Joh-20,19_Vision_Doubt_Apparition_Doute

dal sito:
http://www.sangiuseppe-capanne.it/notizie/2007/04/23/258_tempo-di-pasqua
Tempo di Pasqua
“I 50 giorni dalla domenica di Resurrezione alla domenica di Pentecoste sono celebrati nella letizia e nell’esultanza come un solo giorno di festa, anzi come una GRANDE domenica” (Norme generali sull’anno liturgico e sul calendario – n.° 22).
Fin dai primi secoli la Chiesa ha sentito il bisogno di “organizzare” un tempo liturgico che aiutasse i cristiani ad approfondire l’evento centrale della loro fede, ovvero il Mistero della Pasqua. E’ noto che già a partire dal III secolo, la festa annuale della Pasqua divenne una “cinquantina gioiosa” (Tertulliano parla di Laetissimum Spatium), una grande domenica che durava 7 settimane, durante le quali si commemoravano insieme la Resurrezione del Crocifisso, la sua dipartita e il dono dello Spirito Santo. Questi giorni erano vissuti in un clima di grande esultanza, manifestato anche negli atteggiamenti assunti durante la preghiera Liturgica: “secondo la tradizione ricevuta nel giorno della Resurrezione del Signore, noi ci asteniamo dal metterci in ginocchio, e anche dal lasciare che le preoccupazioni dominino il nostro spirito e le nostre attività. Noi rimandiamo anche gli affari per non dare spazio al demonio. Lo stesso facciamo durante il tempo di Pentercoste (= cinquantina) la cui celebrazione comporta il medesimo carattere di letizia” (Tertulliano: De Oratione 23).
Ancora oggi i 50 giorni che uniscono la domenica di Resurrezione a quella di Pentecoste, che noi chiamiamo Tempo Pasquale, costituiscono un itinerario spirituale di necessario approfondimento del Mistero Pasquale vero e proprio archetipo della vita della Chiesa e dell’esistenza cristiana.
Durante i 50 giorni infatti “la comunità, insieme con i nuovi battezzati, prosegue il suo cammino nella meditazione del Vangelo, nella partecipazione all’Eucarestia e nell’esercizio della Carità, cogliendo sempre meglio la profondità del Mistero PAsquale e traducendolo sempre più nella pratica della vita” (Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti – n.° 37).
In altri termini, tutta la comunità cristiana è invitata a vivere il Tempo di Pasqua come un intenso periodo di allenamento alla vita cristiana attraverso l’esperienza sacramentale ed ecclesiale. Chi l’ha detto dunque che i “tempi” particolari sono solo l’Avvento e la Quaresima?! Dunque per noi cristiani, se la Quaresima celebra il Mistero Pasquale nella sua dimensione di morte al peccato, il Tempo Pasquale celebra dello stesso mistero, l’aspetto della vita in Cristo: risorti con Lui camminiamo in novità di vita.
Il Tempo di Pasqua sottolinea 4 aspetti importanti:
E’ Tempo di Cristo: è Lui la nostra Pasqua, ed è Lui il Vero Agnello in cui si compiono le antiche prefigurazioni.
E’ Tempo dello Spirito (Gv 20, 19-23): Cristo è risorto per opera dello Spirito Santo ed è Egli stesso sorgente dello Spirito. Attraverso questo dono possiamo partecipare realmente alla vita nuova del Risorto nella Chiesa. “Dove c’è lo Spirito di Dio, là c’è la Chiesa” (S. Ireneo).
E’ Tempo della Chiesa: tutto il Mistero della Chiesa trae origine e forza dal Mistero salvifico Pasquale e progredisce sotto l’azione dello Spirito di Pentecoste.
E’ Tempo Escatologico: la Pasqua che celebriamo è anticipazione della vita nuova e attesa del suo compimento nella Pasqua celeste.
Il Tempo di Pasqua è dunque:
partecipazione piena alla vita nuova del Signore Risorto;
richiamo forte ad una autentica testimonianza di vita;
conferma della Speranza di vittoria sulla Morte;
accoglienza gioiosa della sollecitazione dello Santo;
invito a vivere nella libertà dei figli di Dio;
richiamo a portare agli altri la gioia della Resurrezione.
