Archive pour septembre, 2009

Viterbo, Madonna della Quercia

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Publié dans:immagini sacre |on 25 septembre, 2009 |Pas de commentaires »

Benedetto XVI, Viterbo: Preghiera alla Madonna della Quercia

dal sito: 

 http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/prayers/documents/hf_ben-xvi_20090906_prayer-madonna-quercia_it.html

VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
A VITERBO E BAGNOREGIO

PREGHIERA ALLA MADONNA DELLA QUERCIA

Care sorelle!

E’ per me una vera gioia potervi incontrare in questo luogo caro alla pietà popolare. Voi, monache di vita contemplativa, avete la missione nella Chiesa di essere fiaccole che, nel silenzio dei monasteri, ardono di preghiera e di amore a Dio. A voi affido le mie intenzioni, le intenzioni del Pastore di questa Diocesi e le necessità di quanti vivono in questa terra. A voi affido, in quest’Anno Sacerdotale, soprattutto i sacerdoti, i seminaristi e le vocazioni. Siate con il vostro silenzio orante il loro sostegno “a distanza” ed esercitate verso di loro la vostra maternità spirituale, offrendo al Signore il sacrificio della vostra vita per la loro santificazione e per il bene delle anime. Vi ringrazio per la vostra presenza e di cuore vi benedico; recate anche alle vostre consorelle, che non sono potute venire, il saluto e la benedizione del Papa. Vi chiedo ora di unirvi a me nell’invocare la materna protezione di Maria su questa comunità diocesana e sugli abitanti di questa terra ricca di tradizioni religiose e culturali.

Vergine Santa, Madonna della Quercia,
Patrona della Diocesi di Viterbo,
raccolti in questo santuario a Te consacrato,
Ti rivolgiamo una supplice e confidente preghiera:
vigila sul Successore di Pietro e sulla Chiesa affidata alle sue cure;
vigila su questa comunità diocesana e sui suoi pastori,
sull’Italia, sull’Europa e sugli altri continenti.
Regina della pace, ottieni il dono della concordia e della pace
per i popoli e per l’intera umanità.

Vergine obbediente, Madre di Cristo,
che, con il tuo docile “si” all’annuncio dell’Angelo,
sei diventata Madre dell’Onnipotente,
aiuta tutti i tuoi figli ad assecondare
i disegni che il Padre celeste ha su ciascuno,
per cooperare all’universale progetto di redenzione,
che Cristo ha compiuto morendo sulla croce.

Vergine di Nazareth, Regina della famiglia,
rendi le nostre famiglie cristiane fucine di vita evangelica,
arricchite dal dono di molte vocazioni
al sacerdozio e alla vita consacrata.
Mantieni salda l’unità delle nostre famiglie,
oggi tanto minacciata da ogni parte,
e rendile focolari di serenità e di concordia,
dove il dialogo paziente dissipi le difficoltà e i contrasti.
Veglia soprattutto su quelle divise e in crisi,
Madre di perdono e di riconciliazione.

Vergine Immacolata, Madre della Chiesa,
alimenta l’entusiasmo di tutte le componenti
della nostra Diocesi: delle parrocchie e dei gruppi ecclesiali,
delle associazioni e delle nuove forme di impegno apostolico
che il Signore va suscitando con il suo Santo Spirito;
rendi ferma e decisa la volontà di quanti
il Padrone della messe continua a chiamare
come operai nella sua vigna, perché,
resistendo a ogni lusinga ed insidia mondana,
perseverino generosamente nel seguire il cammino intrapreso,
e, con il tuo materno soccorso, diventino testimoni di Cristo
attratti dal fulgore del suo Amore, sorgente di gioia.

Vergine Clemente, Madre dell’umanità,
volgi il tuo sguardo sugli uomini e le donne del nostro tempo,
sui popoli e i loro governanti, sulle nazioni e i continenti;
consola chi piange, chi soffre, chi pena per l’umana ingiustizia,
sostieni chi vacilla sotto il peso della fatica
e guarda al futuro senza speranza;
incoraggia chi lavora per costruire un mondo migliore
dove trionfi la giustizia e regni la fraternità,
dove cessino l’egoismo e l’odio, e la violenza.
Ogni forma e manifestazione di violenza
sia vinta dalla forza pacificatrice di Cristo!

