Archive pour le 5 janvier, 2010

Mat-02,01-The magis, Les mages » 3-Adoration

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Epifania tra realtà e fantasia – di Mons. G.B. Chiaradia (2009)

dal sito:

http://www.diodopointernet.it/page.asp?pageID=1885

Epifania tra realtà e fantasia – di Mons. G.B. Chiaradia

Dai Re Magi alla Befana: una notte di doni per l’umanità

05/01/2009

’Epifania è una festa complessa e forse inquietante, tanto che la semantica popolare ha cercato, mediante semplicissime tecniche della parola, di trasformare, almeno per i bambini, Epifania in Befana.
Non c’è bisogno di tanta istruzione: basta cambiare le labiali “P” in “F”, eliminare la “E” e si giunge alla Befana, la vecchietta che non ti fa male: se sei stato cattivo, invece dei dolci, ti porta un pezzo di carbone, ma poi ti accorgi che si tratta di zucchero.
L’Epifania, come la descrive il Vangelo di Matteo (2,1/12), è potente e inquietante.
La notizia della nascita di quel Bambino ha sconvolto tutto il mondo.
I tre personaggi regali (i Magi) sono la sintesi: l’uno rosso, l’altro nero, il terzo pallido sono il simbolo dell’umanità in quei tempi.
I Magi, avendo avuto una sensazione misteriosa che in Palestina è nato un grande personaggio, si dirigono a Gerusalemme, città regale plurisecolare ma non trovano il Bambino.
Inorriditi, penso, sentono che quel Bambino, che per loro è un mistero, è nato chissà dove, perché non c’era posto per la mamma nell’albergo.
Qualcuno li informa che ora, con mamma e papà, il Bimbo si trova in una casa ospitale a Betlemme.
Sanno che quel Bimbo era nato in una stalla, ma una grande luce era scesa dal cielo e miriadi di Angeli osannati avevano illuminato quel povero sito!
Tra spavento e meraviglia quei tre vanno nella casa dove sono ospiti Maria, Giuseppe, il Bambino.
Non hanno parola: spaventati ed estasiati, nella memoria che era stata una stella a portarli in quel sito, si inginocchiano davanti a quella culla…
Hanno portato dei doni degni di un sovrano.
Matteo, che narra l’avvenimento, dice solo che provarono una grande gioia: gioia di averlo trovato sano e salvo.
Avevano incontrato Erode che li aveva trattati bene, li aveva incaricati di informarlo perché sarebbe andato anche lui ad “adorarlo”.
I Magi, però, hanno intuito che era un falso e un cattivo.
Davanti a quella culla pensano e pregano. Mille pensieri: cattiveria e bontà, terrore, spavento, ribrezzo, meraviglia, emozione, stupore s’intrecciano nell’animo di quei saggi.
Li vedo pensosi, senza parola, anche senza preghiera. Fissano quella culla, avvertono nell’anima che quella culla parla.
Intendo così la preghiera dell’Epifania: fissare quella culla, vederla come era prima: una greppia.
Erode, con la sua perfidia, domina feroce. Allora, quei sapienti, per annientare quella presenza spaventosa, cantano: «Tu sei Dio, Tu sei Re, Tu sei l’eternità».
Oso dire che l’oro, l’incenso e la mirra sono metafore del loro canto, della loro preghiera, perché canto e preghiera sono preziosi come l’oro, salgono al cielo. Come l’incenso, restano in eterno intenso profumo nel cuore di Dio.
Noi con loro, commossi, in silenzio, volgiamo l’anima verso quel Bambino, intensamente, il più possibile tutta la notte della Befana, perché ci porti un dono: credere intensamente, credere e iniziare al mattino a camminare a testa alta perché c’è Lui, il Bimbo sulle nostre spalle che dice dove andare.

