Archive pour mai, 2009

Ascensione del Signore (in Francia festeggiano oggi, così metto anche qui l’immagine che ho scelto per la festa)

Ascensione del Signore (in Francia festeggiano oggi, così metto anche qui l'immagine che ho scelto per la festa) dans feste del Signore

http://santiebeati.it/

La MADONNA e lo SPIRITO SANTO

dal sito:

http://www.suorefrancescaneimmacolatine.it/index_file/barbarito8.pdf

La MADONNA e lo SPIRITO SANTO 

 Lo Spirito Santo è la fonte e l’operatore di ogni santità nella Chiesa. Ma la sua relazione e il suo ruolo nella santificazione della Vergine Maria eccelle tutte le altre sue operazioni, potremmo dirlo il suo capolavoro, che appartiene a tutta la Trinità Santissima, della quale lo Spirito è manifestazione.

 Esiste un filo diretto tra la prima pagina del Genesi e quella del Vangelo di Luca. Nel capitolo della Bibbia, col quale si apre la rivelazione di Dio all’uomo ,noi leggiamo che “lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque… e la terra era informe e deserta e le tenebre coprivano l’abisso” (Gen. 1,1-2), espressioni molto efficaci per trasmettere l’idea del caos, del non esistente. La voce di Dio
risuonò possente per mettere ordine :”Sia fatta la luce, e la luce fu fatta”. La sequenza dei sei giorni della creazione del mondo si conclude con la creazione della prima coppia umana. E Dio disse:” Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza perché domini su tutta la terra…, e li fece maschio e femmina…li benedisse.. e vide che quanto aveva fatto era molto buono” (Gen.1, 26-31). Nel creare l’uomo a suo immagine e somiglianza Dio gli assegnava già un destino che superava e trascendeva quello del mondo fisico e materiale. L’economia della
salvezza incominciava da quel momento e le sue incognite stavano nella libertà di cui l’uomo era stato dotato. L’uomo e la sua compagna ne fecero un uso errato e venne la caduta e con essa la punizione del dolore e della morte. 

 Diverso è il capitolo col quale si apre il Vangelo di San Luca, il solo a darci la narrazione di come si attuò nel tempo la nascita del Salvatore preconizzata nel Paradiso terrestre ai nostri progenitori nel momento stesso della loro umiliazione e condanna. L’annunzio dell’Angelo a Maria apre la seconda pagina della storia dell’umanità, quella della redenzione, della restituzione alla pristina santità e bellezza ed all’originale destino di grazia e di beatitudine. Iddio Padre aveva già all’inizio,
subito dopo il peccato di Adamo ed Eva, intimato al serpente, simbolo del Male, che il suo successo sarebbe stato breve perché alla fine “la discendenza della donna gli avrebbe schiacciato il capo”. L’economia di salvezza di Dio includeva pertanto fin dall’eternità un importante ruolo per la donna. Il Verbo eterno di Dio per compiere la missione del Padre avrebbe dovuto nascere da una donna, perché solo nel suo grembo avrebbe preso quella “carne mortale” per introdursi nel mondo e nella storia degli uomini. L’Onnipotente poteva effettuare la salvezza in infiniti altri modi, ma egli aveva scelto nel suo eterno decreto di effettuarla attraverso l’uomo stesso per confermare il suo amore alla creatura che egli aveva creato a sua immagine e somiglianza. Veramente grande è la dignità dell’uomo non ostante la sua debolezza e la sua mortalità. 

 Anticipando la multiforme attività dello Spirito nella vita collettiva e individuale degli uomini, l’autore del Libro della Sapienza facendo l’elogio di questo Dono di Dio, annunziava una tautologia dello Spirito al quale esso viene equiparato, che avrà una più chiara formulazione nel Nuovo Testamento e in modo particolare nelle Lettere di San Paolo. Lo Spirito, che nell’annunzio di Isaia si poserà sul germoglio di Iesse è lo stesso Spirito o ”soffio” di Dio che agisce lungo tutta la rivelazione biblica. E’ all’origine del creato, suscita gli uomini santi di cui Dio si serve per guidare il suo popolo verso il compimento della promessa, dà la saggezza ai Patriarchi, il discernimento ai Giudici e soprattutto ispira i Profeti. E’ lo stesso Spirito che, nella pienezza dei tempi, coprirà con la sua potenza l’umile Vergine di Nazaret e la trasformerà nella Madre privilegiata del Verbo Incarnato. 

 Nella vita della Madonna , come ce la racconta il suo agiografo San Luca , noi riscontriamo che essa ricevette lo Spirito Santo due volte: all’annunzio della divina maternità e nel giorno di Pentecoste quando nasce ufficialmente la Chiesa.  Nella prima discesa lo Spirito Santo attua il più grande mistero che a mente umana sia stato rivelato, Dio che si fa uomo per salvarlo e ridargli la dignità perduta. Le parole dell’Angelo non lasciano luogo al turbamento di Maria sorpresa
dell’annunzio. Avendo essa deciso nel suo cuore di rimanere vergine, di “non conoscere uomo” nel significato biblico dell’espressione, non riusciva a capire come avrebbe potuto mettere al mondo il Figlio dell’Altissimo, il Santo d’Israele. Il messaggero celeste la rassicurò dicendole “ Lo Spirito
Santo scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà
da te sarà dunque Santo e chiamato Figlio dell’Altissimo” Luc,1, 1 s.).

 Il Santo per eccellenza non poteva nascere che da una donna già pienamente santificata dallo stesso Spirito, potenza dell’Altissimo, quasi a ricordare a Maria, usa a meditare la Sacra Scrittura, che nel suo caso operava il medesimo Spirito creatore che agli inizi del tempo aleggiava sulle acque ed aveva chiamato all’esistenza tutte le creature dell’universo. Era lo stesso Spirito che si sarebbe posato sul Cristo, suo figlio, consacrandolo visibilmente Messia nelle acque del Giordano, e che ora la riempiva della sua grazia e potenza come in un abbraccio sponsale.

 Ed a conferma di quanto le diceva, l’Angelo le rivelò che anche la cugina Elisabetta era stata oggetto di uno straordinario intervento divino, che la liberava dalla umiliazione della sterilità mettendo al mondo un figlio che sarebbe stato il messaggero del Messia e avrebbe preparato il popolo di Dio ad accoglierlo nella purezza del cuore e nella santità della vita. Maria non ebbe più alcuna riserva e pronunzio il sì dal quale ebbe inizio l’incarnazione del Verbo eterno di Dio. 

 Maria si recò subito dalla cugina Elisabetta : “Non conosce indugi e ritardi la grazia dello Spirito Santo” dirà Santo Ambrogio nel commentare il racconto di San Luca. Al primo incontro le due donne, oggetto, sebbene in grado diverso, dei favori divini sono ripiene dallo Spirito Santo del dono della profezia. Elisabetta, scrive l’evangelista Luca, fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce:” Benedetta sei tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo. Beata colei che ha creduto all’adempimento delle promesse del Signore” (Lu. 1, 41-46). Maria da parte sua, che aveva già ricevuto la pienezza dello Spirito Santo, prorompe nel Magnificat, una delle più alte manifestazioni del dono della profezia in tutta la Rivelazione, perché sintetizza il significato e lo scopo di tutte le profezie dell’Antico e del Nuovo Testamento e si proietta in una visione che bbraccia anche il futuro della storia dell’umanità: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua ancella…..ecco tutte le
generazioni mi chiameranno beata..” ( Lu,1, 46-48). Il cantico di Maria diventa così il preludio dell’Alleluia pasquale, l’ispiratore di quell’”Exultet” che la Chiesa canta ogni anno la notte della vigilia di Pasqua per ringraziare la Trinità Santissima del dono della redenzione per mezzo di Cristo
Signore, morto e risuscitato per noi. 

