Archive pour janvier, 2008

« Ti ho visto quando eri sotto il fico »

dal sito: 

http://levangileauquotidien.org/

Sant’Agostino (354-430), vescovo d’Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Commento al vangelo di Giovanni, n° 7

« Ti ho visto quando eri sotto il fico »

Natanaele si trovava sotto l’albero di fico, come all’ombra della morte. Lo vide il Signore, del quale è stato detto: « La luce si è levata per coloro che erano seduti all’ombra della morte » (Is 9, 2). Che cosa è stato detto a Natanaele? Tu chiedi a me, o Natanaele, dove ti ho conosciuto? Tu parli ora con me, perché Filippo ti ha chiamato. Ma, colui che il Signore chiamò per mezzo del suo apostolo, costui già prima lo aveva visto appartenente alla sua Chiesa. O tu Chiesa, o tu Israele, in cui non c’è finzione…, hai già conosciuto Cristo per mezzo degli Apostoli, come lo conobbe Natanaele per mezzo di Filippo. Ma la sua misericordia ti vide prima che tu lo conoscessi, quando ancora giacevi sotto il peso del peccato.

Forse che noi per primi abbiamo cercato Cristo, o non è stato lui invece il primo a cercarci? Forse che siamo stati noi, i malati, a recarci dal medico, e non è stato invece il medico a venire dai malati? Non è stato forse il pastore a cercare la pecora che si era perduta, il pastore che, lasciate le novantanove, la cercò e la trovò, riportandola lieto a casa sulle sue spalle (Lc 15,4)? Non si era forse perduta la dracma, e la donna, accesa la lucerna, non la cercò per tutta la casa finché non l’ebbe trovata (Lc 15,8)?… Il nostro pastore ha ritrovato la pecora, non senza averla cercata; la donna ha ritrovato la dracma, ma solo dopo averla cercata. Dunque, siamo stati cercati perché potessimo essere ritrovati; ritrovati, possiamo parlare. Non andiamo in superbia, perché prima d’essere ritrovati eravamo andati perduti, e siamo stati cercati.

La Befana

La Befana dans Natale 2007 -  Epifania 2008 i85527_befana
http://www.p2pforum.it/forum/showthread.php?t=148744&page=2

 

Publié dans:Natale 2007 - Epifania 2008 |on 4 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

Giovanni Pascoli: La Befana

dal sito: 

http://www.reportonline.it/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=1144

 

Poesia

di Giovanni pascoli

La Befana 

Viene viene la Befana

 

 vien dai monti a notte fonda.

Come è stanca! La circonda

neve, gelo e tramontana.

Viene viene la Befana.

Ha le mani al petto in croce,

e la neve è il suo mantello

ed il gelo il suo pannello

ed il vento la sua voce.

Ha le mani al petto in croce.

E s’accosta piano piano

alla villa, al casolare,

a guardare, ad ascoltare

or più presso or più lontano.

Piano piano, piano piano.

Che c’è dentro questa villa?

Uno stropiccìo leggero.

Tutto è cheto, tutto è nero.

Un lumino passa e brilla.

Che c’è dentro questa villa?

Guarda e guarda…tre lettini

con tre bimbi a nanna, buoni.

guarda e guarda…ai capitoni

c’è tre calze lunghe e fini.

Oh! tre calze e tre lettini.

Il lumino brilla e scende,

e ne scricchiolan le scale;

il lumino brilla e sale,

e ne palpitan le tende.

Chi mai sale? Chi mai scende?

Co’ suoi doni mamma è scesa,

sale con il suo sorriso.

Il lumino le arde in viso

come lampada di chiesa.

Co’ suoi doni mamma è scesa.

La Befana alla finestra

sente e vede, e s’allontana.

Passa con la tramontana,

passa per la via maestra,

trema ogni uscio, ogni finestra.

E che c’è nel casolare?

Un sospiro lungo e fioco.

Qualche lucciola di fuoco

brilla ancor nel focolare.

Ma che c’è nel casolare?

Guarda e guarda… tre strapunti

con tre bimbi a nanna, buoni.

Tra la cenere e i carboni

c’è tre zoccoli consunti.

