Parabole du semeur
Sully sermon_parabole du semeur
http://www.artbible.net/3JC/-Mat-13,01_Parable%20The%20sower_Parabole%20Le%20semeur/index.html

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dal sito:
http://www.zenit.org/article-15051?l=italian
Il Papa: la proposta a Maria, offerta di matrimonio da parte di Dio
Esorta i giovani ad essere fedeli come lo è stata la Madonna
SYDNEY, domenica, 20 luglio 2008 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha affermato che la scena dell’Annunciazione è come una proposta di matrimonio di Dio alla quale Maria, a nome del genere umano, ha risposto di sì.
Il Papa lo ha osservato questa domenica nella cerimonia di chiusura della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, prima di recitare l’Angelus con 400.000 persone riunite nell’ippodromo di Randwick a Sydney.
Nella “bella preghiera dell’Angelus”, ha commentato, “rifletteremo su Maria, giovane donna in colloquio con l’angelo che la invita a nome di Dio ad una particolare donazione di se stessa, della propria vita, del proprio futuro di donna e di madre”.
“Possiamo immaginare come dovette sentirsi in quel momento: piena di trepidazione, completamente sopraffatta dalla prospettiva che le era posta dinanzi”.
Il Santo Padre ha ricordato che l’angelo Gabriele comprese il timore di Maria e cercò di rassicurarla, dicendo “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo”.
“Fu lo Spirito a darle la forza e il coraggio di rispondere alla chiamata del Signore. Fu lo Spirito ad aiutarla a comprendere il grande mistero che stava per compiersi per mezzo di lei. Fu lo Spirito che la avvolse con il suo amore e la rese capace di concepire il Figlio di Dio nel suo grembo”.
“Questa scena costituisce forse il momento cardine nella storia del rapporto di Dio con il suo popolo. Nell’Antico Testamento, Dio si era rivelato in modo parziale, in modo graduale, come tutti noi facciamo nei nostri rapporti personali. Ci volle tempo perché il popolo eletto approfondisse il suo rapporto con Dio”.
Corteggiamento
Benedetto XVI ha paragonato la relazione di Dio con l’umanità a un rapporto di coppia.
“L’Alleanza con Israele fu come un periodo di corteggiamento, un lungo fidanzamento”, ha constatato. “Venne quindi il momento definitivo, il momento del matrimonio, la realizzazione di una nuova ed eterna alleanza. In quel momento Maria, davanti al Signore, rappresentava tutta l’umanità. Nel messaggio dell’angelo, era Dio ad avanzare una proposta di matrimonio con l’umanità. E a nome nostro, Maria disse di sì”.
“Nelle fiabe, i racconti terminano qui, e tutti ‘da quel momento vivono contenti e felici’. Nella vita reale non è così facile”, ha continuato. “Molte furono le difficoltà con cui Maria dovette cimentarsi nell’affrontare le conseguenze di quel ‘sì‘ detto al Signore. [...] Attraverso le varie prove ella rimase sempre fedele alla sua promessa, sostenuta dallo Spirito di fortezza. E ne fu ricompensata con la gloria”.
“Cari giovani, anche noi dobbiamo rimanere fedeli al ‘sì‘ con cui abbiamo accolto l’offerta di amicizia da parte del Signore – ha riconosciuto –. Sappiamo che egli non ci abbandonerà mai. Sappiamo che Egli ci sosterrà sempre con i doni dello Spirito”.
“Maria ha accolto la ‘proposta’ del Signore a nome nostro. Ed allora, volgiamoci a lei e chiediamole di guidarci nelle difficoltà per rimanere fedeli a quella relazione vitale che Dio ha stabilito con ciascuno di noi. Maria è il nostro esempio e la nostra ispirazione; Ella intercede per noi presso il suo Figlio, e con amore materno ci protegge dai pericoli”.
dal sito:
http://www.zenit.org/article-15059?l=italian
Il caso Eluana e la dimensione della dipendenza
ROMA, domenica, 20 luglio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito per la rubrica di Bioetica l’intervento di Chiara Mantovani, Presidente dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI) di Ferrara e Presidente di Scienza & Vita di Ferrara.