Mons. Giovanni Battista Chiaradia

Epifania del Signore (06-01-2010) Enzo Binachi, priore del monastero di Bose

dal sito:

http://www.parrocchiasantalucia.org/index.php/omelie/omelie-anno-c/tempo-di-natale/175-epifania-del-signore-omelia-6-gennaio-2010.html

Epifania del Signore (06-01-2010)      
 
Scritto da Enzo Binachi, priore del monastero di Bose    
Lunedì 04 Gennaio 2010 22:53 
Omelia per l’Epifania del Signore (2010) – Anno C

Celebriamo oggi l’Epifania del Signore, ossia la sua manifestazione, la rivelazione alle genti di tutto il mondo del bambino nato a Betlemme. Gesù è stato partorito da Maria, la povera figlia di Israele, e i pastori, accorsi alla parola rivolta loro dall’angelo, hanno visto «un bambino avvolto in fasce deposto in una mangiatoia» (cf. Lc 2,7.12.16). Nato a Betlemme, la città di David (cf. 1Sam 16), Gesù è un discendente di David a cui spetta il titolo di Messia, di Re dei Giudei; ma proprio il vangelo secondo Matteo, così radicato nell’ambiente giudaico, mette in evidenza che Gesù è il Salvatore destinato a tutta l’umanità e, quindi, la sua rivelazione è indirizzata a tutte le genti, ai pagani, nella cui discendenza anche noi siamo collocati.

Conosciamo bene il brano evangelico che narra questa manifestazione, da sempre presente nella tradizione cristiana quale testo capace di stupire e illuminare il cuore dei credenti di ogni tempo. Dall’oriente alcuni sapienti, i Magi, vengono a Gerusalemme, la città santa dei Giudei, in una sorta di pellegrinaggio (cf. Is 60,1-6). Essi non appartengono alla discendenza di Abramo, non conoscono il Dio vivente e vero, non sono circoncisi, non stanno cioè all’interno dell’alleanza che ha come suo segno questa incisione nella carne. Nel loro viaggio non è dunque la Parola di Dio a guidarli; eppure la loro ricerca di Dio, la loro lotta anti-idolatrica, il loro meditare e scrutare i segni della natura, concede ad essi la possibilità di una lettura visionaria, che li spinge a partire seguendo la sola luce di una stella…

Obbedienti alla consapevolezza nata dalla loro ricerca, i Magi salgono a Gerusalemme, pronti a interrogare la sapienza rivelata a Israele, nella speranza di vedere colmata la loro attesa. I sommi sacerdoti e gli scribi, depositari della missione di interpretare le profezie, rispondono infallibilmente, pur rimanendo nel buio, ciechi di fronte al compimento dell’evento messianico, turbati e accecati come il re Erode. E così ci ricordano che possiamo essere molto esperti nel custodire il tesoro delle Scritture sante, gelosi delle nostre certezze di fede, e al tempo stesso essere incapaci di riconoscere che Dio opera nel nostro oggi e ci «visita» costantemente, nei modi più imprevedibili… Ora, le Scritture testimoniano che il Re dei Giudei deve nascere a Betlemme (cf. Mi 5,1-3), e i Magi, ormai obbedienti anche alla rivelazione, giungono alla casa dove, una volta entrati, «vedono il bambino con Maria sua madre». Anche loro, come i pastori, contemplano una scena umanissima e povera: ma essa è rivelazione per i loro cuori attenti, è manifestazione che provoca la loro adorazione e l’offerta dei doni più preziosi.

