Archive pour le 5 février, 2010

Mat-01,18-Joseph dream-Reve de Joseph

Mat-01,18-Joseph dream-Reve de Joseph  dans immagini sacre 17%20CHAMPAIGNE%20THE%20DREAM%20OF%20JOSEPH

http://www.artbible.net/3JC/-Mat-01,18-Joseph%20dream-Reve%20de%20Joseph/index.html

Publié dans:immagini sacre |on 5 février, 2010 |Pas de commentaires »

Il Cardinale Cordes invita a vivere la giustizia dei primi cristiani

dal sito:

http://www.zenit.org/article-21266?l=italian

Il Cardinale Cordes invita a vivere la giustizia dei primi cristiani

Durante la presentazione del Messaggio del Papa per la Quaresima 2010

di Carmen Elena Villa

CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 4 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Il presidente del Pontificio Consiglio « Cor Unum », il Cardinale Paul Josef Cordes, ha sottolineato come i primi cristiani, seguendo l’esempio di Gesù, si facessero carico delle necessità dell’uomo.

Il porporato, presidente del dicastero incaricato di orientare e ispirare l’opera caritativa della Chiesa, è intervenuto questo giovedì mattina a una conferenza stampa organizzata nella Santa Sede per la presentazione del Messaggio di Papa Benedetto XVI per la Quaresima 2010.

La giustizia nella storia

Il Cardinale ha ricordato che Papa Callisto I, morto nel 222, « istituì una sorta di banca dei poveri » che metteva le vedove e gli orfani al riparo dagli usurai impedendo che fossero ridotti in schiavitù.

Ha anche segnalato come Basilio di Cesarea, morto nel 779, sia stato « il primo a fondare ospedali » e sia diventato « avvocato di tanti oppressi di fronte ai potenti ».

Durante il Medioevo, ha proseguito, nonostante questo periodo sia considerato da molti storici un periodo « buio », si sviluppò la cosiddetta Tregua Dei. « Gli uomini di Chiesa mettevano al sicuro i beni della gente semplice di fronte alla nobiltà » e promuovevano « il desiderio entusiastico di una convivenza pacifica ». La Tregua Dei ebbe origine in Francia e poi si estese in Spagna, Italia e Germania.

Nella modernità, quando alcuni Paesi europei avevano molte colonie, non di rado gli uomini erano sottoposti a un crudele sfruttamento. « Missionari cristiani e religiose non solo portarono agli abitanti di quelle terre la fede, ma insegnarono loro spesso anche stile e qualità di vita ».

Molti Governi, ha riconosciuto, « hanno imparato a fare qualcosa contro la miseria nei Paesi lontani ».

« Nel passato i cristiani erano tra i primi a farsi promotori di una maggiore giustizia ». « Nel loro impegno a favore della pace non hanno nulla da invidiare all’efficacia del lavoro delle istanze statali ».

Giustizia divina

Per questo, ha affermato che il problema della giustizia « non può essere risolto soltanto con interventi mondani », ma « va oltre le categorie politiche ».

Si è quindi riferito al Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima, osservando che questo supera « l’orizzonte meramente mondano nel rivendicare la giustizia ».

« L’esperienza del male ci insegna che sarebbe ingenuo affidarsi solamente alla giustizia umana che interviene sulle strutture e sui comportamenti dall’esterno », ha detto il Cardinale, sostenendo che il cuore dell’uomo « ha bisogno di essere sanato ».

Il porporato ha poi segnalato che le parole del Papa sono « una sfida alla nostra volontà a fidarsi di Dio e a credere in Lui ».

Allo stesso modo, ha avvertito che questo messaggio « può sembrare solo irritante, visto che sperimentiamo di continuo che solo ciò che ci siamo guadagnati con le nostre forze ci appartiene e che niente ci viene regalato; visto che veniamo ignorati se non alziamo la voce per rivendicare ciò che è nostro ».

Il Cardinale Cordes ha quindi concluso il suo intervento ricordando che nella vita ordinaria Dio viene messo da parte e per questo la visione della giustizia risulta non di rado terrena.

« Un’altra volta scopriamo che il Vangelo non si trova in sintonia con il buonsenso borghese e deve per questo essere proclamato sempre di nuovo », ha dichiarato.

