Archive pour août, 2009

Eglise du Saint-Sauveur : Abside de l’autel. Saint Paul et l’archange Gabriel

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Eglise du Saint-Sauveur : Abside de l’autel. Saint Paul et l’archange Gabriel

http://www.artbible.net/2NT/PORTRAITS%20OF%20%20PAUL/slides/14%20-%2017%20EGL%20ORTHODOXE%20ST%20SAUVEUR%20ST%20PAUL%20ET%20L%20ARCHANGE.html

Publié dans:immagini sacre |on 31 août, 2009 |Pas de commentaires »

John H. Newman: “la carità è l’unica cosa necessaria”. 21 febbraio 2006: il 205° anniversario della nascita di John Henry Newman:

dal sito:

http://www.newmanfriendsinternational.org/bibliography/?p=1477

GEISSLER H., John H. Newman: “la carità è l’unica cosa necessaria”. L’Osservatore Romano CXLVI 42 (19 febbraio 2006) 9.

21 febbraio: il 205° anniversario della nascita di John Henry Newman:

Il Santo Padre Benedetto XVI con la sua prima Enciclica Deus caritas est ha invitato i fedeli a riscoprire il dono unico e fondamentale della carità. In occasione della nascita del Venerabile Cardinale John Henry Newman (21 febbraio 1801) pare opportuno richiamare alcuni pensieri della sua predicazione sulla carità, una predicazione che non ha perso niente della sua freschezza e attualità.

Fede e amore
Newman ripete spesso che siamo stati creati per amare: “In fondo amiamo perché è la nostra natura, e appartiene alla nostra natura l’amare perché Dio l’ha fatta così”. Egli sottolinea che solo l’amore può dare vero senso e pienezza alla vita. “La nostra reale e vera felicità non è conoscere, influenzare o cercare, ma amare, sperare, gioire, ammirare, venerare, adorare. La nostra reale e vera felicità sta nel possesso di quegli oggetti nei quali il nostro cuore può riposare ed essere appagato”.

Anche se Newman è cosciente della preminenza dell’amore, egli predica più frequentemente sulla fede che sull’amore. È convinto che la fede sia la strada per maturare l’amore cristiano. Fede e speranza sono due “bastoni” che ci aiutano a trovare la strada per amare e avanzare nell’amore. “La prima grazia è la fede, l’ultima l’amore; prima viene lo zelo, poi segue la tenerezza… Che possiamo imparare a portare a compimento tutte le grazie in noi; con timore e tremore, vigilanti e in continua conversione, perché Cristo viene; con gioia, gratitudine, senza timore del futuro, perché egli è venuto”.

Nel contempo l’amore è il più nobile dei doni di Dio in quanto non finisce mai. Sotto questo aspetto, come Newman dimostra nell’omelia “Fede e amore”, l’amore supera la fede e la speranza. “La fede e la speranza sono virtù proprie di uno stato imperfetto, e quando questo cessa di essere, cessano anch’esse. Ma l’amore è più grande, perché esso è perfezione. La fede e la speranza sono grazie donateci fin quando apparteniamo a questo mondo, cioè per un tempo limitato; ma l’amore è una grazia che ci viene data in quanto figli di Dio, in questo mondo o altrove, e partecipi di una redenzione che durerà per sempre. La fede non ci sarà più quando verrà la visione; la speranza scomparirà quando ci sarà la gioia del possesso; ma l’amore (così noi crediamo) crescerà sempre più per tutta l’eternità”. L’amore non avrà fine.

L’amore forma l’anima e la forza trascinante per tutte le altre virtù. “Noi crediamo alla parola di Dio perché l’amiamo; e speriamo nel paradiso ancora perché lo amiamo. Non avremmo speranza o interesse per esso se non l’amassimo; e non avremmo alcuna fiducia e confidenza nel Dio del cielo, se non avessimo alcun amore per lui”. La fede e la speranza devono pertanto essere sigillate e permeate dall’amore. Vivere di fede nel quotidiano non è sempre facile, spesso ci vuole il coraggio di essere controcorrente. Talvolta proviamo un certo disgusto per un tale impegno. A chi si domanda il perché di tutto ciò, Newman – nel discorso “Carità, l’unica cosa necessaria” – dà questa semplice risposta: “Chiaramente perché non abbiamo l’amore”.

