Archive pour le 31 mars, 2008

San Paolo nell’Aereopago ad Atene, questa immagine l’avevo scelta per arrichire, nel mio Blog su San Paolo, il secondo viaggio missionario dell’Apostolo

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sant’Ignazio di Antiochia: La perfetta armonia frutto della concordia

dal sito:

http://www.prayerpreghiera.it/padri/padri.html

 

Dalla « Lettera agli Efesini » di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire


(Capp. 2,2-5,2; Funk 1,175-177)
La perfetta armonia frutto della concordia
 

È vostro dovere rendere gloria in tutto a Gesù Cristo che vi ha glorificati: così, uniti in un’unica obbedienza, sottomessi al vescovo e al collegio dei presbiteri, conseguirete una perfetta santità.
Non vi do ordini, come se fossi un personaggio importante. Sono incatenato per il suo nome, ma non sono ancora perfetto in Gesù Cristo. Appena ora incomincio ad essere suo discepolo e parlo a voi come a miei condiscepoli. Avevo proprio bisogno di essere preparato alla lotta da voi, dalla vostra fede, dalle vostre esortazioni, dalla vostra pazienza e mansuetudine. Ma, poiché la carità non mi permette di tacere con voi, vi ho prevenuti esortandovi a camminare insieme secondo la volontà di Dio. Gesù Cristo, nostra vita inseparabile, opera secondo la volontà del Padre, come i vescovi, costituiti in tutti i luoghi, sino ai confini della terra, agiscono secondo la volontà di Gesù Cristo.
Perciò procurate di operare in perfetta armonia con il volere del vostro vescovo, come già fate. Infatti il vostro venerabile collegio dei presbiteri, degno di Dio, è così armonicamente unito al vescovo, come le corde alla cetra. In tal modo nell’accordo dei vostri sentimenti e nella perfetta armonia del vostro amore fraterno, s’innalzerà un concerto di lodi a Gesù Cristo. Ciascuno di voi si studi di far coro. Nell’armonia della concordia e all’unisono con il tono di Dio per mezzo di Gesù Cristo, ad una voce inneggiate al Padre, ed egli vi ascolterà e riconoscerà, dalle vostre buone opere, membra del Figlio suo. Rimanete in un’unità irreprensibile, per essere sempre partecipi di Dio.
Se io in poco tempo ho contratto con il vostro vescovo una così intima familiarità, che non è umana, ma spirituale, quanto più dovrò stimare felici voi che siete a lui strettamente congiunti come la Chiesa a Gesù Cristo e come Gesù Cristo al Padre nell’armonia di una totale unità! Nessuno s’inganni: chi non è all’interno del santuario, resta privo del pane di Dio. E se la preghiera fatta da due persone insieme ha tanta efficacia, quanto più non ne avrà quella del vescovo e di tutta la Chiesa? 

Benedetto XVI: “Gesù è il Vivente e noi lo possiamo incontrare”

31/03/2008, dal sito:
http://www.zenit.org/article-13924?l=italian

 

Benedetto XVI: “Gesù è il Vivente e noi lo possiamo incontrare” 

Intervento all’Udienza generale del mercoledì 

 

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 31 marzo 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo della catechesi di Benedetto XVI durante l’Udienza generale del 26 marzo scorso, che si è svolta in Piazza San Pietro. 

Nel discorso in lingua italiana il Papa ha incentrato la sua meditazione sul significato della Pasqua.

 

Cari fratelli e sorelle! 

« Et resurrexit tertia die secundum Scripturas – il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture ». Ogni domenica, con il Credo, rinnoviamo la nostra professione di fede nella risurrezione di Cristo, evento sorprendente che costituisce la chiave di volta del cristianesimo. Nella Chiesa tutto si comprende a partire da questo grande mistero, che ha cambiato il corso della storia e che si rende attuale in ogni celebrazione eucaristica. Esiste però un tempo liturgico in cui questa realtà centrale della fede cristiana, nella sua ricchezza dottrinale e inesauribile vitalità, viene proposta ai fedeli in modo più intenso, perché sempre più la riscoprano e più fedelmente la vivano: è il tempo pasquale. Ogni anno, nel « Santissimo Triduo del Cristo crocifisso, morto e risorto », come lo chiama sant’Agostino, la Chiesa ripercorre, in un clima di preghiera e di penitenza, le tappe conclusive della vita terrena di Gesù: la sua condanna a morte, la salita al Calvario portando la croce, il suo sacrificio per la nostra salvezza, la sua deposizione nel sepolcro. Il « terzo giorno », poi, la Chiesa rivive la sua risurrezione: è la Pasqua, passaggio di Gesù dalla morte alla vita, in cui si compiono in pienezza le antiche profezie. Tutta la liturgia del tempo pasquale canta la certezza e la gioia della risurrezione del Cristo. 