Questa epifania, che attraverso i Magi raggiunge le genti pagane, ribadisce e non annulla la primogenitura di Israele, ma mette anche in evidenza che quel bambino è destinato come benedizione a tutta l’umanità, secondo la promessa un tempo fatta ad Abramo: «In te e nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti della terra» (Gen 28,14; cf. Gal 3,14). Sì, l’universalità della buona notizia è affermata già al momento della nascita di Gesù, e l’episodio dei Magi appare come una profezia che si compirà nella storia della chiesa, quando il Vangelo raggiungerà tutte le culture dei popoli. Tutte le culture e le tradizioni portano infatti in sé delle tracce, dei «semi» della Parola di Dio, come amavano dire i padri della chiesa. In esse sono presenti aliti di Spirito santo che hanno guidato gli uomini su cammini di lotta anti-idolatrica, tesi alla ricerca del senso; in esse è presente dall’eternità l’immagine di Dio che non può mai essere negata o annullata (cf. Gen 1,26-27): Gesù Cristo, «l’immagine del Dio invisibile» (Col 1,15)…

L’Epifania è la memoria che Gesù, il Messia, il Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, è destinato all’umanità e che questa sa riconoscerlo, fino a partecipare all’eredità di Abramo. Non dimentichiamolo dunque: «in Gesù Cristo non c’è più né giudeo né greco» (cf. Gal 3,28), ma tutti gli uomini della terra possono incontrarsi in lui, «Sapienza di Dio» (1Cor 1,24), fonte di gioia e di vita piena. Ma noi cristiani siamo capaci di testimoniare la salvezza definitiva portata da Dio in Gesù Cristo, mediante un comportamento di cordiale simpatia verso tutti? 

EPIFANIA 2007 (ANNO C) OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

dal sito:

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2007/documents/hf_ben-xvi_hom_20070106_epifania_it.html

CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DELLA EPIFANIA DEL SIGNORE

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Sabato, 6 gennaio 2007 (anno C)

Cari fratelli e sorelle,

celebriamo con gioia la solennità dell’Epifania, « manifestazione » di Cristo alle genti, che sono rappresentate dai Magi, misteriosi personaggi venuti dall’Oriente. Celebriamo Cristo, meta del pellegrinaggio dei popoli in cerca della salvezza. Nella prima Lettura abbiamo ascoltato il profeta, ispirato da Dio, contemplare Gerusalemme come un faro di luce, che, in mezzo alle tenebre e alle nebbie della terra, orienta il cammino di tutti i popoli. La gloria del Signore risplende sulla Città santa e attira innanzitutto i suoi figli deportati e dispersi, ma insieme anche le nazioni pagane, che da ogni parte vengono a Sion come ad una patria comune, arricchendola con i loro beni (cfr Is 60,1-6). Nella seconda Lettura ci è stato riproposto quanto l’apostolo Paolo scriveva agli Efesini, che cioè proprio il convergere di Giudei e Gentili, per iniziativa amorevole di Dio, nell’unica Chiesa di Cristo era « il mistero » manifestato nella pienezza del tempo, la « grazia » di cui Dio lo aveva fatto ministro (cfr Ef 3,2-3a.5-6). Tra poco nel Prefazio canteremo: « Oggi in Cristo luce del mondo / Tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza ».

Sono trascorsi venti secoli da quando tale mistero è stato rivelato e realizzato in Cristo, ma esso non è ancora giunto al suo compimento. L’amato Predecessore Giovanni Paolo II, aprendo la sua Enciclica sulla missione della Chiesa, ha scritto che « al termine del secondo millennio uno sguardo d’insieme all’umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi » (Redemptoris missio, 1). Sorgono allora spontanee alcune domande: in che senso, oggi, Cristo è ancora lumen gentium, luce delle genti? A che punto sta – se così si può dire – questo itinerario universale dei popoli verso di Lui? E’ in una fase di progresso o di regresso? E ancora: chi sono oggi i Magi? Come possiamo interpretare, pensando al mondo attuale, queste misteriose figure evangeliche? Per rispondere a tali interrogativi, vorrei tornare a quanto i Padri del Concilio Vaticano II ebbero a dire al riguardo. E mi piace aggiungere che, subito dopo il Concilio, il Servo di Dio Paolo VI, proprio quarant’anni or sono, precisamente il 26 marzo 1967, dedicò allo sviluppo dei popoli l’Enciclica Populorum progressio.

