Archive pour le 20 septembre, 2009

buona notte

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Salvia

http://www.ics.uci.edu/~eppstein/pix/flora/sjws4-s.html

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Ruperto di Deutz: Il collettore delle imposte liberato per il Regno di Dio

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090921

San Matteo, apostolo ed evangelista, festa : Mt 9,9-13
Meditazione del giorno
Ruperto di Deutz (circa 1075-1130), monaco benedettino
Sulle opere dello Spirito Santo, IV, 14 ;  SC 165, 183

Il collettore delle imposte liberato per il Regno di Dio

Matteo, il pubblicano, è stato nutrito con «il pane dell’intelligenza» (Sir 15,3); e con questa stessa intelligenza, egli ha preparato per il Signore Gesù un grande banchetto nella sua casa, poiché aveva ricevuto in eredità una grazia abbondante, conformemente al suo nome [che vuol dire «dono del Signore»]. Un presagio di tale banchetto di grazia era stato preparato da Dio: chiamato mentre era seduto al banco delle imposte, seguì il Signore e «gli preparò un grande banchetto nella sua casa» (Lc 5,29). Matteo gli ha preparato un banchetto, anzi uno molto grande: un banchetto regale, potremmo dire.

Matteo è infatti l’evangelista che ci mostra Cristo Re, attraverso la sua famiglia e i suoi atti. Fin dall’inizio del libro, egli dichiara: «Genalogia di Gesù Cristo, figlio di Davide» (Mt 1,1). Descrive poi come il neonato viene adorato dai Magi, in qualità di re dei Giudei; tutta la narrazione prosegue costellata da gesta regali e parabole del Regno. Alla fine troviamo queste parole, pronunciate da un re già incoronato dalla gloria della risurrezione: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra» (28,18).

Esaminando attentamente tutta la redazione, noterai che essa è impregnata dei misteri del Regno di Dio. Ma non è un fatto strano: Matteo era stato un pubblicano, ricordava di essere stato chiamato dal servizio pubblico del regno del peccato alla libertà del Regno di Dio, del Regno della giustizia. Quindi, da uomo non ingrato nei confronti del grande re che lo aveva liberato, ha poi servito fedelmente le leggi del suo Regno.

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SOUNDING THE SHOFAR (lo leggo ma non sono in grado di tradurre)

SOUNDING THE SHOFAR (lo leggo ma non sono in grado di tradurre) dans immagini sacre e testo jub_new_small

SOUNDING THE SHOFAR

This painting is an image of restoration.  The shofar would sound in ancient Israel at the time of the Jubilee. You can read about it in the Book of Leviticus, Chapter 25 in the Old Testament.  It was time for freedom for God’s people.  Sons and daughters came home, debts were forgiven, life was renewed. When the shofar was blown to begin the Jubilee, scriptures call it the joyful sound. As  love began to heal my wounds and make the darkness flee, I had a need to think in a new way.  I did not want to think the way the world had taught me. I did not want to be angry, bitter, vengeful, or rejected any longer.   I had never read the Bible before this time of my life.  I had been raised in a religion that discouraged anyone from looking into the contents of the Bible siting that it needed interpretation from Bible scholars.  What a laugh!  The Bible is for those who read it with childlike faith; for inside the covers of this marvelous book lies the key to the mysteries of life itself.  The book is a love letter from the One who created and designed us.  It is the story of God and Mankind.  Here I found the very treasures to heal my mind and help me to think a new way; to think the truth.  As I consumed its contents like a starving child, I began to have the power to live for the first time in my life.

http://www.jerusalemwalloflife.org/

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ROSH HA SHANÀ, KIPPUR 2009

dal sito:

http://www.nostreradici.it/giornata_cultura09.htm

Feste Ebraiche, il calendario del 2009
Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in data 15 aprile 2008, Serie generale n. 89, è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell’Interno, n. 33 del 27 marzo 2008, emanato ai sensi degli artt. 4 e 5 della L. 8 marzo 1989, n. 101, concernente la determinazione delle festività religiose ebraiche per l’anno 2009, secondo il seguente calendario :