Publié dans:Cardinali |on 5 février, 2010 |Pas de commentaires »

La forza della Vita nella debolezza (omelia per la V domenica del Tempo Ordinario)

dal sito:

http://www.zenit.org/article-21273?l=italian

La forza della Vita nella debolezza

V domenica del Tempo Ordinario, 7 febbraio 2010

di padre Angelo del Favero*

ROMA, venerdì, 5 febbraio 2010 (ZENIT.org).-“Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennesaret, vide due barche accostate alla sponda.(…) Quando ebbe finito di parlare disse a Simone: ‘Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca’. Simone rispose: ‘Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti’. Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: ‘Signore allontanati da me perché sono un peccatore’.(…) E tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono” (Lc 5,1-11).

“Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; (…) E dissi: ‘Ohimè! Io sono perduto…’(…) Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò le labbra e disse: ‘Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato’. Poi udii la voce del Signore che diceva: ‘Chi manderò e chi andrà per noi?’. E io risposi: ‘Eccomi, manda me!’” (Is 6,1-8).

“Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto… (…) Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (1 Cor 15,1-10).

Il messaggio della XXXII Giornata per la Vita (La forza della vita, una sfida nella povertà), è stato consegnato dal Signore Gesù a Paolo, duemila anni fa, con queste parole: “Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. Ricevuto il messaggio, l’apostolo ne ha rilanciato la sfida al mondo intero proclamando: “Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo” (2 Cor 12,9).

La parola chiave di questo straordinario versetto paolino è “debolezza”. Non significa semplicemente ‘poca forza’, ma totale insufficienza di forze di fronte alla prepotenza dell’avversario: la debolezza disarmata di Davide davanti a Golia, una sfida che Dio solo può vincere.

“Debolezza” è anche la parola chiave delle Letture di oggi. E’ la debolezza fisica dei pescatori del lago di Gennèsaret, che avendo faticato invano tutta la notte, accettano la sfida della fede nella Parola di Gesù: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”(Lc,5,4); la debolezza morale del profeta Isaia, che pur consapevole di essere uno strumento inadeguato (“Ohimè, io sono perduto perché sono un uomo dalle labbra impure…” – Is 6,5) crede nel potere purificante della Parola e accetta prontamente la sfida della missione divina: “Eccomi, manda me!” (Is 6,8); la debolezza spirituale di Paolo, il quale, consapevole di essere “il più piccolo tra gli apostoli,..” (1 Cor 15,9), accetta la sfida della propria indegnità, confidando totalmente nella grazia di Dio che lo ha trasformato: “..non io, però, ma la grazia di Dio che è con me” (1Cor 15,10).

La sera del 5 aprile di cinque anni fa, sotto gli occhi del mondo intero, moriva un uomo forte come l’apostolo Paolo, da tempo divenuto debole come Gesù crocifisso. Quest’uomo era un profeta, un profeta venuto da lontano di nome Karol, purificato fin da bambino nel crogiuolo della sofferenza per essere il futuro Giovanni Palo II, il “Papa della vita”. Dopo la sua nascita al Cielo, tutti i confini della terra hanno veduto realizzarsi nella sua persona il versetto di 2Cor 12,9.

La debolezza della vita vincerà la sfida con le forze della morte solamente se gli uomini ascolteranno la voce profetica di quest’uomo divenuto Papa: “Ritroviamo, dunque, l’umiltà e il coraggio di pregare e digiunare, per ottenere che la forza che viene dall’Alto faccia crollare i muri di inganni e di menzogne, che nascondono agli occhi di tanti nostri fratelli e sorelle la natura perversa di comportamenti e di leggi ostili alla vita, e apra i loro cuori a propositi e intenti ispirati alla civiltà della vita e dell’amore” (Enciclica “Evangelium vitae”, n. 100).

Karol Wojtyla è un uomo che Dio ha sempre più ricolmato della sua Presenza. Egli ha riversato tale abbondanza di Vita nella sua enciclica più essenziale, “Il Vangelo della vita”, testamento perenne del suo cuore di padre, nella quale fin dalla prima pagina trapela un implicito riferimento alla sua persona e alla sua missione. Scrive infatti all’inizio: “Presentando il nucleo centrale della sua missione redentrice, Gesù dice: ‘Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza’ (Gv 10,10)” (E.V., n.1). Giovanni Paolo II è un Papa la cui missione può essere definita da queste stesse parole di Cristo, riferite anche a lui stesso. Egli è venuto per annunciare, celebrare e servire il Vangelo della vita, “quella vita ‘nuova’ ed ‘eterna’, che consiste nella comunione con il Padre, a cui ogni uomo è gratuitamente chiamato nel Figlio, per opera dello Spirito Santificatore; proprio in tale ‘vita’ acquistano pieno significato tutti gli aspetti e i momenti della vita dell’uomo” (E.V., n.1).