In verità, tutto il Concilio Vaticano II fu mosso dall’anelito di annunciare all’umanità contemporanea Cristo, luce del mondo. Nel cuore della Chiesa, a partire dal vertice della sua gerarchia, emerse impellente, suscitato dallo Spirito Santo, il desiderio di una nuova epifania di Cristo al mondo, un mondo che l’epoca moderna aveva profondamente trasformato e che per la prima volta nella storia si trovava di fronte alla sfida di una civiltà globale, dove il centro non poteva più essere l’Europa e nemmeno quelli che chiamiamo l’Occidente e il Nord del mondo. Emergeva l’esigenza di elaborare un nuovo ordine mondiale politico ed economico, ma al tempo stesso e soprattutto spirituale e culturale, cioè un rinnovato umanesimo. Con crescente evidenza si imponeva questa constatazione. un nuovo ordine mondiale economico e politico non funziona se non c’è un rinnovamento spirituale, se non possiamo avvicinarci di nuovo a Dio e trovare Dio in mezzo a noi. Già prima del Concilio Vaticano II, coscienze illuminate di pensatori cristiani avevano intuito ed affrontato questa sfida epocale. Ebbene, all’inizio del terzo millennio ci troviamo nel vivo di questa fase della storia umana, che è stata ormai tematizzata intorno alla parola « globalizzazione ». D’altra parte, oggi ci accorgiamo di quanto sia facile perdere di vista i termini di questa stessa sfida, proprio perché si è coinvolti in essa: un rischio fortemente rafforzato dall’immensa espansione dei mass-media, i quali, se da una parte moltiplicano indefinitamente le informazioni, dall’altra sembrano indebolire le nostre capacità di una sintesi critica. La solennità odierna può offrirci questa prospettiva, a partire dalla manifestazione di un Dio che si è rivelato nella storia come luce del mondo, per guidare e introdurre finalmente l’umanità nella terra promessa, dove regnano libertà, giustizia e pace. E vediamo sempre più che che non possiamo da noi soli promuovere la giustizia e la pace, se non ci si manifesta la luce di un Dio che ci mostra il suo volto, che ci appare nella mangiatoia di Betlemme, che ci appare sulla Croce.

Chi sono dunque i « Magi » di oggi, e a che punto sta il loro « viaggio » e il nostro « viaggio »? Torniamo, cari fratelli e sorelle, a quel momento di speciale grazia che fu la conclusione del Concilio Vaticano II, l’8 dicembre 1965, quando i Padri conciliari indirizzarono all’umanità intera alcuni « Messaggi ». Il primo era rivolto « Ai Governanti », il secondo « Agli uomini di pensiero e di scienza ». Sono due categorie di persone che in qualche modo possiamo veder raffigurate nelle figure evangeliche dei Magi. Ne vorrei poi aggiungere una terza, alla quale il Concilio non indirizzò un messaggio, ma che fu ben presente alla sua attenzione nella Dichiarazione conciliare Nostra aetate. Mi riferisco alle guide spirituali delle grandi religioni non cristiane. A distanza di duemila anni, possiamo dunque riconoscere nelle figure dei Magi una sorta di prefigurazione di queste tre dimensioni costitutive dell’umanesimo moderno: la dimensione politica, quella scientifica e quella religiosa. L’Epifania ce lo mostra in stato di « pellegrinaggio », cioè in un movimento di ricerca, spesso un po’ confusa, che, in definitiva, ha il suo punto d’arrivo in Cristo, anche se qualche volta la stella si nasconde. Al tempo stesso ci mostra Dio che a sua volta è in pellegrinaggio verso l’uomo. Non c’è solo il pellegrinaggio dell’uomo verso Dio; Dio stesso si è messo in cammino verso di noi: chi è infatti Gesù, se non Dio uscito, per così dire, da se stesso per venire incontro all’umanità? Per amore Egli si è fatto storia nella nostra storia; per amore è venuto a recarci il germe della vita nuova (cfr Gv 3,3-6) e a seminarla nei solchi della nostra terra, affinché germogli, fiorisca e porti frutto.

