Archive pour le 8 février, 2010

FOETUS

FOETUS dans immagini foetus

http://www.centrosangiorgio.com/aborto/articoli/pagine_articoli/breve_storia_aborto_nel_mondo.htm

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di frère Roger di Taizé: Stupore di una gioia

dal sito:

http://www.milanotaize.it/Lettera_taize_2000.htm

STUPORE D’UNA GIOIA

di frère Roger di Taizé.

Lettera 2000

 Tradotta in 58 lingue (di cui 23 asiatiche e 7 africane), questa lettera è stata scritta da frère Roger di Taizé. Permetterà d’interrogarsi negli incontri a Taizé, di settimana in settimana, durante tutto l’anno 2000.

Dovunque tu sia attraverso i continenti, tu che vorresti percepire il mistero che sta al cuore del tuo cuore, intuisci la bellezza profonda dell’animo umano?

Qual è questa bellezza nascosta? È l’audacia d’una attesa. Se anche lo ignoriamo, uno dei desideri più intimi del nostro essere è quello di amare. Senza amore, la nostra vita troverebbe un senso?

Che Dio mi ama è una realtà talvolta poco accessibile 1, ma viene il giorno di una scoperta: se mi lascio raggiungere dal suo amore, la mia vita si apre agli altri 2. 

Accogliendo quanti vengono a lui, il Cristo dice loro: “Beati i cuori semplici!” 3

Un cuore semplice è attento a vivere il momento presente 4, disponendosi ad avanzare da un inizio a un nuovo inizio 5.

La fede è come uno slancio di umilissima fiducia, mille volte ripreso nel corso della nostra esistenza.

Un cuore semplice acconsente a non comprendere tutto del Vangelo. Può dire a Dio: “Non mi appoggio solamente sulla mia fede. Ciò che io non capisco, altri lo comprendono e rischiarano il mio cammino” 6.

Una tale semplicità suscita la compassione, rende attenti a coloro che, attraverso la terra, conoscono gli abbandoni, le umiliazioni 7. 

Certi giorni abbiamo l’impressione di pregare con quasi nulla, ci può essere come un impoverimento, ma Dio ci rende capaci di viverlo.

Anche quando si crea una distanza tra Dio e noi, possiamo affidargli tutto, deporre tutto in lui 8.

Beato allora chi può dire a Cristo:
“Tu il Cristo, tu lo sai, faccio fatica ad esprimere il mio desiderio di comunione con te 9, ma il tuo Spirito Santo rianima in me un’audacia, quella di abbandonarmi in te.

Tu vedi chi sono. Hai conosciuto la condizione umana 10. Non ti nascondo nulla del mio cuore. Non ignori che talvolta sono tirato da più parti nello stesso momento. Ma quando interiormente avverto un vuoto, dimora in me la sete della tua presenza. E quando non riesco a pregare, tu sei la mia preghiera” 11. 

La preghiera è un tesoro del Vangelo 12, apre una strada che porta ad amare e a perdonare.
Il perdono può cambiare e il nostro cuore e la nostra vita: si allontanano allora le severità, le durezze di giudizio, per lasciar posto alla bontà e alla benevolenza del cuore. Ed eccoci capaci di cercare di comprendere, più che di essere compresi 13.

Chi vive del perdono riesce ad attraversare le situazioni indurite, proprio come l’acqua del ruscello che, all’inizio della primavera, si scava un passaggio attraverso la terra ancora gelata.

Per quanto ci sentiamo sprovvisti, una delle urgenze di oggi è mettere comprensione laddove ci sono contrasti. Bastano certi ricordi del passato per mantenere le distanze fra le persone come anche fra le nazioni.

Niente è più tenace della memoria di ferite e umiliazioni 14. Cercare instancabilmente di perdonare e di riconciliarsi apre ad un futuro inatteso 15.
E ciò che è vero per ogni persona, lo è anche in quel mistero di comunione che è il Corpo di Cristo, la sua Chiesa 16. 

Non ci sono, ovunque, delle persone umili che preparano le strade del futuro? Ciò che li attrae, è che una speranza si diffonda. Non sono necessariamente i doni prestigiosi o le grandi facilità che determinano i più profondi cambiamenti, ma, più di quanto lo si supponga, l’ardente carità.

Lo Spirito Santo effuso in ogni essere umano 17, offre libertà e spontaneità. Ridona il gusto della vita a chi lo perde. Viene a liberare dallo scoraggiamento. Né i dubbi, né l’impressione di un silenzio di Dio ci privano del suo Spirito Santo.

Chi si apre al suo soffio e lo accoglie in un umile ascolto entra in un’avventura interiore.

Nei grandi affanni di un’esistenza, lo Spirito Santo è un sostegno, una consolazione 18. In lui le sorgenti di giubilo 19, di una gioia leggera, sono sempre offerte. E questa gioia ci rende più vicini a coloro che attraversano la sofferenza 20. 

Sei secoli prima della venuta di Cristo, Dio interpellava con queste parole: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” 21

Si, stupore d’una gioia: lo Spirito Santo vuol fare di noi delle persone completamente trasparenti, come un cielo di primavera.

Il Vangelo porta in sé una così chiara speranza e un tale invito alla gioia che vorremmo giungere fino al dono di noi stessi per trasmetterle vicino e lontano.
Dov’è la sorgente della speranza e della gioia? È in Dio che instancabilmente ci cerca e trova in noi la bellezza profonda dell’animo umano.

PREGHIERE

Spirito Santo, non permettere che i nostri cuori siano turbati, rassicuraci nelle nostre oscurità, donaci la gioia, e attenderemo nel silenzio e nella pace che si levi su di noi una luce del Vangelo.

Gesù Cristo, nelle nostre profondità tu discerni un’attesa contemplativa: una sete riempie la nostra anima, quella di abbandonarci in te.

Gesù nostra speranza, con il poco che capiamo del Vangelo, ci fai scoprire ciò che ti aspetti da noi.

Gesù Cristo, nella preghiera le nostre povere parole spesso fanno fatica ad esprimere il nostro desiderio di una comunione con te, ma tu già ci accogli. 

Publié dans:preghiere |on 8 février, 2010 |Pas de commentaires »

di Sandro Magister: Burrasche vaticane. L’accademia per la vita si gioca la testa

dal sito:

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1342048

Burrasche vaticane. L’accademia per la vita si gioca la testa

Il suo presidente monsignor Fisichella non ha più la fiducia di una parte dei membri. Tutto per un suo articolo su « L’Osservatore Romano » approvato dalla segreteria di Stato. La requisitoria dell’accademico Michel Schooyans contro la falsa « compassione » che giustifica tutto

di Sandro Magister

ROMA, 8 febbraio 2010 – Tra pochi giorni, dall’11 al 13 febbraio, si riunirà in Vaticano la pontificia accademia per la vita, il cui presidente è l’arcivescovo Salvatore Fisichella (nella foto).

La riunione si preannuncia burrascosa. Alcuni membri dell’accademia contestano che Fisichella sia il presidente giusto. Tra essi spicca monsignor Michel Schooyans, belga, professore emerito dell’Università Cattolica di Lovanio, stimato specialista in antropologia, in filosofia politica, in bioetica. È membro di tre accademie pontificie: quella delle scienze sociali, quella di san Tommaso d’Aquino e – appunto – quella per la vita. Papa Joseph Ratzinger lo conosce e lo apprezza. Nel 1997, da cardinale prefetto della congregazione per la dottrina della fede, scrisse la prefazione a un suo libro: « L’Évangile face au désordre mondial ».

In vista della riunione, Schooyans ha scritto una dura requisitoria contro la « trappola » nella quale anche Fisichella sarebbe caduto: l’uso ingannevole del concetto di « compassione ».

La requisitoria è riprodotta integralmente più sotto. In essa il nome di Fisichella non c’è. Ci sono però precisi riferimenti a un suo articolo su « L’Osservatore Romano » in materia di aborto, che quando uscì provocò un autentico sconquasso e alla fine obbligò la congregazione vaticana per la dottrina della fede a emettere una « Chiarificazione ».

*

Quell’articolo di Fisichella uscì il 15 marzo 2009. E riguardava il caso di una giovanissima bambina-madre brasiliana, fatta abortire, a Recife, dei due gemelli che portava in grembo.

Nei giorni precedenti, la vicenda di questa bambina aveva infiammato virulente polemiche, non solo in Brasile, ma anche in altri paesi e soprattutto in Francia.

I giornali francesi si erano scagliati contro il « fanatismo » e la « durezza di cuore » della Chiesa, in particolare dell’arcivescovo di Olinda e Recife, José Cardoso Sobrinho, che aveva condannato il duplice aborto. E si schieravano compatti in difesa della bambina e di coloro che l’avevano « salvata » facendola abortire.