Con questi atteggiamenti andiamo incontro al giorno di Pentecoste, giorno della nascita della Chiesa
dal sito:
http://www.vescovoriboldi.it/Omelie/2007/apr/150407.htm
Omelia del giorno 15 Aprile 2007
Seconda Domenica di Pasqua (Anno C)
Abbiamo visto il Signore
Quello che colpisce tutti, credo, è il pessimismo dilagante, che si nota nelle parole e sul volto di troppi, anche tra noi cristiani, come se Cristo, nostra Gioia e Speranza, non fosse mai risorto, ma fosse rimasto sempre là, immobile e senza vita, nel sepolcro.
E vicino al pessimismo si respira tanta paura, di cui non si sa nemmeno spiegare le ragioni.
Una paura che mette addosso tanta, ma tanta, insicurezza in quanto facciamo e viviamo.
Pare che tutte le speranze che, nel tempo, ci eravamo costruite, lentamente si sciolgano come neve al sole. Ed abbiamo ragione, perché di nulla possiamo essere certi qui sulla terra.
Successe lo stesso agli apostoli, dopo la crocifissione del Maestro, che era la sola loro speranza. Scelti, lo avevano seguito senza opporre resistenza e senza neppure sapere, all’inizio, a cosa erano destinati: essere apostoli, ossia quelli che dopo la Pasqua, avrebbero avuto il meraviglioso ed impegnativo compito di dare al mondo la vera speranza, che è Cristo Risorto, vera Luce del mondo. E la daranno, con la passione che sa infondere lo Spirito Santo a quelli che Lo accolgono e Lo seguono.
Ma, subito dopo la crocifissione, gli apostoli, ancora ‘poveri uomini’, anche se fedeli al Maestro, erano stati presi dalla paura e si erano nascosti, delusi, anche se, forse, con nel cuore un’ansia, ‘un sentire che non poteva finire tutto così’. Gesù non era e non è uno che ti lascia per strada, abbandonandoti al tuo destino. Se ti chiama e tu lo segui, Lui non ti lascia mai. In chi davvero Lo segue, a volte pare che scompaia, dandoti l’impressione di avere riposto il tuo amore nel ‘nulla’. Ma se c’è una meraviglia, che è dono di Dio stesso ed è la sua stessa natura, è proprio l’amore. E l’amore negli apostoli era davvero grande. Gesù lo aveva coltivato per tre anni, sapendo di deporlo in cuori generosi.
Come capita a tutti quelli, come noi, che seguono Gesù: a volte rimaniamo come sorpresi dalla Sua apparente assenza nelle nostre difficoltà, che sono il buio della vita.
Ed è tanto, oggi, il ‘buio’, ma, diceva il Santo Padre, tempo fa: “E’ più utile in questi casi, accendere un cerino, che maledire il buio”.
A farci entrare nel mondo della speranza, che sa superare i momenti di buio, ci viene incontro il Vangelo di oggi: “La sera dello stesso giorno – racconta l’evangelista Giovanni – il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Detto questo mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono nel vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri apostoli: Abbiamo visto il Signore! Ma egli disse loro: Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò.
Otto giorni dopo (come oggi), i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Poi disse a Tommaso: Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani: stendi la tua mano e mettila nel mio costato, e non essere più incredulo, ma credente! Rispose Tommaso: Mio Signore e mio Dio! Gesù rispose: Perché mi hai visto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto, crederanno” (Gv 20, 19-31).
Possiamo facilmente immaginare lo stupore di vedersi di fronte Colui che amavano tanto e di cui avevano accolto l’invito a seguirLo, quando erano stati scelti e chiamati…senza nemmeno sapere ancora Chi fosse veramente e, soprattutto, ‘dove’ li avrebbe portati, cosa avrebbe riservato per loro e a che cosa li avrebbe destinati!
VederseLo lì davanti, Glorioso, Lui, che credevano sepolto per sempre, come tocca a noi uomini, certamente deve averli sconvolti: “Pace a voi!”
Quell’irrompere improvvisamente nella loro vita, Risorto, ha ‘cambiato’ la loro esistenza! Niente era più come prima! Gesù li portava in ‘un altro mondo’, dove la morte non ha più posto: c’è posto solo per la Gioia, la Vita.
Viene da chiederci se anche per noi la Pasqua, cioè l’inaspettato e atteso Dio che riappare nella nostra vita per dirci: “Pace a voi!”, è sorpresa e gioia.