Cari fratelli e sorelle, dobbiamo costantemente rinnovare la nostra adesione al Cristo morto e risorto per noi: la sua Pasqua è anche la nostra Pasqua, perché nel Cristo risorto ci è data la certezza della nostra risurrezione. La notizia della sua risurrezione dai morti non invecchia e Gesù è sempre vivo; e vivo è il suo Vangelo. « La fede dei cristiani – osserva sant’Agostino – è la risurrezione di Cristo ». Gli Atti degli Apostoli lo spiegano chiaramente: « Dio ha dato a tutti gli uomini una prova sicura su Gesù risuscitandolo da morte » (17,31). Non era infatti sufficiente la morte per dimostrare che Gesù è veramente il Figlio di Dio, l’atteso Messia. Nel corso della storia quanti hanno consacrato la loro vita a una causa ritenuta giusta e sono morti! E morti sono rimasti. La morte del Signore dimostra l’immenso amore con cui Egli ci ha amati sino a sacrificarsi per noi; ma solo la sua risurrezione è « prova sicura », è certezza che quanto Egli afferma è verità che vale anche per noi, per tutti i tempi. Risuscitandolo, il Padre lo ha glorificato. San Paolo così scrive nella Lettera ai Romani: « Se confesserai con la bocca che Gesù è il Signore e crederai con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti sarai salvo » (10,9). 

E’ importante ribadire questa verità fondamentale della nostra fede, la cui verità storica è ampiamente documentata, anche se oggi, come in passato, non manca chi in modi diversi la pone in dubbio o addirittura la nega. L’affievolirsi della fede nella risurrezione di Gesù rende di conseguenza debole la testimonianza dei credenti. Se infatti viene meno nella Chiesa la fede nella risurrezione, tutto si ferma, tutto si sfalda. Al contrario, l’adesione del cuore e della mente a Cristo morto e risuscitato cambia la vita e illumina l’intera esistenza delle persone e dei popoli. Non è forse la certezza che Cristo è risorto a imprimere coraggio, audacia profetica e perseveranza ai martiri di ogni epoca? Non è l’incontro con Gesù vivo a convertire e ad affascinare tanti uomini e donne, che fin dagli inizi del cristianesimo continuano a lasciare tutto per seguirlo e mettere la propria vita a servizio del Vangelo? « Se Cristo non è risuscitato, diceva l’apostolo Paolo, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la nostra fede » (1 Cor 15, 14). Ma è risuscitato! 

L’annuncio che in questi giorni riascoltiamo costantemente è proprio questo: Gesù è risorto, è il Vivente e noi lo possiamo incontrare. Come lo incontrarono le donne che, al mattino del terzo giorno, il giorno dopo il sabato, si erano recate al sepolcro; come lo incontrarono i discepoli, sorpresi e sconvolti da quanto avevano riferito loro le donne; come lo incontrarono tanti altri testimoni nei giorni che seguirono la sua risurrezione. E, anche dopo la sua Ascensione, Gesù ha continuato a restare presente tra i suoi amici come del resto aveva promesso: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28,20). Il Signore è con noi, con la sua Chiesa, fino alla fine dei tempi. Illuminati dallo Spirito Santo, i membri della Chiesa primitiva hanno incominciato a proclamare l’annuncio pasquale apertamente e senza paura. E quest’annuncio, tramandatosi di generazione in generazione, è giunto sino a noi e risuona ogni anno a Pasqua con potenza sempre nuova. 