Infine l’amore conduce alla meta del nostro pellegrinaggio terreno. Newman proclama, “che la fede può farci superare l’attrazione del mondo, l’amore ci porta dinanzi al trono di Dio; la fede ci può rendere sereni, ma l’amore ci rende felici”. L’amore genuino porta all’unità. “È l’eterna carità il vincolo di unione di tutte le cose in cielo e in terra; nella carità il Padre e il Figlio sono uno nell’unità dello Spirito Santo; per la carità gli angeli sono una sola cosa in cielo, i santi sono una sola cosa con Dio, la Chiesa è una sulla terra”. L’unità è il frutto dell’amore.

Amore per il prossimo
Il Cardinale Newman fu sempre critico nei confronti di un concetto dell’amore che rimanesse troppo teoretico e vago. Nell’omelia “Amore dei parenti e degli amici” biasima quanti parlano molto di amore ma trascurano il prossimo nei doveri di ogni giorno. Egli chiama “follia” quella di alcuni che “dichiarano con magniloquenza di amare tutta quanta la razza umana con un affetto onnicomprensivo, di esser amici di tutta l’umanità e cose simili. A che cosa pervengono queste vanagloriose professioni? Che questi tali hanno certi sentimenti di benevolenza verso il mondo – sentimenti e niente più – niente più che sentimenti instabili, la mera prole di una immaginazione assecondata, i quali vengono alla luce soltanto quando le loro menti sono sovreccitate e, senza fallo, vengono loro meno nell’ora del bisogno. Questo non è amare gli uomini, non è altro che cianciare di amore”.

L’amore genuino per l’umanità si dimostra nel compimento di atti concreti, cominciando col prossimo, di cui conosciamo bene i doni e i limiti, i meriti e gli errori. “Il vero amore per l’uomo deve provenire dalla pratica, e pertanto, deve cominciare con l’esercitarsi verso gli amici che ci stanno intorno, altrimenti non avrà alcuna esistenza. Cercando di amare i nostri congiunti ed amici, sottomettendoci ai loro desideri, anche se contrari ai nostri, sopportando le loro infermità, vincendo la loro occasionale riottosità con la gentilezza, soffermandoci sui loro meriti principali e cercando di imitarli; è così che si forma nel nostro cuore la radice della carità, la quale, anche se piccola dapprincipio, può, come il seme di senape, alla fine perfino coprire la terra con la sua ombra”. Newman è convinto che “il culto degli affetti domestici”, cioè l’amore degli amici e dei parenti, è “la fonte di un amore cristiano più esteso”. Gli “affetti domestici”, vissuti in una comunità concreta insieme con altri, sono una scuola che richiede atti di donazione e di abnegazione, rendendo l’amore forte e perseverante.

Newman prende l’Apostolo Giovanni, che più di qualsiasi altro mise l’amore al centro della sua vita e del suo lavoro, come esempio di carità matura. “Ora cominciò egli con qualche gran fatica ad amare su vasta scala? Non direi; egli ebbe l’indicibile privilegio di essere l’amico di Cristo. Fu così che imparò ad amare gli altri; dapprima il suo affetto fu concentrato, poi si espanse. In seguito ebbe l’incarico solenne e consolante di prendersi cura della Madre del nostro Signore, la Beata Vergine, dopo la sua dipartita. Non possiamo scorgere qui, le fonti segrete del suo amore eccezionale per i suoi fratelli? Poteva egli, che prima fu favorito con l’affetto del suo Salvatore, poi cui fu affidato il compito di figlio verso Sua Madre, poteva egli essere qualcosa di diverso di un ricordo perenne e un campione (per quanto lo possa essere un uomo) di amore, profondo, contemplativo, fervido, sereno, smisurato?”.