Oh! tre scarpe e tre strapunti…

E la mamma veglia e fila

sospirando e singhiozzando,

e rimira a quando a quando

oh! quei tre zoccoli in fila…

Veglia e piange, piange e fila.

La Befana vede e sente;

fugge al monte, ch’è l’aurora.

Quella mamma piange ancora

su quei bimbi senza niente.

La Befana vede e sente.

La Befana sta sul monte.

Ciò che vede è ciò che vide:

c’è chi piange e c’è chi ride;

essa ha nuvoli alla fronte,

mentre sta sul bianco monte. 

 

Publié dans:Natale 2007 - Epifania 2008 |on 4 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

la tradizione della Befana

dal sito:

http://www.letteratour.it/altro/A01epifan01.htm

La « Befana » Definizione: 

In generale, « epifania » (che ha origine dal greco) si applica a una « manifestazione della divinità in forma visibile »; in particolare, nella tradizione cristiana, è un termine legato alla « manifestazione della divinità di Gesù ai Tre Magi in visita a Betlemme », per cui, per estensione, è anche il giorno commemorativo del 6 Gennaio (da Il Dizionario della lingua Italiana, Devoto-Oli, Le Monnier, 1990). La tradizione italiana  L’Italia ha una tradizione tutta particolare e originale dell’Epifania, che si lega alla figura della Befana. Il termine « Befana » deriva da una corruzione del termine « Epifania », e denomina una figura mitica nell’immaginario collettivo italiano: la famosa vecchietta che, viaggiando su una scopa e volando di tetto in tetto, la notte dal 5 al 6 gennaio (mettendo così fine al ciclo dei dodici giorni successivi al Natale) si reca a portare dei presenti a tutti i bambini, che trasporta in un enorme sacco sulle spalle. Ognuno riceve il presente in una calza (la « calza della Befana ») e la tipologia di esso dipende dal comportamento avuto nell’ultimo anno e dalla onnipresente speranza di un miglioramento per il nuovo anno che comincia: quindi sempre un po’ di cenere e carbone per le biricchinate passate e dolci e caramelle per la promessa futura di essere buoni e saggi. 

La sua origine si perde nella notte dei tempi, discende da tradizioni magiche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi folcloristici e cristiani: la Befana porta i doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi. L’iconografia è fissa: un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate.


[http://www.la-befana.it/racconti.html] 
La Befana, molto più tradizionalmente « italiana » della figura di Babbo Natale, ha così il compito di allietare una commemorazione importante agli occhi dei bambini, rendendo loro la festa assai più allegra e facendoli anche avvicinare al significato primo della festa: quello di festeggiare Gesù nascituro, nella figura di ogni bambino, e l’importanza simbolica dell’aver ricevuto ricchi doni da parte dei Tre Magi.
Oltre che in Italia troviamo il culto della Befana in varie parti del mondo: dalla Persia alla Normandia, dalla Russia all’Africa del Nord. In tale culto, molti, rintracciano il mito della Dea genitrice primordiale, signora della vita e della morte, della rigenerazione della Natura. Per altri, nella sua figura, la Befana riassume l’immagine della Dea antenata custode del focolare, luogo sacro della casa. E non è un caso se si serve, proprio dei camini, per introdurre l’ allegria nelle case, svolazzando con la sua fantastica scopa.
Un tempo, la Befana era anche occasione per i meno benestanti di racimolare doni in cibarie recandosi porta a porta a chiedere una sorta di « elemosina ». Anche questa tradizione, accanto a quella della calza, si ripete ancora oggi quando si vedono frotte di bambini girare di casa in casa la sera del 5 gennaio a richiedere doni e caramelle, cantando la famosa filastrocca: 

La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
col cappello alla romana
viva viva la Befana!