* * *
Ci sono tanti fraintendimenti nella vicenda che vede coinvolta Eluana Englaro, alcuni di ordine tecnico-medico, altri di natura squisitamente bioetica. Quello che mi sembra decisivo è provare a fare chiarezza per avere elementi oggettivi e razionali sui quali poi provare ad esprimere un giudizio sui fatti, astenendosi dal giudicare le persone. I fatti sono che ad una persona, che vive in condizioni che non richiedono particolari terapie ma per le quali non sono conosciuti rimedi risolutivi, si reputa opportuno togliere i supporti naturalmente vitali. Non è la sua malattia a richiedere idratazione e nutrimento: acqua e cibo sono elementi indispensabili alla vita di ogni vivente. È solo la modalità di assunzione che per lei è differente da quella ordinaria. Ma un sondino direttamente nello stomaco non può essere considerato un presidio eccezionale, sproporzionato all’effetto desiderato o gestibile solo da competenze specialistiche. Non è straordinario né per costo, né per impegno strumentale, né per disagio del soggetto cui si somministra. Non si può ignorare la valenza esemplare di avvenimenti che vengono portati alla ribalta della cronaca: Eluana è icona di una sofferenza molto più comune della sua stessa patologia, quella sofferenza che è banco di prova della condizione umana: la dimensione della dipendenza, la frustrazione di dipendere dagli altri. Se da piccoli questa dipendenza non è pesante da sopportare, anzi, è la condizione naturale, da adulti, dopo aver faticosamente raggiunto il traguardo della maturità, sembra disumano esservi ancora costretti.Modernamente, invece, si è fatto della rivendicazione della propria autosufficienza la misura del senso della propria vita: se “dipendo” dagli altri, non sono più io che vivo, vivono loro al posto mio. È molto comune che il giovane rivendichi la libertà intesa come possibilità di fare e vivere come si reputa opportuno: nell’età in cui un orario imposto di rientro a casa appare come una limitazione insopportabile, una sedia a rotelle può facilmente apparire come intollerabile: figurarsi la dipendenza assoluta di uno stato vegetativo, la impossibilità di progettare il futuro, l’impotenza di comunicare e interagire con il mondo. Non mi nascondo l’angoscia di una tale condizione, non sostengo che sia facile. Ma mi pare che essa interpelli la capacità del “mondo” di sopportare il dolore e la sofferenza e di capire che nulla diminuisce il valore della persona umana, men che meno la debolezza.Per Eluana, e per altri che come lei da soli non ce la fanno, qualcuno pensa che la morte sia meglio della vita. Questo è proprio la caratteristica della eutanasia: la morte più “bella” della vita. In che modo si pensa di procurare questa morte? Qualcuno ha detto: lasciando che la natura faccia il suo corso. Ma la natura presuppone che per mantenere la vita si mangi e si beva e non è andare contro natura provvedere ai bisogni elementari. In questi giorni mi è tornata alla mente una scena di un vecchio film, sulla vita degli eschimesi. Ad una giovane coppia nasce un bel bambino, ne sono felici, sebbene vivano in un mondo freddo e inospitale. Ma già dopo pochi minuti dalla nascita, l’inesperto padre si accorge che il bimbo non ha denti. Si dispera, perché i denti, in quella situazione, sono strumento di sopravvivenza: servono per mangiare, ma anche per lavorare le pelli, per costruire attrezzi, per condurre una vita “normale”. E con grande tristezza comunica alla moglie che dovranno abbandonarlo, quel piccolo, perché è destinato ad una morte lenta e dolorosa. Ma la mamma si dispera, non ci sta. E dice una frase che non si è mai cancellata dalla mia memoria: «Masticherò io per lui, lascia che sua madre lo nutra, lo vesta: i miei denti saranno i suoi denti!». Felicemente, scopriranno da soli che dopo qualche mese il problema sarà naturalmente risolto!Per Eluana la scienza medica non dà prospettive di recupero, solo incertezze. Dice che probabilmente non tornerà mai ad essere autosufficiente, non promette guarigione. Anzi, ammette che ci