Archive pour mars, 2010

Mat-26,26_The last supper_La Cene » (vangelo di oggi: Mt 26, 14-25)

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Publié dans:immagini sacre |on 31 mars, 2010 |Pas de commentaires »

Benedetto XVI: “il Triduo pasquale, fulcro dell’intero anno liturgico”

dal sito:

http://www.zenit.org/article-21948?l=italian

Benedetto XVI: “il Triduo pasquale, fulcro dell’intero anno liturgico”

Catechesi per l’Udienza generale del mercoledì

ROMA, martedì, 30 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato mercoledì da Benedetto XVI in occasione dell’Udienza generale in piazza San Pietro, dove ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la sua meditazione sul significato del Triduo Pasquale, culmine dell’itinerario quaresimale.

* * *

Cari Fratelli e Sorelle,

stiamo vivendo i giorni santi che ci invitano a meditare gli eventi centrali della nostra Redenzione, il nucleo essenziale della nostra fede. Domani inizia il Triduo pasquale, fulcro dell’intero anno liturgico, nel quale siamo chiamati al silenzio e alla preghiera per contemplare il mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore.

Nelle omelie i Padri fanno spesso riferimento a questi giorni che, come osserva Sant’Atanasio in una delle sue Lettere Pasquali, ci introducono «in quel tempo che ci fa conoscere un nuovo inizio, il giorno della Santa Pasqua, nella quale il Signore si è immolato» (Lett. 5,1-2: PG 26, 1379).

Vi esorto pertanto a vivere intensamente questi giorni affinché orientino decisamente la vita di ciascuno all’adesione generosa e convinta a Cristo, morto e risorto per noi.

La Santa Messa Crismale, preludio mattutino del Giovedì Santo, vedrà domani mattina riuniti i presbiteri con il proprio Vescovo. Nel corso di una significativa celebrazione eucaristica, che ha luogo solitamente nelle Cattedrali diocesane, verranno benedetti l’olio degli infermi, dei catecumeni e il Crisma. Inoltre, il Vescovo e i Presbiteri, rinnoveranno le promesse sacerdotali pronunciate il giorno dell’Ordinazione. Tale gesto assume quest’anno, un rilievo tutto speciale, perché collocato nell’ambito dell’Anno Sacerdotale, che ho indetto per commemorare il 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars. A tutti i Sacerdoti vorrei ripetere l’auspicio che formulavo a conclusione della Lettera di indizione: «Sull’esempio del Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Cristo e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace!».

Domani pomeriggio celebreremo il momento istitutivo dell’Eucaristia. L’apostolo Paolo, scrivendo ai Corinti, confermava i primi cristiani nella verità del mistero eucaristico, comunicando loro quanto egli stesso aveva appreso: «Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: « Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me ». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: « Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me» (1Cor 11,23-25). Queste parole manifestano con chiarezza l’intenzione di Cristo: sotto le specie del pane e del vino, Egli si rende presente in modo reale col suo corpo donato e col suo sangue versato quale sacrificio della Nuova Alleanza. Al tempo stesso, Egli costituisce gli Apostoli e i loro successori ministri di questo sacramento, che consegna alla sua Chiesa come prova suprema del suo amore.

Con suggestivo rito, ricorderemo, inoltre, il gesto di Gesù che lava i piedi agli Apostoli (cfr Gv 13,1-25). Tale atto diviene per l’evangelista la rappresentazione di tutta la vita di Gesù e rivela il suo amore sino alla fine, un amore infinito, capace di abilitare l’uomo alla comunione con Dio e di renderlo libero. Al termine della liturgia del Giovedì santo, la Chiesa ripone il Santissimo Sacramento in un luogo appositamente preparato, che sta a rappresentare la solitudine del Getsemani e l’angoscia mortale di Gesù. Davanti all’Eucarestia, i fedeli contemplano Gesù nell’ora della sua solitudine e pregano affinché cessino tutte le solitudini del mondo. Questo cammino liturgico è, altresì, invito a cercare l’incontro intimo col Signore nella preghiera, a riconoscere Gesù fra coloro che sono soli, a vegliare con lui e a saperlo proclamare luce della propria vita.