(questa è una delle versioni, poi ogni regione ha una poesia-filastrocca diversa) 

Publié dans:Natale 2007 - Epifania 2008 |on 4 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

Il papa visita la Casa “Dono di Maria”, delle suore di Madre Teresa

dal sito:

http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=11166&geo=5&size=A

  

04/01/2008 15:11
VATICANO
Il papa visita la Casa “Dono di Maria”, delle suore di Madre Teresa

Aperta quasi 20 anni fa, vicina al suo vecchio posto di lavoro in Vaticano, la Casa è stata voluta da Giovanni Paolo II e dalla Beata Teresa di Calcutta. L’invito alle missionarie e ai missionari della Carità a farsi portatori nel mondo del “sorriso di Dio”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Benedetto XVI ha scelto la Casa delle suore di Madre Teresa, affianco al Vaticano, come prima visita del 2008. L’occasione è il saluto alla superiora uscente, sr Mark e alla nuova Sr Agnes-Marie, ma più in profondità è per “rinnovare la … gratitudine alle suore, ai volontari e ai vari collaboratori” e manifestare la sua “vicinanza spirituale” ai poveri e senzatetto, uomini e donne “che in questa casa trovate amorevole accoglienza, ascolto, comprensione e un quotidiano sostegno sia materiale che spirituale”. 

La Casa “Dono di Maria” è stata inaugurata nell’88 da Giovanni Paolo II e dalla beata Teresa di Calcutta ed è incastonata in un angolo del palazzo dell’ex Sant’Uffizio, dove ha lavorato per molti anni come prefetto l’allora card. Ratzinger. La Casa offre cibo quotidiano a centinaia di poveri uomini e donne, ospitalità per la notte a circa 70 donne e cure mediche per le donne, con un’infermeria. 

Riferendosi al nome della casa, “Dono di Maria”, voluto da Madre Teresa, Benedetto XVI ha commentato: “Per chiunque venga a bussare alla porta, è … un dono di Maria sentirsi accolto dalle braccia amorevoli delle Suore e dei volontari. È ancora un dono di Maria la presenza di chi si ferma ad ascoltare le persone in difficoltà e a servirle con quella stessa attitudine che sospinse prontamente la Madre del Signore verso Santa Elisabetta. Che questo stile di amore evangelico suggelli e contraddistingua sempre la vostra vocazione perché, oltre all’aiuto materiale, possiate comunicare a quanti quotidianamente incontrate quella stessa passione per Cristo e quel luminoso ‘sorriso di Dio’ che hanno animato l’esistenza di Madre Teresa”. 

Il papa della “Deus caritas est” ha poi aggiunto: “Amava dire Madre Teresa: è Natale ogni volta che noi permettiamo a Gesù di amare gli altri attraverso di noi. Il Natale è mistero di amore, il mistero dell’Amore. Il tempo natalizio, ripresentando alla nostra contemplazione la nascita di Gesù a Betlemme, ci mostra l’infinita bontà di Dio che, facendosi Bambino, ha voluto venire incontro alla povertà e alla solitudine degli uomini; ha accettato di abitare tra noi condividendo le nostre quotidiane difficoltà; non ha esitato a portare insieme a noi il peso dell’esistenza, con le sue fatiche e le sue preoccupazioni. E’ nato per noi, per restare con noi ed offrire a chiunque gli apre la porta del proprio cuore il dono della sua gioia, della sua pace, del suo amore. Nascendo in una grotta, perché non c’era posto per Lui altrove, Gesù ha conosciuto i disagi che molti tra voi sperimentano. Il Natale ci aiuta a comprendere che Iddio non ci abbandona mai e sempre ci viene incontro, ci protegge e si preoccupa di ciascuno di noi, perché ogni persona, soprattutto la più piccola e indifesa, è preziosa ai suoi occhi di Padre ricco di tenerezza e misericordia. Per noi e per la nostra salvezza Egli ha inviato nel mondo il suo Figlio, che nel mistero del Natale contempliamo come l’Emanuele, Dio-con-noi. Con questi sentimenti rinnovo a tutti voi i miei più fervidi auguri per il nuovo anno appena iniziato assicurandovi il mio quotidiano ricordo nella preghiera. E mentre invoco la materna protezione di Maria, Madre di Cristo e nostra, a tutti dono con affetto la mia Benedizione”. 