Vergine dell’ascolto, Stella della speranza,
Madre della Misericordia,
sorgente attraverso la quale è venuto nel mondo Gesù,
nostra vita e nostra gioia,
noi Ti ringraziamo e Ti rinnoviamo l’offerta della vita,
certi che non ci abbandoni mai,
specialmente nei momenti bui e difficili dell’esistenza.
Accompagnaci sempre: ora e nell’ora della nostra morte.
Amen!

Viterbo, 6 Settembre 2009 

Publié dans:Papa Benedetto XVI, preghiere |on 25 septembre, 2009 |Pas de commentaires »

Lavoro: luogo di speranza?

dal sito:

http://www.diocesi.torino.it/ascolto2007/lavoro-speranza.htm

DIOCESI DI TORINO

In ascolto. Il lavoro

Lectio Divina – Quaresimale
Santuario della Consolata, 16 marzo 2007

Lavoro: luogo di speranza?
Don Daniele Bortolussi

La Chiesa è convinta che il lavoro costituisce una dimensione fondamentale dell’esistenza dell’uomo sulla terra. La Chiesa, tuttavia, attinge questa sua convinzione soprattutto dalla Parola di Dio rivelata e, perciò, quella che è una convinzione dell’intelletto acquista in pari tempo il carattere di una convinzione di fede. La ragione è che la Chiesa crede nell’uomo, pensa all’uomo e si rivolge a lui non solo alla luce dell’esperienza storica, non solo con l’aiuto dei molteplici metodi della conoscenza scientifica, ma in primo luogo alla luce della parola rivelata del Dio vivente. Riferendosi all’uomo, essa cerca di esprimere quei disegni eterni e quei destini trascendenti, che il Dio vivente, creatore e redentore, ha legato all’uomo.
La Chiesa trova già nelle prime pagine del Libro della Genesi la fonte della sua convinzione che il lavoro costituisce una fondamentale dimensione dell’esistenza umana sulla terra. L’analisi di tali testi ci rende consapevoli del fatto che in essi sono state espresse le verità fondamentali intorno all’uomo, già nel contesto del mistero della Creazione. Sono queste le verità che decidono dell’uomo sin dall’inizio e che, al tempo stesso, tracciano le grandi linee della sua esistenza sulla terra.

Genesi: Capitolo 2,1-9.15
1Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 2Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. 3Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto. 4aQueste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.
4bQuando il Signore Dio fece la terra e il cielo, 5nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata – perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo 6e faceva salire dalla terra l`acqua dei canali per irrigare tutto il suolo -; 7allora il Signore Dio plasmò l`uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l`uomo divenne un essere vivente.
8Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l`uomo che aveva plasmato. 9Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l`albero della vita in mezzo al giardino e l`albero della conoscenza del bene e del male.
15Il Signore Dio prese l`uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.

L’uomo è immagine di Dio per il mandato ricevuto dal suo Creatore di soggiogare, di dominare la terra. Nell’adempimento di tale mandato ogni essere umano riflette l’azione stessa del Creatore dell’universo.
Il lavoro suppone uno specifico dominio dell’uomo sulla «terra» ed a sua volta conferma e sviluppa questo dominio. Così quelle parole, poste all’inizio della Bibbia, non cessano mai di essere attuali. Esse abbracciano ugualmente tutte le epoche passate della civiltà e dell’economia, come tutta la realtà contemporanea e le fasi future dello sviluppo, le quali, in qualche misura, forse si stanno già delineando, ma in gran parte rimangono ancora per l’uomo quasi sconosciute e nascoste.
Se a volte si parla di periodi di «accelerazione» nella vita economica e nella civilizzazione dell’umanità o delle singole Nazioni, unendo queste «accelerazioni» al progresso della scienza e della tecnica e, specialmente, alle scoperte decisive per la vita socio-economica, si può dire al tempo stesso che nessuna di queste «accelerazioni» supera l’essenziale contenuto di ciò che è stato detto in questo antichissimo testo biblico. Diventando – mediante il suo lavoro – sempre di più padrone della terra, e confermando – ancora mediante il lavoro – il suo dominio sul mondo visibile, l’uomo, in ogni caso ed in ogni fase di questo processo, rimane sulla linea di quell’originaria disposizione del Creatore, la quale resta necessariamente e indissolubilmente legata al fatto che l’uomo è stato creato, come maschio e femmina, «a immagine di Dio». Questo processo è, al tempo stesso, universale ed insieme è un processo che si attua in ogni uomo, in ogni consapevole soggetto umano. Tutti e ciascuno sono contemporaneamente da esso abbracciati.
Tutti e ciascuno, in misura adeguata e in un numero incalcolabile di modi, prendono parte a questo gigantesco processo, mediante il quale l’uomo «soggioga la terra» col suo lavoro.