Specialmente in quest’Ottava di Pasqua la liturgia ci invita ad incontrare personalmente il Risorto e a riconoscerne l’azione vivificatrice negli eventi della storia e del nostro vivere quotidiano. Oggi mercoledì, ad esempio, ci viene riproposto l’episodio commovente dei due discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35). Dopo la crocifissione di Gesù, immersi nella tristezza e nella delusione, essi facevano ritorno a casa sconsolati. Durante il cammino discorrevano tra loro di ciò che era accaduto in quei giorni a Gerusalemme; fu allora che Gesù si avvicinò, si mise a discorrere con loro e ad ammaestrarli: « Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti… Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? » (Lc 24,25 -26). Cominciando poi da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. L’insegnamento di Cristo – la spiegazione delle profezie – fu per i discepoli di Emmaus come una rivelazione inaspettata, luminosa e confortante. Gesù dava una nuova chiave di lettura della Bibbia e tutto appariva adesso chiaro, orientato proprio verso questo momento. Conquistati dalle parole dello sconosciuto viandante, gli chiesero di fermarsi a cena con loro. Ed Egli accettò e si mise a tavola con loro. Riferisce l’evangelista Luca: « Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro » (Lc 24,29-30). E fu proprio in quel momento che si aprirono gli occhi dei due discepoli e lo riconobbero, « ma lui sparì dallo loro vista » (Lc 24,31). Ed essi, pieni di stupore e di gioia, commentarono: « Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture? » (Lc 24,32). 

In tutto l’anno liturgico, particolarmente nella Settimana Santa e nella Settimana di Pasqua, il Signore è in cammino con noi e ci spiega le Scritture, ci fa capire questo mistero: tutto parla di Lui. E questo dovrebbe far ardere anche i nostri cuori, così che possano aprirsi anche i nostri occhi. Il Signore è con noi, ci mostra la vera via. Come i due discepoli riconobbero Gesù nello spezzare il pane, così oggi, nello spezzare il pane, anche noi riconosciamo la sua presenza. I discepoli di Emmaus lo riconobbero e si ricordarono dei momenti in cui Gesù aveva spezzato il pane. E questo spezzare il pane ci fa pensare proprio alla prima Eucaristia celebrata nel contesto dell’Ultima Cena, dove Gesù spezzò il pane e così anticipò la sua morte e la sua risurrezione, dando se stesso ai discepoli. Gesù spezza il pane anche con noi e per noi, si fa presente con noi nella Santa Eucaristia, ci dona se stesso e apre i nostri cuori. Nella Santa Eucaristia, nell’incontro con la sua Parola, possiamo anche noi incontrare e conoscere Gesù, in questa duplice Mensa della Parola e del Pane e del Vino consacrati. Ogni domenica la comunità rivive così la Pasqua del Signore e raccoglie dal Salvatore il suo testamento di amore e di servizio fraterno. Cari fratelli e sorelle, la gioia di questi giorni renda ancor più salda la nostra fedele adesione a Cristo crocifisso e risorto. Soprattutto, lasciamoci conquistare dal fascino della sua risurrezione. Ci aiuti Maria ad essere messaggeri della luce e della gioia della Pasqua per tanti nostri fratelli. Ancora a tutti voi cordiali auguri di Buona Pasqua. 

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]
  

Rinnovo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Grazie per la vostra gioia di Pasqua. In particolare, saluto i novelli Diaconi della Compagnia di Gesù con i loro Superiori e familiari, ed invoco su ognuno di essi una copiosa effusione di doni celesti, a conferma dei loro generosi propositi di fedeltà a Cristo. Saluto i fedeli della Parrocchia Maria Santissima Assunta e San Liberale in Castelfranco Veneto e quelli della Parrocchia Sacro Cuore di Gesù in Bellizzi. Un affettuoso saluto indirizzo ai fedeli della Parrocchia di Ognissanti, in Roma che ricordano quest’anno il centenario di fondazione della parrocchia, affidata a San Luigi Orione dal mio predecessore San Pio X. Auguro a tutti di essere sempre fedeli testimoni di Cristo e di contribuire a diffondere ovunque la gioia di seguire il suo Vangelo per costruire insieme una società più fraterna. 