La pienezza di questo divino compimento della vita umana è il messaggio da diffondere e testimoniare, oggi e sempre, per mezzo di ogni iniziativa tesa a promuoverne la cultura, non senza “ricordare a tutti quelli che lottano per la vita, che la cultura della vita esiste non per indebolire i cultori della morte, ma per salvarli, per offrire loro nuovi segni di speranza. La cultura della vita lavora per la crescita della giustizia e della solidarietà, cerca di costruire un’autentica civiltà della vita e dell’amore.(…)” (da G. Herranz, Pontificia Accademia Pro Vita, “La cultura della vita: un impegno affermativo”).

Il motto divino di tali infaticabili lottatori dovrebbe essere questo: “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori” (Salmo 127/126, v.1). Cosa significa, per i costruttori della cultura della vita, lasciare che sia il Signore a costruire la casa? Lo spiega il citato documento della PAV, ricavando dall’enciclica E.V. una duplice risposta.

Anzitutto significa porre il fondamento della verità della vita: “Una ricerca sistematica nel testo dell’Evangelium Vitae della parola “verità” e dei termini imparentati, ci mostra in modo palese che il Santo Padre pone la verità come un elemento essenziale della teoria e la pratica della cultura per la vita. Ci parla del valore fondamentale della verità nella diffusione del Vangelo della vita, perché è soltanto attraverso un profondo rapporto con la verità che l’uomo riesce a scoprire e a diffondere il rispetto per l’umanità di ogni essere umano.(…) La cultura della vita è una cultura di verità e amore. Quindi solo nell’onestà intellettuale, nella ricerca della verità, nello sforzarsi ad amare e perdonare, i movimenti a favore della vita troveranno il loro spazio intellettuale ed etico. (…) Penso che abbiamo un obbligo particolare di aiutare a costruire una cultura della vita che sia solidamente fondata sulla valutazione amorosa ed intelligente, critica e gioiosa della verità della vita umana” (id.).

Quest’appello alla verità, io credo, richiama in primo luogo alla conversione personale. Lo suggerisce, oggi, il racconto della vocazione del profeta Isaia.

Isaia è un profeta che viene consacrato da Dio stesso mediante un tocco incandescente delle labbra, eseguito da un angelo con un carbone ardente preso dall’altare. Nell’A.T., quando non è un sacerdote a compiere il rito di consacrazione ma Dio stesso (mediante il suo messaggero celeste), allora consacrare significa: “eleggere”, “assegnare una missione”, “inviare”. E’ questo il senso pieno e perfetto della consacrazione che sarà rivelato da Gesù nell’ultima Cena, quando Egli chiede al Padre di “santificare” (consacrare) i discepoli, come Lui stesso si è “santificato”, per poterli mandare nel mondo: “Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità” (Gv 17,18-19).

E’ la sua stessa Parola-Verità che li ha consacrati-purificati, rendendoli mondi (Gv 15,3: “Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciato”). La consacrazione-purificazione-santificazione è opera della “Verità”, la quale è Gesù in persona che si offre in sacrificio sull’altare della croce, sacrificio misticamente anticipato nel Cenacolo, dove distribuisce Se stesso come Pane consacrato dalla sua Parola. Così le labbra dei discepoli sono toccate dall’Amore ardente di Dio fatto Carne eucaristica, ed essi vengono consacrati “apostoli”, cioè inviati, mandati ad annunciare il Vangelo al mondo intero, il Vangelo della Vita: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10’10).

Torniamo ad Isaia per vedere il secondo aspetto dell’appello alla verità.

Qual è la missione di questo profeta? E’ quella di annunciare al re di Giuda, Acaz, un lieto evento, prova della protezione divina sul suo regno minacciato: “Ecco,la giovane donna concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele” (Is 7,14). L’evangelista Matteo riprende questo testo e vi aggiunge “che significa: Dio con noi” (Mt 1,23).