 Commentando il saluto dell’Angelo a Maria “Rallegrati, o piena di grazia”, Origene scrive: “Poiché l’Angelo salutò Maria con una espressione nuova, che non ho mai trovato nella Sacra Scrittura, è
necessario dire qualcosa al riguardo. Non ricordo, infatti, di aver letto in nessun altro luogo della Sacra Scrittura queste parole; “Rallegrati, o piena di grazia”. Né queste espressioni vengono mai rivolte ad un uomo; solo a Maria era riservato tale saluto speciale” (Origenre PG 13, 1815-1816).
Possiamo aggiungere che quelle parole sono il saluto che lo Sposo celeste invia alla sposa terrestre. Il messaggero divino aveva ricevuto l’ordine di far sapere alla Vergine fin dal primo momento del suo incontro che cosa la Trinità Santissima pensava ed aveva fatto di lei con il nuovo nome che le veniva dato di “piena di grazia”. La sua anima e il suo corpo erano stati santificati e preparati dall’eternità allo straordinario evento del concepimento secondo la carne del Salvatore. Essa avrebbe avuto un ruolo unico e stupendo nel progetto della redenzione e a tale scopo era stata arricchita dall’Onnipotente di tutte le grazie ed i privilegi richiesti da un compito così grande ed eccezionale, unico nel suo genere. Si trattava di creare il “nuovo Adamo”, la nuova creature, opera che poteva essere compiuta soltanto dalla potenza dell’Altissimo di cui lo Spirito Santo è Agente e Manifestazione. 

 Nell’annunzio a Maria si rivelò il Dio Uno e Trino. Essa fu la prima creatura umana alla quale questo gioioso ed insondabile mistero fu rivelato. Nell’evento che stava per compiersi con il libero concorso della volontà di Maria erano presenti ed operanti le tre Persone Divine della Santissima Trinità. Il Padre con la sua onnipotenza “Su di te estenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo”; il Figlio che in lei avrebbe assunto la forma umana “ Ciò che nascerà da te sarà chiamato Figlio
di Dio”: lo Spirito Santo che l’avrebbe resa feconda con la sua grazia “ Lo Spirito Santo scenderà su di te”. In tal modo la Vergine Maria in virtù dei favori e delle benedizioni ricevuti, è misticamente associata alla comunione d’amore delle Tre Persone della beata Trinità. 

 A questo mistero nascosto in Dio dall’eternità, che a lei si rivela, Maria dà il libero assenso della sua volontà. Ella compie un atto perfetto di Fede nella tradizione di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, In essa anzi la loro fede si attua e si perfeziona. Per questa fede Maria è dichiarata beata da Elisabetta: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento della parola del Signore “ (Lu, 1,48 ). Le parole di Elisabetta troveranno in seguito conferma in quelle di Gesù. Rispondendo all’umile popolana che proclamava beata la donna che lo aveva portato in grembo e nutrito col suo latte,
Gesù disse: ”Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lu,11,28). 

 La grandezza di Maria nasce quindi dalla fede e dalla obbedienza alla parola ed alla volontà di Dio “Sia fatto di me secondo la tua parola” risponde all’Angelo e da quell’istante il Verbo eterno di Dio si fece carne seguendo il processo di crescita di ogni essere umano. Una maternità che aveva inizio da un atto di fede, senza concorso dell’uomo, e solo per diretto intervento di Dio, non poteva essere che divina nell’origine, nel modo e nel frutto. 

 Da un atto di fede e dall’azione dello Spirito nasce anche la nostra nuova vita di grazia con l’inserimento per mezzo del battesimo nel Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa. Per questa ragione la seconda volta che Maria ricevette lo Spirito Santo, dopo che la redenzione si era già compiuta con la morte e resurrezione del Figlio suo, fu nel Cenacolo il giorno di Pentecoste insieme agli Apostoli , ai primi discepoli e alle donne che avevano seguito Gesù nella sua predicazione.

 La Chiesa nasce con la presenza confortante della Madre di Gesù nella preghiera e nell’attesa del Paraclito promesso dal Figlio suo. Nel Cenacolo Maria è in compagnia di quelli che Gesù aveva scelti e designati come messaggeri ufficiali e accreditati della sua Resurrezione per proclamare ai popoli il nuovo patto di amore e di salvezza tra Dio e l’umanità. Nella solitudine della casa di Nazareth lo Spirito

Santo si era a Lei rivelato personalmente nel segreto. Nel Cenacolo invece essa partecipa al dono non più come una privilegiata ed individualmente ma come membro della comunità dei credenti in Cristo. Ella diventa allo stesso tempo figlia e Madre della Chiesa, come Cristo era stato per lei Figlio e Signore.

 Maria esce dai Vangeli ai piedi della croce. Anche qui mentre il sacrificio cruento del Figlio si consumava nell’abbandono e nel dolore, compie un atto di fede e di obbedienza accettando Giovanni, simbolo dell’umanità rinata alla grazia, come figlio. Non un gesto non una parola. Stando al racconto degli evangelisti sembra che fosse assente dalla composizione del Figlio suo nel sepolcro. Ricompare però nel capitolo primo degli Atti degli Apostoli quando nasce la Chiesa, come era stata la protagonista del capitolo primo del Vangelo di San Luca – lo storiografo della Madonna- quando ebbe inizio l’attuazione storica della salvezza. Insieme a quelli che Cristo ha costituito apostoli e pastori della sua Chiesa essa attende nel Cenacolo che si compia l’altra promessa, l’avvento del Paraclito che avrebbe sancito con la sua potente manifestazione e fuoco purificatore l’origine della Chiesa e la trasformazione degli Apostoli, come il Signore aveva annunziato: ”Avrete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in
tutta la Giudea e la Samaria, fino agli estremi confini del mondo”(Atti, 1,1-7). 

 E’ significativo che Luca la presenti come “la Madre di Gesù” quasi a sottolineare che colei che aveva generato il Cristo secondo la carne, diventava ora con la seconda infusione dello Spirito Santo la madre del Corpo Mistico di lui, cioè della Chiesa. 

 Non è raro nei commenti dei Santi Padri attribuire alla Vergine Maria gli annunzi profetici che riguardavano la Chiesa, il nuovo popolo di Dio, la nuova Gerusalemme celeste. Così ad esempio scrive Sant’Ambrogio:” Come sono belle le cose che , sotto la figura della Chiesa, sono state profetizzate di Maria” ( De instit. virginis, cap.14, n.89). Gli fa eco Onorio d’Autun che dice: “ La Vergine gloriosa rappresenta la Chiesa, anch’essa vergine e madre. Madre, perché fecondata dallo
Spirito Santo, ogni giorno essa genera a Dio nuovi figli nel battesimo. Nello stesso tempo vergine, perché conservando in modo inviolabile l’integrità della fede, essa non si lascia insudiciare dall’eresia. Come Maria fu madre generando Gesù, e vergine, rimanendo tale anche dopo il parto. L’una ha dato la salvezza ai popoli, l’altra dona i popoli al Salvatore. L’una ha partorito la vita nel suo grembo, l’altra porta la vita nella fonte dei sacramenti; ciò che la prima volta fu concesso a Maria secondo la carne, è ora dato alla Chiesa nell’ordine dello Spirito” (Sigillum Beatae Mariae ,
PL 172, 499D).

