Vangelo di oggi: Gv 20,11-18
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dal sito:
http://www.stpauls.it/madre/1004md/1004md12.htm
di SERGIO GASPARI, smm
La Vergine nei « 50 giorni » di Pasqua
Ed «è auspicabile che la liturgia propria di questo tempo sviluppi cultualmente il rapporto esistente tra lo Spirito, la Chiesa e la Madre di Dio».
Padre R. Falsini nel 2002 scriveva: ritengo «ingiustificata e negativa… l’approvazione dei mesi mariani in particolare quello di maggio che coincide con il tempo pasquale, che è il primo tempo da valorizzare».
S. Marsili nel 1972 aveva rilevato: le devozioni, pur essendo utili, non sono necessarie, anzi tendono a sostituirsi alla liturgia che è necessaria. Il documento Fate quello che vi dirà. Riflessioni e proposte per la promozione della pietà mariana del Capitolo generale dell’Ordine dei Servi di Maria, Leumann (Torino) 1984, sapientemente univa il mistero della Pasqua con la pietà mariana: «Nel tempo pasquale la pietà mariana non deve essere occasione, neanche indiretta, per distogliere l’attenzione dei fedeli da questi misteri salvifici. Deve, semmai, mostrare la potenza della Pasqua di Cristo e il dono dello Spirito operanti in Maria. D’altra parte è auspicabile che la liturgia pasquale, sul filo conduttore del dato biblico (cf At 1,14), sviluppi cultualmente il rapporto arcano esistente tra lo Spirito, la Chiesa e Maria» (n. 56).
Ignoto, Risurrezione di Gesù, miniatura del sec. XIV, Biblioteca antoniana, Padova (foto Bertotti).
Il Vaticano II contempla la Vergine nella liturgia: «Nella celebrazione del ciclo annuale dei misteri di Cristo, la santa Chiesa venera con particolare amore Maria SS.ma madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera della salvezza del Figlio suo» (Sacrosanctum Concilium = SC 103; cf Lumen gentium = LG 53, 57).
Seguendo il magistero della Chiesa e con riferimenti ai testi liturgici, noi intendiamo vedere Maria nei « 50 giorni » di Pasqua e non già nei pii esercizi pasquali. In Praenotanda alla Collectio Missarum de BMV leggiamo: «La Chiesa celebra in primo luogo l’opera di Dio nel mistero pasquale di Cristo, e in esso trova la Madre intimamente congiunta con il Figlio: nella passione del Figlio, infatti, la beata Vergine « soffrì profondamente con il suo Unigenito e si associò con animo materno al sacrificio di lui, consentendo amorosamente all’immolazione della vittima da lei generata » (LG 58); nella sua risurrezione fu ricolma di gioia ineffabile; dopo la sua ascensione al cielo, unita in preghiera con gli Apostoli ed i primi discepoli nel Cenacolo, implorò « il dono dello Spirito, che l’aveva già adombrata nell’annunciazione »» (n. 10).
Scuola robbiana, La passione, « Gerusalemme di san Vivaldo » (1500-1600), Montaione (Firenze).
1 La Madre della nuova famiglia dei credenti. La Chiesa fa memoria della Madre del Risorto: «Durante il « sacramento pasquale racchiuso nei cinquanta giorni » o « grande domenica », la liturgia romana ricorda anche la Madre di Cristo, che esulta per la risurrezione del Figlio, o che insieme agli Apostoli persevera in preghiera e attende con piena fiducia il dono dello Spirito Santo (cf At 1,14)» (Cei – Comitato nazionale per l’Anno mariano, In preghiera con Maria la Madre di Gesù. Sussidio per le celebrazioni dell’Anno mariano 1987-1988, Città del Vaticano 1987 = IPCM, n. 45, pag. 81).
La Chiesa contempla la Madre al centro della Chiesa nascente: «La gioia ecclesiale per la risurrezione di Cristo e per il dono dello Spirito è come prolungamento della gioia di Maria di Nazaret, la Madre del Risorto: ella infatti, secondo il sentire della Chiesa, fu riempita di « ineffabile letizia » per la vittoria del Figlio sulla morte, e secondo gli Atti degli Apostoli, fu al centro della Chiesa nascente, in attesa del Paraclito (cf At 1,14)» (Calendario dell’Anno mariano 1987-1988 a cura del Comitato centrale per l’Anno mariano, Città del Vaticano 1987 = CAM, pag. 15). La Chiesa venera Maria madre spirituale: nel Tempo di Pasqua la Vergine «si rivela quale Madre spirituale, alla cui materna sollecitudine il Signore stesso affidò tutti i suoi discepoli (cf Gv 19,26)» (IPCM, pag. 74).