Newman criticò duramente quelle tendenze religiose in cui predominavano i sentimenti. Ciò non vuol dire, tuttavia, che egli proclamasse o coltivasse un amore arido, al contrario. Nel discorso “Il dono della simpatia di San Paolo” presenta la maniera con cui l’Apostolo era pieno di un sincero e appassionato amore per la gente e come proprio attraverso l’amore poteva conquistare i loro cuori.

Paolo, che viveva in intima unione con Cristo, era anche pieno di un amore profondo e umano per i suoi amici e collaboratori. Egli sospirava di vederli, soffriva con loro, era profondamente addolorato per l’infedeltà di alcuni. Si distingueva per una delicata empatia che traspirava da lui attraverso la sincerità dei suoi rapporti. “In una parola, è il predicatore particolarissimo della grazia divina, ed è insieme l’amico singolare e intimo della natura umana. Rivela a noi i misteri dei decreti supremi di Dio, e al tempo stesso manifesta l’interesse più sviscerato per le singole anime”.

In una lettera al suo amico anglicano John Keble, Newman scrisse: “Il primo dovere della carità è cercare di entrare nella mente e nei sentimenti degli altri”. Questo, naturalmente, è possibile solo quando i nostri rapporti verso gli altri sono pervasi di rispetto e riverenza. “Nessuno ama veramente un altro, se non sente una certa riverenza verso di lui. Quando gli amici trasgrediscono questa sobrietà di affetto, è possibile che continuino a stare insieme per un poco, ma essi hanno rotto il vincolo dell’unione. È il rispetto reciproco che rende durevole l’amicizia”. Il rispetto appartiene all’essenza dell’amore.

Amore e verità
Newman spiega la distorsione del concetto dell’amore attraverso il liberalismo religioso, ad esempio nel suo discorso “Tolleranza e errore religioso”. In tale intervento parte dalla massima universale che quando poniamo noi stessi e non Dio al centro, facilmente tendiamo ad avere atteggiamenti unilaterali. “Anche se la nostra mente fosse la più celeste possibile, amorosa, santa, zelante, energica, pacifica, tuttavia se allontaniamo per un momento lo sguardo da Lui, e guardiamo verso noi stessi, immediatamente queste eccellenti disposizioni sono soggette a estremismi e a errori. La carità diventa indifferenza, la santità viene inquinata da orgoglio spirituale, lo zelo degenera in fierezza, l’attività assorbe lo spirito di preghiera, la speranza si erge a presunzione”.

Secondo Newman, è relativamente semplice coltivare alcune virtù, particolarmente quando esse sono incanalate nello spirito del tempo. Una virtù che viene facilmente esercitata è la tolleranza nei confronti di altre persone. Molti hanno grande stima di questo nobile atteggiamento, indispensabile per la convivenza pacifica tra gli uomini, ma dimenticano le virtù riguardanti la fermezza nei principi, tendendo così a tollerare non soltanto la persona che erra, ma anche lo stesso errore. Nell’Apostolo Giovanni, l’amore rispettoso per l’uomo e il fervore per la verità sono uniti in maniera esemplare e questo è il motivo per cui Newman lo pone davanti agli occhi dei cristiani come traccia e modello. “Così il suo fervore e l’esuberanza della carità erano tanto lungi dall’interferire con il suo zelo per Dio che anzi più amava gli uomini, più desiderava di portare davanti a loro le grandi e immutabili verità a cui potevano sottomettersi, così che potessero vedere la vita, su cui una piccola debolezza li costringe a chiudere gli occhi. Egli amava i fratelli, ma li amava ‘nella verità’ (3 Gv 1). Li amava per amore della verità vivente che li aveva redenti, per la verità che era in loro, per la verità che era la misura dei loro traguardi spirituali. Amava la Chiesa con tanta onestà da esser duro con quanti le causavano disturbi. Amava il mondo con tanta saggezza da predicargli la verità; eppure, se gli uomini la rifiutavano, non li amava tanto disordinatamente da dimenticare la supremazia della verità, parola di Colui che è al di sopra di ogni cosa”. L’amore e la verità non si oppongono, ma – al contrario – si richiedono vicendevolmente: la verità senza l’amore sarebbe fredda e dura, l’amore senza verità finirebbe in un cieco sentimentalismo.

