, che pareva non resistere al paragone con l’apparente potenza dell’uomo. Non avevano ancora capito che era proprio quella croce a glorificarlo.
Era vero: gli uomini, nella loro stupidità, non avevano fatto alcuna fatica a ‘demolire’ la potenza del Figlio dell’uomo… almeno esternamente. È un poco quello che accade anche tra di noi, quando crediamo di poter annientare la potenza di Dio, per dare posto alla nostra immensa fragilità, che cerchiamo di nascondere con la superbia.
Non si erano resi conto, e a volte non ce ne accorgiamo neanche noi, che ‘quella’ era stata la scelta dello stesso Gesù: non era stato crocifisso, ma si era lasciato crocifiggere, dando di propria volontà la vita, estremo atto di amore per noi.
Era difficile però, per gli Apostoli, capire il trionfo di Gesù sulla croce e la sconfitta dei crocifissori. Erano poveri uomini, con l’ignoranza e la cecità di spirito, che sperimentiamo anche noi.
Ma ora Gesù, con la sua resurrezione, ha messo fine, ai loro e nostri dubbi: ha cambiato completamente la verità della fragilità nella nostra vita, chiamata ad una gloria, che solo Dio, il Figlio di Dio, poteva conquistare per noi. La resurrezione ha ormai tracciato strade, che possono conoscere l’infinito di Dio. Gesù ‘passa le pareti’, non conosce più spazio né tempo: ci ha aperto la porta della vita eterna.
I discepoli ormai sanno che ora il Maestro sarà sempre con loro… e dovremmo saperlo anche noi! L’Ascensione chiude solo l’esperienza terrena di Dio tra noi, ma continua la più grande storia di amore mai scritta o immaginata. Adesso sappiamo che la nostra vita non è un’esperienza di poco conto, senza alcuna speranza nel dopo…. al contrario, anche se può essere o apparire un Calvario, ci conduce ad ascendere con Gesù. Chi davvero crede e vive, preparandosi all’eternità, sa quanta nostalgia prende a volte di entrare nel Cielo.
Tutte le volte che mi reco a Lourdes, stando ai piedi della grotta, e ancora più alla sera, durante la processione con le fiaccole, in quello scenario che tanto rende vicino il Paradiso, al canto ‘Andrò a vederla un dr, sempre mi assale il desiderio di salire in cielo, abbandonando questa terra, che propone così tante sofferenze. E confesso che sarei felice se Dio ascoltasse la mia nostalgia.
Dando uno sguardo al mondo, proprio non capisco perché questa nostalgia non appaia, forse troppo ‘appagati’ dal nulla di questa terra.
Così presentava l’Ascensione di Gesù al Cielo il nostro sempre caro Paolo VI, che ci guida nelle riflessioni: « L’avvenimento finale della vita di Cristo sulla scena della storia umana, è la sua ammirabile ascensione al Cielo, il suo passaggio da questa terra, da questo nostro mondo, a noi conoscibile, in cui noi siamo immersi come pesci nell’oceano, ad un altro mondo, ad un altro universo, ad un’altra forma di esistenza, della quale abbiamo la certezza, ma ancora scarsa notizia e, forse, nessuna esperienza. Si chiude così quel breve periodo di presenza dell’umanità del Figlio di Dio tra di noi, e comincia quell’altro periodo che dura tuttora e che chiamiamo storia del cristianesimo.
Perciò da un lato il nostro pensiero, il nostro culto è rapito in alto nello sforzo amoroso di seguire Gesù, che scompare al nostro sguardo, e si sottrae alla nostra conversazione terrena: non lo vedremo più, fino a quell’ultimo giorno, non da noi calcolabile e in cui ritornerà per giudicare i vivi e i morti.
Dall’altro canto il nostro ricordo di tale avvenimento misterioso e storico ad un tempo, ci fa sentire la nostra solitudine, la nostra condizione di seguaci di Cristo, di credenti in Cristo, di legati a Cristo, rimasti in terra senza la sua visibile presenza. Nasce nei fedeli, privi del rapporto sensibile con Gesù, lo sforzo di comunicare ugualmente con Lui; nasce cioè la ricerca di vincoli che tuttora ci uniscono a Lui; una ricerca che sarà subito ricca di risultati, fino a darci la prova della promessa realizzata di una sua dolcissima parola di commiato: ‘Non vi lascerò orfani, verrò da voi’ e di quell’altra parola solenne, che proclama Cristo presente nei secoli: ‘Ecco io sono con voi fino alla fine del mondo’. E noi vogliamo metterci nei panni degli apostoli, che scomparso Gesù dai loro occhi, se ne tornarono a Gerusalemme, si raccolsero con Maria nel cenacolo in attesa dello Spirito Santo. » (maggio 1963)
Dovremmo anche noi ritrovare quanto hanno provato gli Apostoli il giorno in cui Gesù salì al Cielo: ‘Tornarono a Gerusalemme can grande gioia’, una gioia che diverrà, con la Pentecoste, forza e capacità di trasmetterla a tutti.
II giorno dell’Ascensione, gli Apostoli sanno ormai – e dovremmo esserne certi anche noi – che Gesù sarà dovunque essi si troveranno. Quando parleranno diranno ‘Parole Sue’; Lo troveranno nel cuore, riempito dalla Sua pace, anche quando saranno arrestati; i loro gesti saranno i ‘Suoi gesti’, per continuare la Sua opera, segno del grande bene che il Padre ci vuole, quella carezza che quotidianamente Dio, se abbiamo fede, ci fa’, perché dimentichiamo le frustate dell’indifferenza, della cattiveria e violenza cieca. E per sentirseLo ancora più vicino, ogni volta parteciperanno, parteciperemo, all’Eucarestia, lasceranno il posto principale libero, perché a presiedere sia sempre Lui.
Con passo deciso, illuminati dalla certezza del nostro futuro con Lui, camminiamo per le strade del mondo, testimoni del Risorto, a ‘predicare’ Lui, salvezza di tutti.
Sono venti secoli che questa Presenza divina nella Chiesa si fa strada nella storia, tessendo la vera nostra storia, che non conoscerà più tramonto.
Oggi davvero tutti noi, che crediamo, alzando le mani al cielo, indichiamo il Maestro che si eleva su di noi ed è assiso alla destra del Padre, eppure continua a camminare al nostro fianco!
Questa è davvero la gioia dell’Ascensione di Gesù al Cielo per noi.
Con madre Teresa di Calcutta preghiamo:
« Signore, nostro Dio, tu hai dato te stesso per noi.
Noi vogliamo essere a tua disposizione per essere tuoi, affinché un giorno possiamo possederti e per ricevere tutto ciò che dai e dare tutto ciò che chiedi, con un sorriso.
Prendi ora tutto di noi, perché ti serva di noi come ti piace, senza tentennamenti. Prenditi la nostra volontà e tutta la vita
affinché tu possa compiere le tue opere con le nostre mani,
e così un giorno possiamo ascendere in cielo con te. Per sempre. » 