Questa universalità e, al tempo stesso, questa molteplicità del processo gettano luce sul lavoro umano, poiché il dominio dell’uomo sulla terra si compie nel lavoro e mediante il lavoro. Emerge così il significato del lavoro in senso oggettivo, il quale trova la sua espressione nelle varie epoche della cultura e della civiltà. L’agricoltura costituisce un campo primario dell’attività economica e un indispensabile fattore, mediante il lavoro umano, della produzione. L’industria, a sua volta, consisterà sempre nel coniugare le ricchezze della terra ed il lavoro dell’uomo, il lavoro fisico come quello intellettuale. Ciò vale anche nel campo della cosiddetta industria dei servizi, e in quello della ricerca, pura o applicata.
Oggi nell’industria e nell’agricoltura l’attività dell’uomo ha cessato in molti casi di essere un lavoro prevalentemente manuale, poiché la fatica delle mani e dei muscoli è aiutata dall’opera di macchine e di meccanismi sempre più perfezionati. Non soltanto nell’industria, ma anche nell’agricoltura, siamo testimoni delle trasformazioni rese possibili dal graduale e continuo sviluppo della scienza e della tecnica. E questo, nel suo insieme, è diventato storicamente una causa di grandi svolte della civiltà, dall’origine dell’«èra industriale» alle successive fasi di sviluppo per il tramite di nuove tecniche, come quelle dell’elettronica o dei microprocessori negli ultimi anni.
Se può sembrare che nel processo industriale «lavori» la macchina mentre l’uomo solamente attende ad essa, rendendo possibile e sostenendo in diversi modi il suo funzionamento, è anche vero che proprio per questo lo sviluppo industriale pone la base per riproporre in modo nuovo il problema del lavoro umano. Sia la prima industrializzazione che ha creato la cosiddetta questione operaia, sia i successivi cambiamenti industriali, dimostrano eloquentemente che, anche nell’epoca del «lavoro» sempre più meccanizzato, il soggetto proprio del lavoro rimane l’uomo.
Intesa in questo caso non come una capacità o una attitudine al lavoro, ma come un insieme di strumenti dei quali l’uomo si serve nel proprio lavoro, la tecnica è indubbiamente un’alleata dell’uomo. E’ un fatto, peraltro, che in alcuni casi la tecnica da alleata può anche trasformarsi quasi in avversaria dell’uomo, come quando la meccanizzazione del lavoro «soppianta» l’uomo, togliendogli ogni soddisfazione personale e lo stimolo alla creatività e alla responsabilità; quando sottrae l’occupazione a molti lavoratori prima impiegati, o quando, mediante l’esaltazione della macchina, riduce l’uomo ad esserne il servo.
La recente epoca della storia dell’umanità, e specialmente di alcune società, porta con sé una giusta affermazione della tecnica come un coefficiente fondamentale di progresso economico; al tempo stesso, però, con questa affermazione sono sorti e continuamente sorgono gli interrogativi essenziali riguardanti il lavoro umano in rapporto al suo soggetto, che è appunto l’uomo. Questi interrogativi racchiudono in sé una carica particolare di contenuti e di tensioni di carattere etico ed etico-sociale. E perciò essi costituiscono una sfida continua per molteplici istituzioni, per gli Stati e per i governi, per i sistemi e le organizzazioni internazionali; essi costituiscono anche una sfida per la Chiesa.