 Con la menzione di Luca nel capitolo primo degli Atti degli Apostoli il nome di Maria appare per l’ultima volta nei libri del Nuovo Testamento. Essa è presentata nel Cenacolo dove insieme alla Chiesa nascente attende il sigillo dello Spirito Santo che segnerà l’inizio del nuovo regno del Figlio suo sulla terra, un regno che non avrà fine come le aveva detto l’Angelo a Nazaret quando le preconizzò la maternità divina. Questa volta ella acquisiva per riconoscimento stesso dello Spirito e della Chiesa una nuova maternità, tutta spirituale ed orante. La Chiesa nascente si affidava alla sua cura materna ed alle sue efficaci preghiere di intercessione. Ella si pone così con la Chiesa e per la Chiesa modello di quel cammino di fede e di speranza che sarà lo stesso di tutti i credenti nel corso della storia fino al secondo e definitivo avvento del Figlio suo. 

 Il Corpo Mistico di Cristo si costruisce nell’amore e nell’unità, che si ottengono dal Signore soprattutto con la preghiera. La Chiesa nascente ne ebbe subito la consapevolezza ed attesa l’infusione dello Spirito nella preghiera e nella comunione fraterna che si realizzavano già fin dal principio sotto lo sguardo protettivo della Madre di Gesù. “Questa opera di costruzione spirituale mai diventa oggetto più appropriato di preghiera come quando il corpo stesso di Cristo, che è la
Chiesa, offre il corpo e il sangue di Cristo nel sacramento del pane e del calice…….Quella grazia che fece della Chiesa il Corpo di Cristo, faccia sì che tutte le membra della carità rimangano compatte e perseverino nell’unità del corpo” (San Fulgenzio di Ruspe, “Libri a Mònimo, Libro 2, 11-12). Questa unità è il dono dello Spirito Santo che appartiene al Padre e al Figlio, perché la Trinità è per sua natura santità ed unità, eguaglianza e amore, ed opera insieme la santificazione per cui i credenti in Cristo sono adottati come figli. 

 La Madonna, uscendo fuori dalla rivelazione scritta del Nuovo Testamento , ci da un esempio meraviglioso carità, di umiltà, di fede e di obbedienza. Ogni credente in Cristo è predestinato ad una vocazione di santità nella Chiesa. Maria ha seguito fedelmente la sua chiamata facendosi guidare dallo Spirito. Ella rimase intrepida ed incrollabile nella fede anche ai piedi del Calvario, quando la spada del dolore, come le aveva predetto Simeone, trapassava il suo cuore e tutto, a giudizio degli uomini, sembrava dovesse finire nel fallimento. La Chiesa ha accolto con devozione e gratitudine la sua lezione e si affida alla sua materna protezione. Noi pure, membri della Chiesa, dobbiamo accogliere la Parola di Dio con umiltà e disponibilità, pronti a fare di essa la norma , l’ispirazione e la guida della nostra vita. In questo modo saremo degni figli di Maria e fratelli di Gesù, suo Figlio divino. Basta che sul suo esempio prendiamo umilmente il nostro posto nella Chiesa e rimaniamo fedeli agli impegni e alle domande della nostra professione di cristiani.  

Mon. Luigi Barbarito

ROMA

Publié dans:Approfondimenti, Maria Vergine |on 21 mai, 2009 |Pas de commentaires »

Mosaique – Il Est Descendu Aux Enfers – Pskov

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http://www.artbible.net/3JC/-Mat-27,45_Entombment,freedom_Tombeau,%20liberation/2nd-14th_siecle/index2.html

Publié dans:immagini sacre |on 20 mai, 2009 |Pas de commentaires »

Lodiamo Dio creatore per i doni che fa all’umanità

dal sito:

http://www.zenit.org/article-18324?l=italian

Lodiamo Dio creatore per i doni che fa all’umanità

Messaggio per la 4ª Giornata per la salvaguardia del creato

di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 18 maggio 2009 (ZENIT.org).- “Laudato si’, mi’ Signore…per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento”.

E’ con queste parole di San Francesco, riprese dal “Cantico delle Creature”, che si apre il Messaggio per la 4ª Giornata per la salvaguardia del creato istituito e promosso dalle Commissioni Episcopali per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace e per l’ecumenismo e il dialogo.

Nel messaggio le due commissioni della Conferenza Episcopale Italiana invitano a lodare “Dio Creatore per gli innumerevoli doni del suo amore” sull’esempio di San Francesco patrono d’Italia, nella ricorrenza centenaria della presentazione della Regola a papa Innocenzo III, avvenuta nel 1209.

Il tema scelto per la 4ª Giornata per la salvaguardia del creato, che si svolge come ogni anno il primo di settembre, è “l’aria”.

Il messaggio sottolinea che “l’aria che respiriamo è collegata con la vita. Soltanto quando respiriamo siamo in vita. Il libro della Genesi (2,7) afferma: ‘il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente’”.

“Riflettiamo – continua il Messaggio – pure sull’eventualità che gli elementi naturali possono dar luogo a catastrofi, ma soprattutto guardiamo ad essi con il cuore colmo di lode a Dio”.

“Riscopriamo, anzi, in essi le sue stesse orme, secondo l’indicazione dell’episodio biblico di Elia sull’Oreb: egli incontra Dio non nel vento impetuoso e gagliardo, né nel terremoto né nel fuoco, ma nel vento leggero (1Re 19,11-12)”.

“Guardiamo alle realtà del creato con quella purezza di cuore, invocata da Gesù nelle beatitudini (cfr. Mt 5,8), che giunge a vedere i doni di Dio in ogni luogo, anche nei gigli del campo e negli uccelli dell’aria (cfr. Lc 12,22-31)”.

Il Messaggio sollecita una riflessione su “lo spirito di Dio” inteso come “alito del Signore” e cita Gesù Cristo, che nella sua morte “gridò a gran voce ed emise lo spirito” (Mt 27,50) e “consegnò lo spirito” (Gv 19,30), apparve dopo la sua risurrezione ai discepoli e alitò su di loro, donando il suo Spirito in vista della remissione dei peccati e della riconciliazione con tutto il creato.

“Nel giorno della Pentecoste – rileva il Messaggio -, questo Spirito venne su tutti come vento impetuoso, per trasformare i cuori, per infondere coraggio e per creare comunione e solidarietà”.

La seconda parte del Messaggio denuncia la “crisi ecologica” come “conseguenza del peccato” se “la rete delle relazioni con il creato appare lacerata”.

Se, però, prendiamo coscienza del peccato – sottolineano i Vescovi italiani – che nasce da un rapporto sbagliato con il creato, siamo chiamati alla “conversione ecologica”, secondo l’espressione di Giovanni Paolo II.

Il Messaggio cita poi l’appello di Benedetto XVI a uno stile di vita più essenziale, come espressione di “una disciplina fatta anche di rinunce, una disciplina del riconoscimento degli altri, ai quali il creato appartiene tanto quanto a noi che più facilmente possiamo disporne; una disciplina della responsabilità nei riguardi del futuro degli altri e del nostro stesso futuro” (Incontro con il clero di Bressanone, 6 agosto 2008).

Nella terza parte dedicata a “Giustizia e sostenibilità” il Messaggio fa riferimento alla conferenza internazionale che si svolgerà nel mese di dicembre a Copenaghen ed invita la comunità internazionale e l’Europa in particolare ad una “collaborazione lungimirante” per “verificare la disponibilità della famiglia umana ad abitare la terra secondo giustizia”.

“In quanto credenti – conclude il Messaggio – siamo chiamati a un particolare impegno di custodia del creato, perché l’essere cristiani implica sempre e comunque una precisa responsabilità nei riguardi della creazione”.

“Il creato geme – lo percepiamo, quasi lo sentiamo – e attende persone umane che lo guardino a partire da Dio” (Benedetto XVI, Incontro con il clero di Bressanone)”.

