Battesimo del Signore

dal sito:
http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.pax?mostra_id=9035
E’ importante essere battezzati all’alba della vita
padre Raniero Cantalamessa
Battesimo del Signore (Anno C) (07/01/2007)
Vangelo: Lc 3,15-16.21-22
La festa del Battesimo di Gesù è stata sempre l’occasione per riflettere sul battesimo dei cristiani. Scendendo nel Giordano, dicevano i Padri, Gesù ha idealmente santificato le acque di tutti i battisteri del mondo. Il battesimo è la porta d’ingresso nella salvezza. Gesù stesso nel Vangelo dice: « Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; ma chi non crederà sarà condannato » (Mc 16, 16). Nessuno oggi dice che per il semplice fatto di non essere battezzato uno sarà condannato e andrà all’inferno. I bambini morti senza battesimo, come pure le persone vissute, senza loro colpa, fuori della Chiesa, possono salvarsi (queste ultime, naturalmente, se vivono secondo i dettami della coscienza).
Qualcuno si è posto la domanda: « Che ne è dei bambini non nati, che non hanno potuto vivere l’avventura meravigliosa della vita? ». A questa domanda io risponderei come segue. Dimentichiamo l’idea del limbo, come il mondo dell’irrealizzato per sempre, senza gioia e senza pena, dove finirebbero i bambini non battezzati, insieme con i giusti morti prima di Cristo. Questa dottrina, che pure è stata comune per secoli, e che Dante ha accolto nella Divina Commedia, non è stata mai ufficializzata e definita dalla Chiesa. Era una ipotesi teologica provvisoria, in attesa di una soluzione più soddisfacente e, come tale, superabile grazie a una migliore comprensione della parola di Dio.
Il bambino non nato e non battezzato si salva e va a unirsi subito alla schiera dei beati in paradiso. La sua sorte non è diversa da quella dei Santi Innocenti che abbiamo festeggiato subito dopo Natale. Il motivo di ciò è che Dio è amore e « vuole che tutti siano salvi », e Cristo è morto anche per loro! Il battesimo di acqua è il mezzo ordinario, ma non esclusivo per la salvezza.
Non dobbiamo dunque preoccuparci per quelli che, senza loro colpa, muoiono senza battesimo, pur facendo quanto sta in noi perché ciò non avvenga. Diverso è invece il caso di chi, conoscendo Gesù Cristo e le sue parole, trascura di ricevere il battesimo solo per pigrizia, o noncuranza, pur avvertendone magari, in fondo alla coscienza, l’importanza e la necessità. In questo caso la parola di Gesù ricordata sopra conserva tutta la sua serietà: solo « chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo ».
Ci sono sempre più persone nella nostra società che, per vari motivi, non sono state battezzate da bambini. A volte questo avviene perché i genitori ritengono di dovere lasciar decidere ai figli, da grandi, se farsi battezzare o meno. Io non discuto, in questo momento, una tale scelta. Segnalo solo un rischio grave e cioè che questi figli divengano grandi, senza che nessuno decida più nulla, né in un senso né in un altro. I genitori non se ne occupano più perché ormai, pensano, non è più compito loro, i figli perché hanno altro da pensare, e anche perché non è entrato ancora nella mentalità comune che una persona debba prendere, essa stessa, l’iniziativa di farsi battezzare. Così si crea un vuoto pericoloso. Alcuni si accorgono di non essere battezzati e cresimati solo quando cominciano a fare le pratiche per sposarsi.
Proprio per venire incontro a questa situazione, la Chiesa da molta importanza oggi alla « iniziazione cristiana degli adulti ». Questa offre al ragazzo o all’adulto non battezzato, l’occasione di istruirsi, prepararsi e decidere in tutta libertà. Bisogna rompere l’idea che il battesimo sia una cosa solo per bambini, anche se non bisogna assolutamente negare la validità e il dono che rappresenta l’essere battezzati all’alba della vita. Personalmente sono grato ai miei genitori di avermi fatto battezzare nei primi giorni di vita. Non è la stessa cosa vivere l’infanzia e la giovinezza con la grazia santificante, o senza di essa!
dal sito:
http://www.abbaziagreca.it/liturgia/omelie.asp
Teofania di Nostro Signore Gesù Cristo (Battesimo di Gesù)
Lettura del S. Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da Te e Tu vieni da me?”. Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”. Allora Giovanni acconsentì. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di Lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel Quale mi sono compiaciuto”.