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Cari giovani – e specialmente voi, ragazzi e ragazze che siete venuti così numerosi da parrocchie e oratori dell’Arcidiocesi di Milano, siate entusiasti protagonisti nella Chiesa e nella società. Voi, che fate quest’anno la « Professione di fede », impegnatevi a costruire la civiltà dell’amore, fondata su Cristo che è morto e risorto per tutti. Cari malati, la luce della Risurrezione illumini e sostenga la vostra quotidiana sofferenza, rendendola feconda a beneficio dell’intera umanità. E voi, cari sposi novelli, attingere ogni giorno dal Mistero pasquale la forza per un amore sincero ed inesauribile. 

Pio XII e l’aborto: la strenua difesa della vita di Papa Pacelli

30/03/2008, dal sito:

http://www.zenit.org/article-13922?l=italian
 

Pio XII e l’aborto: la strenua difesa della vita di Papa Pacelli 

ROMA, domenica, 30 marzo 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito per la rubrica di Bioetica l’intervento di Leonardo M. Macrobio, della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma.

Introduzione

 Lo scorso secolo è stato segnato da grandi massacri. E non ci si può riferire soltanto alle grandi Guerre che hanno attraversato il ‘900 e che, in buona parte, continuano anche nel Terzo Millennio. Il più grande massacro dello scorso secolo, stando alle cifre, è stato quello dell’aborto.  

Non dobbiamo, dunque, ritenere che di aborto si parli e si dibatta soltanto da trent’anni a questa parte e anche soltanto una rapida lettura ad alcuni Discorsi pronunciati da Pio XII mostra chiaramente come la questione sia drammaticamente identica a se stessa nonostante il fluire del tempo. 

Mi riferirò al volume Discorsi ai medici, edito nel 1959 e purtroppo difficilmente reperibile. Mi auguro che questo sia di stimolo a chi, volendo approfondire la figura di Pio XII, decida di (ri)leggere i suoi interventi.  

Cosa sia l’aborto  

Non risulta, nei discorsi che stiamo esaminando, una definizione o una descrizione evidentemente tale dell’aborto. Ciò si potrebbe spiegare con il fatto che i destinatari dei discorsi sono infermiere, ostetriche o medici ai quali questo concetto è tristemente noto e chiaro. Ciò nondimeno è possibile rintracciare a più riprese delle indicazioni, tanto che potremmo dire che Pio XII concepisce l’aborto come un’uccisione diretta di un uomo innocente ancora nel grembo della madre. 

Le argomentazioni tese a mostrare l’illiceità dell’aborto sono attestate in numerosi passaggi che, sostanzialmente, sono presenti nel discorso alle Congressiste dell’Unione Cattolica Italiana Ostetriche del 29 ottobre 1951 (d’ora in poi le citazioni saranno prese tutte da questo discorso, salvo dove diversamente specificato). 

Già abbiamo notato che Pio XII dichiara che solo Dio è signore della vita dell’uomo e che, dunque, questa non è disponibile all’uomo stesso (cfr Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale di Chirurgia, 20 maggio 1948). Ma questa constatazione rischierebbe di suonare troppo « alta » o come un « argomento di autorità » se non fosse possibile mostrarne la ragionevolezza e la concretezza. Ecco, dunque, che il Pontefice articola questa argomentazione a partire da considerazioni di carattere biologico e fenomenologico per poi proseguire con una crescente apertura di orizzonte. Ma procediamo con ordine.  

Oltre le dinamiche biologiche 

La nascita di un nuovo figlio è frutto della cooperazione di Dio e dei genitori. Ma se è vero che vi sono leggi biologiche che presiedono alla formazione del bambino nel grembo, non è meno vero che vi siano altri ordini di leggi: « Poiché non si tratta qui di pura leggi fisiche, biologiche, alle quali necessariamente obbediscono agenti privi di ragione e forze cieche, ma di leggi, la cui esecuzione e i cui effetti sono affidati alla volontaria, e libera cooperazione dell’uomo ». 