Non è solo una precisazione semantica, e neppure il solo annuncio profetico del Natale. E’ anche l’annuncio che ogni volta che viene concepito un uomo, Dio è con lui e con tutti noi, e l’intera umanità viene benedetta perché: “eredità del Signore sono i figli, è sua ricompensa il frutto del grembo. Come frecce in mano a un guerriero sono i figli avuti in giovinezza. Beato l’uomo che ne ha piena la faretra: non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta a trattare con i propri nemici” (Salmo 127/126, v.3-5).

I nemici di oggi non sono i guerrieri di ieri, ma tutto ciò che appartiene alla cultura della morte: “l’impressionante moltiplicarsi ed acutizzarsi delle minacce alla vita delle persone e dei popoli, soprattutto quando essa è debole e indifesa” (E.V., n. 3).

Come Isaia, tutti noi che abbiamo il dono e il compito della vita siamo chiamati a lasciarci purificare-santificare dal fuoco ardente della Parola divina, la Parola del Vangelo della Vita, Vangelo che non è solo informativo, ma “performativo” (Enciclica “Spe Salvi”, n.10).

Una purificazione integrale che riguarda anche la modalità dell’annuncio, come rileva G. Herranz: “Spesso, quando leggo pubblicazioni di movimenti pro-vita, sento la mancanza dello spirito affermativo, incoraggiante, allegro, celebrativo, che dovrebbe dare energia alle azioni pro-vita. Dopo l’Evangelium vitae l’attivismo pro-vita non può essere che affermativo e rivelatore della sua ricchezza evangelica. Non può scendere mai nel triste gioco di fare l’opposizione, di accettare la sfida di competere nell’odio o nell’altezzosità, come vogliono i suoi nemici. Dobbiamo inondare di comprensione il forte scontro tra i pro-lifers e i pro-choicers, non nel senso di cedere nei principi non negoziabili del rispetto sacro della vita umana, ma aumentando la preghiera per coloro che sono in errore. Tutti dobbiamo fare uno sforzo per comprendere coloro che sono in errore ed attrarli con un amore che superi le distanze. Il Papa ci da’ l’esempio, quando invoca alla conversione al Vangelo della vita le donne che sono ricorse all’aborto. La nuova cultura della vita dovrà essere come la casa del padre del figlio prodigo” (G. Herranz, “La cultura della vita: un impegno affermativo”, PAV).

Solo così la vita convincerà e vincerà.

———-

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine. 

di Sandro Magister: « Il papa è il primo tra i patriarchi ». Tutto sta a vedere come

dal sito:

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1341841

« Il papa è il primo tra i patriarchi ». Tutto sta a vedere come

Con Benedetto XVI, per la prima volta nella storia, gli ortodossi accettano di discutere il primato del vescovo di Roma, sul modello del primo millennio quando la Chiesa era indivisa. Un inedito: il testo base del dialogo

di Sandro Magister

ROMA, 25 gennaio 2010 – Questa sera, con i vespri nella basilica di San Paolo fuori le Mura, Benedetto XVI chiude la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

C’è chi dice che l’ecumenismo sia entrato in una fase di recessione e di gelo. Ma se appena si guarda ad Oriente, i fatti dicono l’opposto. Le relazioni con le Chiese ortodosse non sono mai state così promettenti come da quando Joseph Ratzinger è papa.

Le date cantano. Un periodo di gelo nel dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse di tradizione bizantina iniziò nel 1990, quando le due parti si scontrarono sul cosiddetto « uniatismo », sulle forme cioè con cui le comunità cattoliche di rito orientale duplicano in tutto le parallele comunità ortodosse, differendo solo per l’obbedienza alla Chiesa di Roma.

A Balamand, in Libano, il dialogo si bloccò. E ancor più si bloccò sul versante russo, dove il patriarcato di Mosca non sopportava di vedersi « invaso » dai missionari cattolici là inviati da papa Giovanni Paolo II, tanto più sospettato perché di nazionalità polacca, storicamente rivale.

Il dialogo restò congelato fino a quando, nel 2005, salì alla cattedra di Pietro il tedesco Joseph Ratzinger, papa molto apprezzato in Oriente per lo stesso motivo che in Occidente gli procura critiche: per il suo attaccamento alla grande Tradizione.