Teofania di N. S. Gesù Cristo – Matteo 3,13-17
Omelia
Tutte le tradizioni più antiche delle Chiese sanno che la vita pubblica di Gesù è cominciata con il suo battesimo al Giordano per mano di Giovanni il Battista. E’questa la festa più antica, quella nella quale Gesù è reso manifesto nella sua realtà piena di Dio-uomo: la “Teo-fania”, come questa festa è chiamata nella tradizione bizantina, è il momento in cui “Dio appare” pienamente, nel suo mistero trinitario e nel Cristo, il Figlio divino fatto uomo per la salvezza di tutti. La festa era già celebrata nel III secolo; quando, nel IV secolo, è stata istituita la festa del Natale, la tradizione latina ha articolato le celebrazioni in tre momenti: il Natale vero e proprio (25 dicembre), l’adorazione dei Magi (6 gennaio), il battesimo del Signore (un tempo il 13 gennaio, a conclusione dell’ottava dell’Epifania; oggi la domenica successiva al 6). La tradizione bizantina è rimasta più arcaica: il 25 dicembre essa celebra insieme la nascita di Cristo “secondo la carne” e l’adorazione dei Magi, mentre il 6 gennaio è rimasto a celebrare la Teofania/Epifania; ma anche nella tradizione latina l’adorazione dei Magi è segno del riconoscimento, attraverso i doni simbolici, della piena realtà della persona di Gesù, veramente uomo (la mirra serviva per conservare i cadaveri) e veramente Dio/Re (l’oro è per i re, l’incenso per il culto divino).
Nel Vangelo di Matteo Giovanni esita: egli sa bene che Gesù non ha bisogno di conversione. Il battesimo di Giovanni era segno di una seria volontà di conversione, per rendersi pronti ad accogliere il Regno di Dio; il battezzatore-profeta aveva proclamato: “Cambiate mentalità [‘convertitevi’], perché il Regno di Dio si è reso vicino”: e il Regno di Dio è Gesù stesso. Ma l’esitazione di Giovanni è sciolta dalla parola di Gesù: “E’ necessario/conviene per noi compiere ogni giustizia”. Quando la Scrittura usa espressioni come “Bisogna/è necessario/conviene”, si riferisce sempre al piano di Dio per la salvezza dell’uomo, che inevitabilmente si compie. Di quale “giustizia” parla qui Gesù? Egli parla della “giustizia” di Dio, nel senso in cui sempre questo termine è usato nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Dio è “giusto” quando, coerentemente con il proprio impegno, egli porta a compimento la salvezza degli uomini, non quando premia i buoni e castiga i malvagi (il castigo, sempre medicinale e mai distruttivo, è chiamato “ira di Dio” nella Bibbia), perché Dio “ama i giusti ed ha misericordia per i peccatori” (preghiera di s. Basilio).
Allora, come inizio della sua missione affidatagli dal Padre, Gesù si carica, lui l’unico innocente, tutti i nostri peccati: colui che è assolutamente libero da ogni peccato, il Padre “lo ha fatto peccato” per noi, come dice l’Apostolo Paolo. Egli scende così nelle acque del Giordano, che simboleggiano il caos, l’abisso del male dove si annidano le forze nemiche dell’Avversario, per distruggere per sempre quelle forze occulte; sono le acque infernali della morte dalle quali lo Spirito farà risorgere il Cristo vivo in eterno: ogni festa cristiana è sempre la festa di Pasqua. Perciò su Gesù che risale dalle acque scende la potenza dello Spirito e a lui il Padre proclama che è, come Uomo, il Figlio diletto. Isacco era per Abramo “il figlio amato”, ma Dio risparmia al suo amico la morte del figlio amatissimo (Genesi 22), mentre non risparmierà a se stesso, il Padre dell’Unico, la morte di Gesù, salvezza per ogni creatura nella pienezza della Resurrezione e nell’effusione dello Spirito Santo.