Per continuare l’analisi del lavoro legata alla parola della Bibbia, in forza della quale l’uomo deve soggiogare la terra, bisogna che concentriamo la nostra attenzione sul lavoro in senso soggettivo. L’uomo deve soggiogare la terra, la deve dominare, perché è una persona, cioè un essere capace di agire in modo programmato e razionale, capace di decidere di sé e tendere a realizzare se stesso. Come persona, l’uomo è quindi soggetto del lavoro.
Non c’è, quindi, alcun dubbio che il lavoro umano abbia un suo valore etico, il quale senza mezzi termini e direttamente rimane legato al fatto che colui che lo compie è una persona, un soggetto consapevole e libero, cioè un soggetto che decide di se stesso.
Il cristianesimo, ampliando alcuni aspetti propri già dell’Antico Testamento, ha operato una fondamentale trasformazione di concetti, partendo dall’intero contenuto del messaggio evangelico e soprattutto dal fatto che Gesù, il quale essendo Dio è divenuto simile a noi in tutto, dedicò la maggior parte degli anni della sua vita sulla terra al lavoro manuale, presso un banco di carpentiere. Questa circostanza costituisce da sola il più eloquente «Vangelo del lavoro», che manifesta come il fondamento per determinare il valore del lavoro umano non sia prima di tutto il genere di lavoro che si compie, ma il fatto che colui che lo esegue è una persona. Ciò vuol dire che il primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso. A ciò si collega subito una conclusione molto importante di natura etica: per quanto sia una verità che l’uomo è destinato ed è chiamato al lavoro, però prima di tutto il lavoro è «per l’uomo», e non l’uomo «per il lavoro». Dato questo modo di intendere, e supponendo che vari lavori compiuti dagli uomini possano avere un maggiore o minore valore oggettivo, cerchiamo tuttavia di porre in evidenza che ognuno di essi si misura soprattutto con il metro della dignità del soggetto stesso del lavoro, cioè della persona, dell’uomo che lo compie. A sua volta: indipendentemente dal lavoro che ogni uomo compie, e supponendo che esso costituisca uno scopo – alle volte molto impegnativo – del suo operare, questo scopo non possiede un significato definitivo per se stesso. Difatti, in ultima analisi, lo scopo del lavoro, di qualunque lavoro eseguito dall’uomo – fosse pure il lavoro più monotono, nella scala del comune modo di valutazione, addirittura più emarginante – rimane sempre l’uomo stesso.

Proprio queste affermazioni basilari sul lavoro sono sempre emerse dalle ricchezze della verità cristiana, specialmente dal messaggio stesso del «Vangelo del lavoro», creando il fondamento del nuovo modo di pensare, di valutare e di agire degli uomini. Nell’epoca moderna, fin dall’inizio dell’èra industriale, la verità cristiana sul lavoro doveva contrapporsi alle varie correnti del pensiero materialistico ed economicistico.
Ancora oggi per alcuni fautori di tali idee, il lavoro è inteso e trattato come una specie di «merce», che il lavoratore vende al datore di lavoro. Il pericolo di trattare il lavoro come una «merce», o come una anonima «forza» necessaria alla produzione, esiste sempre.
Uno stimolo per questo modo di pensare e di valutare è costituito dall’accelerato processo di sviluppo della civiltà unilateralmente materialistica, nella quale si dà prima di tutto importanza alla dimensione oggettiva del lavoro, mentre tutto ciò che è in rapporto indiretto o diretto con lo stesso soggetto del lavoro rimane su di un piano secondario. In tutti i casi di questo genere, in ogni situazione sociale di questo tipo avviene una confusione o, addirittura, un’inversione dell’ordine stabilito all’inizio con le parole del Libro della Genesi: l’uomo viene trattato come uno strumento di produzione, mentre egli dovrebbe essere trattato come suo soggetto efficiente e suo vero artefice e creatore.