Prima a Belgrado nel 2006 e poi a Ravenna nel 2007 tornò a riunirsi la commissione mista internazionale per il dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse.

E in cima alla discussione andò proprio la questione che più divide Oriente e Occidente: il primato del successore di Pietro nella Chiesa universale.

Dalla sessione di Ravenna uscì il documento che segnò la svolta, dedicato a « conciliarità e autorità » nella comunione ecclesiale.

Il documento di Ravenna, approvato all’unanimità dalle due parti, afferma che « primato e conciliarità sono reciprocamente interdipendenti ». E nel suo paragrafo 41 mette a fuoco così i punti di accordo e di disaccordo:

« Entrambe le parti concordano sul fatto che [...] Roma, in quanto Chiesa che ‘presiede nella carità’, secondo l’espressione di Sant’Ignazio d’Antiochia, occupava il primo posto nella ‘taxis’, e che il vescovo di Roma è pertanto il ‘protos’ tra i patriarchi. Tuttavia essi non sono d’accordo sull’interpretazione delle testimonianze storiche di quest’epoca per ciò che riguarda le prerogative del vescovo di Roma in quanto ‘protos’, questione compresa in modi diversi già nel primo millennio ».

« Protos » è parola greca che significa primo. E « taxis » è l’ordinamento della Chiesa universale.

Da allora, la discussione sui punti controversi prosegue con ritmo accelerato. Ed ha cominciato ad esaminare, anzitutto, come le Chiese d’Oriente e d’Occidente interpretavano il ruolo del vescovo di Roma nel primo millennio, cioè quando ancora erano unite.

La base della discussione è un testo che è stato elaborato nell’isola di Creta all’inizio dell’autunno del 2008.

Il testo non è mai stato reso pubblico prima d’ora. È in lingua inglese e può essere letto integralmente in questa pagina di www.chiesa:

> The Role of the Bishop of Rome in the Communion of the Church in the First Millennium

La commissione mista internazionale per il dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse ha iniziato a discutere su questo testo a Paphos, nell’isola di Cipro, dal 16 al 23 ottobre del 2009.

Ha cominciato con l’esaminare la predicazione di Pietro e Paolo a Roma, il loro martirio e la presenza delle loro tombe a Roma, che per sant’Ireneo di Lione conferiscono un’autorità preminente alla sede apostolica romana.

Da lì, la discussione è proseguita prendendo in esame la lettera di papa Clemente ai cristiani di Corinto, la testimonianza di sant’Ignazio di Antiochia che indica la Chiesa di Roma come quella che « presiede nella carità », il ruolo dei papi Aniceto e Vittore nella controversia intorno alla data di Pasqua, le posizioni di san Cipriano di Cartagine nella controversia sul battezzare nuovamente o no i « lapsi » cioè i cristiani che avevano sacrificato agli idoli per salvare la vita.

Il proposito è di capire fino a che punto la forma che ebbe il primato del vescovo di Roma nel primo millennio può far da modello a una ritrovata unità tra Oriente e Occidente nel terzo millennio dell’era cristiana.

Di mezzo, però, c’è stato un secondo millennio in cui il primato del papa è stato interpretato e vissuto, in Occidente, in forme sempre più accentuate, lontane da quelle che le Chiese d’Oriente sono oggi disposte ad accettare.

E sarà questo il punto più critico della discussione. Ma le delegazioni delle due parti non hanno timore di affrontarlo. Lo ha detto lo stesso Benedetto XVI lo scorso 20 gennaio, spiegando nell’udienza generale ai fedeli il senso della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani:

« Con le Chiese ortodosse la commissione mista internazionale per il dialogo teologico ha iniziato lo studio di un tema cruciale nel dialogo fra cattolici e ortodossi: il ruolo del vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio, cioè nel tempo in cui i cristiani di Oriente e di Occidente vivevano nella piena comunione. Questo studio si estenderà in seguito al secondo millennio ».

La prossima sessione ha già un luogo prefissato, Vienna, e una data, dal 20 al 27 settembre 2010.

A capo della delegazione cattolica c’è stato in tutti questi anni il cardinale Walter Kasper, presidente del pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

A capo della delegazione ortodossa c’è da anni il metropolita di Pergamo Joannis Zizioulas, teologo di riconosciuto valore e di grande autorevolezza, « mente » del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e stimatissimo da papa Ratzinger, con il quale ha un rapporto di profonda amicizia.