* tutti i sabati ( da mezz’ora prima del tramonto del sole del venerdì ad un’ora dopo il tramonto del sole del sabato)
* 8, 9, 10, 15 e 16 Aprile Pesach (Pasqua)
* 29 e 30 Maggio Shavuoth (Pentecoste)
* 30 Luglio Digiuno del 9 di Av
* 18 e 19 Settembre Rosh Ha Shanà (Capodanno)
* 27 e 28 Settembre Vigilia e digiuno di espiazione (Kippur)
* 3, 4, 9 e 10 Ottobre Succoth (Festa delle Capanne)
* 11 ottobre Simchat Torà (Festa della Legge).

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ROSH HA-SHANA’

Il Capodanno

Rosh Ha-Shanà cade i primi due giorni del mese di Tishrì ed è il capo d’anno per la numerazione degli anni, per il computo dei giubilei e per la validità dei documenti. Ha un carattere e un’atmosfera assai diversi da quella normalmente vigente nel capo d’anno « civile » in Italia. Infatti è considerato giorno di riflessione, di introspezione, di auto esame e di rinnovamento spirituale. E’ il giorno in cui, secondo la tradizione, il Signore esamina tutti gli uomini e tiene conto delle azioni buone o malvagie che hanno compiuto nel corso dell’anno precedente. Nel Talmud infatti è scritto « A Rosh Ha-Shanà tutte le creature sono esaminate davanti al Signore ». Non a caso tale giorno nella tradizione ebraica è chiamato anche « Yom Ha Din », il giorno del giudizio. Il giudizio divino verrà sigillato nel giorno di Kippur, il giorno dell’espiazione. Tra queste due date corrono sette giorni che sommati ai due di Rosh Ha-Shanà e a quello di Kippur vengono detti i « dieci giorni penitenziali ».
Rosh Ha-Shanà riguarda il singolo individuo, il rapporto che ha con il suo prossimo e con Dio, le sue intenzioni di miglioramento.
Nella Torà, (Levitico 23:23,24) il primo giorno del mese di Tishrì è designato come « giorno di astensione dal lavoro, ricordo del suono, sacra convocazione », e nuovamente in Numeri (29:1,6) è ripetuto che è « un giorno di suono strepitoso »: un altro dei nomi di questa festa è « Yom Teru’a », giorno del suono dello Shofar, il grande corno. In ottemperanza al comando biblico in questo giorno viene suonato lo Shofar, simbolo del richiamo all’uomo verso il Signore. Questo suono serve a suscitare una rinascita spirituale e a portare verso la teshuvà, il pentimento, il ritorno verso la giusta via. Lo Shofar, oltre a chiamare a raduno, ricorda l’episodio biblico del « sacrificio » di Isacco, sacrificio in realtà mai avvenuto in quanto fu sacrificato un montone al posto del ragazzo. Il corno deve essere di un animale ovino o caprino in ricordo di questo episodio. Inoltre lo shofar ricorda il dono della Torà nel Sinai che era accompagnato da questo suono e allude anche al Grande Shofar citato in Isaia (27:13) « E in quel giorno suonerà un grande shofar », annunciatore dei tempi messianici.
I suoni che vengono emessi da questo strumento sono di diverso tipo: note brevi, lunghe e interrotte; secondo una interpretazione esse sono emesse in onore dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe.
Rosh Ha-Shanà è chiamato anche Giorno del Ricordo, infatti la tradizione vuole che Dio proprio in questa data abbia finito la Sua opera di creazione e sarebbe stato creato Adamo, il primo uomo.
Un uso legato a questa giornata vede l’ebreo recarsi verso un corso d’acqua o verso il mare e lì recitare delle preghiere e svuotarsi le tasche, atto che rappresenta simbolicamente il disfarsi delle colpe commesse e un impegno simbolico a rigettare ogni cattivo comportamento, come scritto nel libro biblico di Michà : « Getterai i nostri peccati nelle profondità del mare ».
Gli ebrei azkenaziti in questo giorno vestono di bianco, simbolo di purezza e rinnovamento spirituale. Anche i rotoli della Torà e l’Arca vengono vestiti di questo colore. Quest’usanza può essere ricondotta al verso di Isaia (1:18) in cui è scritto: « quand’anche i vostri peccati fossero come lo scarlatto, diverranno bianchi come la neve ».
A Rosh Ha-Shanà si usa mangiare cibi il cui nome o la cui dolcezza possa essere ben augurante per l’anno a venire. Il pane tipico della festa assume una forma rotonda, a simbolo della corona di Dio e anche della ciclicità dell’anno. Con l’augurio che l’anno nuovo sia dolce, si usa mangiare uno spicchio di mela intinta nel miele. Si usa anche piantare dei semini di grano e di granturco che germoglieranno in questo periodo, in segno di prosperità.
Midrash
Si sono chiesti i nostri Maestri: « Perchè all’inizio il Signore ha creato un solo uomo? »
Hanno risposto: « Perché i suoi discendenti comprendano che da un uomo nasce un’intera umanità: perciò chi uccide un uomo è come se uccidesse il mondo intero, e chi salva un uomo è come se salvasse il mondo intero. »