Tra le iniziative proposte i Vescovi delle due Commissioni segnalano:

- incontri di preghiera, da organizzare, laddove possibile, coinvolgendo esponenti delle confessioni cristiane presenti nel territorio. Il tema dell’aria potrà essere richiamato nelle letture, nei canti o anche mediante segni opportuni;

- incontri biblico-teologici, per riflettere sull’importanza del tema della creazione in un tempo di crisi ecologica e sulla sua declinazione in termini etici;

- incontri di approfondimento su tematiche ambientali, sia a carattere generale, sia in particolare sul tema dell’aria. L’argomento potrà essere affrontato sia nella sua dimensione globale, come pure nella sua incidenza sulla realtà locale.

È anche possibile indire feste all’aperto, coinvolgendo soprattutto i giovani, particolarmente sensibili a questo tema. La scelta potrebbe vertere su un sito caratterizzato per la sua bellezza naturale o per il legame con figure e istituzioni sensibili al rapporto con la creazione, come i luoghi della tradizione francescana o numerosi monasteri.

Publié dans:creato (il) |on 20 mai, 2009 |Pas de commentaires »

Benedetto XVI traccia un bilancio del suo pellegrinaggio in Terra Santa

 dal sito:

 http://www.zenit.org/article-18328?l=italian

Benedetto XVI traccia un bilancio del suo pellegrinaggio in Terra Santa

Durante l’Udienza generale del mercoledì

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 20 maggio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del discorso pronunciato questo mercoledì da Benedetto XVI in occasione dell’Udienza generale svoltasi in piazza San Pietro.

Durante l’incontro con i gruppi di pellegrini e fedeli, il Papa si è soffermato sul suo recente pellegrinaggio in Terra Santa.

* * *

Cari fratelli e sorelle,

mi soffermo quest’oggi a parlare del viaggio apostolico che ho compiuto dall’8 al 15 maggio in Terra Santa, e per il quale non cesso di ringraziare il Signore, perché si è rivelato un grande dono per il Successore di Pietro e per tutta la Chiesa. Desidero nuovamente esprimere il mio « grazie » sentito a Sua Beatitudine il Patriarca Fouad Twal, ai Vescovi dei vari riti, ai Sacerdoti, ai Francescani della Custodia di Terra Santa. Ringrazio il Re e la Regina di Giordania, il Presidente d’Israele e il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, con i rispettivi Governi, tutte le Autorità e quanti in vario modo hanno collaborato alla preparazione e al buon esito della visita. Si è trattato anzitutto di un pellegrinaggio, anzi, del pellegrinaggio per eccellenza alle sorgenti della fede; e al tempo stesso di una visita pastorale alla Chiesa che vive in Terra Santa: una Comunità di singolare importanza, perché rappresenta una presenza viva là dove essa ha avuto origine.

La prima tappa, dall’8 alla mattina dell’11 maggio, è stata in Giordania, nel cui territorio si trovano due principali luoghi santi: il Monte Nebo, dal quale Mosè contemplò la Terra Promessa e dove morì senza esservi entrato; e poi Betania « al di là del Giordano », dove, secondo il quarto Vangelo, san Giovanni inizialmente battezzava. Il Memoriale di Mosè sul Monte Nebo è un sito di forte valenza simbolica: esso parla della nostra condizione di pellegrini tra un « già » e un « non ancora », tra una promessa così grande e bella da sostenerci nel cammino e un compimento che ci supera, e che supera anche questo mondo. La Chiesa vive in se stessa questa « indole escatologica » e « pellegrinante »: è già unita a Cristo suo sposo, ma la festa di nozze è per ora solo pregustata, in attesa del suo ritorno glorioso alla fine dei tempi (cfr Conc. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 48-50). A Betania ho avuto la gioia di benedire le prime pietre di due chiese da edificare nel sito dove san Giovanni battezzava. Questo fatto è segno dell’apertura e del rispetto che vigono nel Regno Ascemita per la libertà religiosa e per la tradizione cristiana, e ciò merita grande apprezzamento. Ho avuto modo di manifestare questo giusto riconoscimento, unito al profondo rispetto per la comunità musulmana, ai Capi religiosi, al Corpo Diplomatico ed ai Rettori delle Università, riuniti presso la Moschea Al-Hussein bin-Talal, fatta costruire dal Re Abdallah II in memoria del padre, il celebre Re Hussein, che accolse il Papa Paolo VI nel suo storico pellegrinaggio del 1964. Quanto è importante che cristiani e musulmani coabitino pacificamente nel mutuo rispetto! Grazie a Dio, e all’impegno dei governanti, in Giordania questo avviene. Ho pregato pertanto affinché anche altrove sia così, pensando specialmente ai cristiani che vivono invece realtà difficili nel vicino Iraq.

In Giordania vive un’importante comunità cristiana, incrementata da profughi palestinesi e iracheni. Si tratta di una presenza significativa e apprezzata nella società, anche per le sue opere educative e assistenziali, attente alla persona umana indipendentemente dalla sua appartenenza etnica o religiosa. Un bell’esempio è il Centro di riabilitazione Regina Pacis ad Amman, che accoglie numerose persone segnate da invalidità. Visitandolo, ho potuto portare una parola di speranza, ma l’ho anche ricevuta a mia volta, come testimonianza avvalorata dalla sofferenza e dalla condivisione umana. Quale segno dell’impegno della Chiesa nell’ambito della cultura, ho inoltre benedetto la prima pietra dell’Università di Madaba, del Patriarcato Latino di Gerusalemme. Ho provato grande gioia nel dare avvio a questa nuova istituzione scientifica e culturale, perché essa manifesta in modo tangibile che la Chiesa promuove la ricerca della verità e del bene comune, ed offre uno spazio aperto e qualificato a tutti coloro che vogliono impegnarsi in tale ricerca, premessa indispensabile per un vero e fruttuoso dialogo tra civiltà. Sempre ad Amman si sono svolte due solenni celebrazioni liturgiche: i Vespri nella Cattedrale greco-melchita di San Giorgio, e la santa Messa nello Stadio Internazionale, che ci hanno dato modo di gustare insieme la bellezza di ritrovarsi come Popolo di Dio pellegrino, ricco delle sue diverse tradizioni e unito nell’unica fede.

Lasciata la Giordania, nella tarda mattinata di lunedì 11, ho raggiunto Israele dove, fin dall’arrivo, mi sono presentato come pellegrino di fede nella Terra dove Gesù è nato, ha vissuto, è morto ed è risorto, e, al tempo stesso, come pellegrino di pace per implorare da Dio che là dove Egli ha voluto farsi uomo, tutti gli uomini possano vivere da suoi figli, cioè da fratelli. Questo secondo aspetto del mio viaggio è naturalmente emerso negli incontri con le Autorità civili: nella visita al Presidente israeliano ed al Presidente dell’Autorità palestinese. In quella Terra benedetta da Dio sembra a volte impossibile uscire dalla spirale della violenza. Ma nulla è impossibile a Dio e a quanti confidano in Lui! Per questo la fede nell’unico Dio giusto e misericordioso, che è la più preziosa risorsa di quei popoli, deve poter sprigionare tutta la sua carica di rispetto, di riconciliazione e di collaborazione. Tale auspicio ho voluto esprimere facendo visita sia al Gran Muftì e ai capi della comunità islamica di Gerusalemme, sia al Gran Rabbinato di Israele, come pure nell’incontro con le Organizzazioni impegnate nel dialogo inter-religioso e, poi, in quello con i Capi religiosi della Galilea.

