30/03/2008, dal sito:
http://www.zenit.org/article-13922?l=italian
Pio XII e l’aborto: la strenua difesa della vita di Papa Pacelli
ROMA, domenica, 30 marzo 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito per la rubrica di Bioetica l’intervento di Leonardo M. Macrobio, della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma.
Introduzione
Lo scorso secolo è stato segnato da grandi massacri. E non ci si può riferire soltanto alle grandi Guerre che hanno attraversato il ‘900 e che, in buona parte, continuano anche nel Terzo Millennio. Il più grande massacro dello scorso secolo, stando alle cifre, è stato quello dell’aborto.
Non dobbiamo, dunque, ritenere che di aborto si parli e si dibatta soltanto da trent’anni a questa parte e anche soltanto una rapida lettura ad alcuni Discorsi pronunciati da Pio XII mostra chiaramente come la questione sia drammaticamente identica a se stessa nonostante il fluire del tempo.
Mi riferirò al volume Discorsi ai medici, edito nel 1959 e purtroppo difficilmente reperibile. Mi auguro che questo sia di stimolo a chi, volendo approfondire la figura di Pio XII, decida di (ri)leggere i suoi interventi.
Cosa sia l’aborto
Non risulta, nei discorsi che stiamo esaminando, una definizione o una descrizione evidentemente tale dell’aborto. Ciò si potrebbe spiegare con il fatto che i destinatari dei discorsi sono infermiere, ostetriche o medici ai quali questo concetto è tristemente noto e chiaro. Ciò nondimeno è possibile rintracciare a più riprese delle indicazioni, tanto che potremmo dire che Pio XII concepisce l’aborto come un’uccisione diretta di un uomo innocente ancora nel grembo della madre.
Le argomentazioni tese a mostrare l’illiceità dell’aborto sono attestate in numerosi passaggi che, sostanzialmente, sono presenti nel discorso alle Congressiste dell’Unione Cattolica Italiana Ostetriche del 29 ottobre 1951 (d’ora in poi le citazioni saranno prese tutte da questo discorso, salvo dove diversamente specificato).
Già abbiamo notato che Pio XII dichiara che solo Dio è signore della vita dell’uomo e che, dunque, questa non è disponibile all’uomo stesso (cfr Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale di Chirurgia, 20 maggio 1948). Ma questa constatazione rischierebbe di suonare troppo « alta » o come un « argomento di autorità » se non fosse possibile mostrarne la ragionevolezza e la concretezza. Ecco, dunque, che il Pontefice articola questa argomentazione a partire da considerazioni di carattere biologico e fenomenologico per poi proseguire con una crescente apertura di orizzonte. Ma procediamo con ordine.
Oltre le dinamiche biologiche
La nascita di un nuovo figlio è frutto della cooperazione di Dio e dei genitori. Ma se è vero che vi sono leggi biologiche che presiedono alla formazione del bambino nel grembo, non è meno vero che vi siano altri ordini di leggi: « Poiché non si tratta qui di pura leggi fisiche, biologiche, alle quali necessariamente obbediscono agenti privi di ragione e forze cieche, ma di leggi, la cui esecuzione e i cui effetti sono affidati alla volontaria, e libera cooperazione dell’uomo ».
È in questo senso, ci pare, che si possa concludere che dopo l’inizio del processo vitale sia dovere dell’uomo rispettarne « religiosamente il progresso; dovere che gli vieta di arrestare l’opera della natura o di impedirne il naturale sviluppo ». Interessante, a nostro avviso, l’utilizzo dell’avverbio « religiosamente », che rimanda ad un oltre che, forse, oggi si è perso, che si fa meramente coincidere con un volere cieco della Chiesa e non con una legge naturale, ossia l’ordine stabilito dal Creatore nella natura della realtà. Ma queste considerazioni ci porterebbero troppo lontani dal nostro discorso attuale, sul quale vogliamo ritornare immediatamente.