Il Venerdì Santo faremo memoria della passione e della morte del Signore. Gesù ha voluto offrire la sua vita in sacrificio per la remissione dei peccati dell’umanità, scegliendo a tal fine la morte più crudele ed umiliante: la crocifissione. Esiste una inscindibile connessione fra l’Ultima Cena e la morte di Gesù. Nella prima Gesù dona il suo Corpo e il suo Sangue, ossia la sua esistenza terrena, se stesso, anticipando la sua morte e trasformandola in un atto di amore. Così la morte che, per sua natura, è la fine, la distruzione di ogni relazione, viene da lui resa atto di comunicazione di sé, strumento di salvezza e proclamazione della vittoria dell’amore. In tal modo, Gesù diventa la chiave per comprendere l’Ultima Cena che è anticipazione della trasformazione della morte violenta in sacrificio volontario, in atto di amore che redime e salva il mondo.

Il Sabato Santo è caratterizzato da un grande silenzio. Le Chiese sono spoglie e non sono previste particolari liturgie. In questo tempo di attesa e di speranza, i credenti sono invitati alla preghiera, alla riflessione, alla conversione, anche attraverso il sacramento della riconciliazione, per poter partecipare, intimamente rinnovati, alla celebrazione della Pasqua.

Nella notte del Sabato Santo, durante la solenne Veglia Pasquale, « madre di tutte le veglie », tale silenzio sarà rotto dal canto dell’Alleluia, che annuncia la resurrezione di Cristo e proclama la vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte. La Chiesa gioirà nell’incontro con il suo Signore, entrando nel giorno della Pasqua che il Signore inaugura risorgendo dai morti.

Cari Fratelli e Sorelle, disponiamoci a vivere intensamente questo Triduo Santo ormai imminente, per essere sempre più profondamente inseriti nel Mistero di Cristo, morto e risorto per noi. Ci accompagni in questo itinerario spirituale la Vergine Santissima. Lei che seguì Gesù nella sua passione e fu presente sotto la Croce, ci introduca nel mistero pasquale, perché possiamo sperimentare la letizia e la pace del Risorto.

Con questi sentimenti, ricambio fin d’ora i più cordiali auguri di santa Pasqua a tutti voi, estendendoli alle vostre Comunità e a tutti i vostri cari.

Stati Uniti: un uomo « morto » cinque volte diventa cattolico

dal sito:

http://www.zenit.org/article-21939?l=italian

Stati Uniti: un uomo « morto » cinque volte diventa cattolico

Migliaia di persone entreranno nella Chiesa a Pasqua

WASHINGTON, martedì, 30 marzo 2010 (ZENIT.org).- Questa Pasqua, migliaia di persone si accingono a convertirsi al cattolicesimo, incluso un uomo che ha quasi perso la vita in cinque occasioni.

La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ha reso nota la storia di Jeremy Feldbusch, 30enne di Blairsville, Pennsylvania, che è tra le migliaia di persone che entreranno nella Chiesa durante la Veglia pasquale.

Feldbusch era nelle forze armate in Iraq, e il 3 aprile 2003 è stato ferito, rimanendo cieco a entrambi gli occhi e riportando traumi cerebrali.

Si pensava che morisse poco dopo o, se fosse rimasto in vita, riportasse un grave danno cerebrale. I medici gli hanno indotto il coma e hanno applicato un respiratore per sei settimane per ridurre l’infiammazione al cervello.

Hanno provato a togliere il respiratore cinque volte, ma ogni volta Feldbusch « moriva » e doveva essere rianimato. Al sesto tentativo, ha finalmente ripreso i sensi.

