Archive pour le 2 avril, 2008

buona notte

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Antirrhinum majus

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« Dio separò la luce dalle tenebre » (Gen 1,4)

dal sito: 

http://levangileauquotidien.org/

Giacomo di Saroug (circa 449-521), monaco e vescovo siriano
Hexameron ; Omelie per il primo e per il secondo giorno

« Dio separò la luce dalle tenebre » (Gen 1,4)

Mentre gli angeli, nello stupore, non osevano chiedere nulla, l’ordine di Dio si fece sentire: « Sia la luce!  » (Gen 1,3). E la luce cacciò le tenebre… Fu la domenica, il primo dei giorni, il primogenito tra i suoi fratelli, il giorno portatore di misteri e di simboli. Dio aveva creato due gemelli che non si assomigliavano in nulla: la notte tutta oscura e il giorno chiarissimo. La notte era la sorella maggiore, ma il giorno la cacciò e prese il suo posto.
Questo primo giorno, questo fondamento della creazione, non è trascorso di ora in ora; la luce non è sorta all’Oriente, per tramontare all’Occidente… Non ha subito nessun cambiamento, ma fu, secondo quello che sta scritto: « E la luce fu ». Così un giorno è nato, formato di notte e di luce; la sera e il mattino si sono susseguiti… Allora Dio tolse il primo giorno e chiamò il secondo. Ha posto le sere e i mattini sui gangheri affinché giri il grande portico che, ogni giorno, si apre e si chiude.

La cena del Signore

La cena del Signore dans immagini sacre

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Albert Cardinal Vanhoye: Dio cerca la comunione con l’uomo

dal sito:

http://www.cardinalrating.com/cardinal_217__article_6653.htm

Albert Cardinal Vanhoye  Dio cerca la comunione con l’uomo 

Feb 12, 2008 

Nelle meditazioni quaresimali al Papa e alla Curia di lunedì mattina

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 11 febbraio 2008 (ZENIT.org).- La gloria di Cristo sta nell’aver amato sino alla fine, ristabilendo la comunione tra l’uomo e il Dio, ha detto questo lunedì il Cardinale Albert Vanhoye negli esercizi spirituali al Papa e alla Curia.
E’ questo quanto ha affermato il porporato gesuita, già Segretario della Pontificia Commissione Biblica, nelle riflessioni in vista della Quaresima che ruoteranno attorno al tema “Accogliamo Cristo nostro Sommo Sacerdote”, ispirato alla Lettera agli Ebrei.

Stamani, nella Cappella “Redemptoris Mater” del Palazzo Apostolico, il Cardinale ha tenuto due meditazioni sui temi “Dio ci ha parlato nel suo Figlio” e “Cristo è Figlio di Dio e fratello nostro”.

Il Dio della Bibbia non è un Dio muto – ha sottolineato all’inizio il Cardinale Vanhoye, secondo quanto riportato nella sintesi della “Radio Vaticana” –, è un Dio che parla agli uomini per entrare in comunicazione, in comunione con loro.

Il nostro Dio – ha proseguito –, vuole stabilire e approfondire dei rapporti personali con noi. Una volontà di comunicazione che risulta in modo eloquente quando il Signore parla a Mosé nel roveto ardente.

“E’ molto interessante vedere in che modo Dio si autodefinisce – ha continuato –. Dice a Mosé: ‘Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe’. Dio non si autodefinisce con la sua onnipotenza, né con la sua onniscienza, ma si definisce con relazioni personali con alcuni uomini privi di importanza”.

Dio, ha sottolineato il porporato, avrebbe avuto tanti motivi per non parlare più al suo popolo, che gli era stato infedele, ma invece cerca questa relazione.

Anche Gesù, ha aggiunto, quando parla alla Samaritana compie un gesto straordinario, vista l’inimicizia tra giudei e samaritani, ma perché questa è la volontà di Dio, una volontà di comunicazione.

L’autore della Lettera agli Ebrei, ha detto il Cardinale Vanhoye, ci mostra due periodi nella comunicazione della Parola di Dio e due specie di mediatori: nel primo, Dio ha parlato per mezzo dei profeti; mentre nel secondo periodo, quello escatologico, c’è l’intervento decisivo di Dio per mezzo del Suo Figlio, il mediatore perfetto.

Nelle meditazioni di lunedì mattina, il Cardinale Vanhoye si è soffermato sui due aspetti del nome di Cristo, presentati dalla Lettera agli Ebrei: Egli è Figlio di Dio, ma anche nostro Fratello, perché prende la forma umile della esistenza umana.