Il Credo Apostolico – Il papa a Regensburg: la ragionevolezza della fede

dal sito:

http://freeforumzone.leonardo.it/lofi/Il-Credo-Apostolico/D7343238.html

Credo apostolico

Credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra.
E in Gesù Cristo, Suo Figlio unigenito, Signore nostro;
il quale fu concepito di Spirito Santo, nato dalla vergine Maria;
soffrì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò dai morti;
ascese al cielo; siede alla destra di Dio Padre onnipotente;
da dove verrà per giudicare i vivi ed i morti.
Io credo nello Spirito Santo;
la santa Chiesa cattolica;
la comunione dei santi;
la remissione dei peccati;
la risurrezione della carne;
la vita eterna.
Amen
anima.inquietamartedì 11 marzo 2008 10.57
IL CREDO APOSTOLICO.

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Il papa a Regensburg: la ragionevolezza della fede

A oltre 350mila persone, il papa spiega la ragionevolezza della fede.

Cari fratelli e sorelle!

« Chi crede non è mai solo » è il motto di questi giorni.
Lo vediamo qui realizzato.
La fede ci riunisce e ci dona una festa.
Ci dona la gioia in Dio, la gioia per la creazione e per lo stare insieme.
Io so che in precedenza questa festa ha richiesto molta fatica e molto lavoro.