Il paziente, che era stato battezzato come metodista, ha chiesto al padre: « Perché Dio mi ha tolto la vista? ».

Il padre gli ha risposto con un’altra domanda: « Perché Dio ti ha salvato la vita? ».

La Conferenza Episcopale ha reso noto che attraverso il processo di riabilitazione Feldbusch « ha iniziato a pensare che le cose accadono per un motivo e ha deciso di spendere la sua vita per aiutare altri soldati feriti ».

Ha deciso di aderire alla Chiesa cattolica e verrà ricevuto in essa sabato, nel settimo anniversario della lesione che gli ha cambiato la vita in Iraq.

Il rapporto della conferenza stampa indica che migliaia di persone si uniranno a Feldbusch, con numeri particolarmente alti di nuovi cattolici soprattutto nelle regioni del sud e del sud-est degli Stati Uniti.

La Diocesi di Dallas, in Texas, si prepara a ricevere 3.000 nuovi cattolici. Di questi, 700 sono catecumeni (mai battezzati in precedenza), 2.300 sono candidati (già validamente battezzati nella fede cristiana, ma che cercano la piena comunione con la Chiesa).

Sempre in Texas, l’Arcidiocesi di San Antonio informa che 1.112 persone entreranno nella Chiesa. Un buon numero è costituito da giovani, e ci sono 214 bambini catecumeni e 124 bambini candidati.

La Diocesi di Forth Worth, nello stesso Stato, accoglierà più o meno lo stesso numero di nuovi cattolici.

L’Arcidiocesi di Atlanta (Georgia) si prepara ad accogliere 1.800 nuovi membri della Chiesa, il numero più alto che si ricordi nella regione, informa il dossier.

Sulla Costa occidentale, l’Arcidiocesi di Los Angeles (California), la più grande di tutto il Paese, riceverà 2.400 nuovi membri.

A Seattle (Stato di Washington), 682 persone verranno battezzate e 479 ricevute nella piena comunione. L’Arcidiocesi di Portland (Oregon) accoglierà 842 nuovi cattolici.

Altre Diocesi che attendono circa mille nuovi membri sono Detroit (Michigan, 1.225), Cincinnati (Ohio, 1.049), Denver (Colorado, 1.102), Arlington (Virginia, 1.100), Washington, D.C. (1.150).

Nell’Arcidiocesi di Washington, 18 di coloro che si accingono a entrare nella Chiesa sono studenti della St. Augustine School, la più antica scuola afroamericana della capitale.

Il comunicato stampa segnala che la Chiesa cattolica, che è la denominazione più numerosa negli Stati Uniti, con circa 68 milioni di fedeli, lo scorso anno ha sperimentato un aumento del 1,5% dei membri.

buona notte

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Garden Grape-hyacinth

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Santa Teresa Benedetta della Croce: « Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua ? »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100331

Mercoledì della Settimana Santa : Mt 26,14-25
Meditazione del giorno
Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein] (1891-1942), carmelitana, martire, compatrona d’Europa
La preghiera  della Chiesa, 19-20

« Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua ? »

        Sappiamo dai racconti degli evangelisti che Cristo ha pregato come ogni ebreo credente e fedele alla Legge… Pronunciò le antiche orazioni di benedizione, che ancora oggi sono recitate, per il pane, il vino e i frutti della terra, come ne testimoniano i racconti dell’ultima Cena, tutta consacrata all’adempimento di uno dei obblighi religiosi  più santi : il solenne pasto della Pasqua, il quale commemorava la liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Forse in questo momento ci è data la visione più profonda della preghiera di Cristo, e come una chiave che ci introduce nella preghiera di tutta la Chiesa…

        La benedizione e la condivisione del pane e del vino facevano parte del rito del pasto pasquale. Ma l’una e l’altra ricevono qui un senso interamente nuovo. In questo momento nasce la vita della Chiesa. Certo, essa nasce in quanto comunità spirituale e visibile soltanto alla Pentecoste. Ma alla Cena, si compie l’innesto del tralcio sul ceppo, che rende possibile l’effusione dello Spirito. Le antiche orazioni di benedizione sono divenute nella bocca di Cristo, parole creatrici di vita. I frutti della terra sono divenuti la sua carne e il suo sangue, pieni della sua vita… La Pasqua dell’antica Alleanza è divenuta la Pasqua dell’Alleanza nuova.