Anche noi siamo stati immersi – misteriosamente ma realmente – nella morte/battesimo di Gesù nelle acque battesimali, siamo ‘risaliti’ (risorti) con lui da quelle stesse acque e abbiamo ricevuto senza misura lo Spirito del Padre. Rinnovati, ricreati (come l’Epistola a Tito ricorda oggi), chiediamo allo Spirito Santo di renderci sempre più capaci di conversione, di una fedeltà sempre più autentica al Signore, fatti degni della “compiacenza” del Padre: lo stesso beneplacito di Dio per gli uomini, annunciato dagli angeli, la notte di Natale, ai pastori – agli ultimi, ai poveri, agli umili -, possa riversarsi in abbondanza nel nostro cuore.
dal sito:
http://www.zenit.org/article-20918?l=italian
Rabbini ortodossi di Israele: sputare sui sacerdoti è peccato
Reazioni alle molestie ad opera di “giovani irresponsabili”
di Jesús Colina
ROMA, giovedì, 7 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Uno dei più alti tribunali rabbinici ortodossi di Israele ha condannato come contrarie alla fede e alla morale le “molestie” subite da fedeli e sacerdoti cristiani, in particolare gli sputi, da parte di alcuni giovani ultraortodossi ebrei a Gerusalemme.
La condanna è stata formulata solennemente in una lettera dal Beth Din Tzedek, il Tribunale della Comunità ebraica ortodossa e la più alta istanza della comunità ebraica ultraortodossa a Gerusalemme.
Alcune settimane fa, sacerdoti non solo cattolici avevano denunciato di essere costantemente bersaglio di sputi da parte di giovani ebrei.
Padre Athanasius Macora, di origine statunitense, che guida il Christian Information Center all’interno della Porta di Jaffa, ha denunciato ad esempio nelle scorse settimane di essere stato offeso e di aver ricevuto sputi in molte occasioni da parte di giovani ultraortodossi o anche di bambini.
Anche padre Samuel Aghoyan, sacerdote armeno ortodosso, ha denunciato di essere stato colpito da sputi circa venti volte, soprattutto nel mese di novembre.
Di fronte alle numerose denunce, il Consigliere del sindaco di Gerusalemme per le comunità religiose, Jacob Avrahmi, ha promosso un incontro tra i rappresentanti del Ministero degli Affari Esteri e il Rabbino Shlomo Papenheim, della comunità ultraortodossa degli Haredim, per formulare una condanna degli attacchi contro i gentili.
Secondo il Tribunale, “oltre a dissacrare il Santo Nome, che già di per sé rappresenta un peccato assai grave, provocare i gentili, secondo i nostri saggi (benedetta sia la loro santa e virtuosa memoria), è proibito e può portare tragiche conseguenze sulla nostra comunità, possa Dio avere pietà”.
“Noi, quindi invochiamo chiunque abbia il potere di porre fine a questi vergognosi incidenti, attraverso la persuasione, di attivarsi per rimuovere questi pericoli, affinché la nostra comunità possa vivere in pace”, affermano i membri del Tribunale nella loro lettera, “scritta in un ebraico piuttosto originale”, come ha spiegato l’ambasciata di Israele presso la Santa Sede.
“Possa il Santissimo, che sia benedetto il Suo Nome, diffondere il tabernacolo di una vita misericordiosa e pacifica su di noi e sulla Casa d’Israele e Gerusalemme, poiché noi aspettiamo la venuta del Messia prontamente e nel nostro tempo, Amen”, conclude il documento, firmato il 30 dicembre 2009 dal Tribunale di Giustizia della comunità Haredim di Gerusalemme.
dal sito:
http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100109
Sabato dopo l’Epifania : Mc 6,45-52
Meditazione del giorno
Cardinale Joseph Ratzinger [Papa Benedetto XVI]
Der Gott Jesu Christi
« Vedendoli tutti affaticati nel remare…, già verso l’ultima parte della notte, andò verso di loro »
Gli apostoli attraversano il lago. Gesù è solo a terra, mentre si spossano a remare senza poter avanzare, poiché hanno il vento contrario. Gesù prega e nella sua preghiera li vede nello sforzo di avanzare. Va dunque loro incontro. È evidente che questo testo è pieno di simboli ecclesiologici: gli apostoli sul mare e con il vento contrario, e il Signore presso il Padre. È determinente il fatto che nella sua preghiera, quando è «presso il Padre», non è assente; proprio al contrario, pregando li vede. Quando Gesù è presso il Padre, è presente alla Chiesa. Il problema della venuta finale di Cristo è qui approfondito e trasformato in una prospettiva trinitaria; Gesù vede la Chiesa nel Padre e, per la potenza del Padre e per la forza del suo dialogo con lui, egli le sta accanto. Proprio questo dialogo con il Padre, mentre è «sul monte», lo rende presente, e viceversa. La Chiesa è per così dire l’oggetto del colloquio tra il Padre e il Figlio. Essa stessa è dunque ancorata nella vita trinitaria.