Archive pour avril, 2010

IL LUOGO DELLA PREGHIERA

dal sito:

http://www.certosini.info/preghiera/medit/guillerand/guillerand_18.htm

CAPITOLO XVIII

IL LUOGO DELLA PREGHIERA

Bisogna abituarsi a pregare in ogni luogo come in ogni tempo. Il luogo della preghiera è l’anima… e Dio che l’abita.  » Quando tu preghi – dice Gesù – entra nella camera intima e ritirata della tua anima, rinchiuditi in essa e parla al tuo Padre, il cui sguardo amante cerca il tuo sguardo  » (Cfr. Mt 6,6).

Ecco il vero tempio, il santuario riservato. Lo si porta con sé; si può continuamente o trattenervisi o rientrarvi ben presto dopo qualche uscita. Bisogna farne un luogo appropriato; bisogna ornarlo; il grande ornamento è Dio stesso, che deve ritrovarvi i suoi tratti, cioè le sue perfezioni. Partecipate dalla nostra anima, esse prendono il nome di virtù. L’anima che le porta è bella della bellezza divina; è  » perfetta come è perfetto il Padre celeste  » (Cfr. Mt 5,48).  » Come  » non vuol dire  » altrettanto « . Questa parola non implica l’uguaglianza, essa esprime la rassomiglianza. Le virtù ci rifanno all’immagine di Dio, all’immagine del divin Figlio che è venuto a praticarle su questa terra per mostrarci i tratti divini.

In questo santuario riservato, nuovo cielo e regno di Dio, devono regnare la solitudine e il silenzio. Dio è solo con Se stesso. Le Persone divine, l’innumerevole corte celeste, non feriscono questa solitudine ma la costituiscono. L’Amore che anima le Persone divine le chiude a tutto ciò che non è Esso stesso: la città è immensa, ma chiusa, e Dio solo l’occupa, Egli è « tutto in tutti  » (1Cr 15,28). L’anima che prega deve riprodurre questa solitudine: colmarsi di essa, rigettare tutto il resto. Il colloquio che allora si avvia è  » Silenzio « . Parola e silenzio non si oppongono. Ciò che si oppone al silenzio sono le parole, è la molteplicità.

Si confonde il silenzio dell’Essere con il silenzio del nulla. Ma il nulla non sa né parlare né tacere; non sa che agitarsi e mascherare, con dei movimenti superficiali, il vuoto che è in esso. Parole delle labbra alle quali non corrisponde alcun pensiero; atteggiamenti del corpo, mimica del volto che non traducono alcuna realtà… o che, propriamente, mentono: ecco il linguaggio del nulla. Ed è questo che lo moltiplica. Occorrono molte parole per non dire nulla o per dire ciò che non si pensa; all’Essere ne basta una per esprimersi completamente.

E’ verso questa unità che noi tendiamo quando ci siamo rinchiusi in Dio. Egli è divenuto tutto, noi glielo diciamo… e non sappiamo più dire altra cosa. E’ il silenzio dell’anima rientrata in se stessa e posseduta da Colui che essa trova. Era il silenzio delle lunghe notti di Gesù passate su qualche monte nella sua  » preghiera di Dio « . Era il silenzio del Getsemani o del Calvario, spezzato da qualche parola rivolta a noi.

Le chiese sono il luogo della preghiera comune. Esse debbono riprodurre i tratti di Dio e quelli delle anime in servizio dei corpi. Ai corpi le chiese debbono offrire delle linee che elevano e vanno a perdersi verso il cielo o nel mistero di una penombra che isoli l’edificio dal mondo e dai suoi rumori … ; esse debbono avere un punto centrale, verso cui tutto tende, dove tutto si concentra, che unifica le nostre potenze e richiama il nostro amore; ed esse debbono manifestare delle bellezze che ci sorpassino, dare una pace che non viene dal creato e che ci trasporti fuori da esso, offrire tutto un insieme sensibile e spirituale in cui si riveli Colui che ha fatto la materia e lo spirito. La Sua presenza deve trasparirvi e il suo amore attirarci. Lo si deve respirare da tutti i pori del proprio essere, come l’atmosfera. Il luogo di culto che non ci dà questa sensazione, o l’anima che entrandovi non la sente, sono al di fuori della loro verità e mentono.

