buona notte

dal sito:
http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&ordo=&localTime=01/27/2009#
Beato Guerrico d’Igny (circa 1080-1157), abate cistercense
Discorso per la Natività della Beata Vergine Maria, § 3-4 ; SC 202, 491
« Ecco mia madre e i miei fratelli »
Il Vangelo ci mostra il volto più bello di Cristo, cioè la sua vita e l’insegnamento che ha dato con la sua parola e con il suo esempio. Conoscere Cristo sotto questa forma costituisce, nella vita presente, la devozione dei cristiani… Per questo Paolo, sapendo che «la carne non giova a nulla senza lo Spirito che dà la vita» (Gv 6,63), non vuole più conoscere Cristo secondo la carne (2 Cor 5,16) per rivolgersi completamente verso colui che è lo Spirito datore di vita (1 Cor 15,45);
Ora, Maria sembra condividere questo sentimento quando, desiderando fare entrare nel cuore di tutti il Diletto nato dal suo seno, l’Amato dei suoi desideri, lo descrive non secondo la carne, ma secondo lo Spirito. Anche lei sembra dire, con Paolo: «Anche se ho conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosco più così» (2 Cor 5,16). Desidera infatti anche lei, formare il suo Figlio unico in tutti i suoi figli adottivi. Per cui, pur essendo già stati generati dalla parola di verità (Gc 1,18), Maria non smette per questo di darli alla luce ogni giorno, grazie ai desideri e alla sollecitudine della sua tenerezza materna, finché arrivino «allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità» di suo Figlio (Ef 4,13), che lei ha una volta per tutte partorito e messo al mondo….
Per cui ci fa l’elogio del frutto del suo seno con queste parole: «Io sono la madre del puro amore, del timore, della conoscenza e della degna speranza» (Sir 24,24 volg.). – È forse questi, tuo figlio, o Vergine delle vergini? È forse lui, il tuo Diletto, o «tu la più bella fra le donne» (Ct 5,9)? « Certo, questi è il mio Diletto; e questi è il mio figlio, o figlie di Gerusalemme (vs.16). In lui, mio Diletto, è il puro amore, e in chi è nato da lui, il mio Diletto, è il puro amore, il timore, la speranza e la conoscenza».
dal sito:
http://www.zenit.org/article-16962?l=italian
Il Papa ai Vescovi caldei dell’Iraq: perseverate con coraggio
Riceve due ricordi di monsignor Rahho e padre Ganni, entrambi assassinati
di Inma Álvarez
CITTA’ DEL VATICANO, lunedì 26 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha ricevuto sabato scorso in Vaticano i Vescovi della Chiesa caldea, guidati dal Patriarca Emmanuel III Delly, e li ha esortati a “continuare a dare una coraggiosa testimonianza” tra le difficoltà, soprattutto in Iraq.
In un lungo discorso, il Pontefice ha voluto ricordare in modo particolare i cristiani iracheni che subiscono la persecuzione: “Provo ammirazione per il loro coraggio e la loro perseveranza di fronte alle prove e alle minacce di cui sono oggetto”, ha affermato.
Il Papa si è poi mostrato emozionato per aver ricevuto dai Vescovi una cappa pluviale e una stola appartenenti all’Arcivescovo di Mosul, monsignor Paulos Faraj Rahho, e a padre Ragheed Aziz Ganni, assassinati alcuni mesi fa.
Per Benedetto XVI, la testimonianza che i cristiani iracheni stanno dando al Vangelo “è un segno eloquente della vivacità della loro fede e della forza della loro speranza”.
Allo stesso modo, li ha incoraggiati a perseverare “con coraggio e speranza” nonostante le persecuzioni. “La preghiera e l’aiuto dei vostri fratelli nella fede e di numerosi uomini di buona volontà in tutto il modo vi accompagnano perché il volto amorevole di Dio possa continuare a brillare sul popolo iracheno che sopporta tante sofferenze”.
“Agli occhi dei credenti, questi, uniti a Cristo, diventano elementi di unione e speranza. Il sangue dei martiri di questa terra è poi un’intercessione eloquente di fronte a Dio”, ha aggiunto.
In questi momenti difficili, soprattutto per la Chiesa caldea che è maggioritaria nel Paese, il Papa ha chiesto ai cristiani in primo luogo di dare una testimonianza di unità tra loro e di rimanere saldi perché la presenza cristiana rimanga nel Paese, in secondo luogo di praticare la carità nei confronti dei più bisognosi, senza distinzione di religione o di razza.
“Vi esorto vivamente a sostenere i fedeli perché superino le difficoltà attuali e affermino la loro presenza, facendo appello alle autorità responsabili perché riconoscano i loro diritti umani e civili, esortandoli anche ad amare la terra dei loro antenati, alla quale rimangono profondamente legati”, ha affermato.