Attraverso i resoconti dei giornali ho potuto un po’ rendermi conto di quante persone hanno impegnato il loro tempo e le loro forze per preparare questa spianata in modo così degno; grazie a loro c’è la Croce qui sulla collina come segno di Dio per la pace nel mondo; le vie di accesso e di partenza sono libere; la sicurezza e l’ordine sono garantite; sono stati approntati alloggi ecc. Non potevo immaginare – e anche adesso lo so solo sommariamente – quanto lavoro fin nei minimi particolari sia stato necessario perché potessimo ora trovarci tutti insieme in questo modo. Per tutto ciò non posso che dire semplicemente « Grazie di cuore! ».
Il Signore Vi ricompensi per tutto, e la gioia che noi ora possiamo sperimentare grazie alla vostra preparazione, ritorni centuplicata a ciascuno di voi! Mi sono commosso, quando ho sentito quante persone, in particolare delle scuole professionali di Weiden ed Amberg, come anche ditte e singole persone, uomini e donne, hanno collaborato per abbellire la mia casa e il mio giardino. Un po’ confuso di fronte a tanta bontà, posso anche in questo caso dire soltanto un umile « Grazie! » per un tale impegno. Non avete fatto tutto ciò soltanto per un singolo uomo, per la mia povera persona; l’avete fatto nella solidarietà della fede, lasciandovi guidare dall’amore per il Signore e per la Chiesa. Tutto questo è un segno di vera umanità, che nasce dall’essere toccati da Gesù Cristo.

Ci siamo riuniti per una festa della fede.
Ora, però, emerge la domanda: Ma che cosa crediamo in realtà?
Che cosa significa: credere?
Può una tale cosa di fatto ancora esistere nel mondo moderno?
Vedendo le grandi « Somme » di teologia redatte nel Medioevo o pensando alla quantità di libri scritti ogni giorno in favore o contro la fede, si è tentati di scoraggiarsi e di pensare che questo è tutto troppo complicato. Alla fine, vedendo i singoli alberi, non si vede più il bosco.
È vero: la visione della fede comprende cielo e terra; il passato, il presente, il futuro, l’eternità – e perciò non è mai esauribile. E tuttavia, nel suo nucleo è molto semplice. Il Signore, infatti, ne parla col Padre dicendo: « Hai voluto rivelarlo ai semplici – a coloro che sono capaci di vedere col cuore » (cfr Mt 11,25).La Chiesa, da parte sua, ci offre una piccola « Somma », nella quale tutto l’essenziale è espresso: è il cosiddetto « Credo degli Apostoli ». Esso viene di solito suddiviso in dodici articoli – secondo il numero degli Apostoli – e parla di Dio, Creatore e Principio di tutte le cose, di Cristo e dell’opera della salvezza, fino alla risurrezione dei morti e alla vita eterna. Ma nella sua concezione di fondo, il Credo è composto solo di tre parti principali, e secondo la sua storia non è nient’altro che un’amplificazione della formula battesimale, che il Signore risorto consegnò ai discepoli per tutti i tempi quando disse loro: « Andate e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo » (Mt 28,19).

In questa visione si dimostrano due cose: la fede è semplice.
Crediamo in Dio – in Dio, principio e fine della vita umana. In quel Dio che entra in relazione con noi esseri umani, che è per noi origine e futuro.
Così la fede, contemporaneamente, è sempre anche speranza, è la certezza che noi abbiamo un futuro e non cadremo nel vuoto.
E la fede è amore, perché l’amore di Dio vuole « contagiarci ».

Come seconda cosa possiamo costatare: il Credo non è un insieme di sentenze, non è una teoria. È, appunto, ancorato all’evento del Battesimo – ad un evento d’incontro tra Dio e l’uomo. Dio, nel mistero del Battesimo, si china sull’uomo; ci viene incontro e in questo modo ci avvicina anche tra noi.
Perché il Battesimo significa che Gesù Cristo, per così dire, ci adotta come suoi fratelli e sorelle, accogliendoci con ciò come figli nella famiglia di Dio stesso. In questo modo fa quindi di tutti noi una grande famiglia nella comunità universale della Chiesa. Sì, chi crede non è mai solo. Dio ci viene incontro. Incamminiamoci anche noi verso Dio e andiamo così gli uni incontro agli altri! Non lasciamo solo, per quanto sta nelle nostre forze, nessuno dei figli di Dio!

