« Qualunque cosa chiederete nel nome mio la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio »
dal sito:
http://www.levangileauquotidien.org/www/main.php?language=FR&localTime=04/19/2008#
[Origène (v.185-253), prêtre et théologien
La Prière, 31 (trad. DDB 1977, p. 117)]
(manca il titolo nella versione italiana)
La Preghiera, 31
« Qualunque cosa chiederete nel nome mio la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio »
A mio avviso, chi si appresta a pregare, se per un po’ di tempo si impegnerà a raccogliersi internamente si renderà più pronto e attento in tutto lo svolgimento della preghiera. Del pari avverrà se scaccerà tutto quanto può distrarla e turbare i suoi pensieri; se si ricorderà per quanto gli è possibile della maestà di Colui al quale accede; se rifletterà che è vera empietà avvicinarsi a lui con disattenzione e svogliatezza, quasi con atteggiamento sprezzante; se allontanerà tutti gli elementi estranei.
Verrà così alla preghiera, tendendo per così dire l’anima prima delle mani, elevando a Dio lo spirito prima degli occhi; se prima di erigersi in piedi solleverà dalla terra la parte superiore del suo spirito e si presenterà davanti al Signore dell’universo; se rimuoverà da sé ogni mala ricorda che potrebbe avere di ingiustizie inferte a suo danno, come egli stesso desidera che Dio non si ricordi delle sue male azioni e dei peccati, commessi contro molti dei suoi prossimi, o ancora di tutti i falli di cui ha coscienza d’essere incorso contro la retta ragione.
Non si può mettere in dubbio che, per quanta numerose possano essere le posizioni del corpo, a tutte sono da preferire quella consistente nell’elevare le mani e nel rivolgere in alto gli occhi; giacché in tal modo il corpo reca nella preghiera l’immagine delle qualità che convengono all’anima nell’orazione. Diciamo che ciò bisogna mettere in atto a meno che alcune circostanze non lo impediscano. Effettivamente in talune contingenze è consentito qualche volta pregare convenientemente stando seduti… oppure stando a letto… Conviene sapere che quando uno sta per accusarsi davanti a Dio dei propri peccati, supplicandolo che glieli rimetta, è necessaria anche la genuflessione. Trova questa la sua figura in Paolo che si umilia e si sottomette, dicendo: «Perciò io piego le ginocchia davanti al Padre, da cui deriva ogni paternità in cielo e in terra» (Ef 3,14-15). La genuflessione spirituale, così detta perché tutti gli esseri si sottomettono a Dia nel nome di Gesù e si umiliano davanti a lui, mi sembra che l’apostolo Paolo la significhi con quella espressione: «Affinché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, sulla terra e negli abissi» (Fil 2,10).
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