Solo Dio è padrone della vita
Con queste premesse, certamente molto ampie, ci è più semplice comprendere il proseguimento dell’enunciazione di Pio XII. Così, infatti, parla alle Ostetriche: « Il Signore ha fatto tutte le altre cose sulla terra per l’uomo; e l’uomo stesso, per ciò che riguarda il suo essere e la sua essenza, è stato creato per Dio, e non per alcuna creatura, sebbene, quanto al suo operare, è obbligato anche verso la comunità. Uomo è il bambino, anche non ancora nato, allo stesso grado e per lo stesso titolo che la madre ».
E, poco dopo: « (…) ogni essere umano, anche il bambino nel seno materno, ha il diritto alla vita immediatamente da Dio ». Dunque la diretta disposizione della vita innocente altrui non è mai lecita, nemmeno quando questo potrebbe essere un mezzo per un fine mobilissimo come salvare la vita della madre. A questo proposito ci interessa riportare qualche passaggio su questo « caso » di morale, convinti che, oltre a fornire maggiore chiarezza su cosa sia e su quali conseguenze morali abbia l’aborto in quanto tale, ci consenta di comprendere meglio il valore altissimo di ogni vita umana. Troviamo un’articolata argomentazione su questo problema in occasione del discorso all’Associazione Famiglie Numerose (26 novembre 1951, d’ora in poi semplicemente 26/11/51): « La vita umana innocente, in qualsiasi condizione si trovi, è sottratta, dal primo istante della sua esistenza, a qualunque diretto attacco volontario » (26/11/51).
« Questo principio vale per la vita del bambino, come per quella della madre. Mai e in nessun caso la Chiesa ha insegnato che la vita del bambino deve essere preferita a quella della madre. (…) né la vita della madre, né quella del bambino, possono essere sottoposte a un atto di diretta soppressione. Per l’una parte e per l’altra, l’esigenza non può essere che una sola: fare ogni sforzo per salvare la vita di ambedue, della madre e del bambino » (26/11/51)
Quest’ultimo passaggio è una citazione dalla Casti Connubii di Pio XI. Incalza ancora il Pontefice: « Ma – si obietta – la vita della madre, principalmente di una madre di numerosa famiglia, è di un pregio incomparabilmente superiore a quella di un bambino non ancora nato. L’applicazione della teoria della bilancia dei valori al caso che ora ci occupa, ha già trovato accoglimento nelle discussioni giuridiche. La risposta a questa tormentosa obiezione non è difficile. L’inviolabilità della vita di un innocente non dipende dal suo maggior o minor valore. Già da oltre dieci anni la Chiesa ha formalmente condannato l’uccisione della vita stimata «senza valore»; e chi conosce i tristi antecedenti che provocarono tale condanna, chi sa ponderare le funeste conseguenze a cui si giungerebbe, se si volesse misurare l’intangibilità della vita innocente secondo il suo valore, ben sa apprezzare i motivi che hanno condotto a quella disposizione » (26/11/51).
E conclude: « Del resto, chi può giudicare con certezza quale delle due vite è in realtà più preziosa? Chi può sapere quale sentiero seguirà quel bambino e a quale altezza di opere e di perfezione essa potrà giungere? Si paragonano qui due grandezze, di una delle quali nulla si conosce » (26/11/51).
La scelta tra madre e bambino, insomma, è una falsa scelta. Ogni forma di giudizio qualitativo su una vita o sull’altra è una forma di eugenismo, al quale il Pontefice non teme di riferirsi in maniera molto esplicita nell’allora recente declinazione nazi-fascista.
In almeno altre due occasioni Pio XII affronta questo dilemma etico, precisamente in occasione del Congresso Internazionale di Chirurgia, che abbiamo già citato, e nel discorso alle Famiglie Numerose. Riportiamo soltanto l’ultimo passo citato: « Noi abbiamo di proposito usato sempre l’espressione attentato diretto alla vita dell’innocente, uccisione diretta. Poiché se, per esempio, la salvezza della vita della futura madre, indipendentemente dal suo stato di gravidanza, richiedesse urgentemente un atto chirurgico, o altra applicazione terapeutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta né intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe più dirsi diretto attentato alla vita innocente. In queste condizioni l’operazione può essere lecita, come altri simili interventi medici, sempre che si tratti di un bene di alto valore, qual è la vita, e non sia possibile di rimandarla dopo la nascita del bambino, né di ricorrere ad altro efficace rimedio » (26/11/51).
