Archive pour le 12 septembre, 2009

RAFFAELLO THE PROPHET ISAIAH

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RAFFAELLO THE PROPHET ISAIAH

L’AFFRESCO SI TROVA NELLA CHIESA DI SANT’AGOSTINO A ROMA, DOVE SI TROVA ANCHE LA TOMBA DI SANTA MONICA MADRE DI SANT’AGOSTINO;

http://www.artbible.net/1T/Isa0000_Portrait_misc/pages/16%20RAFFAELLO%20THE%20PROPHET%20ISAIAH.htm

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San Giovanni Crisostomo

San Giovanni Crisostomo dans immagini sacre

http://www.santiebeati.it/

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Padre Cantalamessa, omelia per domani 13 settembre 2009: Per te chi sono?, continua a chiedere Gesù a ciascuno

dal sito:

http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.pax?mostra_id=8010

Per te chi sono?, continua a chiedere Gesù a ciascuno

padre Raniero Cantalamessa

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (17/09/2006)
Vangelo: Mc 8,27-35  
Tutti e tre i Sinottici riferiscono l’episodio di Gesù che a Cesarea di Filippo chiede agli apostoli quali sono le opinioni della gente su di lui. Il dato comune a tutti e tre è la risposta di Pietro: « Tu sei il Cristo ». Matteo aggiunge: « il Figlio di Dio vivente » (Mt 16, 16) che potrebbe, però, essere una esplicitazione dovuta alla fede della Chiesa dopo la Pasqua.

Ben presto il titolo Cristo divenne un secondo nome di Gesù, quasi come noi diciamo Dante Alighieri, o Giovanni Paolo, o Pier Luigi. Lo si incontra oltre 500 volte nel Nuovo Testamento quasi sempre nella forma composta « Gesù Cristo », o « nostro Signore Gesù Cristo ». Ma all’inizio non era così. Tra Gesù e Cristo c’era sottinteso un verbo: « Gesù è il Cristo ». Dire « Cristo » non era chiamare Gesù per nome, ma fare una affermazione su di lui.

Cristo, si sa, è la traduzione greca dell’ebraico Mashiah, Messia, ed entrambi significano « unto ». Il termine deriva dal fatto che nell’Antico Testamento re, profeti e sacerdoti, al momento della loro elezione, venivano consacrati mediante una unzione con olio profumato. Sempre più chiaramente però nella Bibbia si parla di un Unto, o Consacrato, speciale che verrà negli ultimi tempi per realizzare le promesse di salvezza di Dio al suo popolo. È il cosiddetto messianismo biblico, che assume diverse colorazioni a seconda che il Messia venga visto come un futuro re (messianismo regale) o come il Figlio dell’uomo di Daniele (messianismo apocalittico).

Tutta la tradizione primitiva della Chiesa è unanime nel proclamare che Gesù di Nazareth è il Messia atteso. Lui stesso, secondo Marco, si proclamerà tale davanti al Sinedrio. Alla domanda del Sommo Sacerdote: « Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto? », egli risponde: « Io lo sono » (Mc 14, 61 s.).

Tanto più quindi sconcerta il seguito del dialogo di Gesù con i discepoli a Cesarea di Filippo: « E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno ». Ma il motivo è chiaro. Gesù accetta di essere identificato con il Messia atteso, ma non con l’idea che il giudaismo aveva finito per farsi del Messia. Nell’opinione dominante, questi era visto come un capo politico e militare che avrebbe liberato Israele dal dominio pagano e instaurato con la forza il regno di Dio sulla terra.

Gesù deve correggere profondamente questa idea, condivisa dagli stessi suoi apostoli, prima di permettere che si parlasse di lui come Messia. A questo mira il discorso che segue immediatamente: « E incominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire… ». La dura parola rivolta a Pietro che cerca di distoglierlo da tali pensieri: « Lungi da me, Satana », è identica a quella rivolta al tentatore nel deserto. In entrambi i casi si tratta infatti dello stesso tentativo di distoglierlo dal cammino che il Padre gli ha indicato – quello del Servo di Jahvè sofferente – per un altro che è « secondo gli uomini, non secondo Dio ».

La salvezza verrà dal sacrificio di sé, dal « dare la vita in riscatto per molti », non dall’eliminazione del nemico. In tal modo da una salvezza temporale si passa a una salvezza eterna, da una salvezza particolare, destinata a un solo popolo, si passa a una salvezza universale.