Publié dans:meditazioni |on 20 avril, 2010 |Pas de commentaires »

21 aprile (mf) : Sant’ Anselmo d’Aosta Vescovo e dottore della Chiesa

dal sito:

http://www.santiebeati.it/dettaglio/26800

Sant’ Anselmo d’Aosta Vescovo e dottore della Chiesa

21 aprile – Memoria Facoltativa
 
Aosta, 1033 – Canterbury, Inghilterra, 21 aprile 1109

Nasce verso il 1033 ad Aosta da madre piemontese, entrambi nobili e ricchi. Travagliato il rapporto con la famiglia che lo invia da un parente per l’educazione. Sarà solo con i benedettini d’Aosta che Anselmo trova il suo posto: a quindici anni sente il desiderio di farsi monaco. Contrastato dai genitori decide di andarsene: dopo tre anni tra la Borgogna e la Francia centrale, va ad Avranches, in Normandia, dove si trova l’abbazia del Bec con la scuola, fondata nel 1034. Qui conosce il priore Lanfranco di Pavia che ne cura il percorso di studio. Nel 1060 Anselmo entra nel seminario benedettino del Bec, di cui diventerà priore. Qui avvierà la sua attività di ricerca teologica che lo porterà ad essere annoverato tra i maggiori teologi dell’Occidente. Nel 176 pubblica il «Monologion». Nel 1093 diventa arcivescovo di Canterbury. A causa di dissapori con il potere politico è costretto all’esilio a Roma due volte. Muore a Canterbury nel 1109. (Avvenire)

Etimologia: Anselmo = protetto da Dio, Dio gli è elmo, dal tedesco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Sant’Anselmo, vescovo e dottore della Chiesa, che, originario di Aosta, fu dapprima monaco nel monastero di Bec nella Normandia in Francia; divenutone abate, insegnò ai suoi confratelli a progredire sulla via della perfezione e a cercare Dio con l’intelletto della fede; promosso poi all’insigne sede di Canterbury in Inghilterra, lottò strenuamente per la libertà della Chiesa, sopportando per questo sofferenze e l’esilio. 