KIPPUR


Il giorno dell’espiazione
Il dieci del mese di Tishrì cade lo Yom Kippur, giorno considerato come il più sacro e solenne del calendario ebraico.
E’ un giorno totalmente dedicato alla preghiera e alla penitenza e vuole l’ebreo consapevole dei propri peccati, chiedere perdono al Signore. E’ il giorno in cui secondo la tradizione Dio suggella il suo giudizio verso il singolo. Se tutti i primi dieci giorni di questo mese sono caratterizzati dall’introspezione e dalla preghiera, questo è un giorno di afflizione, infatti in Levitico 23:32 è scritto « voi affliggerete le vostre persone ». E’ un giorno di digiuno totale, in cui ci si astiene dal mangiare, dal bere e da qualsiasi lavoro o divertimento e ci si dedica solo al raccoglimento e alla preghiera; il digiuno che affligge il corpo ha lo scopo di rendere la mente libera da pensieri e di indicare la strada della meditazione e della preghiera.
Prima di Kippur si devono essere saldati i debiti morali e materiali che si hanno verso gli altri uomini. Si deve chiedere personalmente perdono a coloro che si è offesi: a Dio per le trasgressioni compiute verso di Lui, mentre quelle compiute verso gli altri uomini vanno personalmente risarcite e sanate.
Ci si deve avvicinare a questo giorno con animo sereno e fiduciosi che la richiesta di essere iscritti da Dio nel « Libro della vita », sarà esaudita. La purezza con cui ci si avvicina a questa giornata da alcuni è sottolineata dall’uso di vestire di bianco.
E’ chiamato anche « Sabato dei sabati », ed è l’unico tra i digiuni a non essere posticipato se cade di sabato.
Kippur è forse la più sentita tra le ricorrenze e anche gli ebrei meno osservanti in questo giorno sentono con più forza il loro legame con l’ebraismo. Un tempo, gli ebrei più lontani venivano detti « ebrei del Kippur » perché si avvicinavano all’ebraismo solo in questo giorno.
L’assunzione della responsabilità collettiva è un altra delle caratteristiche di questo giorno: in uno dei passi più importanti della liturgia si chiede perdono dicendo « abbiamo peccato, abbiamo trasgredito…. ». La liturgia è molto particolare e inizia con la commovente preghiera di Kol Nidrè, nella quale si chiede che vengano sciolti tutti i voti e le promesse che non possono essere state mantenute durante l’anno.
Questa lunga giornata di 25 ore viene conclusa dal suono dello Shofàr, il corno di montone, che invita di nuovo al raccoglimento, e subito dopo dalla cerimonia di « separazione » dalla giornata con cui si inizia il giorno comune.
Midrash
Ogni anno nei giorni del Capodanno e del Perdono nella sinagoga del Baalshem, pregava un paesano che aveva un figlio tardo di mente, che non poteva nemmeno ricordare la forma delle lettere, e tanto meno comprendere il senso delle parole delle preghiere. Quando non aveva ancora raggiunto la maggiore età, nei giorni del Capodanno e del Perdono il padre non lo conduceva con sé in città, perché non sapeva nulla. Ma quando ebbe tredici anni e, secondo le leggi di Dio, aveva raggiunto la maggiore età, il padre lo prese con sé nel giorno del Perdono, perché per ignoranza non mangiasse nel giorno del digiuno.
Il ragazzo possedeva uno zufolo nel quale fischiava sempre quando scendeva nei campi a pascolare le pecore e i vitelli. Se l’era portato con sé senza che il padre se ne accorgesse.
Il ragazzo passò ore e ore nella sinagoga senza sapere che dire. Ma quando, verso mezzogiorno, si cominciò a recitare la preghiera di Mussaf, disse: « Padre, ho con me il mio zufolo e vorrei suonarlo ». Il padre sgomento lo rimproverò e il ragazzo si trattenne. Ma quando, al pomeriggio, iniziò la preghiera di Minhà, egli ripeté: « Padre, permettimi di prendere il mio zufolo ». Il padre si adirò e chiese: « Dove l’hai? » e mise subito la mano sulla tasca e ve la tenne. Ma ora risuonava la preghiera finale. Il ragazzo strappò la tasca di mano al padre, tirò fuori lo zufolo e mandò un potentissimo fischio. Tutti ne furono spaventati e confusi. Ma il Baalshem continuò a recitare la preghiera, ancora più rapidamente e agevolmente del solito. Alla fine della giornata disse  » E’ stato il giovane pastore, con il grido spontaneo del suo cuore, ad aprire le porte del cielo e a permettere che tutte le preghiere dei presenti vi entrassero, infatti le sue ragioni erano le più pure: voleva chiedere perdono a Dio personalmente ».