Icon of Christ the Lord

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Publié dans:immagini sacre |on 30 mars, 2010 |Pas de commentaires »

Martedì Santo – San Giovanni B. De La Salle: A ciascuno la sua croce

dal sito:

http://www.meditazione-quotidiana.com/2009_04_05_archive.html

Martedì Santo – San Giovanni B. De La Salle

(Martedì, 7 aprile 2009)

A ciascuno la sua croce

Ogni uomo che nasce ha già accanto a sé, fin dalla nascita, una croce, che Dio ha stabilito per lui sin dall’eternità.

Pensare, pertanto, a un uomo senza croce è un assurdo.

È ovvio che le croci non sono tutte uguali, anzi, sono tutte distinte l’una dall’altra. E tutte fatte su misura: ogni croce si adatta bene a colui per il quale è stabilita.

Sapendo di dover portare necessariamente ciascuno una croce, vorremmo sceglierla nelle dimensioni e nel peso.

È un fatto umano, questo, ma insipiente, perché, se ci fosse dato di procedere a tale scelta, presto o tardi resteremmo delusi.

Accettiamo, allora, la croce che Dio, nella sua infinita sapienza, ha disposto per ciascuno di noi, e crediamo fermamente che il dolore della croce scaturisce dal suo amore.

Questo atteggiamento di fede alleggerisce il peso della croce, non ci consente di disprezzarla, ma ci aiuta ad amarla, nella consapevolezza che, se essa è un dono della sapienza e della bontà di Dio, non è durezza di cuore da parte sua metterla e lasciarla sulle nostre spalle.

San Paolo squarcia il velo che copre questo mistero quando scrive: «… completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo, che è la Chiesa» (Col. 1,24); «Stiamo che le sofferenze del tempo presente non possano essere paragonate alla gloria futura che si rivelerà in noi» (Rom. 8,18); «… soffriamo con lui [Cristo], per essere con Lui glorificati» (Rom. 8,17).

Approfondiamo ognor più queste considerazioni e convinzioni e aiutiamo gli altri a entrare nell’intimo di tali verità: sarà per tutti la soluzione di uno dei più grandi e misteriosi problemi della vita.

Publié dans:feste - Pasqua, meditazioni |on 30 mars, 2010 |Pas de commentaires »

L’uomo immerso nel mistero pasquale

dal sito:

http://www.diocesiverona.it/pls/s2ewdiocesiverona/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=16367&rifi=guest&rifp=guest