Nel suo tempo, Newman vide realisticamente che che c’erano molti che seguivano Giovanni nel suo essere amabile, ma pochi che portavano dentro di sé il suo zelo per la fede. Si lamentava che numerosi cristiani tendono ad avere idee ambigue su Dio e sulla Chiesa. Questo è il motivo – così Newman continua – per cui “essi si slacciano i fianchi e diventano effeminati; nessuna meraviglia che la loro nozione ideale di una Chiesa perfetta, è una Chiesa che lascia ognuno andare per la sua strada e rinunzia a ogni diritto di pronunciarsi su un’opinione invece che infliggere una censura contro un errore di fede”.

Questo concetto di carità, infetto dal liberalismo religioso, non può, secondo Newman, andare d’accordo con la Rivelazione. Pertanto egli afferma: “Qui si trova la nostra debolezza oggi, per questo dobbiamo pregare, che venga una riforma nello spirito e la potenza di Elia. Dobbiamo pregare Dio in modo ‘da ravvivare il suo lavoro in mezzo agli anni’; di mandarci una severa disciplina, dell’ordine di San Paolo e San Giovanni proclamando ‘la verità nell’amore’ e ‘amando nella verità’… Solo allora i cristiani avranno successo nella lotta quando … saranno amorevoli nella fermezza, nel rigore, nella santità”.

Carità e grazia
Newman fu contrario ad ogni discorso superficiale sull’amore. Disse spesso che solo coloro che pregano con fervore e si impegnano con sincerità possono crescere e maturare nel vero amore di Dio e del prossimo, perché solo con l’aiuto della grazia, infusa nei nostri cuori come seme nel battesimo, è possibile realizzare a fondo la carità.

Per questo Newman prega: “Mio Dio, tu sai più di me quanto poco io ti ami. La tua grazia permise agli occhi del mio spirito di vederti. Fu la tua grazia che rese il mio cuore sensibile alle attrattive della tua bellezza. Chi potrà far cessare l’amore ch’io porto a te, o mio Signore? O mio Dio, tutto quello che mi è più vicino di te, le cose della terra, quelle verso cui naturalmente io mi sento portato, tutto questo m’impedirà di contemplarti, se tu non mi soccorri con la tua grazia. Preserva i miei occhi, il mio cuore, da una così terribile tirannia. Spezza i lacci che tengono avvinta l’anima mia. I miei occhi siano sempre rivolti a te, e la tua adorabile visione accresca il mio ardente amore”.

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buona notte

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Elephant Shrew and a Reptile Friend

http://animalphotos.info/a/topics/animals/mammals/elephant-shrews/

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Origene : « Gli occhi di tutti stavano fissi sopra di lui »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090831

Lunedì della XXII settimana del Tempo Ordinario : Lc 4,16-30
Meditazione del giorno
Origene (circa 185-253), sacerdote e teologo
Omelia sul Vangelo di San Luca, 32

« Gli occhi di tutti stavano fissi sopra di lui »

A Nàzaret, di sabato, nella sinagoga, Gesù si alzò a leggere. Aperto il rotolo del profeta Isaia, trovò il passo dove era scritto : « Lo Spirito del Signore è sopra di me ; per questo mi ha consacrato con l’unzione » (Is 61, 1). Non è certo dovuto al caso, bensì all’intervento della divina Provvidenza, il fatto che Gesù abbia aperto quel rotolo e trovato nel testo il capitolo che profetizzava a suo riguardo. Se è scritto : « Un passero non cade a terra senza che il Padre lo voglia… i capelli del vostro capo sono tutti contati » (Mt 10, 29-30), potrebbe forse essere dovuta al caso la lettura di quel testo, che esprimeva precisamente il mistero  di Cristo ? Infatti, quel testo ricorda Cristo … Poiché, dice Gesù : « Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio», a coloro che non hanno né Dio, né Legge, né profeti, né giustizia, né alcun’altra virtù. Per questo motivo Dio l’ha mandato come messaggero presso i poveri, per annunziare loro la liberazione, « rimettere in libertà gli oppressi». C’è forse un essere più oppresso dell’uomo prima che venga liberato e guarito da Gesù ?