Perciò, bisogna continuare a interrogarsi circa il soggetto del lavoro e le condizioni in cui egli vive. Per realizzare la giustizia sociale nelle varie parti del mondo, nei vari Paesi e nei rapporti tra di loro, sono necessari sempre nuovi movimenti di solidarietà degli uomini del lavoro e di solidarietà con gli uomini del lavoro. Tale solidarietà deve essere sempre presente là dove lo richiedono la degradazione sociale del soggetto del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e le crescenti fasce di miseria e addirittura di fame. La Chiesa è impegnata in questa causa perché la considera come sua missione, suo servizio, come verifica della sua fedeltà a Cristo, onde essere veramente la «Chiesa dei poveri». E i «poveri» compaiono sotto diverse specie, in diversi posti e in diversi momenti; compaiono in molti casi come risultato della violazione della dignità del lavoro umano: sia perché vengono limitate le possibilità del lavoro – cioè per la piaga della disoccupazione -, sia perché vengono svalutati il lavoro ed i diritti che da esso scaturiscono, specialmente il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua famiglia.

Ci conviene toccare, almeno sinteticamente, alcuni problemi che definiscono più da vicino la dignità del lavoro umano, poiché permettono di caratterizzare più pienamente il suo specifico valore morale. La fondamentale e primordiale intenzione di Dio nei riguardi dell’uomo, che Egli «creò … a sua somiglianza, a sua immagine», non è stata ritrattata né cancellata neppure quando l’uomo, dopo aver infranto l’originaria alleanza con Dio, udì le parole: «Col sudore del tuo volto mangerai il pane». Queste parole si riferiscono alla fatica a volte pesante, che da allora accompagna il lavoro umano; però, non cambiano il fatto che esso è la via sulla quale l’uomo realizza il «dominio», che gli è proprio, sul mondo visibile «soggiogando» la terra. Questa fatica è un fatto universalmente conosciuto, perché universalmente sperimentato. Lo sanno gli uomini del lavoro manuale, svolto talora in condizioni eccezionalmente gravose. Lo sanno, al tempo stesso, gli uomini legati al banco del lavoro intellettuale, lo sanno gli scienziati, lo sanno gli uomini sui quali grava la grande responsabilità imprenditoriale e dirigenziale. Lo sanno i medici e gli infermieri, che vigilano giorno e notte accanto ai malati. Lo sanno le donne,che, talora senza adeguato riconoscimento da parte della società e degli stessi familiari, portano ogni giorno la fatica e la responsabilità della casa e dell’educazione dei figli. Lo sanno tutti gli uomini del lavoro e, poiché è vero che il lavoro è una vocazione universale, lo sanno tutti gli uomini.
Il lavoro è un bene dell’uomo, perché mediante il lavoro l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, «diventa più uomo».

Confermata in questo modo la dimensione personale del lavoro umano, si deve poi arrivare al fatto che il lavoro è il fondamento su cui si forma la vita familiare, la quale è un diritto naturale ed una vocazione dell’uomo. Questi due cerchi di valori – uno congiunto al lavoro, l’altro conseguente al carattere familiare della vita umana – devono unirsi tra sé correttamente e correttamente permearsi. Il lavoro è, in un certo modo, la condizione per rendere possibile la fondazione di una famiglia, poiché questa esige i mezzi di sussistenza, che in via normale l’uomo acquista mediante il lavoro. Lavoro e laboriosità condizionano anche tutto il processo di educazione nella famiglia, proprio per la ragione che ognuno «diventa uomo», fra l’altro, mediante il lavoro, e quel diventare uomo esprime appunto lo scopo principale di tutto il processo educativo.
Nell’insieme si deve ricordare ed affermare che la famiglia costituisce uno dei più importanti termini di riferimento, secondo i quali deve essere formato l’ordine socio-etico del lavoro umano. Infatti, la famiglia è, al tempo stesso, una comunità resa possibile dal lavoro e la prima interna scuola di lavoro per ogni uomo.