“Non pochi cristiani – affermava Paolo VI – hanno della religione concetti imprecisi: forse pensano della fede ciò che decisamente non è, ossia offesa al pensiero, catena al progresso, umiliazione dell’uomo, tristezza della vita. Della luce pasquale noi vogliamo cogliere un raggio per tutti (come fu per gli Apostoli): per tutti quelli che lo vogliono ricevere, come dono, come segno almeno della nostra dilezione. Cristo risorto è il raggio primo della Pasqua, cioè della vita risorta in Cristo e in noi che vogliano essere cristiani. Ed è la Gioia. Il cristianesimo è gioia. La fede è gioia. La Grazia è gioia. Ricordate questo, o uomini, o amici, Cristo è la vera Gioia del mondo. La vita cristiana, sì, è austera, conosce la rinuncia e il dolore, fa proprio il sacrificio, accetta la croce, e quando occorre affronta la sofferenza. Ma nella sua espressione è sempre ‘beatitudine’: Gioia” (28 marzo 1964).
Ma… c’è sempre un ‘ma’, che oscura la nostra fede che cerca, quando le cerca, certezze che non appartengono a Dio, ma al nostro modo di cercare qui.
Occorre cercare secondo lo stile di Dio che si presenta, attraversando le ‘pareti’ della nostra debolezza, e si manifesta dicendoci: ‘Pace a voi!’.
È quella esperienza di fede che accompagna la vita dei santi, di coloro che davvero ‘sono’ cristiani, più che ‘dirsi’ cristiani.
Dio conosce la nostra innata debolezza a riconoscerLo… come fu per Tommaso, che voleva ‘segni chiari’: “Se non metto il dito nelle sue mani, la mano nel suo costato, non credo!”. Appartiene proprio alla nostra natura umana questa debolezza e Dio la conosce bene. E allora Lui fa il primo passo verso di noi. Sempre che in noi, come negli Apostoli, ci sia almeno una ricerca, una voglia di seguirLo, un vago desiderio di vederLo e quindi di stare con Lui.
Viviamo un tempo di tale consumismo, che lascia poco posto al desiderio del divino… come se fossimo ben ‘sepolti’ alla gioia, preferendo il buio delle creature senza vita, quando non sono il veleno della vita e della gioia!
Una mamma mi confidava, un giorno, il suo immenso dolore: “Ho due figli che ho cresciuto nella fede, quella vera. Sembrava che avessero trovato la vera via della vita in Cristo, nella Chiesa. Eravamo felici, come ‘pasque’. Poi il mondo li ha come inghiottiti e sembra dia fastidio anche solo essere cristiani. Come se tra loro e Dio fosse sceso un muro insuperabile. Non interessa più la gioia del Risorto: cercano disperatamente la gioia in altro, che nulla ha di Dio. A volte, a sera, nei momenti di silenzio, senza che loro si accorgano, guardando i loro occhi, vedo come una tristezza da ‘sepolti alla gioia’. Come vorrei che quella pietra, che li tiene sepolti, fosse rimossa e così tornassero a godere della vera gioia che è Cristo!”.
Certamente non è cosa da poco saper accogliere Cristo, che cerca in tutti i modi di ‘apparire a noi’. A volte, Lo fa, straordinariamente, con coloro, tanti, che, come Tommaso, sono convinti di non riuscire a ritrovare la Sua strada: Lo credono ‘sepolto’! Ma Lui li sorprende…viene, toglie la pericolosa ‘nube’ che lo nascondeva, come non ci fosse, Lo ‘vedono’… Lui c’è! Ne conosco tanti.
Ma è altrettanto miracoloso e vero quello che Gesù afferma, contraddicendo la posizione di Tommaso: ‘Se non vedo, non credo!’.
“Tommaso tu hai creduto perché hai visto: beati quelli che pur non avendo visto, crederanno!”.
E tutti questi ‘beati’ sanno molto bene che nella Resurrezione di Gesù, non c’è solo una conferma della loro fede, ma vi è qualcosa di infinitamente più grande: l’aver ritrovato ‘la vera Via, Verità e Vita’. Quella Via che non porta ad una negazione del domani, che è la nostra resurrezione con Cristo, ma dà senso di futuro anche al presente! Vivere è così avere un piede su questa esperienza terrena ed un piede nell’eternità. E vivere con gli occhi fissi al Paradiso, credetemi, è il motivo della Gioia che è in tanti, che sono con noi e tra di noi. È quello che prego per tutti voi, miei amici, sempre.