Il celeberrimo Sant’Anselmo è una tra le più grandi glorie del Piemonte e della Valle d’Aosta, essendo nato verso il 1033 ad Aosta da madre piemontese. I suoi genitori erano nobili e ricchi: sua madre Ermemberga era una perfetta madre di famiglia, mentre suo padre Gandolfo viveva immerso nei suoi impegni secolari. Anselmo sin dalla sua infanzia sognò di poter raggiungere Dio e nella sua semplicità ipotizzava che risiedesse sulla sommità delle montagne. Già avido di sapere, fu affidato ad un parente per un’accurata educazione, ma non essendo stato compreso dal brutale maestro cadde in una terribile crisi d’ipocondria. Per guarirlo occorsero tutto il tatto e l’amorevolezza della mamma, la quale finalmente lo affidò poi ai benedettini d’Aosta. All’età di quindici anni Anselmo iniziò a sentire il desiderio di farsi monaco, ma il padre non ne volle sapere preferendo farlo erede dei suoi averi. Le attrattive del mondo e le passioni prevalsero allora sul giovane, specialmente dopo la morte della madre. Il padre, che morì poi monaco, lo prese in tale avversione che Anselmo decise di abbandonare la famiglia e la patria in compagnia di un servo.
Dopo tre anni trascorsi tra la Borgogna e la Francia centrale, Anselmo si recò ad Avranches, in Normandia, ove venne a conoscenza dell’abbazia del Bec e della sua scuola, fondata nel 1034. Vi si recò per conoscere il priore, Lanfranco di Pavia, e restare presso di lui, come tanti altri chierici attratti dalla fama del suo sapere. I progressi nello studio furono tanto sorprendenti che lo stesso Lanfranco prese a prediligerlo ed addirittura a farsi coadiuvare da lui nell’insegnamento. In tale contesto Anselmo sentì rinascere in sé il desiderio di vestire l’abito monacale. Avrebbe però altri posti dove poter sfoggiare la sua sapienza senza dover competere con il maestro Lanfranco, ma non trovando valide alternative nel 1060 entrò nel seminario benedettino del Bec. Dopo soli tre anni di regolare osservanza meritò di succedere a Lanfranco nella carica di priore e di direttore della scuola, visto che quest’ultimo era stato destinato a governare l’abbazia di Saint’Etienne-de-Caen. Nonostante il moltiplicarsi delle responsabilità, Anselmo non trascurò di dedicarsi sempre più a Dio ed allo studio, preparandosi così a risolvere le più oscure questioni rimaste sino ad allora insolute. Non bastandogli le ore diurne per approfondire le Scritture ed i Padri della Chiesa, egli soleva trascorrere parte della notte in preghiera e correggendo manoscritti. Ci si può fare un’idea del suo insegnamento leggendo gli opuscoli ed i dialoghi da lui lasciati, alcuni dei quali sono veri e propri piccoli capolavori pedagogici e dogmatici.
Sant’Anselmo fu indubbiamente un grande speculativo, ma anche un grande direttore di anime. La fama del suo monastero si sparse ovunque ed attirò un’élite avida di scienza e di perfezione religiosa. Egli se ne occupava in prima persona con cura speciale. Molte delle sue 447 lettere mostrano l’arte che possedeva per guadagnare i cuori, adattandosi all’età di ciascuno e puntando sull’affabilità dei modi. Alla morte dell’abate Herluin, il 26 agosto 1078 i confratelli all’unanimità designarono Anselmo a succedergli. L’acutezza dell’intelligenza, la straordinaria dolcezza di carattere e la santità della vita gli meritarono un immenso ascendente tanto nel monastero quanto fuori. Intraprese relazioni con il maestro Lanfranco, nominato arcivescovo di Canterbury nel 1070, e collaborò all’organizzazione di alcuni monasteri inglesi: ciò gli permise inoltre di farsi conoscere dalla nobiltà del paese ed apprezzare dalla corte di Londra.
Nel 1076 Anselmo pubblicò il “Monologion” per soddisfare il desiderio dei monaci di meditare sull’essenza divina. Questa sua prima opera si rivelò un capolavoro per la densità e lucidità di pensiero circa l’esistenza di Dio, i suoi attributi e la Trinità. Ad essa seguì il “Proslogion”, più celebre della precedente per l’assai discusso argomento che escogitò a dimostrazione dell’esistenza dell’Essere supremo, in sostituzione dei lunghi e noiosi ragionamenti che aveva esposto nel “Monologion”. “Dio è l’essere di cui non si può pensare il maggiore; il concetto di tale essere è nella nostra mente, ma tale essere deve esistere anche nella realtà, fuori della nostra mente, perché, se esistesse solo nella mente, se ne potrebbe pensare un altro maggiore, uno, cioè, che esistesse non solo nella mente, ma anche nella realtà fuori di essa”.
La fama di Anselmo si diffuse ancora di più in tutta Europa. Era talmente venerato e amato in Inghilterra che il 6 marzo 1093, in seguito alle pressioni dei vescovi, dei signori e di tutto il popolo, fu eletto dal re Guglielmo II il Rosso arcivescovo di Canterbury, sede ormai vacante dalla morte di Lanfranco avvenuta nel 1089. La sua resistenza fu tenace ma inutile ed in riferimento alle difficoltà d’intesa tra il re e il primate affermò con i vescovi ed i nobili che l’accompagnavano: “Voi volete soggiogare insieme un toro non domo e una povera pecora. Il toro trascinerà la pecora tra i rovi e la farà a pezzi senza che sia servita a nulla. La vostra gioia si muterà in tristezza. Vedrete la chiesa di Canterbury ricadere nella vedovanza vivente il suo pastore. Nessuno di voi oserà resistere dopo di me e il re vi calpesterà a piacimento”.
La situazione della Chiesa inglese era effettivamente molto triste in quel periodo a causa della simonia, della decadenza dei costumi e della violazione della libertà religiosa da parte del re. Sant’Anselmo tentò di rimediare a tutto ciò, nella scia della riforma adottata da San Gregorio VII. Non destò quindi meraviglia se, nel 1095, scoppiò tra l’autorità secolare e quella religiosa un aspro conflitto circa il riconoscimento del pontefice Urbano II. Nulla convinse l’arcivescovo a recedere dal suo proposito e, dopo molte difficoltà, nel 1097 poté recarsi a Roma per consultare il papa stesso. Questi lo ricevette con grandi manifestazioni di stima e nel 1098 lo invitò al Concilio di Bari, convocato per ricondurre all’unità della Chiesa gli aderenti allo scisma consumatosi nel 1054 tra Oriente ed Occidente. Nelle questioni discusse Sant’Anselmo apparve come il teologo dei latini, confutando vittoriosamente le obiezioni degli avversari contro la processione dello Spirito Santo da parte di entrambe la altre persone della Santissima Trinità. Nel 1099 prese ancora parte al sinodo di Roma, in cui furono ribaditi i decreti contro la simonia, il concubinato dei chierici e la reinvestitura laica. Partì poi per Lione, ove fu però costretto a trattenersi poiché il re non lo autorizzava a tornare alla sua sede. In Italia aveva completato il suo grande trattato sui “Motivi dell’Incarnazione”, mentre a Lione ne ultimò un altro “Sulla nascita verginale di Cristo e il peccato originale”.
Nel 1110 Enrico Beauclerc successe al fratello Guglielmo sul trono inglese e, desiderando avere l’arcivescovo di Canterbury tra i suoi sostenitori, lo invitò a ritornare. Il nuovo sovrano non aveva però alcuna intenzione di rinunciare a spadroneggiare sulla Chiesa, motivo per cui nel 1103 Anselmo, inflessibile nella difesa dei suoi diritti, dovette una seconda volta andare in esilio a Roma. Dopo lunghe trattative con il nuovo papa Pasquale II, il sovrano rinunciò infine all’investitura dei feudi ecclesiastici, accontentandosi solo dell’omaggio. Nel 1106 il primate poté così ritornare nella sua sede e dedicare all’intenso lavoro pastorale gli ultimi anni della sua vita. Non potendo più camminare, si faceva quotidianamente trasportare in chiesa per assistere alla Messa. Sul letto di morte provò solo il rimpianto di non aver avuto tempo sufficiente per poter chiarire il problema dell’origine dell’anima. Sant’Anselmo morì il 21 aprile 1109 a Canterbury e fu sepolto nella celebre cattedrale. Il pontefice Alessandro III nel 1163 concesse all’arcivescovo Tommaso Becket, di procedere all’“elevazione” del corpo del suo predecessore, atto che a quel tempo corrispondeva a tutti gli effetti ad un’odierna canonizzazione. Sant’Anselmo d’Aosta fu infine annoverato tra i Dottori della Chiesa da Clemente XI l’8 febbraio 1720. Il Martyrologium ROmanum ed il calendario liturgico della Chiesa universale commemorano il santo nell’anniversario della nascita al cielo. Aosta, sua città natale, ha dedicato la strada principale del centro storico alla memoria del suo figlio più celebre.