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Benedetto XVI: “la sapienza non ha bisogno di imporsi con la forza”

dal sito:

http://www.zenit.org/article-19539?l=italian

Benedetto XVI: “la sapienza non ha bisogno di imporsi con la forza”

Intervento in occasione dell’Angelus domenicale

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 20 settembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo le parole pronunciate da Benedetto XVI questa domenica, in occasione dell’Angelus, rivolgendosi ai pellegrini riuniti nel cortile interno del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo.

* * *

Carissimi fratelli e sorelle!

Quest’oggi, per la consueta riflessione domenicale, prendo spunto dal passo della Lettera di Giacomo che ci viene proposto nell’odierna Liturgia (3,16-4,3), e mi soffermo, in particolare, su una espressione che colpisce per la sua bellezza e per la sua attualità. Si tratta della descrizione della vera sapienza, che l’Apostolo contrappone alla falsa. Mentre quest’ultima è « terrestre, materiale e diabolica », e si riconosce dal fatto che provoca gelosie, contese, disordini e ogni sorta di cattive azioni (cfr 3,16), al contrario, « la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera » (3,17). Un elenco di sette qualità, secondo l’uso biblico, da cui risaltano la perfezione dell’autentica sapienza e gli effetti positivi che essa produce. Come prima e principale qualità, posta quasi a premessa delle altre, san Giacomo cita la « purezza », cioè la santità, il riflesso trasparente – per così dire – di Dio nell’animo umano. E come Dio dal quale proviene, la sapienza non ha bisogno di imporsi con la forza, perché detiene il vigore invincibile della verità e dell’amore, che si afferma da sé. Perciò è pacifica, mite e arrendevole; non usa parzialità, né tanto meno ricorre a bugie; è indulgente e generosa, si riconosce dai frutti di bene che suscita in abbondanza.