Dopo aver letto questo e arrotolato il libro, Gesù si sedette ; gli occhi di tutti stavano fissi sopra di lui. Ma anche ora, se lo volete, potete anche voi tenere gli occhi fissi sopra di lui. Dirigete lo sguardo del vostro cuore verso la contemplazione della Saggezza, della Verità, del Figlio unigenito di Dio, e avrete gli occhi fissi su Gesù. Beata quell’assemblea della quale la Scrittura attesta che gli occhi di tutti stavano « fissi sopra di lui » ! Quanto vorrei che la vostra assemblea potesse ricevere una simile testimonianza ! Che tutti abbiano gli occhi del cuore occupati a guardare Gesù che ci sta parlando. Quando lo guarderete, la sua luce renderà il vostro viso più luminoso e potrete dire : « Signore, hai fatto risplendere su di noi la luce del tuo volto » (Sal 4, 7).

buona notte

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Concilio Vaticano II : La pace procede dal cuore di ogni uomo

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090830

XXII Domenica del Tempo Ordinario – Anno B : Mc 7,1-8#Mc 7,14-15#Mc 7,21-23
Meditazione del giorno
Concilio Vaticano II
Gaudium et spes, 82

La pace  procede dal cuore di ogni uomo

Per ciò che riguarda i problemi della pace e del disarmo, bisogna tener conto degli studi approfonditi già coraggiosamente e instancabilmente condotti e dei consessi internazionali che trattarono questi argomenti e considerarli come i primi passi verso la soluzione di problemi così gravi; con maggiore insistenza ed energia dovranno quindi essere promossi in avvenire, al fine di ottenere risultati concreti. Stiano tuttavia bene attenti gli uomini a non affidarsi esclusivamente agli sforzi di alcuni, senza preoccuparsi minimamente dei propri sentimenti…

È inutile infatti che essi si adoperino con tenacia a costruire la pace, finché sentimenti di ostilità, di disprezzo e di diffidenza, odi razziali e ostinate ideologie dividono gli uomini, ponendoli gli uni contro gli altri. Di qui la estrema, urgente necessità di una rinnovata educazione degli animi e di un nuovo orientamento nell’opinione pubblica. Coloro che si dedicano a un’opera di educazione, specie della gioventù, e coloro che contribuiscono alla formazione della pubblica opinione, considerino loro dovere gravissimo inculcare negli animi di tutti sentimenti nuovi, ispiratori di pace. E ciascuno di noi deve adoperarsi per mutare il suo cuore, aprendo gli occhi sul mondo intero e su tutte quelle cose che gli uomini possono compiere insieme per condurre l’umanità verso un migliore destino.

Gesù, una bella icona

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http://immareli.altervista.org/col_icone1.html

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Omelia per domenica 30 agosto, XXII del Tempo Ordinario

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20090830.shtml

Omelia (30-08-2009) 

