Archive pour le 2 février, 2010

I doni dello Spirito Santo

I doni dello Spirito Santo dans immagini sacre spirito-santo

http://viaveritaevita.wordpress.com/2009/06/01/i-doni-dello-spirito-santo/

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S. Tommaso d’Aquino – preghiera

dal sito:

http://www.monasterovirtuale.it/home/index.php

(S. Tommaso d’Aquino)

Mio Dio, non dimenticarti di me 
Mio Dio, non dimenticarti di me

Mio Dio, non dimenticarti di me,
quando io mi dimentico di te.

Non abbandonarmi, Signore,
quando io ti abbandono.

Non allontanarti da me,
quando io mi allontano da te.

Chiamami se ti fuggo,
attirami se ti resisto,
rialzami se cado.

Donami, Signore, Dio mio,
un cuore vigile
che nessun vano pensiero porti lontano da te,
un cuore retto
che nessuna intenzione perversa possa sviare,
un cuore fermo
che resista con coraggio ad ogni avversità,
un cuore libero
che nessuna torbida passione possa vincere.

Concedimi, ti prego, una volontà che ti cerchi,
una sapienza che ti trovi,
una vita che ti piaccia,
una perseveranza che ti attenda con fiducia
e una fiducia che alla fine giunga a possederti.  

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Gli spazi liturgici: il campanile, la campana e il campanello

dal sito:

http://liturgia.diocesifrosinone.com/formazione/abc-della-liturgia/il-campanile.html

Gli spazi liturgici: il campanile, la campana e il campanello  
    
Scritto da don Pietro Jura    

mercoledì 30 gennaio 2008 

Gli spazi liturgici: il campanile, la campana e il campanello
 

a) Campanile: L’antichità cristiana non conosceva torri accanto alle chiese. Gli inizi della costruzione di campanili in Occidente risalgono al regno di Carlo Magno. All’origine si suppone una doppia componente: il monumento sepolcrale dell’antichità, che ispira la torre sulla campata d’incrocio o su quella del presbiterio del primo Medioevo, e la funzione come opera di difesa, che esercita un influsso specialmente sulla facciata occidentale di certe architetture di duomo e di chiesa conventuale.

Lentamente anche chiese meno importanti ricevono una propria torre e qui sopravviene il concetto simbolico della cittadella di Dio e più tardi anche la funzione di torre campanaria. Nelle chiese con matronei le scale delle torri rendono possibile l’accesso al piano superiore; talune torri romaniche del Medioevo con le loro ampie scale a chiocciola con gradini bassi servono anche al trasporto di materiale da costruzione e d’acqua per spegnere incendi. Gli ordini mendicanti o riformati (ad es. Cistercensi) rinunciarono alla costruzione di torri come ad un dispendio superfluo.

In Italia si sviluppa ben presto la torre campanaria separata dalla chiesa (campanile). La maggior parte dei campanili porta alla sommità una croce, un gallo o le stelle.

* la croce: interpreta la Chiesa soggetta o redenta dalla croce;

* il gallo: non costituisce un segno di distinzione tra le confessioni cattolica e protestante. Il gallo sul campanile (documentato già per il sec. IX) è simbolo di colui che chiama alla penitenza e alla vigilanza e quindi anche simbolo di Cristo. Il gallo ci dice anche la presenza dei predicatori come coloro che vogliono svegliare i dormienti affinché abbandonino le opere delle tenebre; il gallo infatti divide con il suo canto la notte dal giorno;

* le stelle: simboleggiano la parola di Dio che rifulge nel tempio come la luce delle stelle.

(Pubblicato su Lazio Sette: 6 gennaio 2007, p. 13)

Gli spazi liturgici: il campanile, la campana e il campanello

b) Campana: nelle antiche civiltà era conosciuto l’uso di usare strumenti metallici allo scopo di fare segnali. La campane erano conosciute nella Cina antica e i Romani usavano i tintinnabula per indire l’apertura dei mercati e delle terme.

Nell’Antico Testamento, per convocare la comunità si ricorreva al suono della tromba (cf. Nm 10, 1-8).

I primi cristiani a Roma usavano con tutta la probabilità i tintinnabula, stando agli esemplari che sono stati scoperti nelle catacombe.

La campana vera, considerata uno strumento a percussione generalmente in bronzo, è certo che viene introdotta nel V sec. nei monasteri della Campagna. Nelle chiese di Roma compaiono le campane nel VIII sec. sotto il pontificato di Zaccaria e di Stefano II. A mano a mano le proporzioni delle campane diventano sempre maggiori.

Le campane manifestano lo stato d’animo del popolo cristiano nelle diverse circostanze: il suono solenne e gioioso richiama i fedeli alle celebrazioni, semplici e tristi rintocchi annunciano le e sequele consolando e invitando alla speranza nella vita futura, ecc.  

c) Campanello: i campanelli sono stati trovati anche nelle tombe preistoriche. Essi erano certamente conosciuti da quasi tutti i popoli dell’antichità (Egiziani, Fenici, Greci, Slavi, Cinesi, Romani). Il Sommo Sacerdote ebraico ne portava, alternati con melograni colorati, settantadue in oro sull’orlo del suo paramento liturgico (cf. Es 28, 33-35) anticipando così, in qualche modo, l’uso del campanello nella liturgia. I campanelli sono stati trovati anche nelle catacombe cristiane, ma nulla fa capire che servissero per il culto liturgico, benché non sembri improbabile.