Noi crediamo in Dio.
Questa è la nostra decisione di fondo.
Ma è possibile ancora oggi?
È una cosa ragionevole?
Fin dall’illuminismo, almeno una parte della scienza s’impegna con solerzia a cercare una spiegazione del mondo, in cui Dio diventi superfluo. E così Egli dovrebbe diventare inutile anche per la nostra vita.
Ma ogniqualvolta poteva sembrare che ci si fosse quasi riusciti – sempre di nuovo appariva evidente: i conti non tornano! I conti sull’uomo, senza Dio,non tornano, e i conti sul mondo, su tutto il vasto universo, senza di Lui non tornano. In fin dei conti, resta l’alternativa: che cosa esiste all’origine? La Ragione creatrice, lo Spirito che opera tutto e suscita lo sviluppo, o l’Irrazionalità che, priva di ogni ragione, stranamente produce un cosmo ordinato in modo matematico e anche l’uomo, la sua ragione.

Questa, però, sarebbe allora soltanto un risultato casuale dell’evoluzione e quindi, in fondo, anche una cosa irragionevole. Noi cristiani diciamo: « Credo in Dio Padre, Creatore del cielo e della terra » – credo nello Spirito Creatore. Noi crediamo che all’origine c’è il Verbo eterno, la Ragione e non l’Irrazionalità. Con questa fede non abbiamo bisogno di nasconderci, non dobbiamo temere di trovarci con essa in un vicolo cieco. Siamo lieti di poter conoscere Dio! E cerchiamo di dimostrare anche agli altri la ragionevolezza della fede, come san Pietro ci esorta a fare nella sua Prima Lettera (cfr 3,15)!

Noi crediamo in Dio.
Lo affermano le parti principali del Credo e lo sottolinea soprattutto la sua prima parte. Ma ora segue subito la seconda domanda: in quale Dio? Ebbene, crediamo appunto in quel Dio che è Spirito Creatore, Ragione creativa, da cui proviene tutto e da cui proveniamo anche noi.

La seconda parte del Credo ci dice di più.
Questa Ragione creativa è Bontà.
È Amore. Essa possiede un volto.
Dio non ci lascia brancolare nel buio.
Si è mostrato come uomo. Egli è tanto grande da potersi permettere di diventare piccolissimo. “Chi ha visto me ha visto il Padre”, dice Gesù (Gv 14,9). Dio ha assunto un volto umano. Ci ama fino al punto da lasciarsi per noi inchiodare sulla Croce, per portare le sofferenze dell’umani­tà fino al cuore di Dio. Oggi, che conosciamo le patologie e le malattie mortali della religione e della ragione, le distruzioni dell’immagine di Dio a causa dell’odio e del fanatismo, è importante dire con chiarezza in quale Dio noi crediamo e professare convinti questo volto umano di Dio. Solo questo ci libera dalla paura di Dio – un sentimento dal quale, in definitiva, nacque l’ateismo moderno. Solo questo Dio ci salva dalla paura del mondo e dall’ansia di fronte al vuoto della propria esistenza. Solo guardando a Gesù Cristo, la nostra gioia in Dio raggiunge la sua pienezza, diventa gioia redenta. Volgiamo durante questa celebrazione solenne dell’Eucaristia il nostro sguardo sul Signore e chiediamo a Lui la grande gioia che Egli ha promesso ai suoi discepoli (cfr Gv 16,24)!

La seconda parte del Credo si conclude con la prospettiva del Giudizio finale e la terza con quella della risurrezione dei morti. Giudizio – non è che con ciò ci viene inculcata nuovamente la paura? Ma, non desideriamo forse tutti che un giorno sia fatta giustizia per tutti i condannati ingiustamente, per quanti hanno sofferto lungo la vita e poi da una vita piena di dolore sono stati inghiottiti nella morte? Non vogliamo forse che l’eccesso di ingiustizia e di sofferenza, che vediamo nella storia, alla fine si dissolva; che tutti in definitiva possano diventare lieti, che tutto ottenga un senso?

