Archive pour le 9 février, 2010

Day 6 Animals with man and woman / Jour 6 Les animaux avec l’homme et la femme

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http://www.artbible.net/1T/Gen0126_Animals_Manwoman/index_5.htm

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« Se la vita si rianima »: Un libro di cronache di bioetica e speranza dall’ospedale di Eluana

dal sito:

http://www.zenit.org/article-21317?l=italian

« Se la vita si rianima »

Un libro di cronache di bioetica e speranza dall’ospedale di Eluana

di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 8 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Tra i tanti incontri e le numerose iniziative in ricordo di Eluana Englaro, spicca la presentazione del libro  »Se la vita si rianima. Cronache di bioetica e speranza dall’ospedale di Eluana », edito dalla Ares e scritto da Giuseppe Baiocchi, giornalista e scrittore, e Patrizia Fumagalli, dirigente medico di primo livello nel reparto di Neurorianimazione dell’ospedale di Lecco.

Il libro affronta il tema attualissimo del valore della vita soprattutto quando sono presenti malattia e grave disabilità, raccontando cosa accade nella corsia di un reparto di rianimazione.

Nella prefazione al volume, Giancarlo Cesana chiede: « Se la vita si rianima; se un malato dichiarato in stato vegetativo persistente inaspettatamente si risveglia; se una persona gravemente menomata scopre di poter vivere un’esistenza normale e stranamente felice: se accade ciò, noi siamo pronti ad accettarlo? ».

Gli autori spiegano nella premessa che « rianimazione, per la lingua italiana, è uno splendido termine che significa restituzione e ripresa di vitalità, di animazione, di fiducia, di coraggio… », ma nel logorio del linguaggio comune questo termine ha finito per associarsi quasi esclusivamente a un senso prevalente di sconfitta, di anticamera della fine, di tempio appartato dove si compiono i riti misterici di una scienza sempre meno traducibile al comune sentire.

Dietro al vetro opaco o alla porta di un reparto di rianimazione, precisano gli autori, « si muove una affiatata comunità di lavoro che conquista di frequente guarigioni impensate, che allevia la sofferenza della vita in declinare, che accompagna con decoro il passaggio della morte, che, nel caso, compie la rispettosa procedura del prelievo degli organi per la donazione ».

Il libro racconta di « quell’ospedale di Lecco dove, in una fredda notte di gennaio, arrivò, ferita, una giovane di nome Eluana Englaro… » e riflette sull’impegno di giorno e di notte, tutti i giorni e tutte le notti, dei medici e del personale sanitario che è ben consapevole « che ogni persona è unica e irripetibile e per ognuna c’è un tragitto peculiare da seguire nel vincolo di Ippocrate e nel possibile supplemento di umanità ».

Cesana ricorda nella prefazione che gli ospedali sono nati all’inizio del Medioevo e non « perché si sapessero curare le malattie », visto che « fino all’inizio del secolo scorso le possibilità di trattamento erano risibili ».

Gli ospedali sono nati per « ospitare », per accogliere e assistere gli uomini e le donne in difficoltà, colpiti dalla sventura, in cui spesso malattia e miseria facevano tutt’uno.

« Con la Risurrezione di Cristo – ha sottolineato Cesana -, la morte, di cui la malattia era massimo presagio, non era più l’ultima parola sulla vita, ma la certezza – o la speranza, che è lo stesso – della vittoria della vita era diventata dominante. Malattia e morte non avevano perduto il loro carico di dolore e di spavento, ma si potevano affrontare. Di più: erano partecipazione alla sofferenza salvatrice di Cristo ».

« Il merito di questo libro – ha concluso Cesana – è di mostrare come la potenza medica, pur migliorando non poco l’esistenza, non sposti di una virgola il problema originale. Proprio laddove l’intervento è più sofisticato, per le caratteristiche di urgenza e gli strumenti utilizzati, è anche richiesta l’ostinazione della assistenza, spesso contro ogni immediata evidenza ».

Il libro « Se la vita si rianima » verrà presentato a Lecco martedì 9 febbraio alle ore 21.00 nell’Auditorium Casa dell’Economia, in via Tonale 30.