Vorrei oggi fare miei quei Messaggi conciliari, che nulla hanno perso della loro attualità. Come per esempio là dove, nel Messaggio rivolto ai Governanti, si legge: « Tocca a voi di essere sulla terra i promotori dell’ordine e della pace tra gli uomini. Ma non dimenticate: è Dio, il Dio vivo e vero, che è il Padre degli uomini. Ed è il Cristo, suo Figlio eterno, che è venuto per dirci e farci comprendere che siamo tutti fratelli. E’ Lui, il grande artefice dell’ordine e della pace sulla terra, perché è Lui che conduce la storia umana e che, solo, può indurre i cuori a rinunciare alle passioni perverse che generano la guerra e il dolore ». Come non riconoscere in queste parole dei Padri conciliari la traccia luminosa di un cammino che, solo, può trasformare la storia delle Nazioni e del mondo? E ancora, nel « Messaggio agli uomini di pensiero e di scienza », leggiamo: « Continuate a cercare, senza mai rinunciare, senza mai disperare della verità » – è questo infatti il grande pericolo: perdere interesse alla verità e cercare solo il fare, l’efficienza, il pragmatismo! – « Ricordate, continuano i Padri conciliari, le parole di un vostro grande amico, sant’Agostino: «Cerchiamo con il desiderio di trovare, e troviamo con il desiderio di cercare ancora». Felici sono coloro che, possedendo la verità, la continuano a cercare, per rinnovarla, per approfondirla, per donarla agli altri. Felici sono coloro che, non avendola trovata, marciano verso di essa con cuore sincero: che essi cerchino la luce futura con i lumi di oggi, fino alla pienezza della luce! ».

Questo era detto nei due Messaggi conciliari. Ai capi dei popoli, ai ricercatori e agli scienziati, oggi più che mai, è necessario affiancare i rappresentanti delle grandi tradizioni religiose non cristiane, invitandoli a confrontarsi con la luce di Cristo, che è venuto non ad abolire, ma a portare a compimento quanto la mano di Dio ha scritto nella storia religiosa delle civiltà, specialmente nelle « grandi anime », che hanno contribuito a edificare l’umanità con la loro sapienza e i loro esempi di virtù. Cristo è luce, e la luce non può oscurare, ma solo illuminare, rischiarare, rivelare. Nessuno pertanto abbia paura di Cristo e del suo messaggio! E se nel corso della storia i cristiani, essendo uomini limitati e peccatori, hanno talora potuto tradirlo con i loro comportamenti, questo fa risaltare ancor di più che la luce è Cristo e che la Chiesa la riflette solo rimanendo unita a Lui.

« Abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorare il Signore » (Acclamaz. al Vangelo, cfr Mt 2,2). Quello che ogni volta ci stupisce, ascoltando queste parole dei Magi, è che essi si prostrarono in adorazione di fronte a un semplice bambino in braccio a sua madre, non nella cornice di un palazzo regale, bensì nella povertà di una capanna a Betlemme (cfr Mt 2,11). Come è stato possibile? Che cosa ha convinto i Magi che quel bambino era « il re dei Giudei » e il re dei popoli? Li ha certamente persuasi il segno della stella, che essi avevano visto « nel suo sorgere » e che si era fermata proprio sopra il luogo dove si trovava il Bambino (cfr Mt 2,9). Ma anche la stella non sarebbe bastata, se i Magi non fossero stati persone intimamente aperte alla verità. A differenza del re Erode, preso dai suoi interessi di potere e di ricchezza, i Magi erano protesi verso la meta della loro ricerca, e quando la trovarono, benché fossero uomini colti, si comportarono come i pastori di Betlemme: riconobbero il segno e adorarono il Bambino, offrendogli i doni preziosi e simbolici che avevano portato con sé.