“Noi abbiamo più che un avvocato, ma un fratello che intercede presso Dio – ha spiegato il porporato – ; un fratello che ha promesso di annunciarci, dopo la sua glorificazione, il nome del Padre e che adesso lo annuncia. Un fratello che non si dimentica di noi nella sua gloria, perché la sua gloria è proprio il frutto stesso della sua solidarietà con noi”.

Il Figlio, ha ribadito, viene definito per mezzo della sua relazione con il Padre. E’ dunque ben superiore agli angeli che pure sono mediatori tra noi e Dio.

Il Cardinale Vanhoye ha quindi rivolto il pensiero al mistero pasquale: “La gloria di Cristo non è la gloria di un essere ambizioso o soddisfatto delle proprie imprese, né la gloria di un guerriero che abbia sconfitto i nemici con la forza delle armi, ma è la gloria dell’amore, la gloria dell’aver amato sino alla fine, di aver ristabilito la comunione tra noi peccatori e suo Padre”.

Cristo è con il Padre, Signore del cielo e della terra – ha concluso – . Cristo glorificato ha il potere di porre fine alla vecchia creazione, perché ha inaugurato la nuova creazione per mezzo della Sua Risurrezione.

Iniziati domenica pomeriggio alle ore 18, gli esercizi spirituali si concluderanno sabato prossimo 16 febbraio. In questi giorni, sono sospese tutte le udienze pontificie, compresa quella generale di mercoledì 13 febbraio.

Publié dans:dalla Chiesa |on 2 avril, 2008 |Pas de commentaires »

di Sandro Magister : Per il Vaticano re Abdullah pesa più di 138 dotti musulmani

dal sito: 

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/195781

Per il Vaticano re Abdullah pesa più di 138 dotti musulmani

Lo fa capire « L’Osservatore Romano », che dialoga con il sovrano saudita proprio mentre infuriano le critiche al papa per aver battezzato un celebre convertito dall’islam. La replica di Pietro De Marco ad Aref Ali Nayed

di Sandro Magister 

ROMA, 31 marzo 2008 – Alle accuse che hanno colpito Benedetto XVI per aver battezzato nella veglia di Pasqua il convertito dall’islam Magdi Cristiano Allam – di cui www.chiesa ha riferito in un servizio di tre giorni fa – la Santa Sede ha risposto in due modi, diretto e indiretto.

In modo diretto la Santa Sede ha espresso il suo punto di vista su « L’Osservatore Romano » del 25-26 marzo con una nota del suo direttore Giovanni Maria Vian. E poi con una dichiarazione alla Radio Vaticana, il 27 marzo, del suo direttore padre Federico Lombardi.

Ma ancor più interessanti sono i modi indiretti con cui la Santa Sede, all’incirca negli stessi giorni, ha ribattuto alle critiche.

La palestra di queste risposte indirette è stata di nuovo « L’Osservatore Romano ».

Giovedì 27 marzo il giornale del papa ha dedicato un ampio servizio alla figura di Ramon Lull – noto in Italia come Raimondo Lullo – vissuto tra i secoli XIII e XIV, francescano, grande conoscitore della lingua e della letteratura araba, ardente promotore di una predicazione missionaria mirata a convertire e battezzare le popolazioni musulmane nei paesi mediterranei dominati dall’islam.

Il titolo dell’articolo – firmato da una specialista del tema, Sara Muzzi – era di per sé eloquente: « Raimondo Lullo e il dialogo tra le religioni. Se ti mostro la verità finirai con l’abbracciarla ».

In effetti, come risulta anche dai suoi libri, Lullo si battè per promuovere una predicazione missionaria pacifica, tutta fondata sulla conoscenza delle due fedi, sulla forza del convincimento e sull’argomentazione razionale della verità.

Due giorni dopo, sabato 29 marzo, « L’Osservatore Romano » ha dedicato due servizi a due momenti di dialogo tra la Chiesa cattolica e l’islam, mostrando come tale dialogo registri promettenti sviluppi proprio nei giorni delle polemiche contro il battesimo di Allam amministrato dal papa.