A presentare il testo ci saranno il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, il prof. Giancarlo Cesana, Presidente della Fondazione Irrccs Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, il prof. Biagio Allaria, direttore del board scientifico di Medical Evidence Italia, e Marco Tarquinio, direttore di  »Avvenire », che modererà l’incontro.

L’iniziativa è stata sostenuta anche dal Centro Culturale Alessandro Manzoni e dall’Associazione Liberi di educare – Liberi di costruire, così come dalla FederVita Lombardia, con il concorso particolare del Movimento per la Vita di Lecco.

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In Belgio un imprevedibile « sì » condanna i giudici italiani

dal sito:

http://www.donboscoland.it/articoli/articolo.php?id=125954

In Belgio un imprevedibile « sì » condanna i giudici italiani

La vita è sempre importante e se anche si presenta inerme e indifesa, rappresenta comunque uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque.

          Un anno fa Eluana Englaro veniva messa a morte grazie ad un provvedimento della magistratura fondato, tra l’altro, su due assiomi. Il primo riguarda il fatto che la ragazza di Lecco si trovasse in uno stato di coma irreversibile (categoria scientifica inesistente), dal quale non sarebbe mai potuta uscire. 

          Il secondo è relativo al fatto che senza una «pienezza di facoltà motorie e psichiche» quella di Eluana fosse una «vita non degna di essere vissuta», traduzione italiana del termine “lebensunwertes Leben”, coniato dai giuristi tedeschi negli anni ’30 e riecheggiato tristemente nelle aule giudiziarie del Terzo Reich.

          Così, nel febbraio 2009, attraverso la carta bollata, si è spenta l’esistenza di Eluana. Per una strana ironia della sorte, a ridosso dell’anniversario della sua morte, i fatti e la ricerca scientifica hanno sconfessato quei discutibili postulati dei giudici. Due giovani belgi, entrambi in stato vegetativo persistente a seguito di un incidente d’auto, sono stati incaricati dal destino di sgretolare i due presupposti logici della tragica decisione sul caso Englaro.

          Lo “scherzo” che hanno fatto i due belgi ai soloni togati è stato davvero beffardo. Uno dei due si è risvegliato dopo 23 anni (6 anni in più di Eluana), dimostrando ancora una volta che il cosiddetto “coma irreversibile” non esiste. L’altro, sottoposto ad esame attraverso una nuova tecnica di risonanza magnetica, ha manifestato segni di facoltà psichica, arrivando a “dialogare”, attraverso il cervello, con i medici.

          Gli scettici possono leggere l’articolo che illustra l’interessante esperimento, dal titolo Willful Modulation of Brain Activity in Disorders of Consciousness, pubblicato lo scorso 3 febbraio sul New England Journal of Medicine (10.1056/NEJMoa0905370). In pratica, si è trattato di sottoporre il ventinovenne belga a due stimolazioni attraverso un processo di immaginazione (Imagery Tasks), in cui gli si è stato chiesto di simulare alcune azioni (tirare una pallina da tennis, camminare nella propria casa, ecc.) ed un processo comunicativo (Communication Task), in cui gli sono state poste domande su aspetti attinenti la sua vita personale.

          Immaginabile l’astonishment – così è stato definito -, ovvero lo stupore dei medici quando il paziente, dopo aver risposto “no” alla domanda se il nome di suo padre fosse Thomas, ha risposto, invece, “sì” quando gli hanno chiesto se il padre si chiamasse Alexander, vero nome del genitore.

          Le reazioni rispetto a questa sensazionale scoperta mi hanno indotto ad una riflessione.Tutti gli esperti hanno dichiarato che il risultato di quell’esperimento «changes everything», cambia tutto. Ma cambia secondo prospettive e visioni antropologiche opposte. Da una parte ci sono coloro che vedono in questa nuova possibilità di comunicazione con i pazienti in stato vegetativo un’opportunità per migliorare le condizioni esistenziali in cui si trovano, assumendo, per esempio, informazioni su eventuali problemi clinici e adottando i relativi rimedi.