vorrebbe un “miracolo”, laicamente inteso per indicarne la improbabilità. Allo stesso tempo dice che non sta per morire, che le sue condizioni cliniche generali sono buone, che il suo fisico lotterà per la sopravvivenza. Terry Schiavo ha terribilmente mostrato che cosa sarà necessario somministrarle per non farla soffrire “troppo”: calmanti, antidolorifici, anticonvulsivi e molto altro ancora. Ad Eluana, come a Terry, non si stanno applicando cure inadeguate alla condizione clinica: si dà ciò che si dà ad ogni essere che viene al mondo, quando ancora non è in grado di fare da sé. Neppure un ’aspirina, dicono le suore che ne hanno cura. Ecco, mi pare, il punto decisivo: prendersi cura. E farsi carico di una sofferenza. E riconoscere non un barlume, ma tutta l’umanità connaturata ad ogni persona. Riconoscerla nonostante non salti agli occhi con fragore, ma vada cercata con amore. Non vediamo mai foto recenti di Eluana: non me ne rammarico, perché il riserbo è segno di rispetto e perché il nostro mondo è talmente ammalato di sensazionalismo da dimenticare spesso il pudore. Eppure, anche senza vederla, sono intimamente convinta che il suo papà e la sua mamma la trovano sempre bella, perché è davvero così: di nessuno che si ama si può dire che è brutto. Mi chiedo perché uno o più giudici non abbiano riconosciuto, nella richiesta dell’ingegner Englaro, la valenza comune ad ogni grido di dolore: ditemi quanto vale, per voi, la vita di mia figlia. Datemi strumenti per capire, per sopportare, per essere aiutato a portare il peso; non scappatoie per liberarsi di un problema.C’è un pericolo concreto di perdita del senso del reale, in una società in cui i deboli possono essere cancellati dalle sentenze; né si invochi il testamento biologico, pretesto fin troppo manovrabile, addirittura beffardo, per imporre scelte ben poco consapevoli. Perché non è il diritto di scelta sulla vita la misura alta di una civiltà: è, piuttosto, il coraggio di farsi carico di ogni dolore, di assumersi la responsabilità degli altri. Se poi la fede cristiana illumina meglio il cammino, non si dica che è ingerenza: si ammetta che è una ragione in più, non una menomazione del giudizio.
I lettori sono invitati a porre domande sui differenti temi di bioetica scrivendo all’indirizzo:
bioetica@zenit.org
I diversi esperti che collaborano con ZENIT provvederanno a rispondere ai temi che verranno sollevati. Si prega di indicare il nome, le iniziali del cognome e la città di provenienza]
dal sito:
http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&ordo=&localTime=07/20/2008#
San Macario ( ? – 405), monaco in Egitto
Omelie spirituali, n° 51
« Un nemico ha fatto questo »
Scrivo a voi fratelli carissimi, perché sappiate che dal giorno in cui Adamo è stato creato fino alla fine del mondo, il Maligno farà la guerra ai santi senza darsi riposo (Ap 13,7)… Eppure sono pochi coloro che si accorgono che il devastatore delle anime coabita con loro nel loro corpo, vicinissimo all’animo. Sono nella tribolazione e non c’è nessuno sulla terra che possa confortarli. Per questo guardano verso il cielo e vi ripongono la loro attesa, per riceverne qualcosa nel loro cuore. E con questa forza, e grazie a questa armatura dello Spirito (Ef 6,13), vinceranno. Dal cielo infatti ricevono una forza, che rimane nascosta agli occhi della carne. Finché ricercheranno Dio con tutto il cuore, la forza di Dio verrà segretamente in loro aiuto ad ogni momento… Proprio perché toccano con mano la loro debolezza perché sono incapaci di vincere, sollecitano ardentemente le armi di Dio, e così rivestiti dell’armatura dello Spirito per il combattimento (Ef 6,13), vincono…
Sappiate dunque, fratelli carissimi, che in tutti coloro che hanno preparato la loro anima a diventare una buona terra per il seme celeste, il nemico si affretta a seminare la sua zizzania… Sappiate anche che coloro che non cercano il Signore con tutto il cuore non sono tentati da Satana in modo così evidente; ma piuttosto di nascosto con l’astuzia costui prova… di allontanarli da Dio.