Dopo aver visitato la mensa per gli uomini, il papa ha visitato alcune malate nell’infermeria e quindi ha incontrato in una chiesa vicina le Missionarie e i Missionari della Carità e i loro collaboratori laici. Dopo aver ricevuto un saluto scritto di Sr Nirmala Joshi, superiora generale dell’ordine, il papa li ha incoraggiati ad essere come i Magi che “venuti da lontano per adorare il Re-Messia”, ritornarono alle loro terre lontane. “Andate anche voi –  ha concluso il pontefice – cari fratelli e sorelle, per le strade del mondo, seguendo l’esempio di Madre Teresa, testimoniando sempre con gioia l’amore di Gesù, specialmente verso gli ultimi e i poveri, e dal Cielo la beata vostra Fondatrice vi accompagni e protegga”. 

Publié dans:Papa Benedetto XVI |on 4 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno whiterosewredtrimmingswp10

Double Delight Hybrid Tea Rose

http://www.geocities.com/TheTropics/Island/6801/mark/marks.html

Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 4 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

« Gesù… disse: « Ti chiamerai Cefa » (che vuol dire Pietro) »

dal sito:

http://levangileauquotidien.org/

San Giovanni Crisostomo (verso il 345-407), vescovo di Antiochia poi di Costantinopoli, dottore della Chiesa
Commento su Giovanni, n° 19

« Gesù, fissando lo sguardo su di lui disse: « Ti chiamerai Cefa » (che vuol dire Pietro) »

« Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro) »… Questo è il nome che Cristo dà a Simone; quanto a Giacomo e a suo fratello, li chiamerà « Figli del tuono » (Mc 3,17). Perché questi cambiamenti di nome? Per mostrare che lui, Gesù, è in persona colui che aveva stabilito l’antica alleanza, che aveva già cambiato il nome di Abram in Abramo (Gen 17,5), il nome di Sarai in Sara (Gen 17,16) e il nome di Giacobbe in Israele (32,23). Aveva anche dato il nome a parecchie persone al momento della nascita: Isacco, Sansone, i figli di Isaia e di Osea…

Oggi, noi abbiamo un nome al di sopra degli altri nomi; questo è il nome di « cristiano » – il nome che ci fa figli di Dio, amici di Dio, un solo corpo con lui. C’è forse un altro nome capace di renderci ardenti nelle virtù, di riempirci di zelo, di spingerci al bene? Guardiamoci bene dal fare qualcosa di indegno rispetto a questo nome così grande e così bello, legato al nome di Gesù Cristo. Coloro che portano il nome di un gran capo militare o di un personaggio illustre si ritengono onorati e fanno di tutto per esserne degni. Quanto più, noi che traiamo il nostro nome non da un generale o da un principe di questo mondo, neppure da un angelo, ma proprio del re degli angeli, quanto più dobbiamo essere pronti a perdere tutto, persino la vita, per l’onore di questo santo nome.

Epifania

Epifania dans immagini sacre

GENTILE DA FABRIANO (1423),
L’adorazione dei Magi, Galleria degli Uffizi, Firenze

http://www.diocesidicapua.it/Erasmo/Biblioteca/Compendio/parte1.htm

di Gianfranco Ravasi: Simone, il vegliardo che abbraccia Gesù

dal sito: 

http://www.novena.it/ravasi/2003/052003.htm

Gianfranco Ravasi 

Simone, il vegliardo che abbraccia Gesù 

La modesta famiglia di Nazaret si presenta un po’ spaesata nei cortili del monumentale tempio, eretto dal re Erode a Gerusalemme, per il rito della presentazione a Dio del primogenito, il neonato Gesù. Secondo la legge biblica «ogni maschio primogenito era, infatti, consacrato al Signore» (Esodo 13,2) e doveva essere riscattato con un’offerta sacrificale. L’evangelista Luca dal fondale fatto di sacerdoti, leviti, fedeli, venditori, cambiavalute e curiosi fa avanzare una coppia di anziani, Simeone e una vedova ottantaquattrenne di nome Anna.