Le accuse alla Chiesa priva di « compassione » erano molto aspre e colpivano lo stesso papa Benedetto XVI, appena reduce dagli attacchi furiosi provocati contro di lui dal caso Williamson di poche settimane prima.

Lucetta Scaraffia, commentatrice di punta de « L’Osservatore Romano », era in quei giorni a Parigi e mise in allarme il direttore del giornale vaticano, Giovanni Maria Vian.

Questi, d’accordo col suo editore, il segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, affidò a monsignor Fisichella l’incarico di scrivere un articolo che acquietasse quegli attacchi alla Chiesa e al papa.

Fisichella lo scrisse. Bertone lo esaminò e approvò parola per parola, senza farlo controllare preventivamente dalla congregazione per la dottrina della fede, come in Vaticano si fa, di regola, per le prese di posizione che toccano la dottrina.

Nel pomeriggio del 14 marzo l’articolo uscì sulla prima pagina de « L’Osservatore Romano », con la data del giorno successivo.

In esso, Fisichella scriveva che il caso della bambina brasiliana « ha guadagnato le pagine dei giornali solo perché l’arcivescovo di Olinda e Recife si è affrettato a dichiarare la scomunica per i medici che l’hanno aiutata a interrompere la gravidanza ». Quando invece, « prima di pensare alla scomunica », la bambina « doveva essere in primo luogo difesa, abbracciata, accarezzata » con quella « umanità di cui noi uomini di Chiesa dovremmo essere esperti annunciatori e maestri ». Ma « così non è stato ».

E proseguiva:

« A causa della giovanissima età e delle condizioni di salute precarie, la vita [della bambina] era in serio pericolo per la gravidanza in atto. Come agire in questi casi? Decisione ardua per il medico e per la stessa legge morale. Scelte come questa [...] si ripetono quotidianamente [...] e la coscienza del medico si ritrova sola con se stessa nell’atto di dovere decidere cosa sia meglio fare ».

Nel finale dell’articolo Fisichella si rivolgeva direttamente alla bambina: « Stiamo dalla tua parte. [...] Sono altri che meritano la scomunica e il nostro perdono, non quanti ti hanno permesso di vivere ».

*

L’articolo sollevò immediate reazioni di segno opposto: da un lato le proteste dei difensori della vita di ogni concepito, senza eccezioni, dall’altro il plauso dei sostenitori della libertà d’aborto.

L’arcidiocesi di Olinda e Recife, ritenutasi sconfessata pubblicamente e ingiustamente dal Vaticano, reagì con una nota pubblicata sul suo sito il giorno successivo, nella quale accusava Fisichella di mostrarsi disinformato sui fatti e di mettere in forse la stessa dottrina della Chiesa sull’aborto.

L’arcivescovo Cardoso Sobrinho chiese alle autorità vaticane di pubblicare su « L’Osservatore Romano » questa sua nota. Ma non ebbe risposta.

A Cardoso Sobrinho espressero la loro solidarietà una gran quantità di vescovi del Brasile e di tutto il mondo. Ma intanto – perdurando il silenzio del Vaticano – su numerosi giornali di varie nazioni prese piede la tesi che la Chiesa avesse approvato l’aborto « terapeutico »: tesi alla quale parve dar sostegno anche una dichiarazione del 21 marzo del portavoce vaticano padre Federico Lombardi, mentre il papa era in viaggio in Africa.

Il 4 aprile « L’Osservatore Romano » tornò fuggevolmente sull’argomento, ma senza dare alcuna soddisfazione ai critici dell’articolo di Fisichella. Anzi, fece l’opposto. In una nota di cronaca, il giornale vaticano citò una dichiarazione di una famosa giornalista laica, Lucia Annunziata, già presidente della televisione italiana di Stato, che riconosceva alla Chiesa « una trasparenza mai vista » e motivava così il suo complimento:

« Mi riferisco all’intervento di monsignor Fisichella sulla vicenda della bambina brasiliana, pubblicato da ‘L’Osservatore Romano’ ».

Per un buon numero di membri della pontificia accademia per la vita, la misura era colma. Quello stesso 4 aprile, 27 di loro, su un totale di 46, firmarono una lettera al loro presidente Fisichella, chiedendogli di rettificare le « errate » posizioni da lui espresse nell’articolo.

Il 21 aprile Fisichella rispose loro per iscritto, respingendo la richiesta.

Ai primi di maggio, 21 dei firmatari della precedente lettera si rivolsero allora al cardinale William Levada, prefetto della congregazione per la dottrina della fede, chiedendo alla congregazione un pronunciamento chiarificatore della dottrina della Chiesa in materia di aborto.

La lettera fu consegnata il 4 maggio e la congregazione per la dottrina della fede la girò al cardinale Bertone, poiché – fu spiegato agli scriventi – « l’articolo di Fisichella era stato scritto su richiesta del cardinale segretario di Stato e approvato soltanto da lui ».

Ma non ricevendo da Bertone nessuna assicurazione di chiarimento, alcuni membri della pontificia accademia per la vita decisero di rivolgersi direttamente al papa.

Christine de Marcellus Vollmer, venezuelana che vive negli Stati Uniti, presidente della Alliance for Family e della Latin American Alliance for Family, e altri quattro membri dell’accademia incontrarono per qualche minuto Benedetto XVI dopo l’udienza generale di un mercoledì. L’udienza era stata loro accordata grazie ai buoni uffici del cardinale Renato Martino.

I cinque accademici consegnarono a Benedetto XVI un nutrito dossier, con un gran numero di articoli di stampa che recitavano in coro che, grazie all’articolo di Fisichella, la Chiesa aveva definitivamente aperto le porte all’aborto « terapeutico ».

Papa Joseph Ratzinger si mostrò stupito e amareggiato. Mormorò: « Si deve fare qualcosa… Si farà qualcosa ».

L’8 giugno, Benedetto XVI discusse la cosa con il cardinale Bertone e ordinò di pubblicare una dichiarazione che riconfermasse come immutata la dottrina della Chiesa sull’aborto.

Nel frattempo, l’arcidiocesi di Olinda e Recife recapitò in Vaticano un memorandum con il resoconto dettagliato di ciò che la Chiesa del luogo aveva fatto e continuava a fare per aiutare la bambina e i suoi familiari, così come aveva protetto fino all’ultimo anche i due figli che aveva portato in grembo.

Il memorandum terminava chiedendo giustizia per l’arcivescovo Cardoso Sobrinho, in assenza della quale sarebbe scattata una denuncia canonica contro Fisichella.

Ma altre settimane passarono e in Vaticano non si muoveva foglia. Christine de Marcellus Vollmer e altri accademici si risolsero allora a un gesto di pressione estrema. Minacciarono di dimettersi collettivamente dalla pontificia accademia per la vita. Giorno dopo giorno le adesioni andavano aumentando. Erano arrivate a 17 quando finalmente, nel pomeriggio del 10 luglio, su « L’Osservatore Romano » uscì l’attesa « Chiarificazione » della congregazione per la dottrina della fede circa l’articolo di Fisichella.

La nota, resa pubblica senza alcun risalto, non diceva che l’articolo di Fisichella era sbagliato, ma solo che era stato oggetto di « manipolazione e strumentalizzazione ». Un espediente retorico che ha consentito sia a Fisichella che a Bertone – entrambi membri della congregazione per la dottrina della fede – di uscire dalla vicenda col minimo del danno.

Ma il brutto non è passato, per l’arcivescovo presidente della pontificia accademia per la vita. Nei prossimi giorni si ritroverà di fronte gli accademici che ne hanno chiesta la testa. E la richiederanno.

La requisitoria, eccola.

__________

LE TRAPPOLE DELLA COMPASSIONE

di Michel Schooyans

Un termine ambiguo

Quando si parla di compassione, si pensa immediatamente alla sofferenza altrui, alla situazione tragica nella quale un altro si trova. Si tratta di comprendere, di « simpatizzare » con lui, di condividere la sua angoscia e di portarla assieme a lui. Questa situazione di infelicità bisogna certo cercare di alleviarla, di portarvi rimedio in tutta la misura del possibile. La parola compassione connota inoltre l’idea di condivisione psicologia e affettiva della sofferenza, specialmente quando questa sfugge ai controlli medici e di altro tipo. Quando andiamo a visitare un malato di cancro in fase terminale, con la nostra presenza, con una parola, con un gesto di tenerezza, esprimiamo come possiamo la parte che ci assumiamo della sua sofferenza e cerchiamo di ridargli conforto.