L’uomo immerso nel mistero pasquale
 
Stiamo entrando nella Settimana Santa. In essa la liturgia della Chiesa celebra i grandi eventi della nostra salvezza. Centrati sulla passione, morte per crocifissione, sepoltura e risurrezione di Gesù Cristo. Questi quattro eventi, cui va aggiunta l’ascensione al cielo, con il conseguente invio dello Spirito, vissuti da Gesù in strettissima connessione tra di loro in conformità allo svolgimento del progetto redentivo di Dio, costituiscono il mistero della Pasqua (cfr la Costituzione conciliare Sacrosantum Concilium, 6). L’evangelista Giovanni lo traduce con un solo termine, di forte spessore salvifico: “L’Ora” di Gesù. In proposito così ad esempio si esprime: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua Ora di passare da questo mondo al Padre, Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò fino alla fine” (Gv 13, 1).
In che cosa consiste il mistero pasquale?
Pasqua dunque, nella terminologia del quarto evangelista, traduce il senso del “passare da questo mondo al Padre”. Una inedita definizione del morire che non costituisce l’azzeramento e la polverizzazione dell’essere umano, ma il suo approdo, magari travagliato, nelle braccia di Dio. Nella pienezza della vita.
Tuttavia, sarebbe riduttivo pensare alla Pasqua di Cristo unicamente in questa ottica, cioè solo come il suo ritorno al Padre. La sua Pasqua, il suo passaggio da questo mondo al Padre, è un vero Mistero. Per Mistero intendiamo una Realtà carica di risorse divine, sovrabbondanti ed inesauribili, a cui ogni uomo credente può attingere. Si tratta dunque di una Realtà divina. Immensa e incommensurabile. Sta oltre la possibilità di pensarla da parte dell’uomo e, soprattutto, di impossessarsene. Eppure da Dio è messa interamente a disposizione dell’uomo, che ne ha necessità vitale.
Qual è infatti il senso e il valore salvifico delle tappe pasquali di Cristo?
Partiamo dalla passione, avviata nell’orto degli olivi e conclusa sulla croce. Gesù ha portato nel suo cuore tutto il peso dei tradimenti e dei rifiuti dell’uomo, rappresentati dal gesto folle del tradimento di Giuda. Su di Lui si sono addensate tutte le malvagità dell’intera umanità, come per dichiarare su di Lui la loro sentenza di morte. Per vincere alla radice il sistema delle malvagità, cioè dell’opposizione radicale a Dio, che tanta colluvie di mali ha riversato sull’umanità, non gli restava che accogliere in sé il progetto di fedeltà al Padre. Nonostante l’avversità, scatenata su di Lui, di chi lo rifiutava e lo voleva morto. E Gesù: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia, non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22, 42). Ecco il nuovo Adamo! Dalla disobbedienza dei progenitori, che sfiduciava Dio, all’obbedienza come atto di consegna al Padre. In perfetta sintonia. L’ordine creaturale è riportato: l’uomo in obbedienza a Dio! La sua passione è carica di risorse di adesione alla volontà del Padre.
E la crocifissione? Una fedeltà fino al martirio. Certo la croce non è stata preparata dal Padre. Chi l’ha preparata è stato il sistema del peccato, sotto la regia di satana. Ma il peccato, come rifiuto di obbedire a Dio, è stato sconfitto alla radice dal dono della propria vita, sacrificata, al Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46). Paolo dirà: “Cristo è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe” (Rm 4, 25). Il peccato dunque è la vera causa della morte di Cristo. Ma a sua volta la morte di Cristo ha demolito la potenza del peccato in noi. Con Cristo l’umanità ha detto “sì” al Padre. Ad ogni costo. Per amore dell’uomo da salvare. Come atto dell’amore assoluto di Dio, nel Figlio, per l’umanità: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” (Gv 3, 16). La morte per crocifissione è carica di risorse che crocifiggono in noi l’uomo vecchio, schiavo del peccato.
Segue la sepoltura. È l’evento del chicco di grano: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gn 12, 24). È la fase per così dire invernale. Tutto sembra soggiacere alla legge della morte. In realtà quell’apparente annientamento nasconde in sé il germe della vita. La speranza sembra tramortita, spenta. È solo in fase di incubazione. Per dire che in Cristo, nel suo Mistero pasquale, nulla è insignificante. Nulla è fallimentare. Tutto ha un senso. Tutto è direzionato al suo obiettivo: la vittoria della vita. Mediante la risurrezione. La sepoltura è carica di risorse di germinazioni che susseguono il morire.
Ecco dunque l’approdo del travaglio articolato tra passione, morte e sepoltura: la risurrezione di Cristo! Il fatto più inedito e impensabile che fa da spartiacque tra la creazione primordiale che detta i confini del tempo e dello spazio, e la nuova creazione che è lo spazio teologico fuori del tempo e dello spazio fisico. Potremmo definire la risurrezione di Cristo come il big bang della nuova creazione. Da Lui si espande a tutti i credenti che si lasciano raggiungere dalla potenza di tutte le risorse divine contenute nel Mistero pasquale. La risurrezione è carica di risorse di vita nuova in Cristo.