È in questo senso, ci pare, che si possa concludere che dopo l’inizio del processo vitale sia dovere dell’uomo rispettarne « religiosamente il progresso; dovere che gli vieta di arrestare l’opera della natura o di impedirne il naturale sviluppo ». Interessante, a nostro avviso, l’utilizzo dell’avverbio « religiosamente », che rimanda ad un oltre che, forse, oggi si è perso, che si fa meramente coincidere con un volere cieco della Chiesa e non con una legge naturale, ossia l’ordine stabilito dal Creatore nella natura della realtà. Ma queste considerazioni ci porterebbero troppo lontani dal nostro discorso attuale, sul quale vogliamo ritornare immediatamente.  

Solo Dio è padrone della vita 

Con queste premesse, certamente molto ampie, ci è più semplice comprendere il proseguimento dell’enunciazione di Pio XII. Così, infatti, parla alle Ostetriche: « Il Signore ha fatto tutte le altre cose sulla terra per l’uomo; e l’uomo stesso, per ciò che riguarda il suo essere e la sua essenza, è stato creato per Dio, e non per alcuna creatura, sebbene, quanto al suo operare, è obbligato anche verso la comunità. Uomo è il bambino, anche non ancora nato, allo stesso grado e per lo stesso titolo che la madre ». 

E, poco dopo: « (…) ogni essere umano, anche il bambino nel seno materno, ha il diritto alla vita immediatamente da Dio ». Dunque la diretta disposizione della vita innocente altrui non è mai lecita, nemmeno quando questo potrebbe essere un mezzo per un fine mobilissimo come salvare la vita della madre. A questo proposito ci interessa riportare qualche passaggio su questo « caso » di morale, convinti che, oltre a fornire maggiore chiarezza su cosa sia e su quali conseguenze morali abbia l’aborto in quanto tale, ci consenta di comprendere meglio il valore altissimo di ogni vita umana. Troviamo un’articolata argomentazione su questo problema in occasione del discorso all’Associazione Famiglie Numerose (26 novembre 1951, d’ora in poi semplicemente 26/11/51): « La vita umana innocente, in qualsiasi condizione si trovi, è sottratta, dal primo istante della sua esistenza, a qualunque diretto attacco volontario » (26/11/51). 

« Questo principio vale per la vita del bambino, come per quella della madre. Mai e in nessun caso la Chiesa ha insegnato che la vita del bambino deve essere preferita a quella della madre. (…) né la vita della madre, né quella del bambino, possono essere sottoposte a un atto di diretta soppressione. Per l’una parte e per l’altra, l’esigenza non può essere che una sola: fare ogni sforzo per salvare la vita di ambedue, della madre e del bambino » (26/11/51) 

Quest’ultimo passaggio è una citazione dalla Casti Connubii di Pio XI. Incalza ancora il Pontefice: « Ma – si obietta – la vita della madre, principalmente di una madre di numerosa famiglia, è di un pregio incomparabilmente superiore a quella di un bambino non ancora nato. L’applicazione della teoria della bilancia dei valori al caso che ora ci occupa, ha già trovato accoglimento nelle discussioni giuridiche. La risposta a questa tormentosa obiezione non è difficile. L’inviolabilità della vita di un innocente non dipende dal suo maggior o minor valore. Già da oltre dieci anni la Chiesa ha formalmente condannato l’uccisione della vita stimata «senza valore»; e chi conosce i tristi antecedenti che provocarono tale condanna, chi sa ponderare le funeste conseguenze a cui si giungerebbe, se si volesse misurare l’intangibilità della vita innocente secondo il suo valore, ben sa apprezzare i motivi che hanno condotto a quella disposizione » (26/11/51). 

E conclude: « Del resto, chi può giudicare con certezza quale delle due vite è in realtà più preziosa? Chi può sapere quale sentiero seguirà quel bambino e a quale altezza di opere e di perfezione essa potrà giungere? Si paragonano qui due grandezze, di una delle quali nulla si conosce » (26/11/51). 

La scelta tra madre e bambino, insomma, è una falsa scelta. Ogni forma di giudizio qualitativo su una vita o sull’altra è una forma di eugenismo, al quale il Pontefice non teme di riferirsi in maniera molto esplicita nell’allora recente declinazione nazi-fascista.  