Noi ora fisseremo la nostra attenzione su Simeone, un nome che significa: “Il Signore ha ascoltato”, e che ha la sua variante in “Simone”, nome portato anche da Pietro e da un altro discepolo di Cristo, oltre che da sei personaggi neotestamentari (Simone “fratello” di Gesù, Simone di Cirene, Simone il fariseo, Simone il lebbroso, Simone il mago, Simone il cuoiaio). Si tratta di «un uomo giusto e timorato di Dio», cioè il rappresentante di quei fedeli autentici che la Bibbia chiama anche ‘anawim, i “poveri” del Signore, o saddiqim, i “giusti”, o anche hasidim, i “pii”, che credono in Dio e attendono «il conforto di Israele», ossia alimentano la speranza di «vedere il Messia del Signore».

L’evangelista Luca al suo ritratto di Simeone (2,25-35) aggiunge due dichiarazioni solenni che questo anziano — chiamato dalla tradizione greca il Theodochos, cioè “colui che accoglie (e sorregge tra le braccia)” Gesù — pronunzia. La seconda è un oracolo severo sulla storia futura che sarà segnata e lacerata dalla presenza di questo bambino che è «qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione» (2,34). E sua madre sarà anch’essa coinvolta in questo dramma e avrà «l’anima trafitta da una spada» di sofferenza.

Noi, però, ci fermiamo di più sulla prima dichiarazione che è in realtà un dolce inno divenuto popolare nella preghiera serale liturgica della Compieta con le prime parole della versione latina, Nunc dimittir «Ora lascia, Signore, che il tuo servo / vada in pace secondo la tua parola, / perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, / da te preparata davanti a tutti i popoli, / luce per illuminare le genti / e gloria del tuo popolo Israele» (2,29-32).

Uno studioso, Douglas R. Jones, ha ipotizzato che questo pacato piccolo salmo cristiano fosse in realtà un antico canto funebre per un fedele, messo in bocca a Simeone. È noto, infatti, che altri personaggi del vangelo dell’infanzia di Gesù secondo Luca intonano cantici che sono stati rielaborati probabilmente dalla liturgia delle origini cristiane: pensiamo al Benedictus di Zaccaria, padre di Giovanni Battista, e allo stesso Magnifìcat di Maria.
La modesta famiglia di Nazaret si presenta un po’ spaesata nei cortili del monumentale tempio, eretto dal re Erode a Gerusalemme, per il rito della presentazione a Dio del primogenito, il neonato Gesù. Secondo la legge biblica «ogni maschio primogenito era, infatti, consacrato al Signore» (Esodo 13,2) e doveva essere riscattato con un’offerta sacnficale. L’evangelista Luca dal fondale fatto di sacerdoti, leviti, fedeli, venditori, cambiavalute e curiosi fa avanzare una coppia di anziani, Simeone e una vedova ottantaquattrenne di nome Anna.

Noi ora fisseremo la nostra attenzione su Simeone, un nome che significa: “Il Signore ha ascoltato”, e che ha la sua variante in “Simone”, nome portato anche da Pietro e da un altro discepolo di Cristo, oltre che da sei personaggi neotestamentari (Simone “fratello” di Gesù, Simone di Cirene, Simone il fariseo, Simone il lebbroso, Simone il mago, Simone il cuoiaio). Si tratta di «un uomo giusto e timorato di Dio», cioè il rappresentante di quei fedeli autentici che la Bibbia chiama anche ‘anawim, i “poveri” del Signore, o saddiqim, i “giusti”, o anche hasidim, i “pii”, che credono in Dio e attendono «il conforto di Israele», ossia alimentano la speranza di «vedere il Messia del Signore».

L’evangelista Luca al suo ritratto di Simeone (2,25-35) aggiunge due dichiarazioni solenni che questo anziano — chiamato dalla tradizione greca il Theodochos, cioè “colui che accoglie (e sorregge tra le braccia)” Gesù — pronunzia. La seconda è un oracolo severo sulla storia futura che sarà segnata e lacerata dalla presenza di questo bambino che è «qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione» (2,34). E sua madre sarà anch’essa coinvolta in questo dramma e avrà «l’anima trafitta da una spada» di sofferenza.

Noi, però, ci fermiamo di più sulla prima dichiarazione che è in realtà un dolce inno divenuto popolare nella preghiera serale liturgica della Compieta con le prime parole della versione latina, Nunc dimittir «Ora lascia, Signore, che il tuo servo / vada in pace secondo la tua parola, / perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, / da te preparata davanti a tutti i popoli, / luce per illuminare le genti / e gloria del tuo popoio Israele» (2,29-32).