Ora, nelle notizie che riguardano dei casi di aborti, di eutanasia, di suicidio assistito, è frequente che si invochi la compassione per « giustificare » l’atto che è stato compiuto o che sta per esserlo. Se, prima della sua nascita, un bambino è dichiarato portatore di una malformazione grave, si farò valere che se si lascia proseguire la gravidanza il bambino avrà una vita che non vale di essere vissuta; si raccomanderà dunque di abortirlo per compassione, per pietà. Si condivide, si dice, la pena che gli causa il suo stato, ma il modo migliore per aiutarlo, si dice, effettivamente possibile, è di mettere fine alla sua vita. Il bambino sarà ucciso per compassione.

Di più, si dice che nessuno ha il diritto di imporre a una donna di aspettare un bambino che sarà – si dice – per lei, per il padre, per la famiglia, un « fardello » insopportabile. Si invocherà qui la compassione nei riguardi dei genitori. Inoltre, si aggiunge che non si può imporre alla società il peso di esistenze il cui mantenimento è costoso ma inutile; l’handicappato alla nascita non apporta nulla alla società. Si ammetterà dunque l’aborto per compassione nei riguardi della società, che, « con suo dispiacere », deve rassegnarsi a sopprimere uno dei suoi membri. Si arriverà talvolta fino a vedere in questo atto un gesto di giustizia sociale, di « purificazione etnica », di eugenismo.

La compassione potrà anche indirizzarsi ai medici che praticano l’aborto. Praticare un aborto è per essi – si dice – una « decisione difficile da prendere£ e un atto che essi non eseguono che per obbedire alla loro coscienza. Bisogna quindi compatire con i medici che, per esempio « per il bene » del bambino o di sua madre, prendono « con coraggio » la decisione di procedere all’aborto. Lungi dal biasimarli, bisognerà sostenerli psicologicamente e moralmente, proteggerli con un dispositivo legale appropriato.

Questi pochi esempi permettono di percepire differenti aspetti di ciò che si raggruppa oggi sotto una sola parola ambigua: la compassione. C’è anzitutto la compassione nel senso abituale di simpatia, di commiserazione. Tuttavia, nei diversi esempi citati, si osserva che la compassione è invocata e si esercita in maniera molto differente a seconda che essa faccia una vittima, il bambino non nato, oppure serva a confortare la madre, a legittimare delle leggi o a garantire l’intervento dei medici.

La compassione oggi

Possiamo discernere la vera e la falsa compassione nei fatti o nelle prese di posizione osservabili nel mondo di oggi. Così appariranno i disastri che la falsa compassione giunge ad esercitare tanto a livello delle persone che a livello delle società umane. Passiamo dunque in rassegna alcuni esempi.

1) Nel 1962, la corte di assise di Liegi (Belgio) è stata portata a giudicare una madre che, « per compassione », aveva ucciso il suo bambino. Durante la gravidanza, quasta madre aveva assunto del Softenon, conosciuto oggi sotto il nome di Talidomide. Il bambino era nato portatore di malformazioni gravi. La madre decise di mettere fine alla vita di suo figlio; e in effetti così fece. Al termine di un processo molto pubblicizzato, la donna fu assolta. Uscì libera dal tribunale, tra gli applausi del pubblico.

2) Gli animali beneficiano sempre più della « compassione » degli uomini. In un film « documentario » di Al Gore, « Una verità che sconvolge », consacrata al riscaldamento climatico, si vede un cartone animato che mostra un orso polare sfinito mentre cerca disperatamente un appoggio per salvare la sua vita. Il messaggio è chiaro: se la calotta polare si riscalda e scioglie, la causa deve essere cercata nel numero eccessivo di uomini che inquinano la terra (1). Occorre dunque contenere la crescita demografica dell’umanità, di cui si assicura che è la causa della degradazione dell’ambiente circostante. Inoltre, la « compassione » verso gli animali, la protezione della fauna, della flora e delle specie in via di estinzione richiede il rispetto di quote fissanti il numero, vale a dire la « qualità » degli uomini autorizzati a riprodursi. In una della sue varianti, questa posizione raccomanda agli uomini di avere « compassione » per Gaia, la Madre Terra, che – si sostiene – si degrada a motivo dell’azione devastatrice dell’uomo. L’uomo deve essere sacrificato all’ambiente (2).

3) Nel corso degli ultimi anni sono comparsi diversi casi di pedofilia che hanno fatto molto rumore. Negli Stati Uniti, in Messico, in Irlanda e in altri paesi, membri del basso o dell’alto clero sono stati implicati in parecchi procedimenti giudiziari. Nella maggior parte di questi casi, si è rimproverato alle autorità ecclesiastiche di aver cercato di tenerli nascosti. Per tutto il tempo che hanno potuto, queste autorità hanno fatto finta che nulla, o poco, fosse accaduto. Il motivo più spesso invocato è quello della « compassione » per gli autori degli atti di pedofilia. Si invoca la compassione per i poveri sacerdoti, che soffrono già tanto per le loro pulsioni, e che i loro superiori non possono affliggere pubblicamente né tanto meno esporre alla condanna infamante da parte delle istanze giudiziarie competenti. Se bisogna proteggere chi pratica gli aborti, perché non proteggere i pedofili?

Questo atteggiamento ricorda il caso di Recife (Brasile), che ha invaso le cronache nel marzo-aprile del 2009 (3). Nei due casi. i casi di pedofilia e quello di Recife, piuttosto che manifestare compassione per le piccole vittime innocenti, si invoca la « compassione » per quelli che hanno fatto a loro un torto immenso, i medici a Recife, i sacerdoti altrove.

4) Il 16 novembre 2009 la stampa annunciava un’iniziativa di Ségolène Royal. Sempre molto pubblicizzata, la presidente della regione Poitou-Charente (Francia) annunciava la distribuzione di « pacchetti contraccettivi » (4). Questi kit contraccettivi contengono tra l’altro dei preservativi e degli « assegni contraccezione ». L’obiettivo di Ségolène Royal è di « andare in soccorso del disagio degli alunni », di ridurre il disagio sociale rappresentato dalle « gravidanze precoci ». Dopo aver incitato al consumo sessuale con la fornitura di preservativi nel kit contraccettivo, Ségolène Royal ricorda l’esistenza di una « circolare in vista della contraccezione di domani ». Qui di nuovo, degli adolescenti e dei bambini non nati rischiano di pagare il prezzo della pseudo-compassione.

5) Si assiste oggi a una messa in questione radicale del matrimonio e della famiglia. Dei cristiani domandano alla Chiesa di autorizzare il divorzio o di permettere il « secondo matrimonio » dei divorziati. Alcuni vanno più in là poiché chiedono che la Chiesa riconosca le unioni omosessuali, con o senza l’adozion e di bambini. Queste rivendicazioni si fanno tutto nel nome della « compassione ». La Chiesa avrebbe torto a mostrarsi intransigente su queste questioni; essa sarebbe senza pietà per gli sposi ingiustamente abbandonati dal coniuge e per i figli delle coppie divorziate. Essa ignorerebbe la tendenza omosessuale inscritta nella costituzione di alcuni uomini o di alcune donne. Qui ancora si fa appello alla « compassione ».Ma quale compassione?

Interrogato sulla questione del matrimonio e del divorzio, Gesù riafferma con forza il disegno di Dio dalle origini: il matrimonio voluto da Dio è monogamico, fedele, indissolubile (5). Gesù ripristina il matrimonio così com’era secondo il cuore di Dio nel momento della creazione (6). Egli non fa alcuna concessione concernente il matrimonio così come Dio l’ha voluto. Gli apostoli si stupiscono di questo rigore di Gesù (7). Come alcuni fanno oggi, essi attendevano da Gesù una compassione al ribasso, una tolleranza qualsiasi, riguardo alla legge, riguardo alla volontà chiaramente enunciata dal creatore fin dalle origini. La giustificazione, la santificazione appaiono qui come un ritorno all’inizio, una ri-creazione che passa per la conversione del cuore. Ciò che Gesù mette in luce è l’uguale dignità dell’uomo e della donna. L’uomo non può rivendicare un « diritto » qualsiasi a ripudiare sua moglie. Ciò che rivela Gesù è la forza di Dio all’opera nel matrimonio. È Dio che unisce. La compassione non può esprimersi nel rigetto della forza divina sempre all’opera nel matrimonio. Viceversa, la compassione di Dio si esprime nel perdono che Gesù a quelli e a quelle che hanno commesso l’adulterio, si sono prostituiti o hanno praticato l’omosessualità (8). La compassione di Gesù non è in alcun modo una approvazione del peccato; è un invito ad accogliere il perdono e a ritornare sul retto cammino. La compassione di Gesù è la misericordia (9).