In almeno altre due occasioni Pio XII affronta questo dilemma etico, precisamente in occasione del Congresso Internazionale di Chirurgia, che abbiamo già citato, e nel discorso alle Famiglie Numerose. Riportiamo soltanto l’ultimo passo citato: « Noi abbiamo di proposito usato sempre l’espressione attentato diretto alla vita dell’innocente, uccisione diretta. Poiché se, per esempio, la salvezza della vita della futura madre, indipendentemente dal suo stato di gravidanza, richiedesse urgentemente un atto chirurgico, o altra applicazione terapeutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta né intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe più dirsi diretto attentato alla vita innocente. In queste condizioni l’operazione può essere lecita, come altri simili interventi medici, sempre che si tratti di un bene di alto valore, qual è la vita, e non sia possibile di rimandarla dopo la nascita del bambino, né di ricorrere ad altro efficace rimedio » (26/11/51). 

I due passi sono in stretta concomitanza e soprattutto quest’ultimo mostra chiaramente come, anche in questo ambito, si applichi il principio generale della possibilità reale che un atto abbia più conseguenze, molte delle quali prevedibili ed almeno alcune delle quali non direttamente volute. Non procediamo oltre in considerazioni che sarebbero tautologiche e rischierebbero di annebbiare la limpidezza cristallina dell’enunciato pontificio: ora ci interessa proseguire nel nostro discorso principale. 

Oltre il « Non Occides«   

Il perno attorno al quale ruota, a nostro avviso, l’argomentazione di Pio XII contro l’aborto non è tanto il quinto comandamento, quanto l’invito a costruire, promuovere, edificare e rafforzare la vita. Così, infatti, si esprime nel già citato discorso alle Ostetriche: « L’apostolato della vostra professione vi impone il dovere di comunicare anche ad altri la conoscenza, la stima e il rispetto della vita umana (…); di prenderne, al bisogno, arditamente la difesa, e di proteggere, quando è necessario ed è in vostro potere, la indifesa, ancora nascosta vita del bambino, appoggiandovi sulla forza del precetto divino: non occides: non uccidere (Es 20, 13). Tale funzione difensiva si presenta talvolta come la più necessaria ed urgente; tuttavia essa non è la più nobile e la più importante parte della vostra missione; questa infatti non è puramente negativa, ma soprattutto costruttrice, e tende a promuovere, edificare, rafforzare » (29/10/51). 

Ma il cammino tracciato dal Pontefice non si arresta nemmeno qui. Gli preme far notare che quanto detto, pur poggiandosi sul linguaggio della fede, non è assolutamente in contrasto con il dato della ragione, ma ne è invece pienamente armonizzato: « Questo perfetto accordo della ragione e della fede vi dà la garanzia che voi siete nella piena verità che potete proseguire con incondizionata sicurezza il vostro apostolato di stima e di amore per la vita nascente » (29/10/51).  

E, come a dischiudere un ulteriore orizzonte di riflessione, al termine di queste considerazioni il Pontefice afferma che « se ciò che abbiamo detto finora riguarda la protezione e la cura della vita naturale, a ben più forte ragione deve valere per la vita soprannaturale, che il neonato riceve col battesimo » (29/10/51). 

Obiettivo di questo apostolato che fa parte della professione delle Ostetriche è quello di scalzare, fin dove di loro competenza, quella mentalità che, notavamo nelle pagine precedenti, fa vedere il figlio non più come un dono ma come un peso: « (…) spesso il bambino non è desiderato; peggio, è temuto; come potrebbe in tale condizione esistere ancora la prontezza al dovere? Qui il vostro apostolato deve esercitarsi in una maniera effettiva ed efficace (…) » (29/10/51).  

Conclusione 

Obiettivo di questa riflessione era quello di dare voce a Pio XII su un argomento così delicato ed allo stesso tempo così mediaticamente esposto come l’aborto.  

Oltre all’errore storico di considerare Papa Pacelli soltanto in relazione agli avvenimenti della II guerra mondiale, si rischia di cadere oggi in almeno due altri errori. Innanzitutto ritenere che l’aborto sia un problema del nostro tempo. A poco vale il sapere che le più antiche « ricette » abortive abbiano parecchie migliaia di anni: si rischia di considerare l’aborto di oggi come qualcosa di « totalmente diverso » rispetto a quello di duecento anni fa semplicemente perché oggi ci sono maggiori strumenti (tecnici) per operare. Il secondo errore in cui si tende a scivolare è quello di considerare la difesa della vita come una questione di pura fede (al limite della cecità, aggiungerei). 