Uno studioso, Douglas R. Jones, ha ipotizzato che questo pacato piccolo salmo cristiano fosse in realtà un antico canto funebre per un fedele, messo in bocca a Simeone. È noto, infatti, che altri personaggi del vangelo dell’infanzia di Gesù secondo Luca intonano cantici che sono stati rielaborati probabilmente dalla liturgia delle origini cristiane: pensiamo al Benedictus di Zaccaria, padre di Giovanni Battista, e allo stesso Magnificat di Maria.

Tuttavia dobbiamo dire che quello di Simeone non è un addio crepuscolare e malinconico alla vita; è, invece, un saluto festoso all’alba messianica che sta per schiudersi e che vedrà come protagonista proprio quel bambino che Simeone stringe tra le braccia.
Tuttavia dobbiamo dire che quello di Simeone non è un addio crepuscolare e malinconico alla vita; è, invece, un saluto festoso all’alba messianica che sta per schiudersi e che vedrà come protagonista proprio quel bambino che Simeone stringe tra le braccia.

Publié dans:CAR. GIANFRANCO RAVASI |on 3 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

PAPA PAOLO VI : omelia per l’Epifania

dal sito: 

http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/homilies/1975/documents/hf_p-vi_hom_19750106_it.html

SOLENNITÀ DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE

OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI 

6 gennaio 1975 

Figli e Figlie, in Cristo tutti carissimi!  

Ecco un giorno memorabile! Per la vostra vita : esso segna un momento, che conferma quelli decisivi della vostra vocazione, della vostra scelta ecclesiale, religiosa, missionaria negli anni venturi, che il Signore concederà al vostro pellegrinaggio nel tempo; un momento, che qualifica, cioè dà una forma, un aspetto, uno stile sia alla vostra spiritualità interiore, la vostra spiritualità missionaria, e sia alla vostra esteriore funzione professionale, nella quale sarà impegnato il vostro cuore, il vostro lavoro, la vostra dedizione al servizio della Chiesa: la vostra attività missionaria. Giorno memorabile: procuriamo di viverlo bene, con tutta l’intensità dei nostri animi, e con lo studio delle circostanze, che lo rendono singolare e degno poi di futura riflessione. Il punto focale, centrale cioè, dei nostri pensieri, adesso è quello dell’Epifania. Epifania significa manifestazione, apparizione, rivelazione. Epifania è un termine generico, astratto; esso acquista significato e valore dall’oggetto a cui si riferisce. Nel nostro caso sappiamo bene a chi ‘ed a che cosa si riferisce; esso si riferisce alla manifestazione di Gesù Cristo in questa terra, al mondo, alla umanità (Cfr. S. AUGUSTINI Sermo 200; PL 38, 1029). 

Di per sé questa parola è comprensiva di tutto il piano rivelatore di Dio. La famosa lettera agli Ebrei si apre appunto con una visione sintetica. Come si è manifestato Dio agli uomini? Multifariam, multisque modis: a più riprese, ed in molti modi (Hebr. 1, 1). Il meraviglioso spettacolo del panorama naturale, e possiamo aggiungere, tutto il campo della creazione, il regno delle scienze, l’esperienza delle cose, la cosmologia, a chi bene la osserva, a chi penetra con l’intelligenza e con la simpatia della nostra capacità di conoscere e di individuare la ragione profonda degli esseri, sono già forme di linguaggio, mediante le quali Dio, Principio creatore dell’universo, parla a chi lo sa ascoltare: parla di potenza, parla di sapienza, parla di bellezza, parla di mistero. Per quanto miope, per quanto insensibile, l’uomo si dimostri davanti allo scenario delle cose, minime e massime che siano, microbi o astri di smisurata grandezza, un Disegno, un Pensiero, una Parola emana dagli esseri esistenti; e un’esigenza logica fondamentale reclamerebbe da lui, dall’uomo, e tanto di più quanto meglio egli è istruito ed evoluto, un riconoscimento religioso, un’adorazione, un cantico delle creature. 