6) Binding (1841-1920), giurista, et Hoche (1865-1943), medico, hanno pubblicato nel 1920 un’opera pochissimo conosciuta e che tuttavia è stata una della più influenti del XX secolo. Gli autori spiegano che occorre « liberalizzare la distruzione di una vita che non merita di essere vissuta » (10). È il titolo di quest’opera, in cui si trova formulato e giustificato il programma di eutanasia che sarà messo in pratica qualche anno più tardi da Hitler. Come d’abitudine, l’argomentazione dà l’impressione di essere impregnata di compassione. Vi sono, si assicura, categorie di individui la cui vita non merita la protezione pelale. La loro vita è senza valore. L’eutanasia risparmierà loro di vivere una vita che nnon è degna di essere vissuta. A questi individui bisogna dare l’eutanasia nel loro stesso interesse. Ma bisogna dare loro l’eutanasia anche nell’interesse della società: questi esseri sono non solo senza valore, ma sono anche un fardello per tutto coloro che sono utili alla società. La « compassione » nei riguardi della società deve essere invocata al pari della « compassione » nei riguardi di questi esseri che devono essere liberati dalla loro totale mancanza di valore e di utilità. Ora, dietro queste considerazioni apparentemente capaci di intenerire si nascondono delle considerazioni pseudo-scientifiche con forti connotati eugenici e razzisti. La compassione è qui manipolata a vantaggio di un programma politico che è la negazione stessa stessa della compassione.

7) Nel caso di Recife (11), abbiamo potuto osservare un caso flagrante di compassione menzognera. In sintesi, occorreva dar prova di compassione nei riguardi dei medici che avevano praticato un doppio aborto diretto. Bisognava tenere nascosta questa vicenda come se ne tengono nascoste altre (12). Ora, la letteratura medica riporta delle situazioni simili a quella vissuta da « Carmen », la bambina di Recife, ma in cui la vera compassione si è espressa nei riguardi delle giovanissime madri e dei loro figli. La stampa medica dava già conto, nel 1959, dell’esistenza di una trentina di casi conosciuti di gravidanze molto precoci, spesso prima dei 12 anni di età. Il caso più noto è quello di una giovane peruviana, Lina Medina, nata nel 1933, che ebbe le sue prime regole all’età di 8 mesi (sic). All’età di 5 anni e 8 mesi (sic) ella diede alla luce un bambino, Geraldo, che, nel 1954, aveva 15 anni mentre la sua mamma ne aveva 20. I medici avevano diagnosticato, nella madre, una pubertà precoce costituzionale, non patologica.

Ciò che va rimarcato, nella storia di Lina Medina, è precisamente che sono stati i medici a constatare che la gravidanza della bambina non aveva niente di patologico. L’eventualità di un aborto non fu mai presa in considerazione. I medici hanno al contrario dato prova di compassione vera nei riguardi della madre e del suo bambino. Notiamo che questa madre vive tuttora nella periferia di Lima, in Perù. Fino ad oggi, ella non ha mai rivelato il nome del padre di suo figlio. Questo era nato per parto cesareo ed è morto nel 1979 all’età di 40 anni (13).

L’articolo pubblicato da « La Presse Médicale », nella sua edizione del 13 maggio 1939, precisa che il parto, con taglio cesareo, fu operato dal dottor Geraldo Lozada. Il breve articolo del 13 maggio sottolinea che

« La piccola Lina è circondata da cure minuziose. Un comitato di donne si è costituito per assicurare per il presente e per l’avvenire le cure e le condizioni materiali della vita della piccola mamma e del suo futuro bebè ».

L’articolo del 31 maggio 1939, anch’esso del dottor Escobel, si richiama anch’esso alla compassione:

« Si spera che lo Stato e il Focolare della Madre proteggano questa sfortunata bambina, che ha creato in tutti i cuori un moto di simpatia e di pietà, tanto più che il suo piccolo è nato il giorno stesso in cui la nazione peruviana celebrava la Festa della Mamma ».

8) A motivo della sua gravità, anche l’Aids è una malattia che invita alla compassione. Degli organismi pubblici e privati si sono specializzati nella prevenzione e/o nel trattamento di questa malattia. Dei centri di accoglienza e di cura sono stati fondati per accogliere, curare e accompagnare fino alla fikne le persone colpite da questo male. Delle congregazioni religiose, specializzate nelle cure sanitarie, hanno adattato i loro programmi alle situazioni nuove create dalla diffusione di questa pandemia. L’esempio della beata Madre Teresa di Calcutta ha fatto scuola. Ma non tutti sono ispirati dalla compassione esemplare di Madre Teresa.

Nel marzo del 2009, sull’aereo che lo portava in Africa, papa Benedetto XVI è stato attaccato da dei giornalisti perché aveva osato dichiarare che il preservativo non era veramente la soluzione del problema. Sempre pronta ad arricchire la collezione della « storie belge », la camera dei rappresentanti [di Bruxelles], ivi compresi diversi mandatari « cristiani », ha condannato le dichiarazioni « irresponsabili » e « inaccettabili » del papa. È mancato poco che gli onorevoli deputati convocassero una riunione d’urgenza del consiglio di sicurezza dell’ONU! Grazie a Dio, il senato belga non ha seguito la camera dei rappresentanti nel suo delirio anticristiano.

Ma questa stessa camera avrebbe comunque potuto rivendicare la cauzione di qualche eminente ecclesiastico. Tra essi, dei cardinali molto presenti sui media, i cui nomi sono ben noti, hanno curiosamente raccomandato l’uso del preservativo presentando questo come un male minore, il male più grande da evitare essendo il pericolo di contagio mortale in caso di non ricorso a questa precauzione. Il motivo invocato è dunque la compassione.

L’argomentazione di sviluppa abitualmente come segue: essendo la pulsione sessuale irresistibile e incontrollabile, l’uso del preservativo è il solo mezzo efficace per evitare l’Aids. Basta poco perché certi « moralisti » arrivino fino a invocare il quinto comandamento di Dio, « Tu non ucciderai », per presentare l’uso del preservativo come un obbligo morale! Altri moralisti o pastori sviluppano una variante di questa argomentazione: insegnano a peccare senza rischio.

Nel caso dell’Aids, la compassione è dunque invocata a due titoli differenti. Certo, la compassione si rivolge anzitutto ai malati colpiti da questa terribile malattia. Come per tutti quelli che soffrono malattie molto gravi, bisogna badare a che le loro sofferenze siano alleviate, a che essi ricevano le cure igieniche di cui hanno bisogno; occorre dire a loro delle parole di tenerezza: dire a loro la tenerezza degli uomini, ma anche la tenerezza di Dio. Ma nel caso di cui ci stiamo occupando, la compassione è anche invocata in modo menzognero: Il preservativo si impone – si insinua – a motivo dell’incontrollabilità della passione degli uomini, della loro assenza di libertà rispetto alle pulsioni che li assalgono.

Non è nostra intenzione riprendere qui le discussioni sull’Aids, le sue cause, il sjuo trattamento, ecc. Due constatazioni dovrebbero tuttavia far riflettere gli zelatori della falsa compassione. Ricordiamo anzitutto che basta consultare le riviste dei consumatori per apprendere che i preservativi non sono sicuri al 100 per cento. Se non lo sono al 100 peer cento per la contraccezione, perché lo sarebbero per impedire la trasmissione dell’Aids?

Ma c’è un altro aspetto del problema, largamente misconosciuto da molti eminenti pastori-teologi. È quello che gli economisti chiamano effetto rimbalzo. L’immagine della palla che rimbalza è in effetti suggestiva: al termine di una prima parabola, essa tocca il suolo, ma per ripartire subito verso l’alto e più lontano. Due esempi familiari faranno comprendere di che cosa si tratta. L’arrivo delle lampadine economiche è stato salutato con entusiasmo: una lampadina economica di 11 watt fa altrettanta luce di una lampadina classica di 60 watt. Si potrebbe esclamare: « Che risparmio! ». In realtà, si osserva che a motivo del basso consumo di queste lampadine le gente tende a illuminare di più le proprie case moltiplicando le lampadine e aumentando le ore di illuminazione. Le lampadine economiche compensano così i risparmi che esse avrebbero dovuto comportare; esse possono anzi produrre un aumento del consumo di energia.

Altro esempio: alcune automobili, prima dotate di un motore vorace, sono oggi dotate di motori particolarmente sobri. Anche qui, la gente dice: « Che risparmio! ». Ma poiché l’auto consuma, poniamo, 5 litri di benzina invece degli 8 litri dell’auto precedente, la gente scoprirà che viaggiare è diventato meno caro e viaggeranno più di quanto facevano con la loro vecchia macchina. Si viaggia di più con una macchina che consuma di meno. Ne risulta che il risparmio ottenuto con il motore di nuova generazione è compensato da un aumento del numero dei chilometri percorsi e spesso dall’aumento della velocità alla quale si aveva l’abitudine di guidare.