Lavoro: luogo di speranza?
La nostra realtà attuale:

lavoro precario
lavoro flessibile
contratti interinali
morti sul lavoro
delocalizzaione delle imprese
disoccupazione
concorrenza
formazione continua sistema scolastico all’altezza della domanda del mercato del lavoro
educazione al lavoro delle giovani generazioni
l’uscita dal ciclo produttivo degli over 40
la fatica di creare il lavoro
la fatica di rimanere sul mercato
la responsabilità sociale delle imprese
lavoro a misura di famiglia?

La speranza
La Chiesa è chiamata ad alimentare le speranze terrene con la speranza teologale, fondata sul Dio di Gesù Cristo. La caratteristica della speranza cristiana è quella di essere certa e conclusiva, diversamente dalle altre che pur hanno alla base la ricerca del bene per l’uomo in ogni sua dimensione. Prepararsi a vivere la Pasqua meditando il mistero cristiano come culmine e fonte della nostra speranza è fondamentale, ma anche estremamente concreto.
Questo rende ragione dell’approccio del cristiano ai problemi del mondo, compresi quelli del lavoro, che non è un approccio solo tecnico-funzionale, ma innanzitutto spirituale, inteso come “vita nello Spirito di Gesù Cristo”. Di fronte alle questioni complesse che anche il mondo del lavoro offre, l’approccio spirituale rimane, per il cristiano, la chiave di lettura, la via al discernimento autentico nella ricerca di soluzioni durature e per il bene dell’uomo a tutti quei problemi che sappiamo essere presenti sulla questione del lavoro umano.
Quando il giorno di Natale risuona l’annuncio della nascita del Verbo di Dio sappiamo bene quanto il termine “logos” si possa anche interpretare come il senso ultimo di tutta la creazione, Colui che dona il senso, il significato profondo, la prospettiva ad ogni dimensione dell’uomo, e noi oggi affermiamo anche alla dimensione del lavoro. L’annuncio di Pasqua conferma questo dato, esplicitando il metodo utilizzato da Dio per proclamare questa verità profonda confermata ed alimentata proprio dall’amore inesauribile di Gesù, dimostrato nell’avere donato la sua vita per noi, in modo gratuito e incondizionato. La morte e la risurrezione di Cristo sono la risposta concreta dell’amore di Dio per l’uomo, anche nella sua dimensione del lavoro, attraverso quell’aspetto, oggi non così popolare, della “gratuità” che rimane la chiave di lettura della vita cristiana e quindi, anche del lavoro. L’attività umana intesa come lavoro dipendente o autonomo o imprenditoriale può essere ricondotta all’aspetto vocazionale e all’esperienza della gratuità, intendendo in questo modo la giusta retribuzione come un diritto, un premio, ma non in grado di esaurire totalmente il valore e il suo significato dell’opera compiuta che sempre trascendono la il valore monetario. L’uomo al centro del lavoro significa, quindi, ricondurre l’opera umana all’interno di un mistero dove, ancora una volta, Dio è protagonista e fonte del suo senso più profondo e che si riconduce, ancora una volta, alla logica del dono quotidiano della vita.

Don Daniele Bortolussi
Direttore Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro

Publié dans:Approfondimenti, diocesi |on 25 septembre, 2009 |Pas de commentaires »

buona notte

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Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 24 septembre, 2009 |Pas de commentaires »

Santa Teresa del Bambino Gesù: « Io, Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me.’ Questo diceva per indicare di quale morte doveva morire » (Gv 12 ,32-33)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php

Venerdì della XXV settimana del Tempo Ordinario : Lc 9,18-22
Meditazione del giorno
Santa Teresa del Bambino Gesù (1873-1897), carmelitana, dottore della Chiesa
Poesia 52 « L’Abbandono è il frutto delizioso dell’amore »

« Io, Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me.’ Questo diceva per indicare di quale morte doveva morire » (Gv 12 ,32-33)

Su questa terra esiste
uno splendido Albero.
Le sue radici, o mistero!
stanno nell’alto del cielo.

Al suo riparo mai nulla
ci potrebbe ferire;
senza temere il temporale
là ci si può riposare.

Quest’Albero ineffabile
porta il nome dell’Amore;
e abbandono è chiamato
il suo frutto delizioso.