La presenza di Maria nei testi liturgici del Tempo pasquale è evidenziata dal VI formulario del Comune BVM, con due Collette: una prima e una dopo l’Ascensione; in tal caso vi è la possibilità dell’uso dei prefazi mariani III, IV e V. La Collectio prevede due Messe: Maria « nella risurrezione del Signore » (n. 15) e « fonte di luce e di vita » (n. 16). Ad esse si possono aggiungere: Maria la « donna nuova » (n. 20) e « fonte della salvezza » (n. 31). Tra le 10 Collette mariane, la settima reca il titolo: Maria « primogenita della redenzione ».
Nella Liturgia delle Ore, oltre che nel Magnificat e nel Regina caeli, la Vergine è ricordata in alcune formule di intercessione del Vespro e menzionata nell’Ufficio di Lettura: lettura di Efrem Siro (venerdì, III settimana) e del beato Isacco (venerdì, V settimana).
Anonimo, Ascensione, mosaico del sec. X, cupola della Basilica di santa Sofia,
Salonicco (l’antica Tessalonica, Grecia – foto Mariani).
2 La Madre nel Tempo pasquale.
A) Ottava di Pasqua. «La Chiesa, quando celebra i sacramenti pasquali, contempla nella Vergine il modello della sua maternità e riconosce nella Madre di Gesù l’esempio e l’aiuto per la missione evangelizzatrice, che Cristo, risorto dai morti, le ha affidato» (IPCM, n. 45, pag. 81). L’antica liturgia ispanica sottolinea la complementarità della maternità divina di Maria con quella sacramentale della Chiesa. L’Inlatio (prefazio) della « Missa de Nativitate Domini » canta che la vita portata nel grembo della Vergine continua nella vita del grembo battesimale della Chiesa: «Quella (Maria) ha dato ai popoli la salvezza, questa (Chiesa) dona i popoli al Salvatore… Nelle membra di lei fu plasmato il Cristo, nelle acque di costei fu rivestito il Cristo. Ciò che un giorno fu concesso a Maria, ora è concesso alla Chiesa» (Marialis cultus =MC 19). In questo orizzonte la Chiesa bizantina il venerdì dell’Ottava di Pasqua celebra la festa della Deìpara « fonte viva » (cf CAM 43) e in ciascun’Ora liturgica durante la settimana di Pasqua un theotòkion (inno mariano) elogia la Vergine causa della nostra gioia.
B) Ascensione. Oltre alla Colletta « dopo l’Ascensione » del VI formulario del Comune BMV, il prefazio « dopo l’Ascensione » fa memoria della Vergine nella comunità pasquale. La Liturgia delle Ore la ricorda nell’inno alle Lodi del Tempo « dopo l’Ascensione » e nell’antifona al Magnificat del venerdì della VII settimana.
Nell’Ascensione la Madre è presentata quale figura e modello della Chiesa orante. L’iconografia più antica rappresenta Dio Padre che con la propria mano attira Cristo al suo trono, ponendolo alla sua destra. Nel quadro sottostante sono raffigurati, come immagine della Chiesa, i discepoli con la « Donna » a mani alzate e plaudenti. L’arte copta nell’Ascensione riserva a Maria il posto centrale e preminente. Nell’atteggiamento dell’orante, ella appare costantemente in primo piano, tra gli Apostoli in contemplazione. Maria è « »la colonna di fuoco »’ che illumina la via dei credenti».
Anonimo, Lo Spirito Santo, rosone centrale della Cattedrale di Uppsala (Svezia), la cui costruzione inizia nel 1287
(foto Lores Riva).
C) Pentecoste. Unita in preghiera con gli Apostoli e i primi discepoli nel Cenacolo, dopo l’Ascensione Maria implorò lo Spirito che l’aveva già adombrata nell’Annunciazione (cf LG 59; MC 11, 18, 26, 28). La Pentecoste è il 50° giorno di Pasqua: nel primo giorno è divinizzato Cristo capo, nel 50° è divinizzato Cristo nel suo corpo. Maria vi è presente come colei che intercede per la piena pasqualizzazione del corpo redento del Figlio. Per questo la lettera circolare della Congregazione per il Culto divino, Preparazione e celebrazione delle feste pasquali (1988), chiede che «sia favorita la celebrazione protratta della Messa della vigilia, come momento di intensa preghiera sull’esempio degli Apostoli e dei discepoli con Maria, madre del Signore, nell’attesa dello Spirito Santo» (n. 107).