Un terzo esempio di rimbalzo è segnalato da Jacques Suaudeau (14). Da quando le cinture di sicurezza sono diventate obbligatorie in Inghilterra, si è constatato con sorpresa che il numero di incidenti e di vittime è aumentato. Uno studio attento ha rilevato che gli automobilisti credevano di trovare una maggiore sicurezza allacciando le cinture. Ma essi affrontavano anche più rischi, correvano più velocemente di prima. Il beneficio che si attendeva dall’uso delle cinture è stato compensato da un’accresciuta assunzione di rischi.

Il fenomeno del rimbalzo si osserva anche nell’utilizzo del preservativo e nell’incidenza di questo utilizzo sulla diffusione della malattia. Gli eminenti moralisti dovranno tener conto di questo fenomeno. La grancassa mediatica che incita a ricorrere al preservativo per limitare la diffusione dell’Aids ha un effetto perverso: il preservativo dà un falso senso di sicurezza. Ricorrendovi, chi lo utilizza tende a compensare il rischio diminuito dal preservativo moltiplicando i rapporti rischiosi più di quanto lo facesse abitualmente, cambiando i partner, variando i rapporti e avendo le prime relazioni sessuali sempre più presto.

Notiamo che è ciò che ha spiegato il dottor Edward C. Green il 19 marzo 2009, dopo il linciaggio mediatico di cui il papa è stato oggetto in occasione del suo viaggio in Africa:

« I nostri migliori studi [...] mettono in evidenza un’associazione costante tra una maggiore disponibilità e un maggiore uso del condom e un tasso più elevato (non più basso) di contagio dell’Aids. Ciò può essere dovuto in parte a un fenomeno conosciuto come compensazione del rischio, che significa che quando si utilizza una ‘tecnologia’ che riduce il rischio, come i condom, si perde spesso il beneficio (la riduzione del rischio) ‘compensando’ o affrontando rischi più grandi di quelli che si affrontavano senza la tecnologia chje riduce il rischio » (15).

Ecco ancora, a proposito dell’Aids, un esemlio rimarchevole di « compassione » menzognera e violenta. Menzognera poiché poggiata su asserzioni delle quali una persona appena un poco informata può rilevare la falsità. Violenta, poiché nel nome di premesse false si spinge obiettivamente a prendere il rischio di morire e di dare la morte.

9) Si può dare la comunione a dei parlamentari che si dichiarano pubblicamente a favore dell’aborto? A questa domanda, alcuni pastori hanno dato praticamente o teoricamente una risposta affermativa. Bisognerebbe, si dice, avere compassione per questi parlamentari, dilaniati interiormente. Come cristiani, essi dicono, sono certo contrari all’aborto; ma nel dibattito in parlamento votano per la sua legalizzazione. Questi rappresentanti, si dicde, vivono un dramma di coscienza e non bisognerebbe respingerli se si presentano per ricevere la santa comunione. Delle situazioni analoghe si presentano, ad esempio, per dei medici che notoriamente praticano degli aborti, per dei magistrati, dei responsabili politici, ecc. Tutti avrebbero bisogno di conforto spirituale e dovrebbero poter avvicinarsi alla Santa Mensa.

Alcune prese di posizione recenti mostrano che la Chiesa non può approvare questa pseudo-compassione. Citiamone due:

a. Nel novembre del 2009 Juan Antonio Martínez Camino, gesuita, vescovo ausiliare di Madrid e segretario generale della conferenza episcopale spagnola, ricorda che approvando e votando una legge favorevole all’aborto i battezzati si mettono oggettivamente in stato di peccato mortale (16). Coloro che promuovono tali leggi peccano pubblicamente e non possono essere ammessi alla Santa Mensa. Per essere sicuro di essere ben capito, il vescovo ausiliare di Madrid aggiunte che chi afferma che è lecito togliere la vita a un essere umano innocente cade nell’eresia e incorre nella scomunica « latae sententiae » (17).

Il 27 novembre del 2009 l’assemblea plenaria della conferenza episcopale spagnola pubblicava una dichiarazione secondo cui i politici che votano una proposta di legge che liberalizzi l’aborto in Spagna si pongono essi stessi in « uno stato di peccato oggettivo, e se questa situazione si prolunga non possono essere ammessi alla santa comuniione » (18).

b. Domenica 22 novembre 2009 (19) Patrick Kennedy, membro democratico della camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, annuncia che il vescovo di Providence, Thomas J. Tobin, l’ha pregato di astenersi dal ricevere la santa comunione e ha invitato i preti della sua diocesi a non dargliela. Bisogna ricordare che qualche tempo prima di questo divieto, il congressista Patrick Kennedy aveva dichiarato pubblicamente la sua opposizione all’insegnamento della Chiesa sul rispetto della vita.

10) Le trappole della compassione che abbiamo passato in rassegna hanno fatto l’oggetto di parecchie dichiarazioni della più alta importanza da parte di Sua Eccellenza Mons. Raymond L. Burke, prefetto del supremo tribunale della segnatura apostolica e arcivescovo emerito di Saint Louis MO, negli USA. Ci limiteremo a presentare tre di questi documenti.

a. Venerdì 3 maggio 2009 l’arcivescovo Burke pronunciava il discorso principale dell’incontro « Digiuno e Preghiera » che riunisce dei cattolici per pregare per la nazione americana. Questo discorso ha per titolo « Gli insegnamento della Chiesa cattolica » (20). Il prefetto vi analizza le pratiche ostili alla vita, al matrimonio e alla famiglia.

Denunciando la falsa compassione nell’azione dei poteri pubblici, l’arcivescovo sottolinea che gli attacchi contro la vita, il matrimonio e la famiglia minano i fondamenti sui quali sono costruite la nazione americana e le nazioni attaccate a questi stessi fondamenti. Richiama i cattolici – siano essi medici, politici, uomini d’affari, ecc. – a rispettare la legge naturale e la legge divina, che sono nel cuore dell’insegnamento della Chiesa. L’arcivescovo invita alla preghiera, al digiuno, alla confessione, alla santa comunione perché il Signore illumini i leader. Un’attenzione speciale deve essere riservata, nelle università e negli istituti di educazione cattolica, ai giovani. Questi devono essere preparati a riconoscere che là dove Dio è rigettato, la secolarizzazione e il relativismo aprono la porta a leggi e programmi politici immorali. Al contrario, bisogna spingere i legislatori e gli elettori a correggere le leggi gravemente ingiuste.

Infine, « che un dottorato honoris causa sia stato conferito dall’università di Notre Dame a un presidente che promuove aggressivamente un’agenda anti-vita e anti-famiglia è fonte del più grande scandalo ».

b. Il 18 settembre 2009 ,’arcivescovo Burke prendeva la parola al XIV banchetto annuale di partenariato organizzato da « Inside Catholic » (21). Questo discorso è stato pubblicato sotto forma di articolo in « Crisis Magazine », nella data del 26 settembre 2009. Ha per titolo « Riflessioni sulla battaglia per promuovere la cultura della vita ».

L’arcivescovo di offre qui un discorso di una forza eccezionale. Ecco, citate liberamente, alcune idee forza di questo discorso:

« È impossibile essere cattolici praticanti se, nella propria condotta, qualcuno sostiene il diritto all’aborto o il diritto al matrimonio di persone dello stesso sesso. Dobbiamo riconoscere lo scandalo dato da cristiani che omettono di far rispettare la legge mortale naturale nella vita pubblica. Questa omissione ingenera la confusione e induce in errore tutti i cittadini. Con le nostre azioni e le nostre omissioni possiamo condurre degli uomini e delle donne a compiere il male e a peccare, così come a nuocere gravemente ai fratelli, alle sorelle, alla nazione. Nostro Signore è stato inequivoco nel condannare coloro che, con le loro azioni, provocheranno un vero scandalo, cioè precipiteranno gli altri nella confusione o li condurranno a peccare (22). È per questo che la disciplina della Chiesa vieta di dare la santa comunione e di celebrare i funerali religiosi a coloro che persistono, dopo essere stati ammoniti, nel violare gravemente la legge divina (23). Certo, la Chiesa affida ogni anima alla misericordia di Dio [...], ma questo non la dispensa dal proclamare la verità della legge divina. Quando qualcuno ha pubblicamente aderito e coopera a degli atti colpevoli, [...] anche il suo pentimento da tali azioni deve essere pubblico ».