Proprio la testimonianza della carità “disinteressata della Chiesa”, ha spiegato, richiederà “l’espressione della solidarietà di tutte le persone di buona volontà” verso i cristiani. Per questo, ha chiesto che il maggior numero possibile di fedeli partecipi allo sviluppo delle opere caritative della Chiesa.
Testimonianza di unità
Il Vescovo di Roma ha anche insistito sull’importanza di testimoniare l’unità tra i cristiani in un Paese in cui la Chiesa è divisa in vari riti e tradizioni, sottolineando il ruolo della Chiesa caldea al momento di promuovere questa unità.
“Soprattutto in Iraq – ha ricordato –, la Chiesa caldea, che è maggioritaria, ha una particolare responsabilità nel promuovere la comunione e l’unità del Corpo mistico di Cristo”.
“In ogni eparchia, le varie strutture pastorali, amministrative ed economiche previste dal diritto sono per voi aiuti preziosi per realizzare efficacemente la comunione all’interno delle vostre comunità e favorire la collaborazione”.
Importante è poi il ruolo del Patriarcato nel rapporto con le altre confessioni cristiane e con la maggioranza musulmana.
“Mantenendo relazioni cordiali con i membri di altre comunità, la Chiesa caldea è chiamata a giocare un ruolo essenziale di moderazione in vista della costruzione di una nuova società in cui ciascuno può vivere in concordia e rispetto reciproci”, ha affermato.
I cristiani, “che vivono in Iraq da sempre, sono cittadini a pieno diritto con i loro diritti e doveri, senza distinzione di religione”, ha detto il Papa ai Vescovi. “Oggi la Chiesa caldea, che ha un posto importante tra le varie componenti dei vostri Paesi, deve portare avanti questa missione al servizio dello sviluppo umano e spirituale”.
Un terzo aspetto dell’unità è riferito ai fedeli della diaspora, che il Papa ha esortato a “stringere i legami con la Chiesa d’origine”, chiedendo poi ai cristiani caldei di altri Paesi di soccorrere i loro fratelli iracheni rifugiati.
“E’ indispensabile che i fedeli mantengano la propria identità culturale e religiosa e che i più giovani scoprano e apprezzino la ricchezza del patrimonio della loro Chiesa patriarcale”, ha osservato.
26 GENNAIO: SS. TIMOTEO E TITO (m)
UFFICIO DELLE LETTURE
Seconda Lettura
Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Om. 2, Panegirico di san Paolo; PG 50, 480-484)
Ho combattuto la buona battaglia
Paolo se ne stava nel carcere come se stesse in cielo e riceveva percosse e ferite più volentieri di coloro che ricevono il palio nelle gare: amava i dolori non meno dei premi, perché stimava gli stessi dolori come fossero ricompense; perciò li chiamava anche una grazia divina. Ma sta’ bene attento in qual senso lo diceva: Certo era un premio essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo (cfr. Fil 1, 23), mentre restare nel corpo era una lotta continua; tuttavia per amore di Cristo rimandava il premio per poter combattere: cosa che giudicava ancor più necessaria.
L’essere separato da Cristo costituiva per lui lotta e dolore, anzi assai più che lotta e dolore. Essere con Cristo era l’unico premio al di sopra di ogni cosa. Paolo per amore di Cristo preferì la prima cosa alla seconda.
Certamente qui qualcuno potrebbe obiettare che Paolo riteneva tutte queste realtà soavi per amore di Cristo. Certo, anch’io ammetto questo, perché quelle cose che per noi sono fonti di tristezza, per lui erano invece fonte di grandissimo piacere. Ma perché io ricordo i pericoli e i travagli? Poiché egli si trovava in grandissima afflizione e per questo diceva: «Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo che io non ne frema?» (2 Cor 11, 29).
Ora, vi prego, non ammiriamo soltanto, ma anche imitiamo questo esempio così magnifico di virtù. Solo così infatti potremo essere partecipi dei suoi trionfi.
Se qualcuno si meraviglia perché abbiamo parlato così, cioè che chiunque avrà i meriti di Paolo avrà anche i medesimi premi, può ascoltare lo stesso Apostolo che dice: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno, e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione» (2 Tm 4, 7-8). Puoi vedere chiaramente come chiama tutti alla partecipazione della medesima gloria.
Ora, poiché viene presentata a tutti la medesima corona di gloria, cerchiamo tutti di diventare degni di quei beni che sono stati promessi.