mons. Roberto Brunelli
Le labbra e il cuore

La legge di Dio: questo è il tema che accomuna le letture di oggi. Nella prima (Deuteronomio 4,1-8), costituita da un brano dei discorsi attribuiti a Mosè, egli che aveva trasmesso la legge divina al popolo d’Israele gli raccomanda di mantenerla intatta, senza aggiungervi né togliervi nulla, perché è costituita da norme giuste, e osservarle è segno e fonte di saggezza. Il salmo scelto a commento della prima lettura è il 14, in cui tra l’altro si dice che chi osserva i precetti divini “abiterà nella tenda” di Dio, “resterà saldo per sempre”: avrà insomma la vita eterna.
Per una fortuita combinazione anche la seconda lettura, di solito tematicamente sganciata dalle altre, oggi parla dello stesso argomento: “Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi” (Lettera di Giacomo 1,21-22). Le leggi, e a maggior ragione la Legge suprema, non esistono per fare bella figura in un Codice, o per dimostrare l’acume di chi le ha formulate, o per essere studiate e discusse, ma perché si traducano nella vita: parole chiarissime, che non richiedono commento.
Un chiarimento invece è utile a capire il passo evangelico, che riporta una delle controversie di Gesù con i suoi avversari, i quali non perdevano occasione per cercare di metterlo in difficoltà. Era accaduto, nel popolo ebraico, che i “sapienti” studiosi della Legge l’avevano corredata di norme pratiche, tanto discutibili quanto numerose e minuziose, sino a diventare soffocanti e far perdere di vista la ragione stessa per cui dovevano essere osservate. Un esempio è dato proprio dall’episodio del brano odierno: era prescritto di mantenersi puri davanti a Dio, e allora “i farisei e tutti i giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti”.
La pulizia è buona cosa, naturalmente, purché non diventi una mania, un’ossessione, e soprattutto non si creda che basti per essere “puliti dentro”, cioè agli occhi di Dio. Per questo, quando alcuni scribi e farisei rimproverano a Gesù di non impedire ai suoi discepoli di prendere cibo senza prima essersi lavati le mani, egli dà loro degli ipocriti, preoccupati delle apparenze e non della sostanza, e applica a loro un severo monito del profeta Isaia: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Anche tra i cristiani si corre un simile rischio. In duemila anni si sono introdotte nella vita cristiana usanze e tradizioni di cui non c’è traccia nel vangelo, e può accadere di perdere di vista quest’ultimo, credendosi a posto solo perché si osservano appunto quelle usanze e tradizioni. E’ importante allora ricordare che tra i compiti della Chiesa è anche quello di vigilare e vagliare, di distinguere tra gli insegnamenti di Dio e quelli introdotti dagli uomini; tra questi ultimi, poi, segnalare quelli pseudo-religiosi che in realtà allontanano da Dio perché gli sono contrari o estranei (si pensi alle eresie, o a tante presunte apparizioni della Madonna) e richiamare quelli positivi (ad esempio il rosario, i pellegrinaggi) alla loro finalità, che è quella di portare a Dio o sostenere la vita con lui e per lui. Occorre stare attenti a non credersi “a posto” solo con l’osservanza esteriore dei riti e delle usanze: formule vuote, se non esprimono l’adesione della mente e del cuore. 

Benedetto XVI esorta a difendere « il dono prezioso del creato »

dal sito:

http://www.zenit.org/article-19256?l=italian

Benedetto XVI esorta a difendere « il dono prezioso del creato »

Intervento in occasione dell’Udienza Generale

CASTEL GANDOLFO, mercoledì, 26 agosto 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del discorso che Benedetto XVI ha pronunciato questo mercoledì affacciandosi al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per incontrare i fedeli e i pellegrini giunti per l’Udienza Generale.

* * *

Cari fratelli e sorelle!

Ci avviciniamo ormai alla fine del mese di agosto, che per molti significa la conclusione delle vacanze estive. Mentre si torna alle attività quotidiane, come non ringraziare Iddio per il dono prezioso del creato, di cui è possibile godere, e non solo durante il periodo delle ferie! I differenti fenomeni di degrado ambientale e le calamità naturali, che purtroppo non raramente la cronaca registra, ci richiamano l’urgenza del rispetto dovuto alla natura, recuperando e valorizzando, nella vita di ogni giorno, un corretto rapporto con l’ambiente. Verso questi temi, che suscitano la giusta preoccupazione delle Autorità e della pubblica opinione, si va sviluppando una nuova sensibilità, che si esprime nel moltiplicarsi di incontri anche a livello internazionale.