Purtroppo dobbiamo costatare che l’errore di Pietro si è ripetuto nella storia. Anche certi uomini di Chiesa e perfino successori di Pietro si sono comportati, in certe epoche, come se il regno di Dio fosse di questo mondo e dovesse affermarsi con la vittoria (se necessario anche delle armi) sui nemici, anziché con la sofferenza e il martirio.

Tutte le parole del vangelo sono attuali, ma il dialogo di Cesarea di Filippo lo è in maniera tutta speciale. La situazione non è mutata. Anche oggi su Gesù ci sono le più diverse opinioni della gente: un profeta, un grande maestro, una grande personalità. È diventata una moda presentare Gesù, negli spettacoli e nei romanzi, nelle fogge e con i messaggi più strani. Il Codice da Vinci è solo l’ultimo episodio di una lunga serie.

Nel vangelo Gesù non sembra sorprendersi delle opinioni della gente, né si attarda a smentirle. Solo pone una domanda ai discepoli e così fa anche oggi: « Per voi, anzi per te, chi sono io? ». C’è un salto da fare che non viene dalla carne e dal sangue, ma è dono di Dio da accogliere mediante la docilità a una luce interiore da cui nasce la fede. Ogni giorno ci sono uomini e donne che fanno questo salto. A volte si tratta di persone famose – attori, attrici, uomini di cultura – e allora fanno notizia. Ma infinitamente più numerosi sono i credenti sconosciuti. Talora i non credenti scambiano queste conversioni per debolezza, crisi sentimentali, o ricerca di popolarità e può darsi che in qualche cosa ciò sia vero. Ma sarebbe mancanza di rispetto della coscienza altrui gettare il discredito su ogni storia di conversione.

Una cosa è certa: quelli che hanno fatto questo salto non tornerebbero indietro per nulla al mondo e anzi si stupiscono di aver potuto vivere tanto tempo senza la luce e la forza che vengono dalla fede in Cristo. Come S. Ilario di Poitiers che si convertì da adulto, essi sono pronti ad esclamare: « Prima di conoscerti, io non esistevo »

San Giovanni Crisostomo: Per me il vivere é Cristo e il morire un guadagno

una Omelia di San Giovanni Crisostomo, si tratta della seconda lettura dell’Ufficio delle Letture, ma quest’anno non si legge perché cade di domenica, dal sito: 

http://liturgia.silvestrini.org/santi/2009-09-13.html

Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
Per me il vivere é Cristo e il morire un guadagno

Molti marosi e minacciose tempeste ci sovrastano, ma non abbiamo paura di essere sommersi, perché siamo fondati sulla roccia. Infuri pure il mare, non potrà sgretolare la roccia. S’innalzino pure le onde, non potranno affondare la navicella di Gesù. Cosa, dunque, dovremmo temere? La morte? «Per me il vivere é Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1, 21). Allora l’esilio? «Del Signore é la terra e quanto contiene» (Sal 23, 1). La confisca de beni? «Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via» (1 Tm 6, 7). Disprezzo le potenze di questo mondo e i suoi beni mi fanno ridere. Non temo la povertà, non bramo ricchezze non temo la morte, né desidero vivere, se non per il vostro bene. E’ per questo motivo che ricordo le vicende attuali e vi prego di non perdere la fiducia.
Non senti il Signore che dice: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»? (Mt 18, 20). E non sarà presente là dove si trova un popolo così numeroso, unito dai vincoli della carità? Mi appoggio forse sulle mie forze? No, perché ho il suo pegno, ho con me la sua parola: questa é il mio bastone, la mia sicurezza, il mio porto tranquillo. Anche se tutto il mondo é sconvolto, ho tra le mani la sua Scrittura, leggo, la sua parola. Essa é la mia sicurezza e la mia difesa. Egli dice: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20)-
Cristo é con me, di chi avrò paura? Anche se si alzano contro di me i cavalloni di tutti i mari o il furore dei principi, tutto questo per me vale di meno di semplici ragnatele. Se la vostra carità non mi avesse trattenuto, non avrei indugiato un istante a partire per altra destinazione oggi stesso. Ripeto sempre: «Signore, sia fatta la tua volontà» (Mt 26, 42). Fraò quello che vuoi tu, non quello che vuole il tale o il tal altro. Questa é la mia torre, questa la pietra inamovibile, il bastone del mio sicuro appoggio. Se Dio vuole quetso, bene! Se vuole ch’io rimanga, lo ringrazio. Dovunque mi vorrà, gli rendo grazie.
Dove sono io, là ci siete anche voi. Dove siete voi, ci sono anch’io. Noi siamo un solo corpo e non si separa il capo dal corpo, né il corpo dal capo. Anche se siamo distanti, siamo uniti dalla carità; anzi neppure la morte ci può separare. Il corpo morrà, l’anima tuttavia vivrà e si ricorderà del popolo. Voi siete i miei concittadini, i miei genitori, i miei fratelli, i miei figli, le mie membra, il mio corpo, la mia luce, più amabile della luce del giorno. Il raggio solare può recarmi qualcosa di più giocondo della vostra carità? Il raggio mi é utile nella vita presente, ma la vostra carità mi intreccia la corona per la vita futura.(Prima dell’esilio, nn. 1-3; PG 52, 427*-430)