Autore: Fabio Arduino 

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buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno lilium_davidii_191

Lilium davidii

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San Giustino: «Il pane del cielo, quello vero »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100420

Martedì della III settimana di Pasqua : Jn 6,30-35
Meditazione del giorno
San Giustino (circa 100 -160), filosofo, martire
Prima Apologia, 67.66 ; PG 6, 427-431

«Il pane del cielo, quello vero »

        Nel giorno chiamato « del Sole » [la domenica] ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne, e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente. Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto, terminata la preghiera, vengono portati pane, vino ed acqua, ed il preposto, nello stesso modo, secondo le sue capacità, innalza preghiere e rendimenti di grazie, ed il popolo acclama dicendo: « Amen ».

        Questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato. Infatti noi li prendiamo non come pane comune e bevanda comune; ma come Gesù Cristo, il nostro Salvatore incarnatosi, per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, così abbiamo appreso che anche quel nutrimento, consacrato con la preghiera che contiene la parola di Lui stesso e di cui si nutrono il nostro sangue e la nostra carne per trasformazione, è carne e sangue di quel Gesù incarnato. Infatti gli Apostoli, nelle loro memorie chiamate vangeli, tramandarono che fu loro lasciato questo comando da Gesù, il quale prese il pane e rese grazie dicendo: « Fate questo in memoria di me, questo è il mio corpo ». E parimenti, preso il calice e rese grazie disse: « Questo è il mio sangue »; e ne distribuì soltanto a loro (Mt 26,26s; 1 Cor 11,23s)… Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poiché questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti.

Chiesa di S. Agostino, S. Gimignano, Crocifissione e santi agostiniani

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Chiesa di S. Agostino, S. Gimignano
Crocifissione e santi agostiniani

(Benozzo Gozzoli)

http://www.immaginettesacre.it/Italia/ToscanaimmaginidiGesùCrocifisso.htm

Publié dans:immagini sacre |on 19 avril, 2010 |Pas de commentaires »

Cinque anni di Pontificato: l’editoriale di padre Lombardi

dal sito:

http://www.zammerumaskil.com/rassegna-stampa-cattolica/dal-mondo/cinque-anni-di-pontificato-editoriale-di-padre-lombardi.html

Cinque anni di Pontificato: l’editoriale di padre Lombardi  

     
Sabato 17 aprile 2010

Lunedì prossimo, 19 aprile, ricorre il quinto anniversario dell’elezione alla Cattedra di Pietro di Joseph Ratzinger. Sui temi forti dei primi cinque anni di Pontificato di Benedetto XVI, ascoltiamo l’editoriale di padre Federico Lombardi per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:
Il tempo è passato rapido e le vicende sono state intense nei cinque anni ormai compiuti di questo Pontificato. Per leggerli correttamente è d’obbligo tornare col pensiero alla Cappella Sistina, la mattina dopo l’elezione, quando il nuovo Papa raccoglieva l’eredità spirituale del suo grande predecessore e indicava le priorità che avrebbero orientato il suo servizio « nella vigna del Signore ». Il rapporto dell’uomo con Dio, rivelatoci da Gesù Cristo, incontrato in particolare nell’Eucarestia, nel culto della Chiesa. L’impegno « senza risparmio di energie » per ricostituire « la piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo ». Il desiderio di rispondere alla « richiesta di aiuto da parte dell’odierna umanità che, turbata da incertezze e timori, si interroga sul suo futuro ». Il dialogo « aperto e sincero » con i seguaci delle altre religioni o con coloro che semplicemente cercano risposta alle domande fondamentali dell’esistenza, « per la ricerca del vero bene dell’uomo e della società ». Non c’è dubbio che queste siano state le priorità reali del pontificato. Perseguite con coerenza e coraggio in un contesto spesso non privo di tensioni e di ostacoli. Ma Benedetto XVI diceva che non avrebbe cercato di far brillare la luce propria, ma quella di Cristo. Auschwitz, Istanbul, New York, Sydney, Parigi, l’Africa, Gerusalemme. Sinagoghe e moschee, encicliche sulla carità, sulla speranza, sull’etica nello sviluppo, nell’economia e nel rispetto dell’ambiente. Un bilancio ricco e pieno, di servizio di Dio e dell’umanità. Un cammino da continuare con una rotta sicura.