Chiamando le cose col loro nome, l’arcivescovo Burke non  esita ad andare al fondo del problema:

« Si vede all’opera la mano del Padre della Menzogna nel poco di attenzione portata alla situazione di scandalo, o nel fatto che sono ridicolizzati o persino censurati coloro che subiscono gli effetti dello scandalo ».

c. Il 29 settembre 2009 l’arcivescovo Burke interveniva per prendefre la difesa dei militanti pro-life che protestavano contro lo scandalo dei funerali grandiosi e molto pubblicizzati celebrati per il senatore Ted Kennedy (24). Questo senatorte « cattolico » si era spesso distinto per le sue posizioni inaccettabili in materia di rispetto della vita e della famiglia. Alcuni cattolici, presi da compassione per il senatore, se l’erano presa vivamente con i militanti pro-vita e pro-famiglia, accusandoli tra l’altro di rompere l’unità della Chiesa. La messa a punto dell’arcivescovo non doveva farsi attendere:

« Una delle ironie della situazione presente è che uno che prova scandalo di fronte ad azioni pubbliche gravemente colpevoli di un altro cattolico è accusato di mancare di carità e di causare una divisione nell’unità della Chiesa.

« In una società il cui pensiero è governato dalla ‘tirannia del relativismo’ e nella quale il politicamente corretto e il rispetto umano sono gli ultimi criteri di ciò che si deve fare e di ciò che si deve evitare, l’idea di indurre qualcuno in un errore morale ha poco senso. [...] Ciò che causa meraviglia in una tale società è il fatto che vi sono di quelli che omettono di osservare il politicamente corretto e che, per ciò stesso, sembrano perturbare la sedicente pace della società. Tuttavia, mentire od omettere di dire la verità non è mai un segno di carità ».

Una domanda ineludibile

La pseudo-compassione, spesso invocata a favore di autori di atti in sé cattivi, come l’aborto, conduce dunque allo scandalo; invita gli altri a peccare gravemente. Lo scandalo è la prima cosa da evitare (25). La pseudo-compassione conduce anche all’eresia, alla divisione nella Chiesa, poiché incita i fedeli a staccarsi da un punto non negoziabile della dottrina della Chiesa: il dovere di rispettare la vita innocente. La pseudo-compassione potrebbe condurre a una situazione nella quale la dottrina della Chiesa e la morale naturale risulterebbero da una procedura consensuale e si formulerebbero in compromessi.

Alcuni, ingannati dalla pseudo-compassione nei riguardi di coloro che peccano pubblicamente contro la vita, ritengono che la Chiesa è, su queste questioni, troppo severa. La Chiesa, in effetti, si esprime con chiarezza: « Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti [...] e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto » (26). Ora, se si tiene presente il carattere menzognero e violento della pseudo-compassione, si ci si accorgerà subito che questa severità non è che apparente, che è essa stessa un’alta espressione della carità. Essa è un appello urgente al cambiamento di vita. Il rifiuto di dare la comunione per le ragioni che abbiamo richiamato non è che l’espressione dell’amore della Chiesa per i più deboli e l’invito al pentimento rivolto a coloro che rischiano di restare incatenati ai loro peccati e di incatenare gli altri.

Rimane una domanda delicata ma ineludibile. Poiché, nelle condizioni ricordate, la santa comunione deve essere rifiutata a un laico, il codice di diritto canonico prevede delle misure di sospensione, per il doppio motivo dello scandalo e dell’eresia, per i chierici che manifestano pubblicamente la loro pseudo-compassione per chi compie aborti?

Louvain-la-Neuve, gennaio 2010

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(1) « Le Monde » del 19 novembre 2009 titolava vistosamente in prima pagina: « Il peso della natalità minaccerebbe il clima ». Il seguito di questo articolo dovuto a Grégoire Allix appariva a p. 4 sotto il titolo: « Limitare le nascite, un rimedio al pericolo climatico? La Nazioni Unite fanno appello alla presa in considerazione della questione demografica al vertice di Copenaghen ».

(2) Cf. a questo proposito il nostro libro « La face cachée de l’ONU », pp. 61-70. Questo capitolo è intitolato: « La Carta della terra e l’imperativo ecologico ». Vedi ciò che scrive san Paolo su questo tema, in Romani 8, 18-22.

(3) Il caso riguarda una bambina di 9 anni, « Carmen », stuprata dal suo patrigno e trovatasi incinta di due gemelli. Malgrado gli appelli alla compassione lanciati da Dom José Cardoso Sobrinho (all’epoca arcivescovo di Recife) a da suoi collaboratori, la bambina è stata sottoposta a un doppio aborto, tra l’altro sotto la pressione di movimenti femministi radicali. Curiosamente, Dom Cardoso è stato sconfessato da un dignitario ecclesiastico romano, che ha tentato di far valere che coloro che volevano proteggere i gemelli avevano mancato di « compassione » per i medici che avevano praticato l’aborto, i quali « avevano dovuto prendere una decisione difficile ».

(4) Vedi a questo proposito « La Libre Belgique » del 14 novembre 2009 e « Le Monde » del 16 novembre 2009.

(5) Cf. Matteo 19, 1-9; Marco 10, 1-12; Luca 16, 18.

(6) Cf. in particolare Genesi. 1, 28; 2, 18-24; cf. Giovanni 1, 1.

(7) Cf. Matteo 19, 10.

(8) Cf. Genesi 19, 1-29; Romani 1.

(9) Cf. Luca 7, 36-50, o la scena che svolge a casa di un fariseo; 15, 3-32; 19, 1-10; 23, 40-43.

(10) In collaborazione con Klaudia Schank, abbiamo tradotto e presentato questo libro: « Euthanasie: Le dossier Binding et Hoche. Traduction de l’allemand, présentation et analyse de ‘Libéraliser la destruction d’une vie qui ne vaut pas d’être vécue’. Texte intégral de l’ouvrage publié en 1922 à Leipzig », Paris, Éd. Le Sarment-Fayard, 2002, 138 pp. ISBN: 2-866-79329-3.

(11) Cf. sopra, n. 3.

(12) Vedi sopra, al n. 3, i casi di pedofilia.
 
(13) Vedi su questo tema « La plus jeune mère du monde », breve articolo in « La Presse médicale », Paris, 13 mai 1939, p. 744; vedi anche la lettera del dottor Edmundo Escobel (Lima), « La plus jeune mère du monde », in « La Presse médicale », Paris, 31 mai 1939, p. 875. Questo caso è anche riferito nel lavoro di  Rodolfo Pasqualini, « Endocrinología », Buenos Aires, Editions El Ateneo, 1959. Vedi specialmente le pp. 684-686. Pasqualini cita l’articolo di Escobel a p. 686.

(14) Vedi Jacques Suaudeau, articolo « Sexualité sans risques », pp. 905-926 del « Lexique des termes ambigus et controversés » del consiglio pontificale per la famiglia, del 2005.

(15) Edward C. Green è direttore dell’AIDS Prevention Project allo Harvard Center for Population and Development Studies. Il testo citato si trova in http://www.lifesitenews.com/ del 19 marzo 2009, dove si trovano anche altre informazioni.

(16) Fonte: http://www.elmundo.es/, dispaccio del 12 novembre 2009. Vedi anche http://www.sectorcatolico.com/, dispaccio del 30 dicembre 2009.

(17) Cf. Codice di diritto canonico, 751; 1364, § 1; 1398.

(18) Cf. http://www.lifesitenews.com/, 27 novembre 2009. La posizione esente da ambiguità riaffermata dalla conferenza episcopale spagnola tramite il suo segretario generale Mons. Martínez Camino è stata di nuovo riaffermata da Isidoro Catela Marcos, direttore dell’ufficio informazioni della CEE. Vedi il sito ACI Prensa: http://www.aciprensa.com/, dispaccio del 4 gennaio 2010, che a sua volta rinvia a http://www.conferenciaepiscopal.es

(19) Vedi nel sito di « The Providence Journal »: http://www.projo.com/ del 23 novembre 2009, l’articolo di John Mulligan, « Kennedy: Barred from Communion ».

(20) Il testo completo si trova in http://www.lifesitenews.com/ dell’8 maggio 2009.

(21) Il testo è stato pubblicato dal sito internet http://insidecatholic.com con la data del 26 settembre 2009.

(22) Cf. Luca 17, 1-2.
 
(23) Codice di diritto canonico, 915; 1184, § 1, 3°.

(24) Cf. l’articolo di John-Henry Westen, « A Vatican Archbishop: Kennedy Funeral Critics Not Hurting Unity but Helping Church », su LifeSiteNews.com, 29 septembre 2009. Les citazioni sono tratte da questo articolo.

(25) Luca 17, 1 s.

(26) Cf. Canone 915.