Antonio Riboldi – Vescovo
dal sito:
http://www.clerus.org/bibliaclerusonline/IT/fro.htm#r
L’unità della Chiesa
Il Signore dice a Pietro: « Io ti dico: tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli ciò che tu legherai sulla terra, sarà legato anche in cielo, e ciò che tu scioglierai sulla terra, sarà sciolto anche in cielo » (Mt 16,18s). Su uno solo egli edifica la Chiesa, quantunque a tutti gli apostoli, dopo la sua Risurrezione, abbia donato uguali poteri dicendo: « Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo! A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, e a chi li riterrete, saranno ritenuti » (Jn 20,21-23). Tuttavia, per manifestare l’unità, costituì una cattedra sola, e dispose con la sua parola autoritativa che il principio di questa unità derivasse da uno solo. Quello che era Pietro, certo, lo erano anche gli altri apostoli: egualmente partecipi all’onore e al potere; ma l’esordio procede dall’unità, affinché la fede di Cristo si dimostri unica. E a quest’unica Chiesa di Cristo allude lo Spirito Santo nel Cantico dei Cantici quando, nella persona del Signore, dice: « Unica è la colomba mia, la perfetta mia, unica di sua madre, la prediletta della sua genitrice » (Ct 6,9). Chi non conserva quest’unità della Chiesa, crede forse di conservare la fede? Chi si oppone e resiste alla Chiesa, confida forse di essere nella Chiesa? Eppure è anche il beato apostolo Paolo che lo insegna, e svela il sacro mistero dell’unità dicendo: « Un solo corpo e un solo spirito, una sola speranza della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio » (Ep 4,4-6).
Quest’unità dobbiamo conservare salda e difendere soprattutto noi, vescovi, che nella Chiesa presidiamo, dimostrando così che lo stesso nostro episcopato è unico e indiviso. Nessuno inganni i fratelli con la menzogna, nessuno corrompa la loro fede nella verità con perfida prevaricazione! L’episcopato è unico, e i singoli ne possiedono ciascuno una parte, ma «in solido». Anche la Chiesa è unica, e si propaga in una moltitudine vastissima per la sua feconda prolificità, proprio come i raggi del sole sono molti, ma lo splendore è unico, i rami degli alberi sono molti, ma unico è il tronco saldamente attaccato alla radice, e come dalla sorgente unica defluiscono molti ruscelli e quantunque sembri che una numerosa copia di acqua largamente si diffonda tuttavia essa conserva alla sua origine l’unità. Dalla massa dei sole togli un raggio: l’unità della luce non ammette divisione; dall’albero stacca un ramo: il ramo non potrà più germogliare; dalla fonte isola un ruscello: questo subito seccherà.
Così, anche la Chiesa del Signore diffonde luce per tutta la terra, dappertutto fa giungere i suoi raggi; tuttavia unico è lo splendore che dappertutto essa diffonde, né si scinde l’unità del corpo. Estende i suoi rami frondosi per tutta la terra riversa in ogni direzione le sue acque in piena, ma unico è il principio unica è l’origine, unica è la madre ricca di frutti e feconda. Dal suo grembo nasciamo, dal suo latte siamo nutriti, dal suo Spirito siamo vivificati.
Cipriano di Cartagine, De Eccl. unitate, 4-5
dal sito:
http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100410
Sabato fra l’Ottava di Pasqua : Mc 16,9-15
Meditazione del giorno
Giovanni Paolo II
Novo millennio ineunte, 29
« Il Signore Gesù fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro » (Mc 16,19-20)
Ripartire da Cristo : « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28, 20). Questa certezza, carissimi Fratelli e Sorelle, ha accompagnato la Chiesa per due millenni, ed è stata ora ravvivata nei nostri cuori dalla celebrazione del Giubileo. Da essa dobbiamo attingere un rinnovato slancio nella vita cristiana, facendone anzi la forza ispiratrice del nostro cammino. È nella consapevolezza di questa presenza tra noi del Risorto che ci poniamo oggi la domanda rivolta a Pietro a Gerusalemme, subito dopo il suo discorso di Pentecoste: « Che cosa dobbiamo fare? » (At 2, 37).
Ci interroghiamo con fiducioso ottimismo, pur senza sottovalutare i problemi. Non ci seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde : « Io sono con voi ! »
Non si tratta, allora, di inventare un « nuovo programma ». Il programma c’è già : è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste… È necessario tuttavia che esso si traduca in orientamenti pastorali adatti alle condizioni di ciascuna comunità… È nelle Chiese locali che si possono stabilire quei tratti programmatici concreti … che consentono all’annuncio di Cristo di raggiungere le persone, plasmare le comunità, incidere in profondità mediante la testimonianza dei valori evangelici nella società e nella cultura… È dunque un’entusiasmante opera di ripresa pastorale che ci attende. Un’opera che ci coinvolge tutti.