Questa affermazione del diritto, questo congiungimento di tanti frammenti di storia che sembrano privi di senso, così da integrarli in un tutto in cui dominino la verità e l’amore: è questo che s’intende col concetto di Giudizio del mondo. La fede non vuol farci paura; vuole piuttosto – e questo sicuramente – chiamarci alla responsabilità. Non dobbiamo sprecare la nostra vita, né abusare di essa; neppure dobbiamo tenerla per noi stessi; di fronte all’ingiusti­zia non dobbiamo restare indifferenti, diventandone conniventi o addirittura complici. Dobbiamo percepire la nostra missione nella storia e cercare di corrispondervi. Non paura ma responsabilità – responsabilità e preoccupazione per la nostra salvezza, e per la salvezza di tutto il mondo sono necessarie. Quando, però, responsabilità e preoccupazione tendono a diventare paura, allora ricordiamoci della parola di san Giovanni: “Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto” (1 Gv 2,1). “Qualunque cosa il nostro cuore ci rimproveri – Dio è più grande del nostro cuore ed Egli conosce ogni cosa” (1 Gv 3,20).

Celebriamo oggi la festa del “Nome di Maria”. A quante portano questo nome – la mia mamma e mia sorella ne facevano parte – vorrei quindi esprimere i miei più cordiali auguri per questo loro onomastico. Maria, la Madre del Signore, dal popolo fedele ha ricevuto il titolo di Advocata, essendo lei la nostra avvocata presso Dio. Così la conosciamo fin dalle nozze di Cana: come la donna benigna, piena di sollecitudine materna e di amore, la donna che avverte le necessità altrui e, per aiutare, le porta davanti al Signore. Oggi abbiamo sentito nel Vangelo, come il Signore la dona come madre al discepolo prediletto e, in lui, a tutti noi. In ogni epoca, i cristiani hanno accolto con gratitudine questo testamento di Gesù, e presso la Madre hanno trovato sempre di nuovo quella sicurezza e quella fiduciosa speranza, che ci rendono lieti in Dio. Accogliamo anche noi Maria come la stella della nostra vita, che ci introduce nella grande famiglia di Dio! Sì, chi crede non è mai solo.

Publié dans:liturgia, Papa Benedetto XVI |on 15 mai, 2010 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini sacre storno%20superbo

SUPERB STALING – AFRICA

http://www.claudiotorresani.com/storno%20superbo%201.htm

Publié dans:immagini sacre |on 15 mai, 2010 |Pas de commentaires »

San Giovanni Maria Vianney: « Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100515

Sabato della VI settimana di Pasqua : Jn 16,23-28
Meditazione del giorno
San Giovanni Maria Vianney (1786-1859), sacerdote, parroco di Ars
Catechismo sulla preghiera

« Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena »

        Fate bene attenzione, figliuoli miei : il tesoro di un cristiano non è sulla terra, ma nel cielo (Mt 6,20). Il nostro pensiero perciò deve volgersi dov’è il nostro tesoro. Questo è il bel compito dell’uomo : pregare e amare. Voi pregate e amate, ecco, questa è la felicità dell’uomo sulla terra.

        La preghiera non è nient’altro che l’unione con Dio. Quando qualcuno ha il cuore puro e unito a Dio, è preso da una certa soavità e dolcezza che inebria. In questa unione intima, Dio e l’anima sono come due pezzi di cera fusi insieme, che nessuno può più separare. Come è bella questa unione di Dio con la sua piccola creatura. È una felicità questa che non si può comprendere. Noi eravamo diventati indegni di pregare ; ma Dio, nella sua bontà, ci ha permesso di parlare con lui. La nostra preghiera è incenso a lui quanto mai gradito.

        Figliuoli  miei, il vostro cuore è piccolo, ma la preghiera lo dilata e lo rende capace di amare Dio. La preghiera ci fa pregustare il cielo, come qualcosa che discende a noi dal paradiso. Non ci lascia mai senza dolcezza. Infatti è miele che stilla nell’anima e fa che tutto sia dolce. Nella preghiera ben fatta i dolori si sciolgono come neve al sole.

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