Archive pour le 31 octobre, 2009

Solennità di Tutti i Santi

Solennità di Tutti i Santi dans immagini sacre

http://www.santiebeati.it/

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Solennità di Tutti i Santi

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Il frutto dell’amore – meditazione sulla festa dei santi

dal sito:

http://www.statusecclesiae.net/status/common.php?pagina=frutto_amore_bianchi.php

Autore: Enzo Bianchi

Fonte: monasterodibose.it

Il frutto dell’amore – meditazione sulla festa dei santi

In questi ultimi decenni sono stati proclamati tanti santi e beati: mai c’è stata nella Chiesa una stagione così ricca di canonizzazioni, segno anche di un’estesa « cattolicità » raggiunta dalla testimonianza cristiana. Eppure molti, all’interno e attorno alla Chiesa, hanno la sensazione di non conoscere dei santi « vicini », di non riuscire a discernere « l’amico di Dio » – questa la stupenda definizione patristica del santo – nella persona della porta accanto, nel cristiano quotidiano. Questo forse è dovuto anche al fatto che viviamo in una cultura in cui si privilegia l’apparire, un mondo in cui – come ha detto qualcuno – « anche la santità si misura in pollici »: molti allora cercano non il discepolo del Signore, ma l’ecclesiastico di successo, l’efficace trascinatore di folle, l’opinion leader capace di parole sociologiche, politiche, economiche, etiche, la star mediatica cui si chiede una parola a basso prezzo su qualsiasi evento, facendolo apparire il più eloquente a prescindere dalla consistenza della sua sequela del Signore. Ma è proprio in questa ambigua ricerca della santità attorno a noi che ci viene in aiuto la festa di tutti i santi, la celebrazione della comunione dei santi del cielo e della terra. Sì, al cuore dell’autunno, dopo tutte le mietiture, i raccolti e le vendemmie nelle nostre campagne, la Chiesa ci chiede di contemplare la mietitura di tutti i sacrifici viventi offerti a Dio, la messe di tutte le vite ritornate al Signore, la raccolta presso Dio di tutti i frutti maturi suscitati dall’amore e dalla grazia del Signore in mezzo agli uomini. La festa di tutti i santi è davvero un memoriale dell’autunno glorioso della Chiesa, la festa contro la solitudine, contro ogni isolamento che affligge il cuore dell’uomo: se non ci fossero i santi, se non credessimo « alla comunione dei santi » – che non certo a caso fa parte della nostra professione di fede – saremmo chiusi in una solitudine disperata e disperante. In questo giorno dovremmo cantare: « Non siamo soli, siamo una comunione vivente! »; dovremmo rinnovare il canto pasquale perché, se a Pasqua contemplavamo il Cristo vivente per sempre alla destra del Padre, oggi, grazie alle energie della risurrezione, noi contempliamo quelli che sono con Cristo alla destra del Padre: i santi. A Pasqua cantavamo che la vite era vivente, risorta; oggi la Chiesa ci invita a cantare che i tralci, mondati e potati dal Padre sulla vite che è Cristo, hanno dato il loro frutto, hanno prodotto una vendemmia abbondante e che questi grappoli, raccolti e spremuti insieme formano un unico vino, quello del Regno. Noi oggi contempliamo questo mistero: i morti per Cristo, con Cristo e in Cristo sono con lui viventi e, poiché noi siamo membra del corpo di Cristo ed essi membra gloriose del corpo glorioso del Signore, noi siamo in comunione gli uni con gli altri, Chiesa pellegrinante con Chiesa celeste, insieme formanti l’unico e totale corpo del Signore. Oggi dalle nostre assemblee sale il profumo dell’incenso, segno del legame con la Chiesa di lassù, la Gerusalemme celeste che attende il completamento del numero dei suoi figli ed è vivente, gloriosa presso Dio, con Cristo, per sempre. Ecco il forte richiamo che risuona per noi oggi: riscoprire il santo accanto a noi, sentirci parte di un unico corpo. E’ questa consapevolezza che ha nutrito la fede e il cammino di santità di molti credenti, dai primi secoli ai nostri giorni: uomini e donne nascosti, capaci di vivere quotidianamente la lucida resistenza a sempre nuove idolatrie, nella paziente sottomissione alla volontà del Signore, nel sapiente amore per ogni essere umano, immagine del Dio invisibile. Il santo allora diviene una presenza efficace per il cristiano e per la Chiesa: « Noi non siamo soli, ma avvolti da una grande nuvola di testimoni » (Ebr 12,1), con loro formiamo il corpo di Cristo, con loro siamo i figli di Dio, con loro saremo una cosa sola con il Figlio. In Cristo si stabilisce tra noi e i santi una tale intimità che supera quella esistente nei nostri rapporti, anche quelli più fraterni, qui sulla terra: essi pregano per noi, intercedono, ci sono vicini come amici che non vengono mai meno. E la loro vicinanza è davvero capace di meraviglie perché la loro volontà è ormai assimilata alla volontà di Dio manifestatasi in Cristo, unico loro e nostro Signore: non sono più loro a vivere, ma Cristo in loro, avendo raggiunto il compimento di ogni vocazione cristiana, l’assunzione del volere stesso di Cristo: « Non la mia, ma la tua volontà sia fatta, o Padre » (Lc 22,42). Sostenuti da quanti ci hanno preceduto in questo cammino, scopriremo anche i santi che ancora operano sulla terra perché il seme dei santi non è prossimo all’estinzione: caduto a terra si prepara ancora oggi a dare il suo frutto. « Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? » (Is 43,19).