Le parole che ho riportato mostrano, invece, come gli argomenti a favore della vita e contro l’aborto provengano anche da una sana riflessione razionale. E, nello specifico caso di Papa Pacelli, non si può nemmeno invocare un non mai definito « spirito del Vaticano II », non fosse altro che per ragioni cronologiche.  

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buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno arabis_scabra_1262

 Arabis scabra

http://www.floralimages.co.uk/native01.htm

« Ave, o piena di grazia »

dal sito:

http://levangileauquotidien.org/

Dalla liturgia bizantina
Inno Akatistos alla Madre di Dio (7° secolo)

« Ave, o piena di grazia »

Dal cielo un eminente arcangelo è stato mandato a dire alla Madre di Dio: « Rallegrati! » E vedendo te, Signore, prendere carne al suono della sua voce, esclamò il suo stupore e il suo rapimento:
Ave, per te la gioia risplende,
Ave, per te il dolore s’estingue,
Ave, salvezza di Adamo caduto,
Ave, riscatto del pianto di Eva.
Ave, tu vetta sublime a umano intelletto,
Ave, tu abisso profondo agli occhi degli angeli,
Ave, in te fu elevato il trono del Re,
Ave, tu porti colui che il tutto sostiene.
Ave, o stella che il sole precorri,
Ave, o grembo del Dio che s’incarna,
Ave, per te si rinnova il creato,
Ave, per te il Creatore è Bambino.
Ave, Vergine e Sposa.
La Tutta-pura, conoscendo il suo stato verginale, rispose all’angelo Gabriele con fiducia: « Quale strana meraviglia la tua parola! Sembra incomprensibile alla mia anima; come potrei concepire senza seme, per partorire come dici? » Alleluia, alleluia, alleluia!

Per capire questo mistero ignoto, la Vergine si rivolge al servo di Dio e chiede come, nelle sue caste viscere, un figlio potrebbe essere concepito. Pieno di rispetto, l’angelo l’acclama:
Ave, tu guida al superno consiglio,
Ave, tu prova d’arcano mistero,
Ave, tu il primo prodigio di Cristo,
Ave, compendio di sue verità.
Ave, o scala celeste che scese l’Eterno,
Ave, o ponte che porti gli uomini al cielo,
Ave, dai cori degli angeli cantato stupore,
Ave, dall’orde dei demoni esecrato flagello.
Ave, la luce ineffabile hai dato,
Ave, tu il « modo » a nessuno hai svelato,
Ave, la scienza dei dottori trascendi,
Ave, al cuor dei credenti risplendi.
Ave, Vergine e Sposa.

La potenza dell’Altissimo stese allora la sua ombra sulla Vergine per portarla a concepire. E il suo seno fecondato divenne un giardino delizioso per coloro che vogliono mietervi la salvezza cantando: « Alleluia, alleluia, alleluia! »

Gv 20,19 Il dubbio di San Tommaso

Gv 20,19 Il dubbio di San Tommaso dans immagini sacre 14%20FRESCOE%20THE%20INCREDULITY%20OF%20THOMAS%20CHICHEST
http://www.artbible.net/3JC/-Joh-20,19_Vision_Doubt_Apparition_Doute/index.html

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Chiesa Ortodossa : Preghiera alla Madre di Dio

dal sito:

http://web.tiscali.it/chiesaortodossa/preghiere.htm

 

 Preghiera alla Madre di Dio 

di Paolo, Monaco del Monastero di Evergitis   

  

Incontaminata, incorrotta, purissima, intatta Vergine, sposa di Dio e Sovrana, che con il tuo gloriosissimo concepimento hai unito Dio Verbo agli uomini e ricongiunta la natura decaduta del genere umano a quella celeste; sola speranza dei disperati, sostegno degli abbandonati, protezione sempre pronta di chi ricorre a Te e rifugio di tutti i cristiani, non disdegnare me peccatore, misero, che con cattivi pensieri, parole ed opere ho reso inutile tutto me stesso, e per debolezza di spirito sono andato dietro ai piaceri della vita. 