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13 settembre – San Giovanni Crisostomo Vescovo e dottore della Chiesa

domani è la memoria di San Giovanni Crisostomo, non si fa liturgicamente perché cade di domenica, ma vale la pensa ugualmente di ricordare il grande Padre della Chiesa, dal sito:

http://www.santiebeati.it/dettaglio/24400

13 settembre – San Giovanni Crisostomo Vescovo e dottore della Chiesa
 
Antiochia, 350? – 14 settembre 407

Giovanni, nato ad Antiochia (probabilmente nel 349), dopo i primi anni trascorsi nel deserto, fu ordinato sacerdote dal vescovo Fabiano e ne diventò collaboratore. Grande predicatore, nel 398 fu chiamato a succedere al patriarca Nettario sulla cattedra di Costantinopoli. L’attività di Giovanni fu apprezzata e discussa: evangelizzazione delle campagne, creazione di ospedali, processioni anti-ariane sotto la protezione della polizia imperiale, sermoni di fuoco con cui fustigava vizi e tiepidezze, severi richiami ai monaci indolenti e agli ecclesiastici troppo sensibili alla ricchezza. Deposto illegalmente da un gruppo di vescovi capeggiati da Teofilo di Alessandria, ed esiliato, venne richiamato quasi subito dall’imperatore Arcadio. Ma due mesi dopo Giovanni era di nuovo esiliato, prima in Armenia, poi sulle rive del Mar Nero. Qui il 14 settembre 407, Giovanni morì. Dal sepolcro di Comana, il figlio di Arcadio, Teodosio il Giovane, fece trasferire i resti mortali del santo a Costantinopoli, dove giunsero la notte del 27 gennaio 438. (Avvenire)

Patronato: Preghiere

Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall’ebraico

Emblema: Api, Bastone pastorale

Martirologio Romano: Memoria di san Giovanni, vescovo di Costantinopoli e dottore della Chiesa, che, nato ad Antiochia, ordinato sacerdote, meritò per la sua sublime eloquenza il titolo di Crisostomo e, eletto vescovo di quella sede, si mostrò ottimo pastore e maestro di fede. Condannato dai suoi nemici all’esilio, ne fu richiamato per decreto del papa sant’Innocenzo I e, durante il viaggio di ritorno, subendo molti maltrattamenti da parte dei soldati di guardia, il 14 settembre, rese l’anima a Dio presso Gumenek nel Ponto, nell’odierna Turchia.
(14 settembre: A Gumenek nel Ponto, nell’odierna Turchia, anniversario della morte di san Giovanni Crisostomo, vescovo, la cui memoria si celebra il giorno precedente a questo).