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I tre servizi di www.chiesa dedicati al caso della bambina brasiliana, con l’articolo di Fisichella, la replica dell’arcidiocesi di Recife e la « Chiarificazione » della congregazione per la dottrina della fede:

> Ritrattazioni. Il Sant’Uffizio dà una lezione a monsignor Fisichella (10.7.2009)

> Il caso di Recife. Roma ha parlato, ma la causa non è finita (3.7.2009)

> Mine vaganti. In Africa il preservativo, in Brasile l’aborto (23.3.2009)

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Va aggiunto che la pubblica sconfessione dell’arcivescovo di Recife prodotta dall’articolo di monsignor Fisichella su « L’Osservatore Romano » del 15 marzo 2009 mise in seria difficoltà l’episcopato brasiliano nel suo insieme, impegnatissimo in una battaglia con il governo del presidente Luiz Inácio Lula da Silva proprio in materia di aborto.

I promotori dell’aborto ebbero facile gioco a dire che i vescovi del Brasile « non avevano più l’appoggio del Vaticano ».

La battaglia tra i vescovi e il governo è tuttora in pieno svolgimento. Basti citare queste poche righe da « L’Osservatore Romano » del 5 febbraio 2010:

« Con la legalizzazione dell’aborto, il matrimonio tra persone dello stesso sesso – alle quali è stato garantito il diritto alle adozioni – e altre misure ‘progressiste’, il governo del presidente Luiz Inácio Lula da Silva minaccia la pace sociale. Lo afferma un documento emesso da 67 vescovi della Chiesa brasiliana dopo un incontro pastorale a Rio de Janeiro. Molti vescovi brasiliani hanno reagito duramente al decreto di creazione del ‘programma di diritti umani’ firmato nel dicembre scorso dal presidente Lula, che fra le altre misure proibisce l’esibizione di simboli religiosi e quindi del crocifisso in luoghi pubblici. L’istanza  ha innescato dure critiche da parte della conferenza nazionale dei vescovi del Brasile ».

Publié dans:Sandro Magister |on 8 février, 2010 |Pas de commentaires »

Aborto: la sconfitta dell’Europa

dal sito:

http://www.zenit.org/article-21299?l=italian

Aborto: la sconfitta dell’Europa
Commento al Messaggio per la Giornata per la Vita 2010

di Carlo Casini*

ROMA, domenica, 7 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Il titolo è bellissimo: “La forza della vita sfida nella povertà”. Mi ha fatto subito venire in mente mia madre e mio padre. Lui manovale delle ferrovie, morto il primo luglio 1938 in un infortunio sul lavoro; lei, come allora si diceva, atta a casa.

Nove figli, di cui otto viventi al momento in cui mia madre rimaneva vedova: la più grande 17 anni, la più piccola un anno e mezzo. Io avevo tre anni. Nessuno lavorava. Nessuna ricchezza se non la fede in Dio, che nella mia casa si chiamava “Provvidenza”, e l’amicizia della comunità degli uomini, in primo luogo quella cristiana.

Pensando alle giornate di mia madre (nella guerra, nella malattia, nel dolore) iniziate sempre con la Santa Messa all’alba (perché allora si celebrava anche alle cinque del mattino) ho subito pensato: “E’ proprio vero: la forza della vita!”.

Supero quel tanto di pudore imposto dal carattere personale e familiare di questa memoria non solo per rendere omaggio ai miei genitori. Mi aiuta in questo Madre Teresa di Calcutta che spesso iniziava i suoi discorsi per celebrare la vita rivolgendo un ringraziamento a tutti i genitori delle persone presenti.

In realtà credo di evocare una esperienza molto comune. L’esperienza di una straordinaria forza della vita capace di superare le difficoltà più gravi, tra le quali quelle economiche che non sempre sono le più pesanti. L’esperienza di una forza invincibile Se nella mente e nel cuore la vita diviene la Vita (con la maiuscola).

Mi pare bello e giusto richiamare questa esperienza – certamente anche quella di molti lettori – in un tempo e in un luogo tanto ricchi di beni, quanto incontentabili e tristi. Parlo dell’Occidente, dove gli uomini vengono spesso chiamati “consumatori” quando si analizzano le crisi economiche e si progetta il progresso.

Non voglio ignorare certo la povertà vera e talora disperata, nemica della vita, ma prima voglio capire bene il senso della sfida tra la vita e la povertà. Perciò corro col pensiero in luoghi del mondo dove l’indigenza è generale, dove si mangia una volta al giorno e i vestiti durano una vita. Ci sono tanti bambini. Molti più che da noi. E’ saggezza la nostra preoccupazione per il secondo o terzo figlio ed è stoltezza il generare senza calcolo tra le malattie e la fame?

Un tempo i demografi rispondevano concordemente di sì e paragonavano la bomba atomica alla “bomba demografica”, causa – dicevano – di sottosviluppo, di morte, di disastri ecologici. Ma oggi, almeno per l’Occidente, tutti hanno cambiato opinione: “l’inverno demografico” mette a rischio l’esistenza stessa dei popoli, prepara il fallimento degli Stati, frena l’innovazione. Un milione e trecentomila bambini distrutti legalmente prima di nascere ogni anno con l’aborto nell’Unione europea non sono solo un problema morale.

Anche accantonando per un momento il ruolo dei diritti umani nella costruzione della società; anche limitando lo sguardo alla dimensione economico-sociale il problema appare chiaramente grave e politico. Giovanni Paolo II non ha esitato a chiamare l’aborto legale e di massa “la sconfitta dell’Europa”.

Invece in un futuro non lontano i popoli del così detto Terzo Mondo irromperanno impetuosamente sulla scena mondiale. E’ la forza della vita nella povertà. Non si tratta, certo, di giustificare l’ingiustizia degli attuali rapporti tra paesi ricchi e paesi poveri, né di rinunciare all’idea di una procreazione cosciente e responsabile. Si tratta, invece, di scoprire un collegamento tra i figli e la speranza. Sebbene in modo spesso irriflesso, proprio i poveri più dei ricchi collocano il loro sogno in un mondo futuro, che magari essi non vedranno. In ogni caso oggettivamente la vita va avanti.

C’è poi l’esperienza dei nostri Cav. La causa economica della propensione all’aborto è indicata spesso. Il nostro rapporto “Trenta anni a servizio della vita” del 2008 documenta che le madri che nel corso degli anni si sono rivolte ai nostri centri hanno lamentato la difficoltà economica in una percentuale variante tra il 20% e il 44%. Ma le operatrici e gli operatori dei Cav testimoniano anche l’irriducibile coraggio di donne disposte persino a rischiare la vita pur di far nascere il loro bambino.

Testimoniano la giovinezza ritrovata – con la sua capacità di sorriso e di fiducia – quando il figlio è accolto nonostante tutto e tutti dopo le prime esitazioni e disperazioni. Testimoniano che solo la presenza del figlio nella mente e nel cuore della madre fa scattare la molla del coraggio e che, d’altra parte, molto spesso la vita del figlio rigenera la vita stessa della madre e, talvolta, dei suoi stessi familiari.

Testimoniano che “le difficoltà della vita non si superano sopprimendo la vita, ma superando insieme le difficoltà” e che l’“insieme” che crea la solidarietà è determinato soprattutto dalla contemplazione della vita che la madre povera (nei molti sensi in cui si può essere ‘poveri’) porta in sé.

Ultimamente, insomma, è la forza della vita che salva la vita. La “necessità” di abortire – questa la nostra esperienza – non è tanto determinata dalla povertà materiale, quanto dall’annebbiamento del valore della vita. Noi proviamo dolore quando il nostro insistere nel proclamare la dignità piena della vita anche appena concepita viene accusata di astrattezza.

Altri – ci dicono – sono i problemi concreti della gente. Date casa, lavoro, sicurezza e vedrete che la vita sarà più rispettata. Eppoi la vita è di tutti – non solo del concepito. Perché non vi impegnate per tutta la vita, anche di coloro che sono già nati? Che cosa fate concretamente per i figli che avete fatto nascere, quando essi divengono ragazzi? Rispondiamo come la Pira. Accusato di essere un visionario, replicava: io sono anche un ragioniere, so fare i calcoli, sono un costruttore della città.

Così noi rispondiamo: certo, la vita è tutta la vita, ci sono problemi enormi generali. Cerchiamo di fare ciò che possiamo anche in termini concreti per tradurre in azione l’annuncio: lo testimoniano le case di accoglienza e gli oltre centomila bambini nati anche per il sostegno operoso dei Cav. Ma per risolvere i problemi generali e di tutti è necessaria la mobilitazione della intera società. Ci vuole un edificio nuovo. Noi mettiamo la prima pietra. Ecco: la prima pietra di un generale rinnovamento civile e morale.

Diceva Madre Teresa: “se accettiamo che una madre possa sopprimere il proprio figlio, che cosa ci resta?”. Cioè: “se non diciamo nulla, se non facciamo nulla per aiutare i più piccoli e deboli (sono i concepiti, ma anche molto spesso le loro madri schiacciate dalla solitudine se non addirittura dalla pressione dell’ambiente) come faremo ad avere l’energia e la forza necessaria per cambiare il mondo?”.