Ma Tu, quale Madre del Dio amante degli uomini, intenerisciti e sii compassionevole per me peccatore, abbandonato al vizio e ricevi la preghiera che ti offro, anche da labbra indegne; prega per me il tuo Figlio e nostro Sovrano, mettendo in opera la tua audacia materna, affinché apra anche a me le pietose viscere della sua bontà, e senza tener conto delle mie innumerevoli colpe, mi converta a penitenza  e mi renda fedele esecutore dei suoi comandamenti. 

E restami sempre vicina, come misericordiosa e compassionevole e benigna; nella vita presente, come valida protettrice ed aiuto, respingendo le insidie dell’avversario e guidandomi alla salvezza; al momento della mia morte proteggendo la mia anima abbandonata e allontanando da lei le tenebrose apparizioni dei maligni demoni; e nel giorno terribile del giudizio, liberandomi dalla eterna condanna e facendomi erede della gloria ineffabile  del tuo Figlio e Dio nostro. 

Fa che riceva tutto questo, mia Sovrana, Santissima Madre di Dio, grazie al tuo intervento ed alla tua protezione, per la grazia e la bontà del tuo unigenito Figlio, Signore, Dio e Salvatore  nostro Gesù Cristo, a cui si addice ogni gloria, onore e adorazione con il tuo eterno Padre ed il santissimo, buono e vivificante  Spirito, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.    

Publié dans:preghiere |on 31 mars, 2008 |Pas de commentaires »

UFFICIO DELLE LETTURE 30 MARZO 2008 – Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo

UFFICIO DELLE LETTURE 30 MARZO 2008 

Seconda Lettura

Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 8 nell’ottava di Pasqua 1, 4; Pl 46, 838. 841)

Nuova creatura in Cristo


Rivolgo la mia parola a voi, bambini appena nati, fanciulli in Cristo, nuova prole della Chiesa, grazia del Padre, fecondità della Madre, pio germoglio, sciame novello, fiore del nostro onore e frutto della nostra fatica, mio gaudio e mia corona, a voi tutti che siete qui saldi nel Signore.
Mi rivolgo a voi con le parole stesse dell’apostolo: «Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri» (Rm 13, 14), perché vi rivestiate, anche nella vita, di colui del quale vi siete rivestiti per mezzo del sacramento. «Poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più Giudeo, né Greco; non c’è più schiavo, né libero; non c’è più uomo, né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3, 27-28).
In questo sta proprio la forza del sacramento. E’ infatti il sacramento della nuova vita, che comincia in questo tempo con la remissione di tutti i peccati, e avrà il suo compimento nella risurrezione dei morti. Infatti siete stati sepolti insieme con Cristo nella morte per mezzo del battesimo, perché, come Cristo è risuscitato dai morti, così anche voi possiate camminare in una vita nuova (cfr. Rm 6, 4).
Ora poi camminate nella fede, per tutto il tempo in cui, dimorando in questo corpo mortale, siete come pellegrini lontani dal Signore. Vostra via sicura si è fatto colui al quale tendete, cioè lo stesso Cristo Gesù, che per voi si è degnato di farsi uomo. Per coloro che lo temono ha riservato tesori di felicità, che effonderà copiosamente su quanti sperano in lui, allorché riceveranno nella realtà ciò che hanno ricevuto ora nella speranza.
Oggi ricorre l’ottavo giorno della vostra nascita, oggi trova in voi la sua completezza il segno della fede, quel segno che presso gli antichi patriarchi si verificava nella circoncisione, otto giorni dopo la nascita al mondo. Perciò anche il Signore ha impresso il suo sigillo al suo giorno, che è il terzo dopo la passione. Esso però, nel ciclo settimanale, è l’ottavo dopo il settimo cioè dopo il sabato, e il primo della settimana. Cristo, facendo passare il proprio corpo dalla mortalità all’immortalità, ha contrassegnato il suo giorno con il distintivo della risurrezione.
Voi partecipate del medesimo mistero non ancora nella piena realtà, ma nella sicura speranza, perché avete un pegno sicuro, lo Spirito Santo. «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria» (Col 3, 1-4).

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