La Collectio, che prevede due formulari, contempla la Madre orante con la Chiesa nascente: « Vergine del Cenacolo » (n. 17) e « Regina degli Apostoli » (n. 18).
Una delle 10 Collette presenta Maria « orante nel Cenacolo » (n. 8).
Sergio Gaspari
dal sito:
http://www.tradizione.oodegr.com/tradizione_index/commentilit/ilcristoerisortopopovic.htm
IL CRISTO È RISORTO!
Arch. Justin Popovic
In verità è risorto! E ci ha portato tutte le eterne verità. Verità sull’uomo, su Dio, sul mondo, sulla vita, sull’amore, sulla giustizia, sul peccato, sulla morte, sul paradiso, sull’inferno, sulla vittoria contro la morte, contro il peccato, contro il demonio. Egli ci ha rivelato verità eterne sul tempo, sull’eternità, sul Salvatore, sulla salvezza, in generale su tutto ciò che è necessario all’essere umano per la vita eterna nei mondi di Dio visibili ed invisibili.
Ma tutte queste verità si uniscono in una Verità complessiva, la Resurrezione del Signore Gesù Cristo, poiché essa è la vittoria sul peccato, sulla morte e sul demonio ed in tal modo l’assicurazione all’uomo della vita eterna. Così la Resurrezione del Signore comprende in sé in realtà l’intera salvezza e tutta intera la vita di ogni Cristiano. Ed essa è Resurrezione in quanto è nello stesso tempo vittoria sulla morte, sul peccato e sul demonio. Da essa sola è compiuto tutto e tutto è mostrato e tutto è dato. In essa è tutto l’Evangelo. La Resurrezione significa la salvezza; l’Evangelo della Resurrezione è l’Evangelo della Salvezza. È questa la ragione per cui l’Apostolo Paolo, da Dio ispirato, riduce tutto l’Evangelo alla Resurrezione e tutta l’opera divino-umana della salvezza all’avvenimento concreto della Resurrezione. Si capisce, la Resurrezione naturalmente è preceduta dalla Croce, dalla crocifissione, dall’agonia e dalla morte. È questo ciò che il santo Apostolo accetta come Evangelo e trasmette come tale. Forse che in questo Evangelo non tutto proviene dal Dio-Uomo per l’uomo? Ma non deriva dall’uomo. Perciò in esso nulla deve essere mutato, né aggiunto. Infatti tutto ciò che era necessario che vi entrasse, vi entrò: tutto il Dio-Uomo e tutte le sue indicibili perfezioni.
Tutto l’Evangelo è presente nella Resurrezione del Cristo, nel Dio-Uomo risorto. Poiché essa è una realtà, ne consegue che la salvezza è assicurata a tutti gli uomini, ad ogni uomo in particolare, la salvezza dal peccato, dalla morte e dal demonio. Questa realtà è testimoniata, veduta, toccata, constatata? Sì, poiché nella storia del genere umano nulla è così seriamente constatato come la Resurrezione del Dio-Uomo Gesù Cristo e nulla è con tanta evidenza dimostrato, e testimoniato con tanta autorità. È una realtà che si trasmette ininterrottamente da generazione in generazione, da un secolo all’altro come una vita vivente e come una potenza che è fonte di vita, che si versa dall’Uomo-Dio risorto ed attraverso i Santi Apostoli ed i Santi Padri si riversa ampiamente e profondamente su tutti i Cristiani da un secolo all’altro, da una generazione all’altra sino al giudizio finale. Questa realtà è una vita ininterrotta, la vita stessa di tutti i Cristiani, a cominciare dai Santi Apostoli sino a noi e da noi sino a quelli che vivranno per ultimi nel giorno della comune resurrezione dei morti. È una realtà che incessantemente è vissuta dai Cristiani come sostanza e contenuto della loro vita e del loro essere. Giacché tutto ciò che è Cristiano si fonda sul Dio-Uomo risorto. Il Cristiano infatti rivolge le preghiere al Risorto e perciò eterno Dio-Uomo; la sua fede è tale nel Cristo risorto; la sua speranza è nel Cristo risorto e perciò nel Dio-Uomo eternamente vivo; il suo amore, il suo digiuno, la sua mitezza e umiltà e tutte le altre sue virtù provengono dal Dio-Uomo risorto. E tutti i sacramenti, tutte le grazie divine e tutta la vita in questo e nell’altro mondo, tutto deriva dal Dio-Uomo risorto ed eternamente vivo, a causa sua e per opera sua.