* campanella della sacrestia: ordinariamente una campanella di discrete dimensioni e dal sono squillante è sospesa alla porta della sacrestia, in vicinanza dell’ingresso, e viene suonata ogni volta che sta per iniziare la celebrazione liturgica.

* campanello dell’altare: nei pressi dell’altare dove si celebra l’Eucaristia, in tante chiese si trova ancora un campanello a mano, che viene suonato durante la consacrazione e dopo « Agnello di Dio ».

(Pubblicato su Lazio Sette: 20 gennaio 2007, p. 15) 

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Quando un Papa e un Rabbino commentano le Scritture

dal sito:

http://www.zenit.org/article-21225?l=italian

Quando un Papa e un Rabbino commentano le Scritture

Mons. Vincenzo Paglia analizza la visita del Pontefice alla Sinagoga di Roma

di Mirko Testa

ROMA, lunedì, 1° febbraio 2010 (ZENIT.org).- Il tratto caratterizzante della visita di Benedetto XVI alla grande Sinagoga di Roma è stato il fatto che un Capo della Chiesa cattolica e un Rabbino hanno commentato insieme le Sacre Scritture.

Ad affermarlo a ZENIT è stato mons. Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia che dal 2004 fino all’anno scorso ha ricoperto l’incarico di Presidente della Commissione Ecumenismo e Dialogo della Conferenza Episcopale Italiana prima di essere eletto Presidente della Conferenza Episcopale Umbra.

Anche se “avvenuta in un momento un po’ più turbolento, per certi versi”, rispetto a quella compiuta nel 1986 da Giovanni Paolo II, secondo il presule “la visita ha significato, innanzitutto, la conferma della irreversibilità del nostro cammino comune”.

“Non direi che siano scomparse tutte le ombre – ha poi precisato –, tuttavia è emersa la volontà chiara di guardare al futuro, un futuro che ha significato per lo meno due piste: una, quella dei campi comuni di intervento e testimonianza: il valore supremo della vita, la santità della famiglia, la tutela del creato, l’attenzione per i bisognosi; l’altra, che si è realizzata, riguardante il campo delle Scritture”.

L’aspetto innovativo della prima visita di Benedetto XVI al Tempio maggiore di Roma, ha continuato il presule, è che “in Sinagoga, si è compiuto già un passo in avanti perché tutti e due hanno commentato le Scritture accogliendosi a vicenda”.

“Per la prima volta un Rabbino ha commentato la Scrittura davanti al Papa e viceversa – ha osservato –. Questo evento, secondo me, si comprende bene all’interno della visione indicata dal Papa, secondo cui anche Israele deve rispondere alla Rivelazione”.

“Si tratta di un passo in avanti nella linea spirituale – ha aggiunto –. E l’importanza del discorso papale sta proprio in questo passaggio non al piano della diplomazia ma al piano spirituale, che a mio avviso è l’aspetto che deve essere solidificato”.

Mons. Paglia, che nel 2002 è stato nominato dalla Santa Sede Presidente della Federazione Biblica Cattolica Internazionale, ha poi posto l’accento sull’ “’invito del Papa a prestare maggiore attenzione all’interpretazione ebraica delle Scritture”.

Nel suo discorso il Pontefice ha infatti citato un passaggio del documento pubblicato nel 2001 dalla Pontificia Commissione Biblica – quando a presiederla era il Cardinale Joseph Ratzinger – dal titolo “Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana”, e il cui intento era anche quello di contribuire al dialogo fraterno tra cristiani ed ebrei a partire dal riconscimento dell’autorità e dell’importanza delle Sacre Scritture del popolo ebraico per la Bibbia cristiana.

Nello specifico, durante l’incontro in Sinagoga, il Papa ha richiamato “la solidarietà che lega la Chiesa e il popolo ebraico ‘a livello della loro stessa identità’ spirituale e che offre ai Cristiani l’opportunità di promuovere ‘un rinnovato rispetto per l’interpretazione ebraica dell’Antico Testamento’ ».

Mons. Vincenzo Paglia ha quindi richiamato la necessità per ebrei e cattolici di “procedere su spazi comuni percorrendo quei ponti che man mano rassodano l’incontro”.

“Io sono convinto – ha detto ancora – che l’ignorarsi non sia mai foriero di prospettive positive. Al contrario, le difficoltà che ci sono non debbono impedirci di seguire quella linea di fraternità che ci vincola nelle Scritture”.

“Le difficoltà, ovviamente, ci sono poi ognuno le vive in base alla storia passata. E non dobbiamo dimenticarci che la sensibilità ebraica su certe tematiche è molto attenta”, ha continuato.

“Però ho notato che c’è una volontà di superare le difficoltà, tenendo presente che non tutti erano d’accordo sulla visita del Papa in sinagoga – ha sottolineato il Vescovo –. E il fatto che sia avvenuta, ugualmente, mostra una chiara volontà di continuare”.