Questo frutto, nella vita,
la felicità mi dona;
si rallegra l’anima mia
al suo profumo divino.

Questo frutto, a toccarlo,
a me sembra un tesoro;
nel portarlo alle labbra
mi è più dolce ancora.

Mi offre, in questo mondo,
un oceano di pace;
e nella pace profonda
per sempre io riposo.

L’abbandono solo o Gesù,
mi offre alle tue braccia.
Esso mi porta a vivere
della vita degli eletti.

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 24 septembre, 2009 |Pas de commentaires »

Maria Vergine

Maria Vergine dans immagini sacre

http://www.santiebeati.it/

Publié dans:immagini sacre |on 24 septembre, 2009 |Pas de commentaires »

Preghiere di San Colombano: Dio mio, donami,

dal sito:

http://www.celticworld.it/sh_wiki.php?act=sh_art&iart=620

Preghiere di San Colombano -
 
Dio mio, donami,

ti prego, nel nome del  tuo Figlio Gesù Cristo,
quella carità che mai viene meno,
perchè la lucerna si mantenga sempre accesa,
né mai si estingua;
arda per me, brilli per gli altri.

Dégnati, o Cristo, dolcissimo nostro Salvatore,
di accendere le nostre lucerne:
brillino continuamente nel Tuo tempio
e siano alimentate perennemente da Te
che sei la luce perenne,
perché siano rischiarate le nostre oscurità
e fuggano da noi le tenebre del mondo.

Dona, o Gesù mio, la luce alla mia lucerna…
Fà che io guardi, contempli,
desideri Te solo,
e, amandoTi, a Te solo sia rivolto,
e sempre la mia lucerna brilli e arda davanti a Te. 

Publié dans:preghiere |on 24 septembre, 2009 |Pas de commentaires »

Card. Caffarra: Mt 13,44-52 – La parabola della perla preziosa

dal sito:

http://www.caffarra.it/om280702.php

XVII DOMENICA PER ANNUM (A)
Parrocchia di San Benedetto
28 luglio 2002

Mt 13,44-52 – La parabola della perla preziosa

1. « Trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra ». La parabola della perla preziosa narra la vicenda umana di ciascuno di noi: di voi giovani, in particolare. Così come la parabola immediatamente precedente del tesoro nascosto nel campo.

Dentro al campo della storia umana è stato nascosto un tesoro; è stata posta una perla preziosa. Quale? La persona stessa di Gesù il Cristo, Figlio di Dio fattosi uomo, posta in mezzo a noi perché – come ci ha detto S. Paolo – ognuno di noi divenisse conforme a Lui. Noi entriamo nel regno di Dio, noi scopriamo la verità intera su noi stessi ed il senso della nostra vita quando scopriamo il tesero che è Cristo, troviamo la perla che è Cristo.

Leggendo attentamente la parabola della perla preziosa , voi vedete che il « mercante va in cerca di perle preziose ». La scoperta è anche frutto di una ricerca che gli fa trovare « perle preziose » prima di trovarne « una … di grande valore ». Nella prima lettura avete sentito che il giovane Salomone poteva chiedere al Signore il possesso di tante perle: una lunga vita, la ricchezza, la morte dei suoi nemici. Ma egli ha chiesto « un cuore docile perché sappia rendere giustizia … e sappia distinguere il bene dal male ». E’ qui raffigurata in tutta la sua rischiosità la nostra vicenda umana. Essa è costruita sulla base della ricerca di quei beni – le perle preziose – che riteniamo possano soddisfare i nostri desideri. Che cosa è infatti la persona umana se non un desiderio insonne di felicità, di verità, di bontà, di giustizia, di amicizia? Occorre però che non sbagliamo in questa ricerca; che non cadiamo nell’errore di chi pensa che basti aver trovato tante perle preziose senza « la perla di grande valore ». Di chi pensa che in fondo quei beni limitati che sono alla portata delle nostre forze siano sufficienti, nel loro insieme, a dare un senso pieno alla nostra vita.