Radio Vaticana – 17 aprile 2010

Omelia del Papa per la Messa nel Piazzale dei Granai a Floriana

dal sito:

http://www.zenit.org/article-22106?l=italian

Omelia del Papa per la Messa nel Piazzale dei Granai a Floriana

FLORIANA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata da Benedetto XVI nel presiedere questa domenica mattina la Messa nel Piazzale dei Granai a Floriana.

* * *

Cari Fratelli e Sorelle in Gesù Cristo,
Mahbubin uliedi [Miei cari figli e figlie],

Sono molto contento di essere qui con voi tutti oggi davanti alla bella chiesa di San Publio per celebrare il grande mistero dell’amore di Dio reso manifesto nella Santa Eucarestia. In questo tempo, la gioia del periodo Pasquale riempie i nostri cuori perché stiamo celebrando la vittoria di Cristo, la vittoria della vita sul peccato e sulla morte. E’ una gioia che trasforma le nostre vite e ci riempie di speranza nel compimento delle promesse di Dio. Cristo è risorto alleluia!

Saluto il Presidente della Repubblica e la Signora Abela, le Autorità civili di questa amata Nazione e tutto il popolo di Malta e Gozo. Ringrazio l’Arcivescovo Cremona per le sue gentili parole e saluto anche il Vescovo Grech e il Vescovo Depasquale, l’Arcivescovo Mercieca, il Vescovo Cauchi e gli altri Vescovi e sacerdoti presenti, così come i fedeli cristiani della Chiesa che è in Malta e in Gozo. Fin dal mio arrivo ieri sera ho avvertito la stessa calorosa accoglienza che i vostri antenati hanno riservato all’apostolo Paolo nell’anno sessanta.

Molti viaggiatori sono sbarcati qui nel corso della vostra storia. La ricchezza e la varietà della cultura maltese è un segno che il vostro popolo ha tratto grande profitto dallo scambio di doni ed ospitalità con i viaggiatori venuti dal mare. Ed è significativo che voi abbiate saputo esercitare il discernimento nell’individuare il meglio di ciò che essi avevano da offrire.

Vi esorto a continuare a fare così. Non tutto quello che il mondo oggi propone è meritevole di essere accolto dai Maltesi. Molte voci cercano di persuaderci di mettere da parte la nostra fede in Dio e nella sua Chiesa e di scegliere da se stessi i valori e le credenze con i quali vivere. Ci dicono che non abbiamo bisogno di Dio e della Chiesa. Se siamo tentati di credere a loro, dovremmo ricordare l’episodio del Vangelo di oggi, quando i discepoli, tutti esperti pescatori, hanno faticato tutta la notte, ma non hanno preso neppure un solo pesce. Poi, quando Gesù è apparso sulla riva, ha indicato loro dove pescare e hanno potuto realizzare una pesca così grande, che a stento potevano trascinarla. Lasciati a se stessi, i loro sforzi erano infruttuosi; quando Gesù è rimasto accanto a loro, hanno catturato una grande quantità di pesci. Miei cari fratelli e sorelle, se poniamo la nostra fiducia nel Signore e seguiamo i suoi insegnamenti, raccoglieremo sempre grandi frutti.

La prima lettura della Messa odierna è di quelle che so che amate ascoltare: il racconto del naufragio di Paolo sulla costa di Malta e la calorosa accoglienza a lui riservata dalla popolazione di queste isole. Notate come i componenti dell’equipaggio della barca, per poter sopravvivere, furono costretti a gettare fuori il carico, l’attrezzatura della barca ed anche il frumento che era il loro unico sostentamento. Paolo li esortò a porre la loro fiducia solo in Dio, mentre la barca era scossa dalle onde. Anche noi dobbiamo porre la nostra fiducia in lui solo. Si è tentati di pensare che l’odierna tecnologia avanzata possa rispondere ad ogni nostro desiderio e salvarci dai pericoli che ci assalgono. Ma non è così. In ogni momento della nostra vita dipendiamo interamente da Dio, nel quale viviamo, ci muoviamo ed abbiamo la nostra esistenza. Solo lui può proteggerci dal male, solo lui può guidarci tra le tempeste della vita e solo lui può condurci ad un porto sicuro, come ha fatto per Paolo ed i suoi compagni, alla deriva sulle coste di Malta. Essi hanno fatto ciò che Paolo esortava loro di compiere e fu così che « tutti poterono mettersi in salvo a terra » (At 27,44).