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Padre Cantalamessa, Solennità di Tutti i Santi e Commemorazione dei fedeli defunti (anno A 2008)

dal sito:

http://www.cantalamessa.org/it/omelieView.php?id=407 
 
Padre Cantalamessa
 
Solennità di tutti i Santi e Commemorazione dei fedeli defunti 
XXXI Domenica
anno A – 2008-11-02


La festa di Tutti i Santi e la commemorazione dei fedeli defunti hanno una cosa in comune e per questo sono poste l’una di seguito all’altra. Anche il brano evangelico è lo stesso ed è la pagina delle beatitudini. Ambedue le ricorrenze ci parlano dell’aldilà. Se non credessimo in una vita dopo la morte, sarebbe vano celebrare la festa dei Santi e ancora più vano recarci al cimitero. Chi andremmo a visitare e perché accendiamo una candela o portiamo un fiore?

Tutto dunque in questo giorno ci invita a una riflessione sapienziale: “Insegnaci a contare i nostri giorni –dice un salmo – e giungeremo alla sapienza del cuore”. “Si sta come d’autunno sull’albero le foglie” (G. Ungaretti). L’albero a primavera torna a fiorire, ma con altre foglie; anche il mondo continuerà dopo di noi, ma con altri abitanti. Le foglie non hanno una seconda vita, marciscono dove cadono. È così anche di noi? Qui l’analogia qui si interrompe. Gesù ha promesso: “Io sono la risurrezione e la vita, chi vive e crede in me anche se muore, vivrà”. È la grande sfida della fede, non solo dei cristiani, ma anche degli ebrei e degli islamici, di tutti coloro che credono in un Dio personale.

Quelli che hanno visto il film Dottor Zivago ricordano la celebre canzone di Lara che fa da colonna sonora. Nella versione italiana essa dice: “Dove non so, ma un posto ci sara’ da dove noi non torneremo mai…”. La canzone esprime bene il senso del celebre romanzo di Pasternac da cui è tratto il film: due innamorati che si incontrano, si cercano, ma che la sorte (siamo all’epoca tempestosa della rivoluzione bolscevica) ogni volta crudelmente separa, fino alla scena finale in cui le loro strade tornano a incrociarsi, senza però riconoscersi.

Ogni volta che mi capita di ascoltare le note di quella canzone, la mia fede mi fa quasi gridare tra me: Sì un posto c’è da dove noi non torneremo –e non vorremo tornare – mai. Gesù è andato a prepararcelo, ci ha aperto la via con la sua risurrezione e ci ha indicato la strada per seguirlo con la pagina delle beatitudini. Un posto in cui il tempo si fermerà su di noi per cedere il passo all’eternità; dove l’amore sarà pieno e totale. Non solo l’amore di Dio e per Dio, ma anche ogni amore onesto e santo vissuto sulla terra.

La fede non esenta i credenti dall’angoscia di dover morire, essa però la tempera con la speranza. Il prefazio della Messa di domani dice: “Se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la speranza dell’immortalità futura”. A questo proposito c’una testimonianza sconvolgente situata anch’essa in Russia. Nel 1972 su una rivista clandestina fu pubblicato un testo. Si tratta di una preghiera trovata nel taschino della giubba del soldato Aleksander Zacepa, composta pochi istanti prima della battaglia in cui perse la vita nella seconda guerra mondiale. Dice:

Ascolta, o Dio! Non una volta nella mia vita ho parlato con te, ma oggi mi vien voglia di farti festa.
Sai, fin da piccolo mi hanno sempre detto che non esisti… io stupido ci ho creduto.
Non ho mai contemplato le tue opere,
ma questa notte ho guardato dal cratere di una granata al cielo di stelle sopra di me
e affascinato dal loro scintillare,
ad un tratto ho capito come possa esser terribile 1′inganno… Non so, o Dio, se mi darai la tua mano,
ma io ti dico e tu mi capisci…
Non e strano che in mezzo a uno spaventoso inferno mi sia apparsa la luce e io abbia scorto te?
Oltre a questo non ho nulla da dirti. Sono felice solo perché ti ho conosciuto. A mezzanotte dobbiamo attaccare,
ma non ho paura, tu guardi a noi.
E il segnale! Me ne devo andare. Si stava bene con te. Voglio ancora dirti, e tu lo sai, che la battaglia sarà dura: può darsi che questa notte stessa venga a bussare da te. E anche se finora non Sono stato tuo amico,
quando verrò, mi permetterai di entrare?
Ma che succede, piango?
Dio mio, tu vedi quello che mi e capitato, soltanto ora ho incominciato a veder chiaro… Salve, mio Dio, vado… difficilmente tornerò. Che strano, ora la morte non mi fa paura.
 