Citiamo un Autore, iniziato a questo confronto dell’uomo moderno con l’esplorato mondo circostante; egli scrive: «l’arricchimento e il turbamento del pensiero religioso, nel nostro tempo, derivano senza dubbio dalla rivelazione che si apre, intorno a noi ed in noi, dalla grandezza e dall’unità del Mondo. Intorno a noi, l’e Scienze del Reale distendono smisuratamente gli abissi del tempo e dello spazio, palesano incessantemente dei vincoli nuovi fra elementi dell’universo» (PIERRE TEILHARD DE CHARDIN, Le milieu divin, p. 2). Procuriamo noi religiosi, noi credenti, di non perdere di vista questo primo schermo della rivelazione naturale di Dio, ma di tenerlo presente sullo sfondo della nostra panoramica conoscitiva e spirituale, per alimentare con genuine impressioni il nostro sentimento religioso e la nostra meraviglia esistenziale circa l’opera di Dio e circa la nostra stessa vita; e per essere in migliore condizione di valutare la nuova, la gratuita, la sbalorditiva, la misteriosa epifania, che Dio si è degnato di compiere nella scena umana, mediante l’Incarnazione e la successiva economia della salvezza. 

Dalla piattaforma della rivelazione naturale noi potremo meglio apprezzare l’originalità eccezionale della comparsa del Verbo di Dio stesso, «per mezzo del quale tutto è stato fatto» (Io. 1, 3), in un istante, in un angolo dell’opera sua, nel Vangelo. Il Verbo di Dio, Dio lui stesso, si è manifestato in aspetto umano. Egli ha abitato con noi. Meraviglia, delle meraviglie: Egli si è manifestato nelle sembianze più piccole e più umili, nel silenzio, nella povertà, bambino, poi giovane, poi artigiano, e finalmente Maestro e Profeta, capace di dominare miracolosamente le cose e le sofferenze umane, la morte stessa, e di presentarsi nella prospettiva preparata per secoli, quella del Messia, e più che Figlio dell’uomo, Figlio di Dio, l’Agnello espiatore di tutti i peccati umani presentati al suo riscatto, il Salvatore, il Risorto per il regno di Dio e per il secolo eterno. 

Oh! Figli carissimi, voi conoscete questo grande e misterioso ciclo della rivelazione di Cristo, e sapete come messo investa tutta la terra, tutta la storia; e come la via, la verità, la vita, sia Lui, quel Gesù, di cui oggi noi, la Chiesa sua, celebriamo la manifestazione nel mondo. Avremo mai meditato abbastanza questa «storia sacra», questo disegno di Dio riguardo alla umanità, questo mistero di salvezza, da cui dipende ogni nostro destino? No, non mai abbastanza! Gli anni, tanto brevi e veloci della nostra esistenza terrena, non basterebbero a saziare il nostro studio, la nostra meditazione, la nostra contemplazione. E, sì, noi tutti non tralasceremo mai di prolungare questa indagine teologica e spirituale per tutta la durata della nostra vita. Essa sarà come la lampada accesa sul sentiero che si apre davanti. Ma ecco che una duplice conclusione, l’una e l’altra derivata dal mistero stesso dell’Epifania, si riflette, con chiarezza decisiva, sulla vostra vita vissuta. E di questa duplice conclusione, voi, Figlie e Figli carissimi, fate senz’altro programma della vostra vita. 

La prima conclusione è la fede. Bisogna accettare in pieno la verità, la realtà dell’Epifania; vogliamo dire, della rivelazione di Dio, Padre e Creatore d’ogni cosa, mediante il Verbo, Figlio suo, Gesù Cristo, in virtù dello Spirito Santo, luce e forza delle anime battezzate, e fedeli a questa investitura della vita umana, associata per grazia a quella divina. Oggi è la festa del Credo. Di quel Credo, ch’è stato proclamato, come un’alleanza nuova, come una comunione vitale ineffabile, al momento del nostro battesimo. Dobbiamo oggi ripetere, con totale dedizione, con nuova convinzione, con incomparabile consolazione, il Credo, uno e cattolico, nostro e di tutti i fedeli al Cristo rivelato. Oh! noi sappiamo quale dramma relativo alla questione della Fede, dramma di ricerche, di controversie, di dubbi, di negazioni esista oggi in tanti spiriti e con un decisivo atto di fede sia non abolito, ma sia però superato. Siete missionari? E di quale missione, se non di quella della fede? È per la fede, che voi partite ed affrontate il mondo. 

