Padre Raniero Cantalamessa (sulle apparizioni ai discepoli ed Emmaus) (2007)
dal sito:
http://www.cantalamessa.org/it/omelieView.php?id=42
Padre Raniero Cantalamessa (sulle apparizioni ai discepoli ed Emmaus)
II Domenica di Pasqua
C -15 aprile 2007
Atti 4, 32-35;
1 Giovanni 5, 1-6;
Giovanni 20,19-31
Il vangelo della Domenica in Albis narra le due apparizioni di Gesú risorto agli apostoli nel cenacolo. Nella prima di tali apparizioni Gesú dice agli apostoli: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo”.
E il momento solenne dell’invio. Nel vangelo di Marco lo stesso invio è espresso con le parole: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15). Il vangelo di Luca che ci accompagna in questo anno ha espresso questo movimento da Gerusalemme verso il mondo con l’episodio dei due discepoli che vanno da Gerusalemme ad Emmaus accompagnati dal Risorto che spiega loro le Scritture e spezza il pane per essi.
Emmaus è una delle poche località dei vangeli che non si è mai riusciti a identificare. Vi sono tre o quattro villaggi che rivendicano il titolo di essere l’antica Emmaus del vangelo. Forse anche questo particolare, come tutto l’episodio, ha valore simbolico. Emmaus è ormai ogni luogo; Gesú risorto accompagna i suoi discepoli per tutte le strade del mondo e in tutte le direzioni.
Il problema storico che vogliamo affrontare in quest’ultima conversazione della serie riguarda proprio l’invio in missione degli apostoli. Le domande che ci poniamo sono: ma Gesú ha veramente ordinato ai discepoli di andare in tutto il mondo? Ha pensato che dal suo messaggio dovesse nascere una comunità? che esso dovesse avere un seguito? che dovesse esserci una chiesa? Ci poniamo queste domande perché, come al solito, c’è chi da ad esse una risposta negativa, contraria ai dati storici.
Il fatto indiscutibile dell’elezione dei dodici apostoli indica che Gesú aveva l’intenzione di dare vita a una sua comunità e prevedeva che la sua vita e il suo insegnamento avrebbero avuto un seguito. Non si spiegano diversamente tutte quelle parabole, il cui nucleo originario contiene proprio la prospettiva di un allargamento alle genti. Si pensi alla parabola dei vignaioli omicidi, degli operai nella vigna, al detto sugli ultimi che saranno i primi, sui molti che “verranno dall’oriente e dall’occidente per sedersi a mensa con Abramo”, mentre altri ne saranno esclusi e innumerevoli altri detti…
Durante la sua vita Gesú non è uscito dalla terra d’Israele, eccetto qualche breve puntata nei territori pagani del Nord, ma questo si spiega con la sua convinzione di essere mandato anzitutto per Israele, per poi spingerlo, una volta convertito, ad accogliere nel suo seno tutte le genti, secondo le prospettive universalistiche annunciate dai profeti.
Un’affermazione spesso ripetuta è che nel passaggio da Gerusalemme a Roma il messaggio evangelico sia stato profondamente modificato. In altre parole, che tra il Cristo dei vangeli e quello predicato dalle diverse chiese cristiane non ci sia continuità, ma rottura.
Certo c’è tra le due cose una diversità. Ma questa si spiega. Se mettiamo a confronto la foto di un embrione nel seno materno con il bambino di dieci a trent’anni nato da esso si potrebbe concludere che si tratta di due realtà del tutto diverse; si sa invece che tutto quello che l’uomo è diventato era contenuto e programmato nell’embrione. Gesù stesso paragonava il regno dei cieli da lui predicato a un piccolo seme, ma diceva che esso era destinato a crescere e diventare albero grande sul quale sarebbero venuti a posarsi gli uccelli del cielo (Mt 13,32).
Anche se non sono le parole esatte da lui usate, è importante quello che Gesú dice nel vangelo di Giovanni: “Ho molte altre da dirvi, ma per ora non sareste in grado di portarne il peso (cioè di comprenderle); ma lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa e vi condurrà alla verità tutt’intera”. Dunque Gesú prevedeva uno sviluppo della sua dottrina, guidato dallo Spirito Santo. Non per nulla nel vangelo odierno l’invio in missione è accompagnato dal dono dello Spirito Santo.
Ma è poi vero che il cristianesimo attuale nasce nel III secolo, con Costantino, come si insinua da qualche parte? Pochi anni dopo la morte di Gesú, troviamo già attestati gli elementi fondamentali della Chiesa: la celebrazione dell’Eucaristia, una festa di Pasqua con contenuto nuovo rispetto a quello dell’Esodo (“la nostra Pasqua”, come la chiama Paolo), il battesimo cristiano che prende presto il posto della circoncisione, il canone delle Scritture, che nel suo nucleo fondamentale risale ai primi decenni del II secolo, la domenica come nuovo giorno festivo che prende ben presto, per i cristiani, il posto del sabato ebraico. Anche la struttura gerarchica della Chiesa (vescovi, presbiteri e diaconi) è attestata da Ignazio d’Antiochia all’inizio del II secolo.
Non tutto certo nella Chiesa si può far risalire a Gesú. Ci sono tante cose in essa che sono prodotto umano della storia e anche del peccato degli uomini di cui deve periodicamente liberarsi, e non finisce mai di farlo…Ma per le cose essenziali la fede della Chiesa ha tutto il diritto di reclamarsi storicamente a Cristo.
Abbiamo iniziato la serie di commenti ai vangeli quaresimali mossi dallo stesso intento dichiarato da Luca all’inizio del suo vangelo: “Perché ci si renda conto della solidità degli insegnamenti ricevuti”. Giunti alla conclusione del ciclo, non mi resta che sperare di avere, in qualche misura, ottenuto lo stesso scopo, anche se giova ripeterlo: al Gesú vivo e vero non si giunge, recto tramite, dalla storia, ma attraverso il salto della fede. La storia può però mostrare che non è insensato spiccare quel salto.
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