Educato dalla madre, S. Antusa, Giovanni (nato ad Antiochia, probabilmente nel 349) negli anni giovanili condusse vita monastica in casa propria. Poi, mortagli la madre, si recò nel deserto e vi rimase per sei anni, dei quali gli ultimi due li trascorse in solitario ritiro dentro una caverna, a scapito della salute fisica. Chiamato in città e ordinato diacono, dedicò cinque anni alla preparazione al sacerdozio e al ministero della predicazione. Ordinato sacerdote dal vescovo Fabiano, ne diventò zelante collaboratore nel governo della chiesa antiochena. La specializzazione pastorale di Giovanni era la predicazione, in cui eccelleva per doti oratorie e per la sua profonda cultura. Pastore e moralista, si mostrava ansioso di trasformare il comportamento pratico dei suoi uditori, più che soffermarsi sulla esposizione ragionata del messaggio cristiano.
Nel 398 Giovanni di Antiochia – il soprannome di Crisostomo, cioè, Bocca d’oro, gli venne dato tre secoli dopo dai bizantini – fu chiamato a succedere al patriarca Nettario sulla prestigiosa cattedra di Costantinopoli. Nella capitale dell’impero d’Oriente Giovanni esplicò subito un’attività pastorale e organizzativa che suscita ammirazione e perplessità: evangelizzazione delle campagne, creazione di ospedali, processioni anti-ariane sotto la protezione della polizia imperiale, sermoni di fuoco con cui fustigava vizi e tiepidezze, severi richiami ai monaci indolenti e agli ecclesiastici troppo sensibili al richiamo della ricchezza. I sermoni di Giovanni duravano oltre un paio d’ore, ma il dotto patriarca sapeva usare con consumata perizia tutti i registri della retorica, non certo per vellicare l’udito dei suoi ascoltatori, ma per ammaestrare, correggere, redarguire. Predicatore insuperabile, Giovanni mancava di diplomazia per cautelarsi contro gli intrighi della corte bizantina. Deposto illegalmente da un gruppo di vescovi capeggiati da quello di Alessandria, Teofilo, ed esiliato con la complicità dell’imperatrice Eudossia, venne richiamato quasi subito dall’imperatore Arcadio, colpito da varie disgrazie avvenute a palazzo. Ma due mesi dopo Giovanni era di nuovo esiliato, dapprima sulla frontiera dell’Armenia, poi più lontano, sulle rive del Mar Nero.
Durante quest’ultimo trasferimento, il 14 settembre 407, Giovanni morì. Dal sepolcro di Comana, il figlio di Arcadio, Teodosio il Giovane, fece trasferire i resti mortali del santo a Costantinopoli, dove giunsero la notte del 27 gennaio 438, tra una folla osannante. Dei numerosi scritti del santo ricordiamo il volumetto “Sul sacerdozio”, un classico della spiritualità sacerdotale.

Autore: Piero Bargellini 

buona notte

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Balaklava, Crimea

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Sant’Ilario di Poitiers: « Il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090912

Sabato della XXIII settimana del Tempo Ordinario : Lc 6,43-49
Meditazione del giorno
Sant’Ilario di Poitiers (circa 315-367), vescovo, dottore della Chiesa
Trattati sui salmi,  126, PL 9, 696

« Il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla »

«Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori» (Sal 126,1). «Voi siete il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi» (1 Cor 3,16). Questa casa e questo tempio di Dio, pieno degli insegnamenti e delle grazie di Dio, questa dimora che contiene la santità del cuore di Dio, il medesimo profeta le ha reso testimonianza affermando: «Santo è il tuo tempio, mirabile per la giustizia» (Sal 64,6 Volg.). Santità, giustizia e castità dell’uomo sono un tempio per Dio.

Questa casa dunque deve essere costruita da Dio. Una costruzione innalzata dal lavoro degli uomini non dura; ciò che viene istituito secondo le dottrine di questo mondo non passa la prova del tempo; i nostri vani lavori e le nostre cure premurose sono custodi inutili. Questa casa, bisognerà dunque costruirla e custodirla in un altro modo. Non bisogna porre le sue fondamenta sul suolo, sulla sabbia fluida e sfuggente; bisogna edificarla sopra il fondamento dei profeti e degli apostoli.

Deve essere edificata con pietre vive, essere tenuta insieme dalla pietra angolare, innalzarsi attraverso accostamenti progressivi fino all’uomo perfetto e alla statura del corpo di Cristo (1P 2,5; Ef 2,20; 4,12-13). Deve essere ornata dallo splendore e dalla bellezza delle grazie spirituali. Costruita in questo modo da Dio, ossia secondo i suoi insegnamenti, essa non crollerà. E questa casa si estenderà attraverso molte altre, perché tutto ciò che ogni fedele edifica giova ad ognuno di noi, rendendo più bella e più grande la città beata.

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