Infatti, se egli non fosse risorto, l’Evangelo sarebbe lettera morta, una lettera sulla carta. Se egli non fosse risorto, non ci sarebbe il Cristianesimo; al posto suo ci sarebbe una dottrina filosofica, simile a quella di Socrate, Platone, Kant e Bergson. Solo Egli, eternamente vivo, poiché è il Signore Gesù Cristo risorto, dà le forze ed il Cristianesimo è vita, vita e fede, vita ed amore, vita e preghiera, vita ed immortalità, vita e vita eterna. Egli solo, eternamente vivo, ispira i martiri al martirio per lui, gli asceti all’ascesi, gli apostoli all’apostolato, i confessori alla confessione, i folli in Cristo alla loro follia, i misericordiosi alla misericordia, i digiunatori al digiuno, i continenti alla continenza, coloro che amano all’amore; tutti i Cristiani di tutti i tempi alle varie forme di ascesi, in cui consiste la vita secondo il suo Evangelo della salvezza. Queste e così grandi realtà, queste e così grandi vite, queste e così grandi testimoni dimostrano che in verità nulla e nessuno nella storia del mondo è tanto universalmente ed in modo convincente testimoniato come il Dio-Uomo risorto, il Signore Gesù Cristo e la sua Resurrezione. Questa testimonianza comincia con i primi santi amati dalla Grazia: i Santi Apostoli. Essi sono i testimoni oculari, coloro che sono vissuti assieme al Dio-Uomo risorto e con lui hanno parlato. E tutto ciò che essi sono e le loro opere non sono altro che testimonianze del Dio-Uomo risorto. Il loro apostolato non è altro che un’incessante testimonianza del Dio-Uomo risorto. Da tutta la loro opera sgorga e risplende questa forza, che abbraccia tutta la vita, immortale, vittoriosa su tutto, del risorto ed eternamente vivo Dio-Uomo, il Signore Gesù. Solo la continua comunione con il Signore risorto dava quelle forze divine miracolose ai semplici pescatori della Galilea, ed essi hanno conquistato il mondo con l’amore e la fede, senza la spada e la lancia, ma versando il loro sangue per il risorto Dio-Uomo, per la visione di Lui, per la fede in Lui e per l’amore nei suoi confronti.
Perciò con tutta l’anima, con tutto il nostro essere gridiamo pienamente gioiosi a tutti gli esseri in tutti i mondi:
IL CRISTO È RISORTO – IN VERITÀ È RISORTO!
dal sito:
http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100406
Martedì fra l’Ottava di Pasqua : Jn 20,11-18
Meditazione del giorno
San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa
Omelie sui vangeli, 25 ; PL 76, 1188-1196
Ti chiama per nome
« Se l’hai portato via tu … » Come se Maria avesse già detto il motivo delle sue lacrime, parla di « lui », senza nemmeno aver pronunciato il suo nome. Tale è il segno dell’amore : sempre fissi in colui che si ama, si crede che tutti gli altri ne siano ugualmente occupati… Maria non immagina che si possa ignorare l’oggetto del suo immenso dolore.
Gesù le disse : « Maria ! » Dopo averla chiamata con l’appellativo generico di donna, senza essere riconosciuto, la chiama per nome ; come se volesse dire : « Riconosci colui dal quale sei riconosciuta ». Dio diceva lo stesso a Mosè, l’uomo perfetto : « Ti ho conosciuto per nome » (Es 33, 12). « Uomo » è il nome comune a tutti, invece, « Mosè » è il nome proprio, e il Signore gli dice chiaramente che lo conosce con il suo nome, e sembra dichiarargli : « Io ti conosco non come si conosce una persona qualunque, ma in modo del tutto speciale ».
Maria dunque, chiamata per nome, riconosce il suo creatore e subito grida : « Rabbunì », cioè Maestro : era lui che lei cercava all’esterno, ed era ancora lui che la guidava interiormente nella ricerca… « Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli : ‘Ho visto il Signore’ e anche ciò che le aveva detto ». In questo momento il peccato degli uomini abbandona il cuore da cui era entrato. Poiché nel Paradiso, è stata una donna a tendere all’uomo il frutto della morte ; al sepolcro, è nuovamente una donna, ad annunciare la vita agli uomini e a riportare le parole di colui che dà la vita.