Gerusalemme è il crocevia delle tre grandi religioni monoteiste, e il suo stesso nome – « città della pace » – esprime il disegno di Dio sull’umanità: formare di essa una grande famiglia. Questo disegno, preannunciato ad Abramo, si è pienamente realizzato in Gesù Cristo, che san Paolo chiama « nostra pace », perché ha abbattuto con la forza del suo Sacrificio il muro dell’inimicizia (cfr Ef 2,14). Tutti i credenti debbono pertanto lasciare alle spalle pregiudizi e volontà di dominio, e praticare concordi il comandamento fondamentale: amare cioè Dio con tutto il proprio essere e amare il prossimo come noi stessi. E’ questo che ebrei, cristiani e musulmani sono chiamati a testimoniare, per onorare con i fatti quel Dio che pregano con le labbra. Ed è esattamente questo che ho portato nel cuore, in preghiera, visitando, a Gerusalemme, il Muro Occidentale – o Muro del Pianto – e la Cupola della Roccia, luoghi simbolici rispettivamente dell’Ebraismo e dell’Islam. Un momento di intenso raccoglimento è stato inoltre la visita al Mausoleo di Yad Vashem, eretto a Gerusalemme in onore delle vittime della Shoah. Là abbiamo sostato in silenzio, pregando e meditando sul mistero del « nome »: ogni persona umana è sacra, ed il suo nome è scritto nel cuore del Dio eterno. Mai va dimenticata la tremenda tragedia della Shoah! Occorre al contrario che sia sempre nella nostra memoria quale monito universale al sacro rispetto della vita umana, che riveste sempre un valore infinito.

Come ho già accennato, il mio viaggio aveva come scopo prioritario la visita alle Comunità cattoliche della Terra Santa, e ciò è avvenuto in diversi momenti anche a Gerusalemme, a Betlemme e a Nazaret. Nel Cenacolo, con la mente rivolta a Cristo che lava i piedi degli Apostoli e istituisce l’Eucaristia, come pure al dono dello Spirito Santo alla Chiesa nel giorno di Pentecoste, ho potuto incontrare, tra gli altri, il Custode di Terra Santa e meditare insieme sulla nostra vocazione ad essere una cosa sola, a formare un solo corpo e un solo spirito, a trasformare il mondo con la mite potenza dell’amore. Certo, questa chiamata incontra in Terra Santa particolari difficoltà, perciò, con il cuore di Cristo, ho ripetuto ai miei fratelli Vescovi le sue stesse parole: « Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno » (Lc 12,32). Ho poi salutato brevemente le religiose e i religiosi di vita contemplativa, ringraziandoli per il servizio che, con la loro preghiera, offrono alla Chiesa e alla causa della pace.

Momenti culminanti di comunione con i fedeli cattolici sono state soprattutto le celebrazioni eucaristiche. Nella Valle di Giosafat, a Gerusalemme, abbiamo meditato sulla Risurrezione di Cristo quale forza di speranza e di pace per quella Città e per il mondo intero. A Betlemme, nei Territori Palestinesi, la santa Messa è stata celebrata davanti alla Basilica della Natività con la partecipazione anche di fedeli provenienti da Gaza, che ho avuto la gioia di confortare di persona assicurando loro la mia particolare vicinanza. Betlemme, il luogo nel quale è risuonato il canto celeste di pace per tutti gli uomini, è simbolo della distanza che ancora ci separa dal compimento di quell’annuncio: precarietà, isolamento, incertezza, povertà. Tutto ciò ha portato tanti cristiani ad andare lontano. Ma la Chiesa continua il suo cammino, sorretta dalla forza della fede e testimoniando l’amore con opere concrete di servizio ai fratelli, quali, ad esempio, il Caritas Baby Hospital di Betlemme, sostenuto dalle Diocesi di Germania e Svizzera, e l’azione umanitaria nei campi profughi. In quello che ho visitato, ho voluto assicurare alle famiglie che vi sono ospitate, la vicinanza e l’incoraggiamento della Chiesa universale, invitando tutti a ricercare la pace con metodi non violenti, seguendo l’esempio di san Francesco d’Assisi. La terza e ultima Messa con il popolo l’ho celebrata giovedì scorso a Nazaret, città della santa Famiglia. Abbiamo pregato per tutte le famiglie, affinché siano riscoperti la bellezza del matrimonio e della vita familiare, il valore della spiritualità domestica e dell’educazione, l’attenzione ai bambini, che hanno diritto a crescere in pace e serenità. Inoltre, nella Basilica dell’Annunciazione, insieme con tutti i Pastori, le persone consacrate, i movimenti ecclesiali e i laici impegnati della Galilea, abbiamo cantato la nostra fede nella potenza creatrice e trasformante di Dio. Là, dove il Verbo si è fatto carne nel seno della Vergine Maria, sgorga una sorgente inesauribile di speranza e di gioia, che non cessa di animare il cuore della Chiesa, pellegrina nella storia.

Il mio pellegrinaggio si è chiuso, venerdì scorso, con la sosta nel Santo Sepolcro e con due importanti incontri ecumenici a Gerusalemme: al Patriarcato Greco-Ortodosso, dove erano riunite tutte le rappresentanze ecclesiali della Terra Santa, e infine alla Chiesa Patriarcale Armena Apostolica. Mi piace ricapitolare l’intero itinerario che mi è stato dato di effettuare proprio nel segno della Risurrezione di Cristo: malgrado le vicissitudini che lungo i secoli hanno segnato i Luoghi santi, malgrado le guerre, le distruzioni, e purtroppo anche i conflitti tra cristiani, la Chiesa ha proseguito la sua missione, sospinta dallo Spirito del Signore risorto. Essa è in cammino verso la piena unità, perché il mondo creda nell’amore di Dio e sperimenti la gioia della sua pace. In ginocchio sul Calvario e nel Sepolcro di Gesù, ho invocato la forza dell’amore che scaturisce dal Mistero pasquale, la sola forza che può rinnovare gli uomini e orientare al suo fine la storia ed il cosmo. Chiedo anche a voi di pregare per tale scopo, mentre ci prepariamo alla festa dell’Ascensione che in Vaticano celebreremo domani. Grazie per la vostra attenzione.

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In italiano ha detto:]

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli delle diocesi di Crema, Volterra e Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata dei Goti, accompagnati dai rispettivi Pastori Mons. Oscar Cantoni, Mons. Alberto Silvani e Mons. Michele De Rosa. Cari amici, la sosta presso le tombe degli Apostoli susciti in ciascuno il vivo desiderio di diventare artefici di pace e testimoni di speranza. Saluto i sacerdoti studenti del Pontificio Collegio san Paolo e le religiose partecipanti al corso promosso dalla Pontificia Facoltà Auxilium, li esorto a seguire con fedeltà la propria vocazione, diventando sempre più segni eloquenti dell’amore di Dio.

Il mio pensiero si rivolge infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La Solennità dell’Ascensione del Signore – che celebreremo domani in Vaticano come in altri Paesi, mentre in Italia domenica prossima – ci invita a guardare a Gesù, il quale prima di salire al cielo, affida agli Apostoli il mandato di portare il suo Messaggio di salvezza fino agli estremi confini della terra. Cari giovani, impegnatevi a mettere le vostre energie al servizio del Vangelo. Voi, cari malati, vivete le vostre sofferenze uniti al Signore, nella certezza di offrire un contributo prezioso alla crescita del suo Regno nel mondo. E voi, cari sposi novelli, fate in modo che le vostre famiglie siano luoghi in cui si impara a essere gioiosi testimoni del Vangelo della speranza.