Anche con il patriarcato di Mosca i rapporti sono molto migliorati. A Ravenna i delegati russi avevano abbandonato i lavori per un disaccordo con il patriarca di Costantinopoli sull’ammettere o no i rappresentanti ortodossi della Chiesa di Estonia, non riconosciuta da Mosca.

Ma a Paphos, lo scorso ottobre, lo strappo è stato ricucito. E anche con Roma il patriarcato di Mosca è oggi in rapporti amichevoli. Una prova ne è stata. pochi mesi fa, la pubblicazione da parte del patriarcato di un libro con dei testi di Benedetto XVI, iniziativa senza precedenti nella storia.

Da Roma l’iniziativa sarà presto ricambiata, con dei testi del patriarca Kirill raccolti in un volume edito dalla Libreria Editrice Vaticana.

Un incontro tra il papa e il patriarca di Mosca è ormai anch’esso nella sfera del possibile. Forse più presto di quanto si pensi.
__________

Il testo integrale del documento di Ravenna del 2007:

> Comunione ecclesiale, conciliarità e autorità
__________

Il messaggio inviato il 25 novembre 2009 da Benedetto XVI al patriarca ecumenico di Costantinopoli, in occasione della festa di sant’Andrea:

> A Sua Santità Bartolomeo I
__________

L’importante intervista rilasciata dal metropolita di Pergamo Joannis Zizioulas, capo della delegazione ortodossa, nell’ottobre del 2009, durante la sessione di Paphos nell’isola di Cipro:

> Zizioulas: Difendiamo il dialogo ecumenico contro chi lo contesta
__________

L’omelia di Benedetto XVI ai vespri di chiusura della settimana dell’unità dei cristiani, lunedì 25 gennaio nella basilica di San Paolo fuori le Mura:

> « Cari fratelli e sorelle… »
__________

Tutti i servizi di www.chiesa sul tema:

 Focus su CHIESE ORIENTALI

__________

POST SCRIPTUM – Il giorno dopo l’uscita di questo servizio di www.chiesa, il 26 gennaio 2010, il pontificio consiglio per l’unità dei cristiani ha emesso il seguente comunicato:

« Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha constatato con rammarico che è stato pubblicato, da un mezzo di comunicazione, un testo che è all’esame della Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme.

« Il documento pubblicato è un testo previo, che consiste in un elenco di temi da studiare e da approfondire, finora discusso solo in minima parte dalla suddetta Commissione.

« Nell’ultima riunione della Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, tenutasi a Paphos nell’ottobre scorso, si era stabilito esplicitamente che il testo non sarebbe stato pubblicato finché non fosse stato esaminato nella sua totalità dalla Commissione.

« Ad oggi non esiste nessun documento concordato e pertanto il testo pubblicato non ha nessuna autorità, né ufficialità ».

Publié dans:Papa Benedetto XVI, Sandro Magister |on 5 février, 2010 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno Come%20quickly%20Lord%20Jesus

http://www.photosforsouls.com/nature53.html

Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 5 février, 2010 |Pas de commentaires »

Messale romano : Giovanni Battista, testimone di Cristo con tutta la sua vita

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100205

Venerdì della IV settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 6,14-29
Meditazione del giorno
Messale romano
Prefazio di San Giovanni Battista

Giovanni Battista, testimone di Cristo con tutta la sua vita

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.

Noi ti lodiamo per le meraviglie operate in san Giovanni Battista, che fra tutti i nati da donna hai eletto e consacrato a preparare la via a Cristo Signore.
Fin dal grembo materno esultò per la venuta del redentore; nella sua nascita preannunziò i prodigi dei tempi messianici e, solo fra tutti i profeti, indicò al mondo l’Agnello del nostro riscatto.
Egli battezzò nelle acque del Giordano lo stesso tuo Figlio, autore del Battesimo, e rese a lui la testimonianza suprema con l’effusione del sangue.

E noi, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo senza fine l’inno della tua lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo.

(Riferimenti biblici: Mt 11, 11; Lc 1,41; Gv 1,29)

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 5 février, 2010 |Pas de commentaires »

PUERI CANTORES SACRE' ... |
FIER D'ÊTRE CHRETIEN EN 2010 |
Annonce des évènements à ve... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | Vie et Bible
| Free Life
| elmuslima31