Non ha commesso questo errore il giovane Salomone; non ha commesso questo errore colui che « pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo »; quel mercante che « trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra ». Commette invece quell’errore il giovane a cui Gesù propone di vendere tutto per avere un tesoro ben più grande nel seguire Cristo [cfr. Mc 10,21].

Perché l’uomo della parabola « va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi », mentre, il giovane che incontra Cristo « se ne andò afflitto, perché aveva molti beni »? chi ha ragione? Carissimi, ci aiuta S. Paolo a rispondere: noi siamo stati creati in vista di Cristo. Ciascuno di noi è fatto in modo tale da avere in Lui e per Lui solo la vita: « mente e desiderio sono stati foggiati in funzione di Lui; per conoscere Cristo abbiamo ricevuto il pensiero, per correre verso di lui il desiderio, e la memoria per portarlo in noi … amare o pensare qualunque cosa che non sia lui significa sottrarci al necessario e deviare dalle tendenze poste originariamente nella nostra natura » [N. Cabasilas, La vita in Cristo, C.N. ed., Roma 1994, pag.309 e 312].

2. Al giovane Salomone furono però concessi in sovrappiù anche quei beni che non aveva chiesto. Un grande maestro della Chiesa antica ha scritto: « la perla di gran valore è il Cristo di Dio … una volta trovato lui, si afferrano facilmente tutte le altre realtà » [Commento al Vangelo di Matteo/1, CN ed., Roma 1998, pag. 95-96]. In Cristo noi ritroviamo centuplicati tutti i beni vari, anche se limitati, che fuori di Lui ci fanno deviare dalla via che ci porta alla perfetta beatitudine.

In Lui il possesso e l’uso del denaro non è prepotente auto-affermazione a spese dell’altro; il rapporto uomo-donna non è più reciproco uso uno dell’altro per la propria felicità individuale; il lavoro o lo studio non si limita più ad essere prezzo pagato al successo. In Lui ogni vero bene creato acquista una consistenza, un sapore insospettato.

Carissimi giovani, la vostra umanità così insidiata oggi trova in Cristo la sua salvaguardia. Partite da questa esperienza custodendo sempre nel cuore quella certezza che abbiamo espresso nel Salmo: « meravigliosa è la tua alleanza, per questo le sono fedele; la tua parola nel rivelarsi illumina ».

buona notte

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San Clemente di Roma: Lettera ai Corinzi ; La grande preghiera

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090924

Meditazione del giorno
San Clemente di Roma, papa dal 90 al 100 circa
Lettera ai Corinzi ; La grande preghiera (dal cap. LIX)

Dio si fa vedere in Gesù, l’amatissimo suo Figlio

Che il Creatore dell’universo
conservi intatto il numero dei suoi eletti
che si conta in tutto il mondo
per mezzo dell’amatissimo suo figlio Gesù Cristo Signore nostro,

col quale ci chiamò dalle tenebre alla luce,
dall’ignoranza alla conoscenza del suo nome glorioso,
a sperare nel tuo nome,
principio di ogni creatura.

Tu apristi gli occhi del nostro cuore
perché conoscessimo te,
il solo Altissimo nell’altissimo dei cieli,
il Santo che riposi tra i santi,

che umilii la violenza dei superbi,
che sciogli i disegni dei popoli,
che esalti gli umili e abbassi i superbi.
Tu che arricchisci e impoverisci,
che uccidi e dai la vita,

il solo benefattore degli spiriti
e Dio di ogni carne,
che scruti gli abissi,
che osservi le opere umane,
che soccorri quelli che sono in pericolo
e salvi i disperati,
Creatore e Custode di ogni spirito…

Ti preghiamo, Signore,
sii il nostro soccorso e sostegno.
Salva i nostri che sono in tribolazione,
rialza i caduti,
mostrati ai bisognosi,
guarisci gli infermi,
riconduci quelli che dal tuo popolo si sono allontanati,
sazia gli affamati,
libera i nostri prigionieri,
solleva i deboli,
consola i vili.
Conoscano tutte le genti
che tu sei l’unico Dio
e che Gesù Cristo è tuo figlio
e noi tuo popolo e pecore del tuo pascolo.

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 24 septembre, 2009 |Pas de commentaires »
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