Diventate una gente speciale: in un mondo che sviluppa la sua scienza alla misura del proprio pensiero, voi misurate la vostra certezza sulla Parola di Dio, della quale la Chiesa, Madre e Maestra, garantisce l’autenticità. In un mondo, che sembra misurare la propria maturità razionale, in campo religioso specialmente, dalle incontentabili sottigliezze dei propri dubbi e dei propri sofismi, voi camminate diritti e sicuri, con mentalità, che chi non vi conosce potrà qualificare puramente elementare e popolare mentre essa attinge alla semplicità e alla lucidità della divina sapienza. Camminate con la logica della fede, diventata principio di pensiero e d’azione, come c’insegna S. Paolo: il giusto, cioè l’uomo buono, l’uomo autentico ex fide vivit (Rom. 1, 17; Gal. 3, 11), vive cioè traendo dalla fede i principii orientatori della propria vita. 

La seconda conclusione programmatica della vostra vocazione è la necessità di Cristo, perché è Cristo; cioè perché emana da lui una attrazione obbligante a militare per la sua gloria. Chi lo ha incontrato, chi, in profondità un po’ almeno, lo abbia conosciuto, chi abbia udito l’invito incantevole e avvincente della sua voce, non può non seguirlo; e lo segue con uno spirito di fiducia e di avventura, che fa del seguace un eroe, un apostolo, anche qui come enfaticamente, ma realisticamente, conclude San Paolo: fratres nostri apostoli ecclesiarum, gloria Christi (2 Cor. 8, 23), questi nostri fratelli sono Apostoli delle Chiese, gloria di Cristo! Necessità di Cristo per se stesso; Egli ben merita l’amore, il dono, il sacrificio della vita e simultanea deriva la necessità di Cristo per gli uomini, per tutti i fratelli della terra, perché Egli, ed Egli solo è il Salvatore (Act. 4, 12), mentre l’annuncio della sua salvezza è condizionato all’azione apostolica, alla diffusione missionaria (Cfr. Rom. 10, 14 ss.). Voi, Missionari, personificate questa necessità di Cristo. 

Oggi, come ieri. Se, infatti, da un lato, il Missionario cattolico dovrà riconoscere quanto vi è di vero e di santo anche nelle altre religioni (Cfr. Nostra Aetate, 2) e, in particolare, i tesori di fede e di grazia, che le Chiese e le comunità cristiane, da noi pur troppo tuttora separate, ancora conservano ed alimentano, e se nel suo zelo apostolico egli dovrà astenersi da ogni sleale proselitismo, resta pur sempre vera la parola del recente Concilio ecumenico, che «solo per mezzo della Chiesa cattolica di Cristo, la quale è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere ogni pienezza di mezzi salutari» (Unitatis Redintegratio, 3). Così dicendo, noi non facciamo . . . del trionfalismo. Noi cerchiamo, voi ben lo sapete, d’interpretare il sistema storico-sociale, cioè ecclesiale, che il Signore ha stabilito per la diffusione del Vangelo e per l’edificazione della sua Chiesa; e voi, Missionari, operai e collaboratori della Gerarchia apostolica, siete i cruciferi, i portatori della Croce, mandati nel mondo. Per questo vi sarà oggi consegnato, da noi benedetto, il Crocifisso: umile crocifisso, segno di pazienza e di confortante coraggio per voi; segno di fede, di liberazione e di gaudio a quanti voi avrete l’onorifico ministero di predicarlo e di portarlo. 

Publié dans:Natale 2007 - Epifania 2008, Papi |on 3 janvier, 2008 |Pas de commentaires »
1...1213141516

PUERI CANTORES SACRE' ... |
FIER D'ÊTRE CHRETIEN EN 2010 |
Annonce des évènements à ve... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | Vie et Bible
| Free Life
| elmuslima31