SIAMO DEL SIGNORE : 2 FEBBRAIO PRESENTAZIONE AL TEMPIO DEL SIGNORE

dal sito:

http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/feste/2000-2001/Siamo%20del%20Signore.html

SIAMO DEL SIGNORE

2 FEBBRAIO: Presentazione di Gesù Bambino al Tempio

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Sono passati 40 giorni dalla solennità del Natale. La Chiesa è in festa perché celebra il giorno in cui Maria e Giuseppe presentarono Gesù al tempio.
Festa antichissima. Una pellegrina spagnola, di nome Egeria, che ha lasciato il diario del suo pellegrinaggio in Terra Santa, negli anni 381-383, parla della celebrazione di questa festa a Gerusalemme, denominata Festa dell’Hypapante, cioè dell’Incontro (l’incontro di Cristo con il tempio del Padre suo e del “piccolo resto di Israele”, rappresentato da Simeone e Anna).
Nell’anno 542, l’imperatore Giustiniano introdusse la festa del 2 febbraio in tutto l’Impero di Oriente.
In Occidente la festa venne introdotta verso la metà del VII secolo. A Roma la celebrazione eucaristica era preceduta da una solenne processione verso il più grande santuario dell’Urbe, dedicato alla Madre di Dio, la Basilica di S. Maria Maggiore. I fedeli portavano le fiaccole, con riferimento alle parole del vecchio Simeone che vedeva nel bambino presentato al tempio, la luce che avrebbe illuminato tutte le genti.
Celebriamo dunque questa festa nell’atteggiamento di chi sta per incontrare Cristo, luce del mondo, salvatore nostro.
Anche oggi lo incontriamo nell’ascolto della sua parola e nell’Eucarestia.
Gli andiamo incontro con la nostra fede, simboleggiata dai ceri accesi che i fedeli portavano in processione.
Giuseppe e Maria, sposi pii ed osservanti, non si sottraggono alle leggi del loro popolo e portano al Tempio Gesù, perché sia riscattato agli occhi del Signore. Ci danno l’esempio di una esemplare religiosità.
Maria tiene tra le braccia il bambino, Giuseppe porta l’offerta rituale: l’offerta dei poveri, “una coppia di tortore, o di giovani colombi”.
Al tempio avviene qualcosa di più che un semplice adempimento della legge.
Ci viene insegnato il senso della vita:
– apparteniamo a Dio
– dobbiamo vivere per lui.
Cristo aveva già fatto il suo ingresso nel santuario del suo corpo. Nella lettera agli ebrei leggiamo che entrando nel mondo Cristo disse: “Ecco io vengo, o Padre, per fare la tua volontà”.
Ora entra nel tempio di Gerusalemme per annunciare che la presenza del Dio santo e salvatore, raggiunge la pienezza nel tempio della sua persona che gli permetterà di essere insieme sacerdote e vittima.
Tutta la vita di Cristo sarà un sì al Padre.
Il gesto di Maria che presenta Gesù al tempio, sta a significare la sua intima partecipazione al mistero di salvezza operato da Cristo, quale madre del servo sofferente di Jahwè.
Il vecchio Simeone le dice: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.
Maria non vive solo un’angoscia materna in anteprima, ma ella stessa si offre a condividere la passione del suo figlio. Come quella di Cristo, anche tutta la vita di Maria sarà un sì a Dio.
Primo insegnamento della festa sarà dunque questo: sull’esempio di Cristo e di Maria, siamo chiamati a fare della nostra vita un sì a Dio.
Scrive l’apostolo: “Fratelli vi esorto ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente e gradito a Dio”. Siamo chiamati a vivere per il Signore tutte le attività della nostra vita. Don Bosco diceva ai suoi ragazzi: “Anche il vostro studio diventa preghiera, se l’offrite al Signore”.
Questo vogliono significare quelle poche gocce d’acqua che il sacerdote, all’offertorio della messa, mette nel calice insieme al vino dicendo: “L’acqua unita al vino sia segno della nostra umanità unita alla vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana. Lo presentiamo a te perché diventi per noi bevanda di salvezza”.
La presentazione al Tempio è l’offertorio del sacrificio compiuto sulla croce.
Un secondo insegnamento lo ricaviamo dalla figura di Simeone che riconosce in Cristo il salvatore, la luce del mondo. Dice: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza. Luce per illuminare le genti”.
S. Giovanni scriverà nel suo Vangelo: “Veniva nel mondo la luce vera, ma le tenebre non l’hanno accolta”.
Simeone è l’immagine del credente che accoglie Cristo come luce della sua vita. Lo riceve dalle mani di Maria che lo porta, che è l’ostensorio della luce.
Che cosa vuol dire per noi accogliere Cristo come luce?
S. Francesco di Sales dice che dobbiamo, come Simeone, prendere Cristo sulle nostre braccia, dopo averlo accettato nel cuore, negli affetti, nel pensiero, vuol dire “imitarlo nelle opere, perché le braccia rappresentano le opere”. E non basta accoglierlo e tenerlo tutto per noi. Come Maria, dobbiamo, a nostra volta, diventare ostensori di Cristo: “Voi siete la luce del mondo”. La luce non è niente di per sé, dipende in tutto dalla sua sorgente.
Propriamente parlando non si vede la luce, si vedono le cose che essa illumina. I cristiani sono come la luce: sono niente da soli: dipendono in tutto dalla loro sorgente di luce che è Cristo. I cristiani la riflettono.
Senza la sorgente non potrebbero essere luminosi – come la luna non sarebbe luminosa senza il sole. Ma perché la luce sia utile, non bisogna nasconderla: “Non si accende una lucerna per metterla sotto un secchio”. Siamo piccole povere lampade, ma Cristo vuole servirsi di noi.
Riassumiamo questi pensieri con la preghiera della liturgia all’ufficio delle lodi:
Signore, che secondo la legge hai voluto essere presentato nel Tempio di Gerusalemme, insegna a noi a offrirci con te nel sacrificio della tua Chiesa.
Cristo Gesù, nostra gioia e salvezza, cercato e trovato nella casa del Padre tuo da Simeone, uomo giusto, fa’ che ti riconosciamo e ti incontriamo anche noi nelle membra sofferenti della tua Chiesa.
Atteso dalle genti, la profetessa Anna parlava di te a tutti coloro che aspettavano la redenzione di Israele, insegnaci ad annunziare degnamente il tuo Vangelo.
Pietra angolare del Regno di Dio, posta come segno di contraddizione, fa’ che gli uomini, vivendo nella fede e nella carità, trovino in te la risurrezione e la vita.

Gianni Sangalli sdb

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