Più di ogni carico che possiamo portare con noi – nel senso delle nostre realizzazioni umane, delle nostre proprietà, della nostra tecnologia – è la nostra relazione con il Signore che fornisce la chiave della nostra felicità e della nostra realizzazione umana. Ed egli ci chiama ad una relazione di amore. Fate attenzione alla domanda che per tre volte egli rivolge a Pietro sulla riva del lago: « Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu? ». Sulla base della risposta affermativa di Pietro, Gesù gli affida un compito, il compito di pascere il suo gregge. Qui vediamo il fondamento di ogni ministero pastorale nella Chiesa. E’ il nostro amore per il Signore che deve plasmare ogni aspetto della nostra predicazione ed insegnamento, della celebrazione dei sacramenti, e della nostra cura per il Popolo di Dio. E’ il nostro amore per il Signore che ci spinge ad amare quelli che Egli ama, e ad accettare volentieri il compito di comunicare il suo amore a coloro che serviamo. Durante la passione del Signore, Pietro lo ha rinnegato tre volte. Ora, dopo la Resurrezione, Gesù lo invita tre volte a dichiarare il suo amore, offrendo in tal modo salvezza e perdono, e allo stesso tempo affidandogli la sua missione. La pesca miracolosa aveva sottolineato la dipendenza degli apostoli da Dio per il successo dei loro progetti terreni. Il dialogo tra Pietro e Gesù ha sottolineato il bisogno della divina misericordia per guarire le loro ferite spirituali, le ferite del peccato. In ogni ambito della nostra vita necessitiamo dell’aiuto della grazia di Dio. Con lui possiamo fare ogni cosa: senza di lui non possiamo fare nulla.

Conosciamo dal Vangelo di san Marco i segni che accompagnano coloro che hanno posto la loro fede in Gesù: prenderanno in mano serpenti e questo non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno (cfr Mc 16,18). Tali segni sono stati presto riconosciuti dai vostri antenati, quando Paolo venne fra loro. Una vipera si attaccò alla sua mano ma egli semplicemente la scosse e gettò nel fuoco senza soffrire alcun danno. Paolo fu condotto a vedere il padre di Publio, il « protos » dell’isola, e dopo aver pregato e imposto le mani su di lui, lo guarì dalla febbre. Di tutti i doni portati a queste rive nel corso della storia della vostra gente, quello portato da Paolo è stato il più grande di tutti, ed è vostro merito che esso sia stato subito accolto e custodito. Ghozzu l-fidi u l-valuri li takom l-Appostlu Missierkom San Pawl. [Preservate la fede e i valori che vi sono stati trasmessi dal vostro padre, l’apostolo San Paolo.] Continuate ad esplorare la ricchezza e la profondità del dono di Paolo e procurate di consegnarlo non solo ai vostri figli, ma a tutti coloro che incontrate oggi. Ogni visitatore di Malta dovrebbe essere impressionato dalla devozione della sua gente, dalla fede vibrante manifestata nelle celebrazioni nei giorni di festa, dalla bellezza delle sue chiese e dei suoi santuari. Ma quel dono ha bisogno di essere condiviso con altri, ha bisogno di essere espresso. Come insegnò Mosè al popolo di Israele, i precetti del Signore « ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai » (Dt 6,6-7). Ciò è stato ben capito dal primo santo canonizzato di Malta, Dun Gor? Preca. La sua instancabile opera di ca

techesi, ispirando giovani ed anziani con un amore per la dottrina cristiana ed una profonda devozione al Verbo incarnato, è diventata un esempio che vi esorto a mantenere. Ricordate che lo scambio di beni tra queste isole ed il resto del mondo è un processo a due vie. Quello che ricevete, valutatelo con cura, e ciò che possedete di valore sappiatelo condividere con gli altri.

Desidero rivolgere una particolare parola ai sacerdoti qui presenti in questo anno dedicato alla celebrazione del grande dono del sacerdozio. Dun Gor? era un prete di straordinaria umiltà, bontà, mitezza e generosità, profondamente dedito alla preghiera e con la passione di comunicare le verità del vangelo. Prendetelo come modello ed ispirazione per voi, mentre adempite la missione che avete ricevuto di pascere il gregge del Signore. Ricordate anche la domanda che il Signore Risorto ha rivolto tre volte a Pietro: « Mi ami tu? ». Questa è la domanda che egli rivolge a ciascuno di voi. Lo amate? Desiderate servirlo con il dono della vostra intera vita? Desiderate condurre altri a conoscerlo ed amarlo? Con Pietro abbiate il coraggio di rispondere: « Sì, Signore, tu sai che io ti amo » e accogliete con cuore grato il magnifico compito che egli vi ha assegnato. La missione affidata ai sacerdoti è veramente un servizio alla gioia, alla gioia di Dio che brama irrompere nel mondo (cfr Omelia, 24 aprile 2005).

Guardando ora attorno a me alla grande folla raccolta qui in Floriana per la celebrazione dell’eucarestia, mi torna alla mente la scena descritta nella seconda lettura di oggi, nella quale miriadi di miriadi e migliaia di migliaia unirono le loro voci in un grande inno di lode: « A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli » (Ap 5,13). Continuate a cantare questo inno, a lode del Signore risorto ed in ringraziamento per i suoi molteplici doni. Con le parole di San Paolo, Apostolo di Malta, concludo la mia esortazione a voi questa mattina: « L-imhabba tieghi tkun maghkom ilkoll fi Kristu Gesù » ["Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù!"] (1 Cor 16,24).