I due passi sono in stretta concomitanza e soprattutto quest’ultimo mostra chiaramente come, anche in questo ambito, si applichi il principio generale della possibilità reale che un atto abbia più conseguenze, molte delle quali prevedibili ed almeno alcune delle quali non direttamente volute. Non procediamo oltre in considerazioni che sarebbero tautologiche e rischierebbero di annebbiare la limpidezza cristallina dell’enunciato pontificio: ora ci interessa proseguire nel nostro discorso principale.
Oltre il « Non Occides«
Il perno attorno al quale ruota, a nostro avviso, l’argomentazione di Pio XII contro l’aborto non è tanto il quinto comandamento, quanto l’invito a costruire, promuovere, edificare e rafforzare la vita. Così, infatti, si esprime nel già citato discorso alle Ostetriche: « L’apostolato della vostra professione vi impone il dovere di comunicare anche ad altri la conoscenza, la stima e il rispetto della vita umana (…); di prenderne, al bisogno, arditamente la difesa, e di proteggere, quando è necessario ed è in vostro potere, la indifesa, ancora nascosta vita del bambino, appoggiandovi sulla forza del precetto divino: non occides: non uccidere (Es 20, 13). Tale funzione difensiva si presenta talvolta come la più necessaria ed urgente; tuttavia essa non è la più nobile e la più importante parte della vostra missione; questa infatti non è puramente negativa, ma soprattutto costruttrice, e tende a promuovere, edificare, rafforzare » (29/10/51).
Ma il cammino tracciato dal Pontefice non si arresta nemmeno qui. Gli preme far notare che quanto detto, pur poggiandosi sul linguaggio della fede, non è assolutamente in contrasto con il dato della ragione, ma ne è invece pienamente armonizzato: « Questo perfetto accordo della ragione e della fede vi dà la garanzia che voi siete nella piena verità che potete proseguire con incondizionata sicurezza il vostro apostolato di stima e di amore per la vita nascente » (29/10/51).
E, come a dischiudere un ulteriore orizzonte di riflessione, al termine di queste considerazioni il Pontefice afferma che « se ciò che abbiamo detto finora riguarda la protezione e la cura della vita naturale, a ben più forte ragione deve valere per la vita soprannaturale, che il neonato riceve col battesimo » (29/10/51).
Obiettivo di questo apostolato che fa parte della professione delle Ostetriche è quello di scalzare, fin dove di loro competenza, quella mentalità che, notavamo nelle pagine precedenti, fa vedere il figlio non più come un dono ma come un peso: « (…) spesso il bambino non è desiderato; peggio, è temuto; come potrebbe in tale condizione esistere ancora la prontezza al dovere? Qui il vostro apostolato deve esercitarsi in una maniera effettiva ed efficace (…) » (29/10/51).
Conclusione
Obiettivo di questa riflessione era quello di dare voce a Pio XII su un argomento così delicato ed allo stesso tempo così mediaticamente esposto come l’aborto.
Oltre all’errore storico di considerare Papa Pacelli soltanto in relazione agli avvenimenti della II guerra mondiale, si rischia di cadere oggi in almeno due altri errori. Innanzitutto ritenere che l’aborto sia un problema del nostro tempo. A poco vale il sapere che le più antiche « ricette » abortive abbiano parecchie migliaia di anni: si rischia di considerare l’aborto di oggi come qualcosa di « totalmente diverso » rispetto a quello di duecento anni fa semplicemente perché oggi ci sono maggiori strumenti (tecnici) per operare. Il secondo errore in cui si tende a scivolare è quello di considerare la difesa della vita come una questione di pura fede (al limite della cecità, aggiungerei).
Le parole che ho riportato mostrano, invece, come gli argomenti a favore della vita e contro l’aborto provengano anche da una sana riflessione razionale. E, nello specifico caso di Papa Pacelli, non si può nemmeno invocare un non mai definito « spirito del Vaticano II », non fosse altro che per ragioni cronologiche.