La terra è dono prezioso del Creatore, il quale ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci, dandoci così i segnali orientativi a cui attenerci come amministratori della sua creazione. E’ proprio a partire da questa consapevolezza, che la Chiesa considera le questioni legate all’ambiente e alla sua salvaguardia intimamente connesse con il tema dello sviluppo umano integrale. A tali questioni ho fatto più volte riferimento nella mia ultima Enciclica Caritas in veritate, richiamando « l’urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà » (n. 49) non solo nei rapporti tra i Paesi, ma anche tra i singoli uomini, poiché l’ambiente naturale è dato da Dio per tutti, e il suo uso comporta una nostra personale responsabilità verso l’intera umanità, in particolare verso i poveri e le generazioni future (cfr ivi, 48). Avvertendo la comune responsabilità per il creato (cfr ivi, 51), la Chiesa non solo è impegnata a promuovere la difesa della terra, dell’acqua e dell’aria, donate dal Creatore a tutti, ma soprattutto si adopera per proteggere l’uomo contro la distruzione di se stesso. Infatti, « quando l’«ecologia umana» è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio » (ibid.). Non è forse vero che l’uso sconsiderato della creazione inizia laddove Dio è emarginato o addirittura se ne nega l’esistenza? Se viene meno il rapporto della creatura umana con il Creatore, la materia è ridotta a possesso egoistico, l’uomo ne diventa « l’ultima istanza » e lo scopo dell’esistenza si riduce ad essere un’affannata corsa a possedere il più possibile.

Il creato, materia strutturata in modo intelligente da Dio, è affidato dunque alla responsabilità dell’uomo, il quale è in grado di interpretarlo e di rimodellarlo attivamente, senza considerarsene padrone assoluto. L’uomo è chiamato piuttosto ad esercitare un governo responsabile per custodirlo, metterlo a profitto e coltivarlo, trovando le risorse necessarie per una esistenza dignitosa di tutti. Con l’aiuto della stessa natura e con l’impegno del proprio lavoro e della propria inventiva, l’umanità è veramente in grado di assolvere al grave dovere di consegnare alle nuove generazioni una terra che anch’esse, a loro volta, potranno abitare degnamente e coltivare ulteriormente (cfr Caritas in veritate, 50). Perché ciò si realizzi, è indispensabile lo sviluppo di « quell’alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio » (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, 7), riconoscendo che noi tutti proveniamo da Dio e verso Lui siamo tutti in cammino. Quanto è importante allora che la comunità internazionale e i singoli governi sappiano dare i giusti segnali ai propri cittadini per contrastare in modo efficace le modalità d’utilizzo dell’ambiente che risultino ad esso dannose! I costi economici e sociali, derivanti dall’uso delle risorse ambientali comuni, riconosciuti in maniera trasparente, vanno supportati da coloro che ne usufruiscono, e non da altre popolazioni o dalle generazioni future. La protezione dell’ambiente, la tutela delle risorse e del clima richiedono che i responsabili internazionali agiscano congiuntamente nel rispetto della legge e della solidarietà, soprattutto nei confronti delle regioni più deboli della terra (cfr Caritas in veritate, 50). Insieme possiamo costruire uno sviluppo umano integrale a beneficio dei popoli, presenti e futuri, uno sviluppo ispirato ai valori della carità nella verità. Perché ciò avvenga è indispensabile convertire l’attuale modello di sviluppo globale verso una più grande e condivisa assunzione di responsabilità nei confronti del creato: lo richiedono non solo le emergenze ambientali, ma anche lo scandalo della fame e della miseria.

Cari fratelli e sorelle, ringraziamo il Signore e facciamo nostre le parole di san Francesco nel Cantico delle creature: « Altissimo, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et omne benedictione … Laudato si’, mi’ Signore, cum tucte le tue creature ».

Così san Francesco. Anche noi vogliamo pregare e vivere nello spirito di queste parole.

Publié dans:Papa Benedetto XVI |on 29 août, 2009 |Pas de commentaires »

Sant’Agostino

Sant'Agostino dans immagini sacre

http://www.santiebeati.it/

Publié dans:immagini sacre |on 28 août, 2009 |Pas de commentaires »
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