Papa Benedetto, Solennità di Tutti i Santi, Angelus (2008)

dal sito:

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/angelus/2008/documents/hf_ben-xvi_ang_20081101_all-saints_it.html

SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI

BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Sabato, 1° novembre 2008
 

Cari fratelli e sorelle!

Celebriamo oggi con grande gioia la festa di Tutti i Santi. Visitando un vivaio botanico, si rimane stupefatti dinanzi alla varietà di piante e di fiori, e viene spontaneo pensare alla fantasia del Creatore che ha reso la terra un meraviglioso giardino. Analogo sentimento ci coglie quando consideriamo lo spettacolo della santità: il mondo ci appare come un « giardino », dove lo Spirito di Dio ha suscitato con mirabile fantasia una moltitudine di santi e sante, di ogni età e condizione sociale, di ogni lingua, popolo e cultura. Ognuno è diverso dall’altro, con la singolarità della propria personalità umana e del proprio carisma spirituale. Tutti però recano impresso il « sigillo » di Gesù (cfr Ap 7,3), cioè l’impronta del suo amore, testimoniato attraverso la Croce. Sono tutti nella gioia, in una festa senza fine, ma, come Gesù, questo traguardo l’hanno conquistato passando attraverso la fatica e la prova (cfr Ap 7,14), affrontando ciascuno la propria parte di sacrificio per partecipare alla gloria della risurrezione.

La solennità di Tutti i Santi si è venuta affermando nel corso del primo millennio cristiano come celebrazione collettiva dei martiri. Già nel 609, a Roma, il Papa Bonifacio IV aveva consacrato il Pantheon dedicandolo alla Vergine Maria e a tutti i Martiri. Questo martirio, peraltro, possiamo intenderlo in senso lato, cioè come amore per Cristo senza riserve, amore che si esprime nel dono totale di sé a Dio e ai fratelli. Questa meta spirituale, a cui tutti i battezzati sono protesi, si raggiunge seguendo la via delle « beatitudini » evangeliche, che la liturgia ci indica nell’odierna solennità (cfr Mt 5,1-12a). E’ la stessa via tracciata da Gesù e che i santi e le sante si sono sforzati di percorrere, pur consapevoli dei loro limiti umani. Nella loro esistenza terrena, infatti, sono stati poveri in spirito, addolorati per i peccati, miti, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, perseguitati per la giustizia. E Dio ha partecipato loro la sua stessa felicità: l’hanno pregustata in questo mondo e, nell’aldilà, la godono in pienezza. Sono ora consolati, eredi della terra, saziati, perdonati, vedono Dio di cui sono figli. In una parola: « di essi è il Regno dei cieli » (cfr Mt 5,3.10).

In questo giorno sentiamo ravvivarsi in noi l’attrazione verso il Cielo, che ci spinge ad affrettare il passo del nostro pellegrinaggio terreno. Sentiamo accendersi nei nostri cuori il desiderio di unirci per sempre alla famiglia dei santi, di cui già ora abbiamo la grazia di far parte. Come dice un celebre canto spiritual: « Quando verrà la schiera dei tuoi santi, oh come vorrei, Signore, essere tra loro! ». Possa questa bella aspirazione ardere in tutti i cristiani, ed aiutarli a superare ogni difficoltà, ogni paura, ogni tribolazione! Mettiamo, cari amici, la nostra mano in quella materna di Maria, Regina di tutti i Santi, e lasciamoci condurre da Lei verso la patria celeste, in compagnia degli spiriti beati « di ogni nazione, popolo e lingua » (Ap 7,9). Ed uniamo nella preghiera già il ricordo dei nostri cari defunti che domani commemoreremo.

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buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno abutilon_megapotamicum_53f

Abutilon megapotamicum

http://www.floralimages.co.uk/index2.htm

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San [Padre] Pio di Pietrelcina: « Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20091031

Sabato della XXX settimana del Tempo Ordinario : Lc 14,1-1#Lc 14,7-11
Meditazione del giorno
San [Padre] Pio di Pietrelcina (1887-1968), cappuccino
Buona giornata 8/8, GB 69

« Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato »

      L’umiltà è la verità, e la verità è che io sono nulla, e tutto quello che di buono è in me, è di Dio. E spesso noi sciupiamo anche quello che di buono Dio ha messo in noi. Quando vedo che la gente a me chiede qualche cosa, non penso a quello che posso dare, ma a quello che non so dare, e per cui tante anime restano sitibonde, per non avere io saputo dare loro il dono di Dio.

      Pensare che ogni mattina Gesù fa l’innesto di sé in noi, ci pervade tutti, ci dona tutto, dovrebbe dunque spuntare in noi il ramo o il fiore dell’umiltà. Viceversa, il diavolo, che non può innestarsi in noi così profondamente come Gesù, ecco che fa subito germogliare i suoi virgulti di superbia. Questo non ci fa onore. Bisogna dunque combattere e sforzarci di salire… Quando non ne possiamo più, allora, nella fermata, umiliamoci e in questa umiltà ci incontreremo con Dio, perché egli discende nel cuore umile.

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 31 octobre, 2009 |Pas de commentaires »

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