Non dobbiamo inoltre considerare in lui solamente la grandezza e la sublimità delle virtù e la tempra forte e decisa del suo animo, per la quale ha meritato di arrivare ad una gloria così grande, ma anche la comunanza di natura, per cui egli è come noi in tutto. Così anche le cose assai difficili ci sembreranno facili e leggere e, affaticandoci in questo tempo così breve, porteremo quella corona incorruttibile ed immortale, per grazia e misericordia del Signore nostro Gesù Cristo, a cui appartiene la gloria e la potenza ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
dal sito:
http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&localTime=01/26/2009#
Papa Benedetto XVI
Udienza del 03/05/2006
Santi Timoteo e Tito, successori degli apostoli
La comunità, nata dall’annuncio evangelico, si riconosce convocata dalla parola di coloro che per primi hanno fatto esperienza del Signore e da Lui sono stati inviati. Essa sa di poter contare sulla guida dei Dodici, come anche su quella di coloro che essi via via si associano come successori nel ministero della Parola e nel servizio alla comunione. Di conseguenza, la comunità si sente impegnata a trasmettere ad altri la «lieta notizia» della presenza attuale del Signore e del suo mistero pasquale, operante nello Spirito.
Lo si vede ben evidenziato in alcuni passi dell’epistolario paolino: «Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto» (1 Cor 15,3). E questo è importante. San Paolo, si sa, originariamente chiamato da Cristo con una vocazione personale, è un vero Apostolo e tuttavia anche per lui conta fondamentalmente la fedeltà a quanto ha ricevuto. Egli non voleva «inventare» un nuovo cristianesimo, per così dire, «paolino». Insiste perciò: «Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto». Ha trasmesso il dono iniziale che viene dal Signore ed è la verità che salva. Poi, verso la fine della vita, scrive a Timoteo: «Custodisci il buon deposito con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi» (2 Tm 1,14).
Lo mostra con efficacia anche questa antica testimonianza della fede cristiana, scritta da Tertulliano verso l’anno 200: «(Gli Apostoli) sul principio affermarono la fede in Gesù Cristo e stabilirono Chiese per la Giudea e subito dopo, sparsi per il mondo, annunziarono la medesima dottrina e una medesima fede alle nazioni e quindi fondarono Chiese presso ogni città. Da queste poi le altre Chiese mutuarono la propaggine della loro fede e i semi della dottrina, e continuamente la mutuano per essere appunto Chiese. In questa maniera anche esse sono ritenute apostoliche come discendenza delle Chiese degli apostoli».
dal sito:
MEDITAZIONI
SAN BONAVENTURA DA BAGNOREGIO, Itinerario della mente a Dio, [A cura di Orlando Todisco], edizioni messaggero, Padova, 1985
1 – Beato l’uomo che ha riposto in te il suo sostegno e che dalla valle di làcrime, in cui lo hai posto, ha deciso di ascéndere verso di te (Salmo 83, 6).
Poiché la beatitudine non è che il godimento del Sommo Bene, e il Sommo Bene è sopra di noi, nessuno può giúngere alla beatitudine se non trascende sé stesso, non con il corpo, ma con lo spírito. Ma non possiamo elevarci sopra di noi se non a causa di una virtú superiore. Qualunque siano le disposizioni interiori, queste a nulla vàlgono senza l’aiuto della gràzia divina. Ma questa è concessa solo a coloro che la chiédono con tutto il cuore, con umiltà e devozione, e cioè a coloro che in questa valle di làcrime si rivolgono a Dio con preghiera fervente. È questa il princípio e la sorgente della nostra elevazione. Per questo Dionigi, nella sua Teologia Mística, voléndoci istruire sui rapimenti dell’ànima, premette a ogni cosa la preghiera.
Preghiamo dunque, e diciamo al Signore Dio nostro: Condúcimi, o Signore, nella tua via e io camminerò nella tua verità. Si rallegri il mio cuore nel temere il tuo nome (Salmo 85, 11).
2 – Cosí pregando, siamo illuminati nel conòscere i gradi dell’ascesa a Dio. Infatti, poiché nella concezione del nostro stato attuale la stessa totalità delle cose è scala per salire a Dio, e fra gli ésseri creati, alcuni hanno rapporto a Dio di vestígio, altri di immàgine, alcuni sono corpòrei, altri spirituali, alcuni temporali, altri immortali, e quindi alcuni fuori di noi, altri in noi; perché sia possíbile pervenire alla considerazione del primo princípio, spiritualíssimo, eterno e sopra di noi, è necessario che prima consideriamo gli oggetti corpòrei, temporali e fuori di noi, nei quali è il vestígio e l’orma di Dio, e questo signífica incamminarsi per la via di Dio; è necessàrio poi rientrare in noi stessi, perché la nostra mente è immàgine di Dio, immortale, spirituale e dentro di noi, il che ci conduce alla verità di Dio; infine, occorre elevarci a ciò che è eterno, spiritualíssimo e sopra di noi, apréndoci al primo princípio, il che reca letízia alla conoscenza di Dio e omàggio alla sua maestà.