Il primo segno promettente evidenziato riguarda l’Indonesia, il più popoloso paese musulmano del mondo. L’8 e il 9 marzo si è tenuto a Yogyakarta un incontro tra rappresentanti cristiani e musulmani, con la presenza di buddisti e induisti, su come le religioni possono collaborare nel rispondere alle sfide portate dalla globalizzazione. Inoltre, nei giorni di Pasqua, nella capitale Jakarta trentacinque autorevoli ulema di altrettante scuole islamiche hanno lanciato un appello perché l’istruzione data ai giovani musulmani sia svolta in forma corretta e rispettosa, libera da qualsiasi giustificazione della violenza. Titolo del servizio: « In Indonesia prove di dialogo tra cristiani e musulmani »

Ma con ancor più evidenza « L’Osservatore Romano » ha dato notizia, nella stessa pagina, di alcuni fatti recenti dell’Arabia Saudita, sotto il titolo: « Il re saudita per un incontro ‘con i fratelli di fede’. Abdullah, davanti alla crisi dei valori etici, apre al diaìogo con cristiani ed ebrei ».

In apertura del servizio il giornale vaticano ha riportato queste parole di Abdullah:

« C’è un pensiero che mi ossessiona da due anni. Il mondo soffre e questa crisi ha causato uno squilibrio della religione, dell’etica e dell’umanità intera. [...] Abbiamo perso la fede nella religione e il rispetto per l’umanità. La disintegrazione della famiglia e l’ateismo diffuso nel mondo sono fenomeni spaventosi con cui tutte le religioni devono fare i conti e che devono sconfiggere. [...] Per questo ho pensato di invitare le autorità religiose a esprimere un parere su ciò che accade nel mondo e, se Dio vuole, cominceremo a organizzare incontri con i fratelli appartenenti alle religioni monoteistiche, tra rappresentanti dei credenti del Corano, del Vangelo e della Bibbia ».

Il giornale vaticano ha aggiunto che la proposta di re Abdullah ha avuto il consenso dei principali dotti musulmani del regno.

Ma i rilievi più interessanti che « L’Osservatore Romano » ha aggiunto sono questi altri due.

Il primo riguarda la data della dichiarazione fatta da Abdullah: il 24 marzo, cioè per i cristiani il lunedì di Pasqua.

Come dire: proprio mentre esplodevano le accuse contro Benedetto XVI per il battesimo di Allam, il re saudita non solo ha ignorato tali accuse, ma si è pronunciato con accenti diametralmente opposti.

Il secondo rilievo fatto dal giornale del papa è testualmente il seguente:

« Dialogo interculturale e interreligioso; collaborazione tra cristiani, musulmani ed ebrei per la promozione della pace. Sono gli stessi temi che, il 6 novembre 2007, sono stati al centro del colloquio in Vaticano tra Benedetto XVI e Abdullah, ricevuto in udienza con il seguito. Nel corso dello storico incontro – è stata la prima visita di un sovrano saudita al papa – si è fatto anche riferimento alla positiva presenza nel paese della comunità cristiana (che rappresenta circa il 3 per cento di una popolazione quasi totalmente di religione musulmana). Giorni fa il governo di Riyadh ha deciso di avviare corsi di aggiornamento per quarantamila imam, nel tentativo di favorire un’interpretazione più moderata dell’islam e scoraggiare gli estremisti ».

Chi ha orecchi per intendere intenda. A giudizio della Chiesa di Roma il dialogo con l’islam non si riduce soltanto al seguito della lettera dei 138 – un cui esponente di punta, Aref Ali Nayed, ha rivolto accuse durissime al papa per aver battezzato Allam – ma si sviluppa su più terreni, alcuni dei quali ritenuti più promettenti.

Quanto a Benedetto XVI, è sempre più evidente che sia la sua lezione di Ratisbona, sia la sua decisione di battezzare un convertito dall’islam nella notte di Pasqua in San Pietro, non sono gesti di rottura ma, al contrario, sono proprio ciò che rende intelligibile e inequivoca – ai musulmani come ai cristiani – la sua volontà di dialogo, espressa ad esempio nella preghiera silenziosa nella Moschea Blu di Istanbul e nella calorosa udienza al re d’Arabia Saudita.

Tornando alle critiche al papa per il battesimo di Allam – sia da parte di cattolici, sia da parte del dotto musulmano Aref Ali Nayed – ecco qui di seguito una replica ragionata agli uni e all’altro, scritta per www.chiesa da Pietro De Marco, professore di sociologia della religione all’Università di Firenze e alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale: 

Doppia risposta. Ai cattolici e ad Aref Ali Nayed

di Pietro De Marco io non posso mettere tutto il discorso, ma molto interessante, come sempre, tutto quello che segue; 

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