Monsignor Ravasi: “la voce dello spirito” nel mondo secolarizzato
05/03/2008, dal sito:
http://www.zenit.org/article-13717?l=italian
Monsignor Ravasi: “la voce dello spirito” nel mondo secolarizzato
Si apre giovedì la Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura
CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 5 marzo 2008 (ZENIT.org).- Nel mondo attuale, caratterizzato da una sempre maggiore secolarizzazione, bisogna far sì che risuoni “la voce dello spirito”, ha affermato l’Arcivescovo Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.
Il presule ha parlato alla “Radio Vaticana” di come affrontare le sfide della secolarizzazione alla vigilia dell’Assemblea Plenaria del dicastero che presiede, che si svolgerà dal 6 all’8 marzo alla presenza di Cardinali, Vescovi, sacerdoti e laici in rappresentanza dei cinque continenti.
“Le sfide della secolarizzazione per la Chiesa e nella Chiesa” è il tema che verrà affrontato nell’incontro, tre giorni di dialogo e confronto interculturale per cercare di rispondere alle domande della cosiddetta cultura globalizzata e postmoderna.
“Nell’ambito della secolarizzazione si tende sostanzialmente ad allontanare qualsiasi istanza e urgenza che si rivolga verso la trascendenza, verso l’Oltre e l’Altro – ha detto il presule all’emittente pontificia –. Ci si accontenta quindi semplicemente di cogliere i valori concreti, immediati, diretti”.
In questo contesto, “bisogna ritornare ancora negli spazi che sono propri dell’uomo il quale – come diceva Pascal – supera sempre infinitamente se stesso, ha sempre delle domande ulteriori; inserirsi e riproporre ancora i grandi valori, quei valori costitutivi dell’Uomo nella sua autenticità e questi valori, anche, si aprono verso il mistero, verso la trascendenza, verso il divino”.
Se “la secolarità, per molti versi, è sinonimo di una laicità sana”, al giorno d’oggi c’è la tentazione di “espungere da questo mondo, da questa città qualsiasi segno, qualsiasi vessillo, qualsiasi emblema, qualsiasi simbolo ma soprattutto qualsiasi valore che appartenga alla dimensione spirituale, alla dimensione profonda, religiosa, ma anche etica in senso lato, riconducendoci invece ad etiche più semplici e più immediate”.
“Ecco, allora, la necessità di far sì che questa città abbia ancora la voce dello spirito che risuoni, e questa voce dello spirito deve risuonare nella piazza, nelle strade, cioè nel groviglio delle vicende quotidiane e non soltanto nel silenzio aureolato di incenso, nella pacata serenità del tempio, dove pure ha il suo ambito privilegiato”, ha osservato.
La comunità cristiana, ha ammesso monsignor Ravasi, può essere tentata di “ritirarsi in se stessa e di costituire come una sorta di oasi serena e pacata, in cui poter celebrare i propri riti e poter compiere anche un’esistenza che sia secondo lo spirito”.
In virtù del Vangelo, tuttavia, “la realtà del cristiano è quella di essere nel mondo senza essere del mondo”.
“Ecco, quindi, la necessità di entrare nel mondo, di entrare però con la propria identità, senza stingersi, senza perdere il proprio colore, la propria personalità, portando anzi la fiaccola alta dei propri valori, che sono valori penultimi e ultimi, cioè valori certamente di solidarietà, di impegno sociale, ma sono anche i grandi valori del bene e del male, della vita e della morte, dell’oltrevita, dell’amore, della giustizia, del senso stesso dell’esistenza”.
Comunicare il Vangelo oggi, confessa il presule, non è facile.
In “un mondo che non è più abituato alle grandi parole, alle parole fondamentali, che non è più abituato alle grandi domande che artigliano la coscienza, che non è più abituato anche a giudicare in maniera rigorosamente etica i propri comportamenti”, far risuonare la “parola forte” evangelica diventa “indispensabile proprio come scotimento, come una sorta quasi di provocazione”.
Per far questo, bisogna affrontare “un percorso molto arduo”, che in primo luogo consiste nel “ritrovare il linguaggio, un linguaggio che sia adatto a questo mondo secolare”.
Accanto a questo, è necessario “far sì che queste parole siano pronunciate nell’interno dei problemi dell’Uomo, non siano cioè considerate semplicemente come un messaggio trascendentale, non nel senso di trascendente, cioè che ci supera, ma semplicemente nel senso di astratto, che ci invita a decollare dalla realtà verso cieli mitici e mistici”.
Solo in questo modo, ha concluso monsignor Ravasi, potrà agire la Parola di Dio, che, come dice la stessa Bibbia, è “un seme, è come pioggia che può fecondare tante volte i deserti della banalità, della superficialità, del secolarismo contemporaneo”.
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