3 – Questo è dunque il viàggio dei tre giorni nella solitúdine: questa è la tríplice illuminazione di un sol giorno: la prima è come il tramonto, la seconda come il mattino, la terza come il mezzogiorno; a questo allude la tríplice esistenza della cose, cioè nella matéria, nell’intelligenza creata e nell’arte eterna, per cui fu detto: sia fatto, fece, fu fatto (Génesi, 1,3); a questo si riferisce la tríplice sostanza in Cristo: il corpo, l’ànima e la divinità, che è la nostra scala per ascéndere a Dio.
4 – Secondo questa tríplice elevazione, l’ànima ha tre visioni principali. L’una si riferisce alle cose esteriori, e si chiama animalità o sensibilità; l’altra ha per oggetto lo spírito, rivolto in sé e a sé; la terza ha per oggetto la mente, che si eleva spiritualmente sopra di sé. Tre indirizzi che devono disporre l’uomo a elevarsi a Dio, perché l’ami con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta l’ànima, nel che consiste la perfetta fedeltà alla Legge e insieme tutta la sapienza cristiana.
5 – E poiché ciascuna delle predette visioni si dúplica, dal momento che possiamo considerare Dio, alfa e omega, in ciascuno dei suddetti modi come per mezzo di uno spécchio o come dentro a uno spécchio, e ciascun grado può éssere considerato o in sé stesso o in rapporto ad altri, ne consegue che divéntano sei i tre gradi principali dell’ascesa, in corrispondenza ai sei giorni durante i quali Dio creò il mondo e nel séttimo si riposò; e cosí l’uomo, il microcosmo, attraverso i sei gradi delle illuminazioni progressive, viene condotto in maniera ordinata alla quiete della contemplazione. A questa ascesa alludévano i sei gradini per i quali si saliva al trono di Salomone (I Re, 10, 9); sei ali avévano i Serafini che vide Isaia (Isaia, 6, 2); dopo sei giorni Dio chiamò Mosè dalla calígine (Ésodo, 24, 16), e Cristo dopo sei giorni, come attesta Matteo, condusse i discépoli sul monte, ove si trasfigurò davanti ai loro occhi (Matteo, 17, 1 ss.).
6 – In corrispondenza a questi sei gradi di ascesa a Dio, sei sono le potenze dell’ànima, per mezzo delle quali dalle cose inferiori ci eleviamo alle superiori, dalle esterne alle interne, dalle temporali alle eterne, e cioè senso, immaginazione, ragione, intelletto, intelligenza, àpice della mente o sindéresi. Queste potenze, ínsite in noi per dono della natura, deformate dalla colpa, riformate dalla gràzia, devono essere purificate dalla giustízia, esercitate per mezzo della scienza e perfezionate per mezzo della sapienza.
Panda Yawning, Kunming, China
Photograph by Jodi Cobb
A giant panda (Ailuropoda melanoleuca) yawns in its enclosure at the Yuantong Zoo in Kunming, China. Wild pandas live only in remote, mountainous regions in central China. These high forests of bamboo (their primary food) are cool and wet—just as pandas like it.
(Photo shot on assignment for the National Geographic book Journey into China, 1982)
http://photography.nationalgeographic.com/photography/photo-of-the-day
dal sito:
http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&localTime=01/25/2009#
Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein] (1891-1942), carmelitana, martire, compatrona d’Europa
Per la prima professione di sr Myriam di Santa-Teresa
« Essi, lasciando il loro padre sulla barca… lo seguirono »
Chi si lascia guidare come un bambino dalle redini della santa obbedienza, giungerà al Regno di Dio promesso ai «bambini» (Mt 18,4). Questa obbedienza ha condotto Maria, figlia di re, della casa di Davide, alla modesta casetta del povero carpentiere di Nàzaret; ha spinto le due persone più sante del mondo fuori dalle mura protettive del loro umile focolare per gettarli sulle strade, fino alla stalla di Betlemme; l’obbedienza ha deposto il figlio di Dio nella mangiatoia.
In una povertà liberamente scelta, il Salvatore e sua madre hanno percorso le strade della Giudea e della Galilea e hanno vissuto dell’elemosina dei credenti. Nudo e privato di tutto, il Signore è stato sospeso alla croce e ha rimesso la cura di sua madre all’amore del suo discepolo (Gv 19,25s).
Per questo chiede la povertà a coloro che vogliono seguirlo. Il cuore deve essere libero da ogni attaccamento ai beni terreni, non deve preoccuparsene, né esserne dipendente, né desiderarli, se vuole appartenere senza riserve al divino Sposo.
Bible Historiale_conversion of Paul Artwork: Conversion of Saul, The Artist: UNKNOWN; Illustrator of Petrus Comestor’s ‘Bible Historiale’, France, 1372 ;
http://www.artbible.net/2NT/Act0901_Saul_Conversion/index.htm