Riguardo, invece, alla questione di Pio XII e ai suoi presunti silenzi sulla tragedia della Shoah, “il problema rimane ancora aperto”, ha detto mons. Paglia.

“A mio avviso, lì va distinto, come sottolineato da padre Federico Lombardi, la questione storica da altre questioni – ha spiegato –. In ogni caso questo non deve impedirci di continuare a incontrarci, proprio perché la fede nel Dio dei Padri ci unisce”.

Il Vescovo di Terni-Narni-Amelia ha quindi detto di condividere le dichiarazioni dell’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, apparse su “L’Osservatore Romano”, e cioè che “solo pochi rappresentanti dell’ebraismo sono realmente impegnati nell’attuale dialogo con i cattolici” e che molti ebrei guardano alla propria identità religiosa in termini di “autosufficienza teologica”.

“L’ebraismo ‘italiano ed europeo’ è in genere aperto, dialogante e quindi pronto anche a riflettere su temi condivisi insieme ai cattolici – ha commentato mons. Paglia –. Un esempio di novità, in questo caso, è l’attenzione prestata alla figura di Gesù anche da parte degli ebrei”.

“Tutto questo è totalmente assente in un certo ebraismo ortodosso – ha osservato poi –. In effetti questo spiega anche perché è importante dialogare: il rinchiudersi porta facilmente, in un mondo come l’attuale, alla autoreferenzialità. Mentre di fronte ai grandi problemi dobbiamo unire le forze, ad esempio per parlare di Dio, per parlare della dignità dell’uomo. Ma ciò è possibile se c’è di fatto un riferimento a Dio”.

“Noi dobbiamo evitare da un parte una faciloneria sincretista – ha continuato il presule – che sarebbe soltanto deleteria e dall’altra di erigere un altro muro di separazione”.

“C’è uno spazio stretto e complesso del dialogo, che è l’unica possiblità ma anche la grande sfida che deve unire ebrei e cristiani per rispondere alle nuove frontiere del mondo”.

Il presule ha poi commentato come “un passaggio dal dialogo al trialogo” l’accenno fatto durante la visita del Papa da Riccardo Pacifici, Presidente della Comunità Ebraica di Roma, sulla necessità di “solidarizzare con le forze che nell’Islam interpretano il Corano come fonte di solidarietà e fraternità umana, nel rispetto della sacralità della vita”.

“Tuttavia, è chiaro che ormai, come più volte ripetuto dal Papa, il problema non è assolutamente il mettere sullo stesso piano tutte le religioni – ha precisato mons. Paglia –. Questa sarebbe una bestemmia. Altro, invece, è il discorso su come convivere e su quali responsabilità comuni possiamo avere”.

“Oggi di fronte a città, paesi e società di fatto multireligiosi è chiaro che si chiede la capacità dell’incontro senza rinunciare alla propria identità – ha concluso –. Questa è la grande sfida. Anzi l’incontro è possibile se restiamo in qualche modo fermi nelle nostre profonde convinzioni religiose”.

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buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno

 Living Spaces

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Beato Guerrico d’Igny : « Luce per illuminare le genti »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100202

Presentazione del Signore (festa) : Lc 2,22-40
Meditazione del giorno
Beato Guerrico d’Igny (circa 1080-1157), abate cistercense
1a omelia per la Purificazione, 3-5 ; SC 166, p.313s

« Luce per illuminare le genti »

        Mi rallegro con te e ti benedico, o piena di grazia ; hai dato alla luce la Misericordia che è venuta su di noi. Hai preparato tu questo cero che ricevo oggi nelle mani [nella liturgia di questa festa]. Hai dato tu la cera a questa fiamma…quando, Madre senza corruzione, hai vestito di una carne senza corruzione il Verbo incorruttibile.

        Fratelli, andiamo ! Oggi questo cero brucia nelle mani di Simeone. Venite a prendervi la luce, venite a accendervi i vostri ceri, voglio dire queste lampade che il Signore vuole che teniate nelle mani. « Guardate a lui e sarete raggianti » (Sal 33, 6). Non tanto per portare in mano delle fiaccole, quanto per essere voi stessi fiaccole che brillano dentro e fuori, per il bene vostro e per quello degli altri : … Gesù accenderà la vostra fede, farà brillare il vostro esempio, vi suggerirà la parola giusta, infiammerà la vostra preghiera, purificherà la vostra intenzione…

        E per te, che possiedi dentro di te tante lampade accese, quando si spegnerà la lampada di questa vita, sorgerà la luce di quella vita che non si può spegnere. Sarà per te, di sera, come il sorgere della luce di mezzogiorno. Nel momento in cui pensavi di spegnerti, sorgerai come la stella del mattino (Gb 11, 17) e le tue tenebre saranno come il sole meridiano (Is 38, 10). Il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà più il chiarore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna (Is 60, 19), perché la lampada della nuova Gerusalemme è l’Agnello (Ap 21, 23). A lui sia benedizione e splendore per i secoli ! Amen.

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 2 février, 2010 |Pas de commentaires »

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