Davvero la questione della vita è diventata oggi la questione sociale. Ci conforta in questo senso l’insegnamento di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Ci rallegra che movimenti avvezzi per la loro origine e la loro storia a difendere i lavoratori pongano oggi a tema la vita come questione sociale. La forza della vita. La prima pietra della questione sociale.

La diffusa decadenza spirituale è sotto gli occhi di tutti. Soprattutto nel campo familiare. Dalle colonne dei giornali i “saggi” irridono una Chiesa che continua a predicare una morale, che – così dicono – nessuno ascolta più. L’aria è impregnata da un pansessualismo pornografico ideologico che è causa non secondaria di tanto rifiuto di responsabilità verso la vita umana.

Sorge spontanea la domanda: se è giusto non distruggere il modello di famiglia cosiddetto “tradizionale”, da dove ricominceremo? Come, liberati dai tabù di un tempo, recupereremo la bellezza e la gioia del matrimonio, dell’amore fedele, della castità? Accanto ad una povertà materiale c’è una indigenza spirituale.

Molti pensano che occorra agire sulle cose per avere una qualche speranza di ascolto dei valori. Naturalmente c’è del vero in questo; ma c’è un intreccio più complesso che dobbiamo scoprire. Dobbiamo continuamente chiedere una nuova politica della famiglia, ma dobbiamo essere accorti: parlare, ad esempio, di casa per i giovani che intendono sposarsi o di lotta contro la disoccupazione, etc. non deve essere uno strumento di censura per non sentire il grido dei bambini eliminati in massa a causa di una cultura della scissione che separa il sesso dalla generazione, il sesso dalla famiglia, la famiglia dal matrimonio.

Anzi è proprio questo grido che deve dare più grande consistenza agli sforzi per risolvere i problemi della casa, del lavoro, etc. Del resto non è vero che tra i poveri di cose materiali la indigenza spirituale, sia più diffusa che tra i ricchi, specie in materia di morale familiare. Molti pensano che non valga la pena parlare troppo del valore della vita se prima non si ricostruisce una cultura della famiglia.

E se fosse vero l’inverso? Che, cioè, proprio a partire dalla contemplazione del bambino non ancora nato, realtà irresistibile sol che non si rivolga altrove lo sguardo, è possibile penetrare un po’ nel significato misterioso della sessualità, dell’amore e della famiglia e trovare così la forza di una coerenza di mente e di azione?

La più grande povertà è quella di chi crede che il non senso sia il senso dell’universo, della storia, della propria vita personale. Se la pietra tombale è l’esito della vita, allora non vale la pena programmare il futuro rinunciando a qualcosa del presente. Lo stordimento del possesso di cose e del piacere che ne può conseguire è lo scopo prammatico del vivere nell’immediato e nel progetto di futuro.

Questa povertà è vinta non soltanto dalla luce abbagliante della Rivelazione ma anche in chi ritiene di non avere il dono della fede, dalla percezione di essere all’interno di un mistero grandioso e stupefacente nel quale c’è ampio spazio per una risposta di senso positivo almeno sperato, intuito, postulato, scommesso. Nel nostro tempo questa speranza viene formalmente ripetuta tutte le volte che nelle carte dei diritti umani, nelle Costituzioni e nelle leggi proclamiamo la uguale dignità di ogni essere umano, che è come dire che il vivere di ogni uomo è un valore supremo nell’ordine del creato.

Sotto questo riguardo la contemplazione dell’uomo nella sua povertà più totale, come quando è appena concepito (o sta per morire) può essere la prima pietra di un cammino spirituale, al termine del quale c’è il Padre a attendere con le braccia aperte.

“L’uomo è la via della Chiesa”: è stata la parola d’ordine di Giovanni Paolo II. Il mistero della vita facilmente constatabile guardando negli occhi un bimbo, od anche una semplice ecografia di un embrione, ci fa intuire l’intelligenza e la bellezza di una potenza creatrice e ordinatrice. La forza della vita, anche nella povertà, parla di Dio.

Che cosa è la povertà? E’ privazione del necessario. Cosa è più necessario della vita? Niente. Ancora Madre Teresa di Calcutta diceva che il bambino non nato, minacciato di essere abortito, è il più povero tra i poveri. L’uomo comincia la sua esistenza nella nudità più assoluta. Non possiede nulla se non la sua qualità di essere umano. E’il totalmente dipendente. La sua unica possibilità è l’accoglienza e l’amore della mamma.

Abbiamo già citato la cifra conosciuta dei poveri eliminati legalmente ogni anno: 1.300.000 nei 27 paesi dell’Unione Europea; 130.000 in Italia; dicono 40.000.000 nel mondo. Possiamo parlare di povertà e non pensare a loro? C’è una vecchia questione che ci tormenta: come far pensare a loro? Come affrontare la sfida? Tirando pugni nello stomaco oppure risvegliando coscienze, stupori, riconoscimenti, amori e coraggi assopiti?

Il movimento per la vita ha sempre scelto la seconda linea. Ci sono i momenti in cui il linguaggio deve essere duro, ma, di regola, preferiamo mostrare la meraviglia della vita umana piuttosto che l’orrore dell’aborto. Ce lo suggeriscono le lacrime di tante giovani donne. Anche nel dibattito culturale e politico vale il proverbio che persuade di più un cucchiaio di miele che un fiasco di aceto: il silenzio, la censura, l’irrisione e persino la violenza verbale di tanti possono essere interpretati come il riflesso della inquietudine di chi, in definitiva, si riconosce nella logica dei diritti umani e nel fondo del suo cuore sa che l’argomento della vita è irresistibile. Se la sfida è accettata la forza della vita vince.

Ma, in nessun caso, proprio per questo, la scelta di un linguaggio maieutico di accompagnamento più che di scontro può dimenticare che il bambino è sempre bambino anche prima di nascere, uno di noi, un figlio, una persona. Per questo 32 anni fa fu istituita la Giornata della vita. Nel corso dell’anno tante altre giornate ecclesiali impegnano i credenti e i non credenti in un servizio di vario genere in favore delle più diverse categorie di “poveri”. La prima domenica di febbraio ha il compito specifico di ricordarci lui: il più piccolo e il più povero.

Tanti anni sono passati, ma la Chiesa non si rassegna alla assuefazione. Proprio per questo si scrisse allora, subito dopo l’approvazione della ingiusta legge 194, che la giornata avrebbe dovuti dimostrare che “la Chiesa non si rassegna e non si rassegnerà mai”, affinché nonostante la legge, a difendere la vita resti, almeno, il baluardo della coscienza. E prenda vigore, ogni anno di più, quella solidarietà concreta verso le madri in difficoltà, che testimoniando con i fatti l’amore alla vita, penetri nelle coscienze assopite e vi risvegli la forza della vita.

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*Carlo Casini è Presidente del Movimento per la Vita italiano.

Publié dans:ABORTO E PROCREAZIONE |on 8 février, 2010 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno Lemur-m

Lemur, Los Angeles Zoo

http://www.ics.uci.edu/~eppstein/pix/lazoo/index.html

Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 8 février, 2010 |Pas de commentaires »

San Gregorio Magno : « Quanti lo toccavano guarivano »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100208

Lunedì della V settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 6,53-56
Meditazione del giorno
San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa
Commento sul salmo 50, PL 75,581-582

« Quanti lo toccavano guarivano »

        Poniamo davanti al nostro sguardo interiore un ferito grave, sul punto di rendere l’ultimo respiro. La ferita dell’anima è il peccato, di cui parla la Scrittura in questi termini : « Ferite e lividure e piaghe aperte che non sono state ripulite, né fasciate, né curate con olio » (Is 1, 6). Riconosci dentro di te il tuo medico, o ferito, e scopri perché egli le veda, le piaghe dei tuoi peccati. Lascia che lui, che conosce ogni pensiero segreto, oda il gemito del tuo cuore. Che le tue lacrime lo commuovano. Che ci sia perfino un po’ di testardaggine nella tua richiesta. Senza sosta lascia salire dal tuo cuore verso di lui, profondi sospiri. Il tuo dolore giunga a lui affinché, anche a te, dica : « Il Signore ha perdonato il tuo peccato » (2 Sam 12, 13). Grida con Davide. Senti ciò che ha detto : « Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia » (Sal 50, 3).

        È come se dicesse : « Sono in grave pericolo a causa di una ferita mortale, che nessun medico può guarire, a meno che il medico onnipotente non venga in mio soccorso ». Per questo medico onnipotente, nulla è incurabile. Egli cura gratuitamente ; con una parola rende la salute. Dispererei a causa della mia ferita, se io non mettessi, in anticipo, la mia fiducia nell’Onnipotente.

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 8 février, 2010 |Pas de commentaires »

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