Perché non fermarsi a contemplare ogni tanto la bellezza di questa sapienza? Perché non attingere dalla fonte incontaminata dell’amore di Dio la sapienza del cuore, che ci disintossica dalle scorie della menzogna e dell’egoismo? Questo vale per tutti, ma, in primo luogo, per chi è chiamato ad essere promotore e « tessitore » di pace nelle comunità religiose e civili, nei rapporti sociali e politici e nelle relazioni internazionali. Ai nostri giorni, forse anche per certe dinamiche proprie delle società di massa, si constata non di rado un carente rispetto della verità e della parola data, insieme ad una diffusa tendenza all’aggressività, all’odio e alla vendetta. « Per coloro che fanno opera di pace – scrive san Giacomo – viene seminato nella pace un frutto di giustizia » (Gc 3,18). Ma per fare opere di pace bisogna essere uomini di pace, mettendosi alla scuola della « sapienza che viene dall’alto », per assimilarne le qualità e produrne gli effetti. Se ciascuno, nel proprio ambiente, riuscisse a rigettare la menzogna e la violenza nelle intenzioni, nelle parole e nelle azioni, coltivando con cura sentimenti di rispetto, di comprensione e di stima verso gli altri, forse non risolverebbe tutti i problemi della vita quotidiana, ma potrebbe affrontarli più serenamente ed efficacemente.

Cari amici, ancora una volta la Sacra Scrittura ci ha condotto a riflettere su aspetti morali dell’umana esistenza, ma a partire da una realtà che precede la stessa morale, cioè dalla vera sapienza. Domandiamo a Dio con fiducia la sapienza del cuore, per intercessione di Colei che ha accolto in grembo e generato la Sapienza incarnata, Gesù Cristo, nostro Signore. Maria, Sede della Sapienza, prega per noi!

[DOPO L’ANGELUS]

Per le numerose situazioni di conflitto che esistono nel mondo, ci giungono, quasi quotidianamente, tragiche notizie di vittime sia tra i militari che tra i civili. Sono fatti a cui mai possiamo abituarci e che suscitano profonda riprovazione, nonché sconcerto nelle società che hanno a cuore il bene della pace e della civile convivenza. In questi giorni, la notizia del gravissimo attentato in Afghanistan ad alcuni militari italiani mi ha provocato profondo dolore. Mi unisco con la preghiera alla sofferenza dei familiari e delle comunità civili e militari e, al tempo stesso, penso con eguali sentimenti di partecipazione agli altri contingenti internazionali, che anche di recente hanno avuto vittime e che operano per promuovere la pace e lo sviluppo delle istituzioni, così necessarie alla coesistenza umana; a tutti assicuro il mio ricordo davanti al Signore, con un particolare pensiero alle care popolazioni civili, e per tutti invito ad elevare a Dio la nostra preghiera. Desidero qui anche rinnovare il mio incoraggiamento alla promozione della solidarietà tra le Nazioni per contrastare la logica della violenza e della morte, favorire la giustizia, la riconciliazione, la pace e sostenere lo sviluppo dei popoli partendo dall’amore e dalla comprensione reciproca, come ho scritto recentemente nella mia Enciclica Caritas in veritate (n. 72).

Da sabato prossimo, 26 settembre, a lunedì 28, a Dio piacendo, compirò un viaggio apostolico nella Repubblica Ceca. Sosterò nella capitale Praga, ma mi recherò anche a Brno, in Moravia, e a Stará Boleslav, luogo del martirio di san Venceslao, patrono principale della Nazione. La Repubblica Ceca si trova geograficamente e storicamente nel cuore dell’Europa, e dopo essere passata attraverso i drammi del secolo scorso, ha bisogno, come l’intero Continente, di ritrovare le ragioni della fede e della speranza. Sulle orme del mio amato predecessore Giovanni Paolo II, che visitò quel Paese per ben tre volte, anch’io renderò omaggio agli eroici testimoni del Vangelo, antichi e recenti, e incoraggerò tutti ad andare avanti nella carità e nella verità. Ringrazio fin d’ora quanti mi accompagneranno con la preghiera in questo viaggio, perché il Signore lo benedica e lo renda fruttuoso.

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