Publié dans:Papa Benedetto XVI |on 20 mai, 2009 |Pas de commentaires »

buona notte (roarrrr)

buona notte (roarrrr) dans immagini buon...notte, giorno 24_133
http://www.immagini.it/Utenti/ViewImage.asp?ImageItem=133&AlbumItem=24

Guglielmo di Saint-Thierry :« Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090520

Mercoledì della VI settimana di Pasqua : Jn 16,12-15
Meditazione del giorno
Guglielmo di Saint-Thierry (circa 1085-1148), monaco benedettino poi cistercense
Specchio, 6 ; PL 180, 384

« Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera »

«Nessuno conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui; così pure i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio» (1 Cor 2,11). Affrettati dunque a essere partecipe dello Spirito Santo. Quando lo si invoca, si fa presente, né lo si potrebbe invocare se già non fosse presente. Quando, invocato, viene, vi giunge con l’abbondanza della benedizione di Dio. È infatti un fiume in piena che allieta la città di Dio (Sal 45,5). E quando sarà venuto, se ti troverà umile e tranquillo, seppure tremante davanti alle parole di Dio, riposerà su di te e ti rivelerà ciò che Dio Padre tiene nascosto ai sapienti e ai prudenti di questo mondo (Mt 11,25). Incominceranno allora a brillare nel tuo spirito quelle cose che la Sapienza poté dire in terra ai suoi discepoli, ma che essi non potevano capire, finché non fosse venuto lo Spirito di verità, che avrebbe insegnato loro tutta la verità…

E come è necessario che quelli che lo adorano, lo adorino «in spirito e verità» (Gv 4,24), così coloro che desiderano sapere e conoscere è necessario che cerchino l’intelligenza della fede e il senso di quella pura e semplice verità solo nello Spirito Santo… Infatti nelle tenebre e nell’ignoranza di questa vita egli è luce illuminante per i poveri in spirito (Mt 5,3); egli è la carità che trascina, egli la dolcezza che affascina, egli è la via dell’uomo a Dio, egli l’amore di chi ama, egli la devozione, egli la pietà. Egli rivela ai fedeli, in un crescendo di fede, la giustizia di Dio, quando dà grazia su grazia (Gv 1,16), e fede illumintata dalla fede che nasce dall’ascolto.

Angeli

Angeli dans immagini sacre angels

http://renaissanceguy.wordpress.com/category/religion/christianity/worshp/

Publié dans:immagini sacre |on 19 mai, 2009 |Pas de commentaires »

ANGELI

dal sito:

http://www.rocciadibelpasso.it/angeli1.htm

ANGELI

L’angelo (lat. angelus, messaggero), essere di natura celeste, è l’intermediario tra Dio e gli uomini, col compito di annunciare la volontà divina. Nella tradizione biblica l’angelo, di cui non si riferisce esplicitamente la natura o la sua creazione da parte di Dio, è personaggio diffusissimo fin dalle prime pagine della Bibbia. Messaggero straordinario di Dio, l’angelo è latore presso il popolo della volontà di Dio, esegue le sentenze e le punizioni di Dio, guida il popolo di Dio attraverso il deserto.
Dio è spesso inteso come dimorante in una corte celeste, circondato da schiere angeliche che stanno attorno al suo trono (I Re 22, 19-22; Salmi 29 e 148). Talvolta vi è la menzione di una particolare schiera angelica a fianco di Dio come i cherubini che sostengono il suo trono e custodiscono l’ingresso dell’Eden o dei serafini che proclamano la santità di Dio.
Un angelo particolare, ricordato nell’Antico Testamento, è il cosiddetto « angelo del Signore », che s’identifica con Dio stesso manifestantesi in forma sensibile (Genesi 22, 11-15; Esodo 3,2). Nelle tradizioni posteriori all’esilio si sviluppa la nozione degli angeli protettori dei vari popoli (Daniele 10, 13-21) che trova seguito sia nella letteratura apocalittica apocrifa sia nella tradizione cristiana. Alcuni libri dell’Antico Testamento, inoltre, riferiscono nomi personalizzati di angeli: tali sono Raffaele e Gabriele nel Libro di Tobia e Michele nel Libro di Daniele.
Nel Nuovo Testamento, gli angeli compaiono spesso in relazione ad avvenimenti centrali della vita di Gesù: l’annunciazione, la nascita, le tentazioni nel deserto, l’agonia nel Getzemani, la resurrezione. Importante è il ruolo degli angeli nella letteratura apocalittica del Nuovo Testamento: essi separano i peccatori dai buoni nel giudizio universale, sono presenti in occasione della seconda venuta di Cristo, hanno il compito di radunare gli eletti.
Gli angeli sono frequentemente ricorrenti nelle lettere di san Paolo, spesso distinti in varie classi (potenze, potestà, signorie, principati, troni) senza che sia possibile intravvederne le differenze.
Paolo mette in guardia pure da un culto superstizioso degli angeli, probabilmente in polemica con alcune tendenze gnostiche.
La riflessione teologica dedicò agli angeli grande considerazione. Presso i padri della Chiesa sono frequenti i riferimenti a creature angeliche; in particolare Origene affrontò per primo in maniera sistematica il problema dell’origine e della natura degli angeli, affermando l’identità di origine e di natura di tutte le creature intelligenti, create buone da Dio prima della creazione del mondo. Tuttavia, mentre alcune persistettero nell’amore verso Dio, altre se ne allontanarono in misura più o meno rilevante. Gli angeli, suddivisi in categorie diverse secondo le funzioni, sono appunto gli spiriti intelligenti rimasti fedeli a Dio, a differenza di quelli che, in proporzione alla gravità delle cadute, sono diventati demoni.
Il problema dell’organizzazione gerarchica del mondo angelico trovò la sua più ampia elaborazione nell’opera dello Pseudo-Dionigi Areopagita (VI sec.), il quale divise gli angeli in nove cori secondo un raggruppamento gerarchico tripartito: serafini, cherubini, troni; dominazioni, virtù, potestà; principati, arcangeli, angeli. Lo Pseudo-Dionigi offrì altresì un’elaborata dottrina sulle loro funzioni, accolte, sia pure con alcune riserve, dagli autori cristiani compreso Tommaso d’Aquino.
Il magistero ecclesiastico, presupponendo una fede popolare nell’esistenza degli angeli, li ha definiti esseri puramente spirituali, non esistenti da tutta l’eternità ma creati nel tempo. Tali tesi sono contenute nel decreto Firmiter del IV concilio Lateranense (1215), sostanzialmente ripreso dalla costituzione Dei Filius del concilio Vaticano I (1870). Un richiamo alla costituzione dogmatica Dei Filius è presente nel cosiddetto « Credo del popolo di Dio » di Paolo VI (1968): Dio creatore fece le cose visibili « come questo mondo per cui passa la nostra vita caduca » e le cose invisibili « come i puri spiriti che sono anche chiamati angeli ».
La parola « angelo » deriva dal greco « aggelos » che vuol dire letteralmente « messaggero »: egli porta personalmente il messaggio di Dio, la sua volontà si identifica con la volontà di Dio, egli stesso esiste come emanazione della Divina Volontà. Questo non vuol dire che l’angelo non abbia una volontà propria, ma che egli ha spontaneamente e liberamente accettato la volontà di Dio, altrimenti non si giustificherebbe la scelta, da parte di alcuni angeli, di ribellarsi a Lui e diventare demoni.
Il fatto che ogni angelo abbia una propria volontà implica che ha anche un proprio carattere, più che altro, un’attitudine particolare. Da queste attitudini particolari derivano i nomi di queste creature eteree, nomi che, in genere, sono composti da due parti: una prima che indica l’attitudine, diversa per ciascuno, ed una seconda parte, un suffisso, « El » o « Yah » che vuol dire « Dio ». Abbiamo così:

Micha-El (Michele) = Chi è come Dio?
Gabri-El (Gabriele) = Potenza di Dio
Rapha-El (Raffaele) = Dio guarisce
Uri-El (Uriele) = Fuoco di Dio
Azar-Yah (Azaria) = Aiuto del Signore ecc.
La funzione degli angeli è quella di fare da tramite tra noi e Dio, in quanto, pur essendo immortali, sono pur sempre creature e quindi ad uno stadio intermedio tra noi, creature umane, e Dio, Creatore. Ma Dio fa anche di più: designa per ciascuno di noi un angelo che ci custodisca e che ci guidi. Non solo, ma mette miriadi di angeli al servizio della creazione.