Cari fratelli e sorelle, sostiamo idealmente anche noi dinanzi all’icona dell’adorazione dei Magi. Essa contiene un messaggio esigente e sempre attuale. Esigente e sempre attuale anzitutto per la Chiesa che, rispecchiandosi in Maria, è chiamata a mostrare agli uomini Gesù, nient’altro che Gesù. Egli infatti è il Tutto e la Chiesa non esiste che per rimanere unita a Lui e farLo conoscere al mondo. Ci aiuti la Madre del Verbo incarnato ad essere docili discepoli del suo Figlio, Luce delle genti. L’esempio dei Magi di allora è un invito anche per i Magi di oggi ad aprire le menti e i cuori a Cristo e ad offrirgli i doni della loro ricerca. Ad essi, a tutti gli uomini del nostro tempo, vorrei quest’oggi ripetere: non abbiate paura della luce di Cristo! La sua luce è lo splendore della verità. Lasciatevi illuminare da Lui, popoli tutti della terra; lasciatevi avvolgere dal suo amore e troverete la via della pace. Così sia.     

buona notte (lo spagnolo si capisce, credo)

buona notte (lo spagnolo si capisce, credo) dans immagini buon...notte, giorno wall011

http://www.siguiendosuspisadas.com.ar/tapices2.htm

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Cardinale Joseph Ratzinger [Papa Benedetto XVI] : « Da Nàzaret può mai venire qualcosa di buono? »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100105

5 gennaio prima dell’Epifania : Jn 1,43-51
Meditazione del giorno
Cardinale Joseph Ratzinger [Papa Benedetto XVI]
Der Gott Jesu Christi

« Da Nàzaret può mai venire qualcosa di buono? »

      Nàzaret ci è tenuta nascosta dai pittori… Questo nome infatti evoca troppo il modo sentimentale con cui vi si trasforma la vita di Gesù in un idillio piccolo borghese, ingannevole per il fatto che attenua il mistero. Occorre cercare altrove l’origine della venerazione per la Santa Famiglia… A partire da Nàzaret si scopre che la casa e la famiglia sono una Chiesa e si assume la responsabilità sacerdotale del capo di famiglia. Nella «Galilea delle genti» (Mt 4,15) Gesù riceve un’educazione ebrea; pur senza andare a scuola, impara a conoscere la Scrittura a casa… Le magre allusioni di Luca bastano per darci un’idea dello spirito di responsabilità e d’apertura, di fervore e di rettitudine che caratterizzavano quella comunità e fecero di essa una realizzazione dell’Israele vero. Ma innanzi tutto noi riconosciamo nell’azione di Gesù, che conosce le Scritture e le tradizioni rabbiniche con la sicurezza di un maestro, quanto la vita comune condotta a Nàzaret sia stata fruttuosa per la sua esperienza. E forse questo non ci riguarda, noi, che viviamo in un’epoca in cui la maggior parte dei cristiani è costretta a vivere in mezzo a una «Galilea delle genti»?
      La grande Chiesa non può crescere né prosperare se è lasciata nell’ignoranza delle sue radici nascoste nell’ambiente di Nàzaret… Nàzaret è un messaggio permanente per la Chiesa. La Nuova Alleanza non ha avuto inizio nel Tempio, né sul Monte Santo, bensì nella piccola dimora della Vergine, nella casa del lavoratore, in un luogo dimenticato della «Galilea delle genti», dal quale nessuno si aspettava nulla di buono. Solo a partire da lì la Chiesa potrà ripartire e guarire. Non potrà mai dare una vera risposta alla rivolta del nostro secolo contro il potere della ricchezza se, nel suo stesso seno, Nàzaret non sarà una realtà vissuta.

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