Ikun imfahhar Gesù Kristu! [Sia lodato Gesù Cristo!]

di Sandro Magister: Benedetto XVI a Malta. L’approdo che salva dal naufragio

dal sito:

http://chiesa.espresso.repubblica.it:80/articolo/1342937

Benedetto XVI a Malta. L’approdo che salva dal naufragio

Il pianto del papa con le vittime degli abusi sessuali. « Dio non rifiuta nessuno. E la Chiesa non rifiuta nessuno. Tuttavia, nel suo grande amore, Dio sfida ciascuno di noi a cambiare e diventare più perfetti »

di Sandro Magister

ROMA, 19 aprile 2010 – L’atto simbolico più forte del suo viaggio a Malta, Benedetto XVI l’ha compiuto al riparo dai media. È stato il suo pianto con otto vittime di abusi sessuali ad opera di sacerdoti, abusi compiuti su di loro quand’erano in giovanissima età.

Il papa li ha incontrati a porte chiuse, nella nunziatura, poco dopo la messa di domenica 18 aprile. È stato uno degli otto, Lawrence Grech, 35 anni, a riferire del pianto del papa. E anche della propria commozione e del riaccendersi in lui della fede.

Il comunicato ufficiale vaticano ha così descritto l’incontro:

« Il Santo Padre era profondamente commosso dai loro racconti ed ha espresso la sua vergogna e dolore per ciò che le vittime e le loro famiglie hanno sofferto. Ha pregato con loro ed ha assicurato loro che la Chiesa sta facendo e continuerà a fare tutto ciò che è nelle sue possibilità per accertare le accuse, per portare di fronte alla giustizia i responsabili degli abusi e per mettere in pratica misure efficaci finalizzate alla salvaguardia dei giovani nel futuro. Nello spirito della sua recente lettera ai cattolici dell’Irlanda, ha pregato affinché tutte le vittime di abusi possano sperimentare guarigione e riconciliazione, che diano loro la forza per proseguire il cammino con rinnovata speranza ».

*

In effetti, il viaggio a Malta è stato compiuto da papa Joseph Ratzinger sotto una pressione mediatica internazionale fortissima, che esigeva da lui dei gesti e delle parole per lo scandalo della pedofilia.

E lui non vi si è sottratto. Ma l’ha fatto con lo stile che gli è proprio.

Non ha mai parlato esplicitamente, in pubblico, della questione della pedofilia. Ha ascoltato, piuttosto, ciò che altri gli hanno detto in proposito: il vescovo della Valletta all’inizio della messa e, nel pomeriggio, un giovane omosessuale, durante l’incontro con i giovani sulla banchina del porto. Quest’ultimo intervento, in particolare, è stato un j’accuse tagliente e circostanziato contro le pecche della Chiesa.

In almeno due occasioni, però, papa Benedetto ha fornito in pubblico la sua chiave di lettura della crisi che ha colpito la Chiesa con lo scandalo della pedofilia.

*

La prima volta è stata sabato pomeriggio, quando ha brevemente parlato ai giornalisti sull’aereo diretto a Malta.

Per spiegare i motivi del suo viaggio, Benedetto XVI ha ricordato il naufragio di san Paolo a Malta nell’anno 60:

« Penso che il motivo del naufragio parla per noi. Dal naufragio, per Malta è nata la fortuna di avere la fede; così possiamo pensare anche noi che i naufragi della vita possono fare il progetto di Dio per noi e possono anche essere utili per nuovi inizi nella nostra vita ».

E poco oltre ha aggiunto:

« So che Malta ama Cristo e ama la sua Chiesa che è il suo Corpo e sa che, anche se questo Corpo è ferito dai nostri peccati, il Signore tuttavia ama questa Chiesa, e il suo Vangelo è la vera forza che purifica e guarisce ».

*

La seconda volta è stata domenica pomeriggio, col discorso ai giovani sul molo del porto della Valletta.

Ha detto il papa, in questo discorso:

« San Paolo, da giovane, ha avuto un’esperienza che lo ha cambiato per sempre. Come sapete, un tempo egli era nemico della Chiesa ed ha fatto di tutto per distruggerla. Mentre era in viaggio verso Damasco, con l’intento di eliminare ogni cristiano che vi avesse trovato, gli apparve il Signore in visione. Una luce accecante brillò attorno a lui ed egli udì una voce dirgli: ‘Perché mi perseguiti? Io sono Gesù, che tu perseguiti’ (Atti 9, 4-5). Paolo venne completamente sopraffatto da questo incontro con il Signore e tutta la sua vita venne trasformata. Divenne un discepolo fino ad essere un grande apostolo e missionario. [...]