Nel 1915 a Fatima, prima delle apparizioni della Madonna che avverranno due anni dopo, si presenta ai tre pastorelli una figura luminosa che si autodefinisce « Angelo della Pace » e « Angelo del Portogallo ».
Pertanto è lecito pensare che, oltre all’angelo custode di ogni singolo uomo, ci siano altri angeli con particolari compiti: la custodia della famiglia, della città, degli elementi, ecc……
L’angelo custode ci segue dalla nascita alla morte e anche oltre: infatti, nel caso di un’anima che debba passare per il Purgatorio per purificarsi, rimane con essa a consolarla e a intercedere presso Dio presentandogli i suffragi che vengono fatti su questa terra.
Maria Valtorta, nei quaderni dal 1945 al 1950, il 16 luglio 1947 scrive quanto le comunica Azaria, il suo angelo custode:

« La missione dell’angelo custode si crede che cessi con la morte del custodito. Non è così sempre. Cessa alla morte del peccatore impenitente con sommo dolore del suo angelo custode. Si trasfigura in gioia gioconda e eterna alla morte di un santo che dalla terra passa in Paradiso senza soste purgative. Ma continua quale era, come protezione che intercede e ama il suo affidato, per coloro che dalla terra passano al Purgatorio per espiare e purificarsi. Allora noi, gli angeli custodi, preghiamo con carità per voi davanti al trono di Dio, e, uniti alle nostre orazioni d’amore, presentiamo i suffragi che sulla terra vi applicano parenti ed amici. E’ dolce il legame che ancora ci unisce a voi purganti. E giubiliamo vedendo l’Amore sempre più placato verso voi, e voi sempre più degne del suo Regno. E quando la Luce ci ordina « Vai a trarlo fuori per portarlo qui », più veloci delle saette noi ci precipitiamo a portare un attimo di Paradiso che è conforto a coloro che ancora restano ad espiare là nel Purgatorio, e stringiamo a noi l’anima amata per la quale operammo e soffrimmo, e risaliamo con lei insegnandole l’osanna paradisiaco.
I due più dolci attimi nella missione dei Custodi, sono quando la Carità ci dice « Scendi, perché un nuovo uomo è generato e tu lo devi custodire come gemma che mi appartiene » e quando possiamo salire con voi al Cielo. Ma il primo è meno del secondo. Ma come si trema per la vostra fragilità da quando vi si prende in custodia, così sempre si palpita dopo ogni vostra vittoria, perché il nemico del Bene è vigile a tentare di abbattere ciò che lo spirito costruisce. Perciò gioioso è l’attimo in cui entriamo con voi nel Cielo, perché nulla più può distruggere ciò che è ormai compiuto. »

Gli angeli intervengono nella nostra vita con suggerimenti, ispirazioni, consigli che non è sempre facile percepire nella nostra vita convulsa. E’ come quando ci troviamo in mezzo ad una folla vociante e non riusciamo a sentire il richiamo di un amico. Occorre far silenzio dentro e fuori di sé, occorre la preghiera. Dio ci lascia liberi di fare il male e l’angelo custode rispetta tale libertà. Dobbiamo essere noi, pregando, a chiedere la sua protezione in tutti, e dico tutti, i momenti della nostra vita.
Invochiamo i nostri angeli custodi:

al mattino, quando ci svegliamo, perché ci guidino durante la giornata;
sul lavoro, perché diventi esso stesso testimonianza di Dio;
quando guidiamo l’auto, perché non facciamo incidenti, chiedendogli anche di guidare gli automobilisti che incontriamo lungo la strada;
per i nostri figli e i nostri cari;
per i nostri amici e per i nostri nemici;
per coloro che hanno bisogno della loro protezione ma non li invocano;
per i peccatori;
per coloro che soffrono;
per coloro che muoiono.
Ma soprattutto, quando ci aspetta un incontro difficile, non dobbiamo dimenticare mai di inviare il nostro angelo custode dall’angelo custode del nostro interlocutore. Questo evita molti problemi e mette a posto molte situazioni……e funziona sempre!
Ricordiamo sempre che quando facciamo del bene o del male a qualcuno, ci sono due testimoni davanti a Dio, il nostro angelo custode e l’angelo custode di colui cui sono dirette le nostre azioni, buone o cattive che siano.
Impariamo ad ascoltare la loro voce, chiediamo loro di guidare i nostri pensieri, affinché siano sempre buoni, e soprattutto invochiamoli spesso.


 

« ….Vi ricordo che voi pregate poco gli Angeli, poco li invocate. Essi fanno molto per voi. Essi combattono il male. Pregate le Legioni degli Angeli e il Signore Gesù, che combattano il male. Dì a tutti di pregare così:

Legioni di esseri perfettissimi di Dio: Angeli, Arcangeli, Cherubini, Serafini, Principati, Potestà, in tutta la vostra luce e la vostra maestà, con a capo nostro Signore, combattete il male che spesso ci minaccerà. Esseri
perfettissimi, esseri di bontà, proteggete dal maligno questa umanità. »

Belpasso, 18 maggio 1986

 Fonti Bibliografiche:

A V. – Jubilaeum – Rizzoli
M.Valtorta – I quaderni dal 1945 al 1950 – Centro Editoriale Valtortiano
M.Calvagno – Il diario di Rosario Toscano

Publié dans:diocesi |on 19 mai, 2009 |Pas de commentaires »

“Essere capaci di vivere alla presenza di Dio, srotolando ogni giorno la speranza e vivendo con gratitudine unita alla sapienza.”

dal sito:

http://www.chiesacattolica.it/pls/cci_new/BD_EDIT_DOC_TXT.edit_documento_dioc?p_id=921315

Diocesi di ANCONA – OSIMO – S.E. Rev.ma Mons. EDOARDO MENICHELLI  


OTTAVA DI  NATALE (Nm 6, 22–27; Sal 66; Gal 4, 4–7; Lc 2,16–21)                   
CATTEDRALE DI SAN CIRIACO      Mercoledì 31 dicembre 2008
 
“Essere capaci di vivere alla presenza di Dio, srotolando ogni giorno la speranza e vivendo con gratitudine unita alla sapienza.”