Ora, fratelli, fatevi coraggio e non temete. Non lasciatevi spaventare dalle immaginazioni suscitate dal nemico. Nella preghiera non abbandonatevi a un’agitazione confusa, moltiplicando grida inopportune, ma accogliete la grazia del Signore nella contrizione e nel pentimento… fatevi coraggio, confortatevi, state saldi, preoccupatevi delle vostre anime, perseverate con zelo nella preghiera… Tutti infatti coloro che cercano Dio in verità riceveranno una forza divina nella loro anima, e ricevendo l’unzione celeste sentiranno nel loro cuore il sapore e la dolcezza del mondo futuro. La pace del Signore, che è stata con tutti i santi padri e li ha custoditi da ogni tentazione rimanga anche con voi.
dal sito:
http://www.zenit.org/article-15035?l=italian
Immagini della Sindone riprodotte con un laser ad altissima frequenza
Un esperimento dell’ENEA di Frascati, diretto dal dr. Giuseppe Baldacchini
di Paolo Centofanti
ROMA, venerdì, 18 luglio 2008 (ZENIT.org).- Un gruppo di ricercatori dell’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) di Frascati, diretti dal dr. Giuseppe Baldacchini, è riuscito a realizzare immagini con caratteristiche strutturali (ovvero una « bruciatura » esterna delle fibrille superficiali del tessuto) molto simili a quelle dell’immagine della Sindone.
L’esperimento, che è stato pubblicato da Applied Optics (Vol. 47, Issue 9, pp. 1278-1285) e sarà presentato ufficialmente ad agosto negli Stati Uniti, è stato possibile utilizzando un laser ad altissima frequenza, e specifiche condizioni di potenza e durata di emissione. Con altri parametri, o utilizzando differenti metodologie, non sarebbe possibile replicarlo.Alcune immagini sono disponibili sul sito di
SRM.
ZENIT ha intervistato il dr. Baldacchini sull’esperimento e le sue caratteristiche, e sulla sua esperienza di scienziato e credente.
Può raccontarci come è stato realizzato l’esperimento, e con quali obiettivi?
Dr. Baldacchini: E’ accaduto tutto circa 3 anni fa. Premetto che sono una persona che conosce la Sindone come la conoscono mediamente tutti gli italiani. Cioè ne sentivo parlare in televisione, leggevo gli articoli sui giornali, ma non è che la conoscessi approfonditamente.
Una sera mentre ero a casa e stavo leggendo un libro, stavano trasmettendo proprio un programma sulla Sindone; si parlava del problema dell’immagine sindonica, e ne fecero vedere le immagini. In quel momento mi venne in mente un collegamento con qualcosa che era accaduto nei laboratori dove io lavoro, qualche anno prima.
Quindi il giorno dopo sono tornato e sono andato alla ricerca di questo vecchio materiale. E ho scoperto che in uno dei laboratori sotto la mia direzione, avevano tempo prima irraggiato delle stoffe, stoffe generiche, per la cosiddetta nobilitazione dei tessuti, con radiazione ultravioletta. E andando a scartabellare tra le prove fatte, mi era sembrato di aver visto qualcosa che somigliasse alla Sindone.
Quindi ho chiamato subito i miei collaboratori, e ho detto loro che secondo me valeva la pena fare delle prove su dei tessuti di lino, per vedere se questa radiazione particolare che usavamo a Frascati, potesse essere utile per creare immagini simili alla Sindone. Ecco come è nata l’idea: semplicemente.
Da lì abbiamo cominciato a lavorare, in collaborazione con il prof. Giulio Fanti, che è un sindonologo, che studia la Sindone da molti anni, mentre noi non ne conoscevamo i particolari; e questo ci ha portato con il tempo ai risultati che lei ha visto.
Quali sono state le condizioni per creare queste immagini?
Dr. Baldacchini: Prima di tutto devo dire che creare delle immagini su lino è stato molto difficile, molto più difficile di quello che pensavamo. E ci siamo accorti che le immagini si possono creare solamente a due condizioni: prima, che la radiazione elettromagnetica che si invia contro il lino avvenga in un tempo più breve di cento nanosecondi (un nanosecondo è un miliardesimo di secondo). Se lei usa impulsi più lunghi, la stoffa si brucia, o non succede nulla, a seconda della potenza. Questa è la prima condizione.