Quali sono pertanto le risorse messe a disposizione dal Mistero pasquale?
Di che cosa infatti l’uomo ha bisogno per una qualità di vita degna del suo essere persona e del suo essere in relazione sociale con tutti gli altri esseri umani?
Per rispondere a questa domanda, conviene che ci avvaliamo almeno di due delle più significative espressioni di Paolo: “Uno è morto per tutti. Ed egli è morto per tutti perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro.. Se uno è in Cristo, è una creatura nuova” (2 Cor 5, 15.17).
L’uomo ha bisogno di inserirsi nel Mistero pasquale di Cristo per ridare senso e valore al suo agire umano. Un senso e un valore nuovi rispetto a quelli, falsi, prospettati da una cultura interamente mondanizzata, idolatra, atea. Esemplifichiamo. All’ideale di una bella vita, spensierata e godereccia, chi si inserisce nel Mistero pasquale di Cristo, sostituisce una vita donata. Alla cattiveria sostituisce la benevolenza; alla falsità la lealtà; all’egoismo la solidarietà; all’individualismo la responsabilità sociale; alla menzogna la fedeltà; all’intolleranza la pazienza lungimirante.. A queste condizioni all’uomo è ancora lecito sperare. Certo con lo sguardo oltre la morte. Ma anche con passi di speranza compiuti nel tragitto terreno. A patto però che l’uomo diventi credente e non viva più per se stesso, ma viva “per Colui che è morto e risorto per lui”; viva Gesù, lasciandolo crescere in noi, nel nostro cuore: “sono stato crocifisso con Cristo. E non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio che ha amato me e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2, 19-20). Allora ha in noi il sopravvento l’uomo nuovo, la creatura nuova in Cristo. Allora è un’altra vita. Anche se ci facessero passare dal crogiolo di inaudite sofferenze procurate dalla cattiveria umana, magari perpetrate contro il credente perché discepolo di Cristo; sofferenze che ci angosciano e ci crocifiggono, specialmente quando rasentano l’assurdità. Anche se su di noi scendesse una pietra tombale che ci cancella dal vivere che conta e fossimo annoverati tra i morti per la società, l’alba della risurrezione si sta preparando.
Uniti, perché immersi, al mistero pasquale diamo senso a tutto ciò che ci accade. Persino al dramma del morire. Morire nel Signore vuol dire unirsi alla sua morte per essere partecipi della sua risurrezione. Ce lo ricorda anche il Concilio: “Il cristiano, associato al mistero pasquale, assimilato alla morte di Cristo, andrà incontro alla risurrezione confortato dalla speranza” (GS 22).
In estrema sintesi, potremmo definire il cristiano come l’uomo del mistero pasquale, interamente immerso nel mistero pasquale come nel suo grembo vitale, pronto a vivere in sé il mistero pasquale in conformità alle sue esigenze e facendo conto delle sue risorse.
Come si entra in contatto con il mistero pasquale?
Non c’è dubbio che lo Spirito dà a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale (cfr GS 22). Tuttavia, la via ordinaria di venir immersi nel mistero pasquale, alla radice del nostro essere, è il sacramento del Battesimo. Sicché il vero credente in Cristo fondamentalmente è un battezzato che, senza meriti previ, è stato salvato nella fede della Chiesa espressa dai genitori i quali hanno deciso di affidare al ministero della Chiesa la rinascita in Cristo del proprio figlio. Al dono ricevuto il battezzato risponde poi con senso di grande responsabilità impegnandosi a condurre una vita in linea di crescita secondo la logica battesimale.
Oltre al Battesimo, ogni celebrazione sacramentale compiuta dalla Chiesa attraverso i ministeri adeguati è un mettere in contatto diretto e salvifico con il mistero pasquale. In modo specialissimo realizza tale contatto la celebrazione dell’Eucaristia, soprattutto domenicale. In essa si attua in sommo grado il mistero pasquale, nel quale i fedeli edificano il Corpo di Cristo (cfr CD 15).
Per essere più riassuntivi: tutto l’anno liturgico celebra il mistero pasquale (cfr SC 102). Ma la sua fonte e il suo vertice è costituito dalla Pasqua di morte e di risurrezione (cfr SC 102). I giorni liturgici che ci attendono ne celebrano il mistero, mettendo a disposizione dei fedeli le specifiche risorse contenute nell’insieme del mistero pasquale e in ogni sua dimensione. Va da sé che un vero credente fa il possibile per celebrarne i misteri. E si premura di essere presente, a tutti i costi, e con adeguata preparazione, soprattutto alla Veglia pasquale, nella quale la Chiesa, nella sua azione liturgica, celebra, come abbiamo già detto, il big bang della nuova creazione, dei cieli nuovi e della terra nuova. Grazie al vigore di novità in essa contenuto, tutto nella storia dell’uomo è sotto la potenza della risurrezione del Signore che, espandendosi nel divenire, in tutti immette germi di vita, sorreggendo la speranza nella storia che verrà, fino all’approdo nel mondo dei risorti.
Immersi come siamo nel dinamismo del mistero pasquale, con l’apostolo Paolo non ci resta che “correre verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3, 14).