“Te Deum Laudamus.”
“Si noi ti lodiamo o Dio e ti proclamiamo Signore. O eterno Padre, tutta la terra ti adora.“
Così carissimi la Chiesa oggi ci fa pregare e lodare Dio, mentre consegniamo agli archivi della memoria  un’altra porzione di tempo che ci è stata donata e che abbiamo vissuto tra gioie e dolori, tra speranze e tribolazioni nell’ amore provvidente di Dio che è Creatore e Padre.
Eccoci dunque alle ultime ore dell’anno.
Attraverso i cultori di antiche scaramanzie e  anche di godereccie frenesie abbiamo instaurato alcuni riti: abbandoniamo le cose vecchie, brindiamo al tempo nuovo, ci affidiamo ai falsi conoscitori del futuro, ci culliamo in oroscopi più o meno rallegranti.
Carissimi questa è una ritualità che, i giorni che viviamo, ci invitano a fare.
Noi lasciamo questi riti, prenderemo anche noi una piccola goccia di spumante che rallegra l’anima e con spirituali sentimenti facciamo tesoro di quanto Dio, Padre buono, ci ha donato e ci dona.
Qui c’è un primo pensiero che mi piacerebbe sottolineare insieme a voi e alla quale non ci pensiamo mai; ci è donato il tempo che non paghiamo, fra le altre cose ci sono rimaste due cose che non paghiamo: il tempo e l’ aria…  Il sole lo paghiamo quando andiamo in spiaggia…
C’è donato il tempo, e dentro il tempo celebriamo la bellezza della vita e non ce ne accorgiamo, celebriamo la sua irripetibilità e la sua originalità, celebriamo la sua santità.
Il tempo, carissimi, è misura e manifestazione del nostro limite; siamo tutti a tempo e ciò è misura e manifestazione della nostra provvisorietà ma, per converso, è omaggio alla perennità,all’onnipotenza, all’eternità di Dio.
Noi siamo nel tempo, Lui è fuori del tempo, scherzosamente noi possiamo dire, noi abbiamo
l’ orologio, Dio no!
Mentre viviamo questo passaggio di calendario nella continuità dei giorni, sarà utile alimentare le dimensioni spirituali e le scelte di vita orientate a far crescere in noi tutto ciò che si fa benedizione, cioè pienezza di bene e di pace; e queste scelte ci aiutino ad allontanare la maledizione che è paura e dolore.
Quali sono questi gesti e pensieri orientati a far crescere la benedizione?
Innanzi tutto la gratitudine, noi siamo qui per dire grazie, per la verità siamo pochi, pazienza, è successo a Gesù stesso; vi ricordate Gesù, guarì dieci lebbrosi e quanti ne ritornarono? Solamente uno…
L’ uomo di oggi ha perso il senso della gratitudine ha coniugato in modo forte solo il diritto di avere.  
Il diritto di avere la vita che non è sua, il diritto di avere il pane anche quando non se lo guadagna, ha diritto a star bene senza sapere che è fragile, ha diritto ad avere tutto e non dice mai grazie.
Noi questa sera siamo qui per dire grazie a Dio e vorrei che lo dicessimo con letizia, con gioia, dicendo grazie a Dio a nome di tutti e per tutti.
Sembrerebbe che la gratitudine non avesse più domicilio tra le strade degli uomini, piuttosto sembra che siamo dentro la storia arrabbiata, confusa.
Mi piacerebbe fare qualche piccola irruzione questa sera in qualche discoteca, in qualche ristorante di lusso, in qualche casa, per dire: “avete detto grazie di vivere…?”
Purtroppo non mi è possibile, non è bene che il Vescovo lo faccia, anche se ho molto desiderio di questo e lo vivo come tentazione da scacciare, vorrei che lo faceste voi a casa, nei confronti dei figli, dei nipoti.
L’ altro giorno un sacerdote mi ha riferito che ad un ragazzo cresimando gli ha detto “non ti ho visto a Messa a Natale!” la risposta: “ Ti faccio vedere il telefonino, avevo la partita a tennis, ecco le foto…!”   Figlioli siamo messi male, quando l’ uomo non dice più grazie né a Dio, né ai propri simili, significa che la storia si è imbarbarita…
Questo possiamo raccontarcelo senza acrimonia verso qualcuno, ma dobbiamo cominciare a dire le cose con serena verità.
Un secondo pensiero.
Vorrei che questa preghiera fosse un atto di fede, ci desse la capacità di leggere il tempo come tempo ricolmo della presenza di Dio, anche se avvertiamo, sperimentiamo il disagio del male non deve allontanarsi da noi la certezza e la verità che Dio  stesso ci ha testimoniato in Gesù Cristo, la cui Incarnazione, nascita tra di noi, ha orientato il tempo e la storia verso la benedizione.
Dice la Scrittura: “In Te saranno benedette tutte le famiglie della terra” e come si fa a non pensare il tempo, come un tempo ricolmo della presenza di Dio quando sappiamo che il Dio Gesù si è scritto nella nostra anagrafe.  
Dio ha posto il suo nome in tutte le cose e su di noi; ha posto il suo timbro questo è il seme di benedizione e questo ogni credente deve sapere e vivere.
Tutto ciò possiamo riassumerlo in un’espressione: “Essere capaci di vivere alla presenza di Dio”.
Un terzo pensiero.
Vedere il tempo, ognuno di noi faccia il proprio calcolo per vedere quanti anni ha già celebrato.
Celebrare il tempo come un grembo, portatore di novità.
Questo è il criterio e  illuminazione per la vita e questo criterio ed illuminazione si chiama speranza Quanti di noi nel Dicembre 2007 poteva pensare le cose che sarebbero successe in questo anno? Nessuno! Il tempo  ci porta sempre qualcosa di nuovo!
Qual è il nostro compito?
Il compito dei credenti in Dio, quindi tutti, e il compito dei discepoli di Gesù Cristo, noi, è quello di srotolare la speranza, la fiducia ed il sapore pieno della vita.
Quando voi srotolate un tappeto lungo, prendete questo gesto dello srotolare come  un impegno personale rispetto alla speranza, ogni giorno una piega nuova della speranza.  
Questo  compito,carissimi, è urgente!   Soprattutto quando si fanno fitti i percorsi ed i meccanismi della sfiducia e oggi siamo dentro questi percorsi: “non se ne può più”,“tutto in abbandono”, quando i tessuti di bene tendono a logorarsi, occorre arricchire il cuore con la prepotenza della speranza, facendola diventare decisione e alimentazione per il bene tutto ciò è testimonianza di fiducia e di affidamento in Dio Padre provvidente e risposta alla malizia e alla paura che i giorni della storia ora alimentano, ora suscitano, ora addirittura nutrono.
Non siamo carissimi dentro il cerchio asfissiante del destino, piuttosto  dentro il progetto di amore di Dio.  
Tutto questo vorrei che diventasse per noi anche una specie di abbandono al linguaggio, non parlate più del destino, il destino,ripeto, è un cerchio asfissiante, noi siamo nel progetto di amore di Dio, tutti!
Un quarto e ultimo pensiero.
Vivere con gratitudine unita alla sapienza.   Non basta solo dire grazie, come ho detto all’ inizio, occorre dire grazie e vivere con sapienza.
Cosa vuol dire tutto questo?
Ricordare alcune verità carissimi! Niente di noi è nostro! Niente di ciò che ci fa vivere è nostro!
Tutte le cose che ci circondano sono nostre?
Niente è per noi possedimento duraturo.   Questa è la sapienza, se ponessimo attenzione e vivessimo queste cose, si vivrebbe sereni e non arrabbiati!
Vi faccio fare un’osservazione curiosa: chi è più felice, non ai nostri occhi ma nella realtà, un barbone o un impegnato nella finanza o un imprenditore….
E’ più felice il barbone! Ne ho sentiti tanti di loro, ma io sono contento così, ringrazio Dio !
Ho detto un esempio strano, cercate di comprendere bene! 
Niente è per noi possedimento duraturo!
Non è una situazione di condanna, piuttosto la verità della finitezza dell’ essere creature e non creatori, vivere con gratitudine e sapienza tenuti nel palmo delle mani di Dio, sapere questo, diventa sorgente del grazie detto e cantato ogni giorno, diventa armonia tra la nostra libertà e l’essere nella volontà di Dio, diventa serenità per il giorno in cui Dio verrà a riportarci a casa, la sua, fatta di pace e di luce fuori di ogni turbamento. 
Carissimi!
Nel pregare con voi per ringraziare Dio, nel pregare con voi per invocare la Sua misericordia su tutti e nel pregare con voi per un anno da vivere secondo la volontà di Dio, dobbiamo  ricordare che ci è data la vita e il tempo per il bene, solo se faremo questo, il bene, il “Te Deum” sarà vero canto di credenti veri.
Amen!
 
(Il testo dell’ omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’ autore ).
 
31/12/2008  S.E. Rev.ma Mons. EDOARDO MENICHELLI 

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