« Ogni incontro personale con Gesù è un’esperienza travolgente d’amore. Dapprima, come Paolo stesso ammette, aveva ‘perseguitato ferocemente la Chiesa di Dio e cercato di distruggerla’ (cfr. Galati 1, 13). Ma l’odio e la rabbia espresse in quelle parole furono completamente spazzate via dalla potenza dell’amore di Cristo. Per il resto della sua vita, Paolo ha avuto l’ardente desiderio di portare l’annuncio di questo amore fino ai confini della terra.

« Forse qualcuno di voi mi dirà che San Paolo è stato spesso severo nei suoi scritti. Come posso affermare che egli ha diffuso un messaggio d’amore?

« La mia risposta è questa. Dio ama ognuno di noi con una profondità e intensità che non possiamo neppure immaginare. Egli ci conosce intimamente, conosce ogni nostra capacità ed ogni nostro errore. Poiché egli ci ama così tanto, egli desidera purificarci dai nostri errori e rafforzare le nostre virtù così che possiamo avere vita in abbondanza. Quando ci richiama perché qualche cosa nelle nostre vite dispiace a lui, non ci rifiuta, ma ci chiede di cambiare e divenire più perfetti. Questo è quanto ha chiesto a San Paolo sulla via di Damasco. Dio non rifiuta nessuno. E la Chiesa non rifiuta nessuno. Tuttavia, nel suo grande amore, Dio sfida ciascuno di noi a cambiare e diventare più perfetti.

« San Giovanni ci dice che questo amore perfetto scaccia il timore (cfr. 1 Giovanni 4, 18). E perciò dico a tutti voi ‘Non abbiate paura!’. Quante volte ascoltiamo queste parole nelle Scritture! Sono state indirizzate dall’angelo a Maria nell’Annunciazione, da Gesù a Pietro, quando lo ha chiamato ad essere un discepolo, e dall’angelo a Paolo la vigilia del suo naufragio. A quanti di voi desiderano seguire Cristo, come coppie sposate, genitori, sacerdoti, religiosi e fedeli laici che portano il messaggio del Vangelo al mondo, dico: non abbiate paura! Certamente incontrerete opposizione al messaggio del Vangelo. La cultura odierna, come ogni cultura, promuove idee e valori che sono talvolta in contrasto con quelle vissute e predicate da nostro Signore Gesù Cristo. Spesso sono presentate con un grande potere persuasivo, rinforzato dai media e dalla pressione sociale da gruppi ostili alla fede cristiana. È facile, quando si è giovani e impressionabili, essere influenzati dai coetanei ad accettare idee e valori che sappiamo non sono ciò che il Signore davvero vuole da noi. Ecco perché dico a voi: non abbiate paura, ma rallegratevi del suo amore per voi; fidatevi di lui, rispondete al suo invito ad essere discepoli, trovate nutrimento e aiuto spirituale nei sacramenti della Chiesa.

« Qui a Malta vivete in una società che è segnata dalla fede e dai valori cristiani. Dovreste essere orgogliosi che il vostro Paese difenda sia il bambino non ancora nato, come pure promuova la stabilità della vita di famiglia dicendo no all’aborto e al divorzio. Vi esorto a mantenere questa coraggiosa testimonianza alla santità della vita e alla centralità del matrimonio e della vita famigliare per una società sana. A Malta e a Gozo le famiglie sanno come valorizzare e prendersi cura dei loro membri anziani ed infermi, ed accolgono i bambini come doni di Dio. Altre nazioni possono imparare dal vostro esempio cristiano. Nel contesto della società europea, i valori evangelici ancora una volta stanno diventando una contro-cultura, proprio come lo erano al tempo di San Paolo.

« In quest’Anno Sacerdotale, vi chiedo di essere aperti alla possibilità che il Signore possa chiamare alcuni di voi a darsi totalmente al servizio del suo popolo nel sacerdozio e nella vita consacrata. Il vostro paese ha dato molti eccellenti sacerdoti e religiosi alla chiesa. Siate ispirati dal loro esempio e riconoscete la profonda gioia che proviene nel dedicare la propria vita all’annuncio del messaggio dell’amore di Dio per tutti, senza eccezione ».

*

Naufragio e ferite, odio e volontà di distruggere… Ma per papa Benedetto davvero tutto è grazia e promessa di guarigione, « anche gli attacchi del mondo ai nostri peccati ».

Possono essere la mano di Dio che « desidera purificarci dai nostri errori e rafforzare le nostre virtù, così che possiamo avere vita in abbondanza« .

buona notte

buona notte dans Bibbia: commenti alla Scrittura trifolium_repens_4fb

White Clover -Dutch Clover

http://www.floralimages.co.uk/index2.htm

Apparizione di Gesù sul lago di Tiberiade

Apparizione di Gesù sul lago di Tiberiade dans immagini sacre pietr04

http://www.christusrex.org/www2/art/simone.htm

Publié dans:immagini sacre |on 17 avril, 2010 |Pas de commentaires »
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