          Dall’altra parte ci sono coloro che vedono nella scoperta la sola opportunità di conoscere esattamente la volontà di chi si trova in stato vegetativo circa il proprio destino, ovvero se ricorrere o meno all’eutanasia, perché proprio questa scoperta mostrerebbe com’è ancora più atroce la condizione di una mente lucida intrappolata in un corpo che non risponde. Due modi diversi di guardare questo risultato scientifico. Due modi diversi di concepire la vita e la morte. E poco c’entra, in realtà, la fede o una prospettiva religiosa.

          Enzo Jannacci ce lo ha dimostrato quando in quella celebre intervista al Corriere della Sera, sull’onda emotiva della vicenda Englaro, dichiarò che non avrebbe mai «staccato una spina e sospeso l’alimentazione ad un paziente» perché «interrompere una vita è allucinante e bestiale». E ce lo ha dimostrato anche quando, da medico, ha affermato, profeticamente, che «vale sempre la pena aspettare» e che «la medicina è una cosa meravigliosa, in grado di fare progressi straordinari e inattesi».

          Ce lo ha dimostrato, inoltre, quando ha dichiarato che «la vita è sempre importante» e se anche «si presenta inerme e indifesa», rappresenta comunque «uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque». E ce lo ha dimostrato, ancora di più, quando è arrivato a dire che se suo figlio si fosse trovato nelle condizioni di Eluana, «sarebbe bastato un solo battito delle ciglia» a farglielo sentire vivo.

          Non oso immaginare che cosa sarebbe successo se la povera Eluana fosse ancora qui tra noi e se, sottoposta al nuovo esperimento, avesse dato segni di coscienza. Probabilmente sarebbe caduto ogni velo di ipocrisia e il dibattito si sarebbe focalizzato, a quel punto, sul tema vero: l’eutanasia. Resta, comunque, una considerazione finale.

          Ad Enzo Jannacci sarebbe stato sufficiente un battito delle ciglia per fargli sentire vivo suo figlio. Al signor Englaro, probabilmente, non sarebbe bastato neppure il fatto che sua figlia avesse risposto “sì” alla domanda: «Tuo padre si chiama Beppino?».

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buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno Galanthus%20nivalis%20in%20all%20its%20glory

Galanthus nivalis in all its glory

http://www.mygarden.ws/january2005.htm

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Clemente d’Alessandria: La legge nuova scritta nel cuore degli uomini

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100209

Martedì della V settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 7,1-13
Meditazione del giorno
Clemente d’Alessandria (150-circa 215), teologo
Il Pedagogo, III 89, 94, 98 ; SC 158

La legge nuova scritta nel cuore degli uomini

        Abbiamo il Decalogo, dato da Mosè … e tutto ciò che viene raccomandato dalla lettura dei libri santi. « Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista ! Imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova. Su, venite e discutiamo, dice il Signore » (Is 1, 16-18)… Ma abbiamo anche le leggi del Verbo, le parole di esortazione scritte non su tavole di pietra dal dito di Dio ( Es 24, 12), ma nel cuore dell’uomo (2 Cor 3, 3)… Per questo le tavole dei cuori duri sono state spezzate (Es 32, 19) ; la fede dei bambini imprima i suoi tratti negli spiriti docili. Queste due leggi sono servite al Verbo per la pedagogia dell’umanità, prima per bocca di Mosè, poi per bocca degli apostoli…

        Tuttavia abbiamo bisogno di un maestro per spiegarci queste parole sante… Lui ci insegnerà le parole di Dio. La scuola, è la Chiesa ; il nostro unico Maestro, è il Fidanzato, che è volontà buona di un Padre buono, saggezza originaria, santità della conoscenza. « Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati » (1 Gv 2, 2). Guarisce l’uomo intero, sia i nostri corpi, sia le nostre anime, lui, Gesù, che è « vittima di espiazione non soltanto per i nostri peccati, ma anche per quelli di tutto il mondo. Da questo sappiamo d’averlo conosciuto : se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice « lo conosco » e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui » (1 Gv 2, 3-4).

        Allievi di questa beata pedagogia, completiamo il bel volto della chiesa e accorriamo come bambini, verso questa madre piena di bontà. Diventiamo gli ascoltatori del Verbo ; glorifichiamo la beata provvidenza, la quale ci guida per mezzo di questo Pedagogo e ci santifica come figli di Dio.

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