La seconda condizione è che la potenza sia molto elevata. E’ necessario superare il milione di watt per centimetro quadrato come densità di potenza. E se si usa una potenza inferiore non succede nulla. Quindi avevamo individuato un processo a soglia.
Poi dopo ci siamo accorti che quando la intensità non è elevatissima, ma non troppo bassa, accade che l’immagine compare dopo moltissimo tempo, cioè dopo circa un anno; però con un sistema di riscaldamento classico, l’immagine appare anche subito. Quindi vuol dire che il tessuto è stato impresso in qualche modo a livello molecolare, e che questa impressione si rende visibile con una eccitazione termica.
Anche nel vostro caso, quindi, sono solamente le fibre superficiali ad essere « colorate »?
Dr. Baldacchini: Questo è l’altro aspetto molto importante, che dipende dalla radiazione ultravioletta. Se lei usa una radiazione nel visibile, non funziona perché la radiazione visibile penetra dappertutto, mentre invece la radiazione ultravioletta si ferma sulla superficie.Su questo punto stiamo ancora indagando, perché noi abbiamo usato la lunghezza d’onda di 308 nanometri, che è già nell’ultravioletto, quindi non viene vista dall’occhio, ma pensiamo che andando più in basso con la lunghezza d’onda, sui 200/250 nanometri, si otterranno dei risultati ancora più superficiali, quindi ancora più simili a quelli della Sindone.
Preciso che non abbiamo realizzato delle immagini della Sindone; abbiamo solamente « colorato » i tessuti e abbiamo osservato microscopicamente i tessuti, se fossero o no analoghi a quelli della Sindone.
Il fascicolo del 20 marzo 2008 di Applied Optics
, con i nostri risultati, riporta proprio nel frontespizio la fotografia di una delle fibrille colorate nell’esperimento. E’ una ricerca che a noi ha divertito e interessato moltissimo. Anche se, devo dire, all’inizio è stata molto più complessa di quanto le stavo raccontando. Non per nulla, a Los Alamos molti anni fa questi esperimenti erano gi
à stati realizzati, ma senza ottenere nulla. Ricerche realizzate con tutte le sorgenti di radiazioni elettromagnetiche, ma forse fatte in una maniera non troppo approfondita, per cui non è venuto fuori nessun risultato, eccetto che o bruciavano la tela, o non succedeva nulla.
Per quanto ne sappiamo, il nostro è il primo caso, e anche per questo lo presenteremo ad una conferenza che si terrà ad agosto negli Stati Uniti.
Vorrei porle una domanda personale: lei è credente?
Dr. Baldacchini: Io sono un credente, però queste misure le faccio come uno scienziato. Mi sono completamente sdoppiato perché quello che penso come credente non deve assolutamente entrare nell’analisi di un fenomeno, perché si farebbe troppa confusione.
Come vive il suo essere scienziato e credente? Le crea a volte difficoltà?
Dr. Baldacchini: Personalmente non ho assolutamente nessuna difficoltà, posso dire che dormo sonni tranquillissimi. In realtà non ci sono contrasti tra scienza e fede, perché si muovono su due piani completamente diversi. Mi dispiace che storicamente sia accaduto che si siano scontrate, però se lei va a vedere, nel corso della storia, sono accadute delle cose molto diverse, in epoche diverse.
Senza arrivare a 2000 anni fa, si sa che la scienza è nata nella Chiesa…
Dr. Baldacchini: Le prime università sono state fondate dalla Chiesa, in Europa, durante il Medioevo. E specialmente la fisica venne subito ammessa nel corso di studi, perché, si diceva, aiutava il credente a capire come il mondo era fatto. E questo l’ha detto San Tommaso d’Aquino, che era uno degli insegnanti all’Università di Parigi.
I primi scienziati che adottarono il metodo sperimentale moderno, sono nati proprio all’interno di queste istituzioni cattoliche; poi vi sono stati dei grandi equivoci, come nel caso Galileo.