+ Giuseppe Zenti

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buona notte

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Orchid Cactus – Strap Cactus

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San Francesco di Sales: « Non canterà il gallo prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100330

Martedì della Settimana Santa : Jn 13,21-33#Jn 13,36-38
Meditazione del giorno
San Francesco di Sales (1567-1622), vescovo di Ginevra, dottore della Chiesa
Il libro dei quattro amori, IV, 5

« Non canterà il gallo prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte »

San Pietro, uno degli Apostoli, arrecò gran torto al suo Maestro, poiché rinnegò e giurò che non lo conosceva, e non contento di questo, lo maledisse e bestemmiò, protestando di non sapere chi egli fosse (Mt 26, 69s). Quale colpo questo, che trafisse il cuore di Nostro Signore ! Eh ! Povero san Pietro, cosa sta facendo ? Cosa sta dicendo ? Non sa forse chi egli sia, non lo conosce, proprio Lei che è stato chiamato per bocca sua all’apostolato, Lei che ha confessato che proprio lui era il Figlio del Dio vivente (Mt 16, 16) ? Ah ! Uomo miserabile, come può dire che non lo conosce ? Non è forse colui che, non molto tempo fa, era ai suoi piedi per lavarli, e l’ha nutrito con il suo Corpo e il suo Sangue ?…

Nessuno presuma delle proprie opere buone e pensi di non avere niente da temere, poiché san Pietro, che pur aveva ricevuto tante grazie, e promesso di accompagnare Nostro Signore in carcere, anzi fino alla morte, lo rinnegò subito dopo aver udito il fischio di un drappello di guardie.

San Pietro, sentito cantare il gallo, ricordò ciò che aveva fatto e ciò che gli aveva detto il suo buon Maestro ; riconosciuta la sua colpa, uscì e pianse così amaramente, da ricevere la remissione di tutti i suoi peccati. O beato san Pietro che, a motivo di tale contrizione ricevette il perdono generale di una così grande slealtà… So bene che furono gli sguardi sacri di Nostro Signore ad aver penetrato nel suo cuore per aprirgli gli occhi e fargli riconoscere il suo peccato… Da questo momento, egli non cessò più di piangere, soprattutto quando udiva il gallo di notte e di mattina… In questo modo, da gran peccatore quale era, divenne un grande santo.

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