Archive pour décembre, 2007

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno nativity2

Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 26 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

Santo Stefano, il primo a seguire le orme di Cristo

San Cesario di Arles (470-543), monaco e vescovo
Discorsi al popolo, n° 37 ; SC 243, 233

Santo Stefano, il primo a seguire le orme di Cristo

« Cristo patì per noi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme » (1 Pt 2,21). Quale esempio del Signore dovremo seguire? È forse quello di risuscitare i morti? Quello di camminare sul mare? No assolutamente, bensì di essere miti e umili di cuore (Mt 11,29), e di amare non soltanto i nostri amici, ma anche i nostri nemici (Mt 5,44).

« Perché ne seguiate le orme », scrive san Pietro. Il beato evangelista Giovanni dice lo stesso: « Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato » (1 Gv 2,6). Come Cristo si è comportato? Sulla croce ha pregato per i suoi nemici, dicendo: « Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno » (Lc 23,34). Hanno infatti perso il senno e sono posseduti da uno spirito malvagio, e mentre ci perseguitano, soffrono da parte del diavolo una più grande persecuzione. Per questo dobbiamo pregare per la loro liberazione più che per la loro condanna.

Questo appunto ha fatto il beato Stefano, il quale per primo ha seguito gloriosamente le orme di Cristo. Infatti, mentre era colpito da una sassaiola di pietre, ha pregato in piedi per se stesso; ma per i suoi nemici, inginocchiatosi, ha gridato con tutte le sue forze: « Signore Gesù Cristo, non imputar loro questo peccato » (Ac 7,60). Dunque, se riteniamo che non siamo capaci di imitare il nostro Signore, imitiamo almeno colui che era, come noi, il suo servo.

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 26 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

Natale 2007

Natale 2007 dans Natale 2007 -  Epifania 2008

http://santiebeati.it/immagini/?mode=view&album=20650&pic=20650AH.JPG&dispsize=Original&start=20

Publié dans:Natale 2007 - Epifania 2008 |on 25 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

NATALE 2007 – MESSA DI MEZZANOTTE – OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

dal sito: 

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2007/documents/hf_ben-xvi_hom_20071224_christmas_it.html 

SANTA MESSA DI MEZZANOTTE 

SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE 

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI 

Basilica Vaticana
Martedì, 25 dicembre 2007
 

  Cari fratelli e sorelle

Per Maria si compirono i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo” (cfr Lc 2,6s). Queste frasi, sempre di nuovo ci toccano il cuore. È arrivato il momento che l’Angelo aveva preannunziato a Nazaret: “Darai alla luce un figlio e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo” (cfr Lc 1,31). È arrivato il momento che Israele aveva atteso da tanti secoli, durante tante ore buie – il momento in qualche modo atteso da tutta l’umanità in figure ancora confuse: che Dio si prendesse cura di noi, che uscisse dal suo nascondimento, che il mondo diventasse sano e che Egli rinnovasse tutto. Possiamo immaginare con quanta preparazione interiore, con quanto amore Maria sia andata incontro a quell’ora. Il breve accenno: “Lo avvolse in fasce” ci lascia intravedere qualcosa della santa gioia e dello zelo silenzioso di quella preparazione. Erano pronte le fasce, affinché il bimbo potesse essere accolto bene. Ma nell’albergo non c’è posto. In qualche modo l’umanità attende Dio, la sua vicinanza. Ma quando arriva il momento, non ha posto per Lui. È tanto occupata con se stessa, ha bisogno di tutto lo spazio e di tutto il tempo in modo così esigente per le proprie cose, che non rimane nulla per l’altro – per il prossimo, per il povero, per Dio. E quanto più gli uomini diventano ricchi, tanto più riempiono tutto con se stessi. Tanto meno può entrare l’altro. 

Giovanni, nel suo Vangelo, puntando all’essenziale ha approfondito la breve notizia di san Luca sulla situazione in Betlemme: “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (1,11). Ciò riguarda innanzitutto Betlemme: il Figlio di Davide viene nella sua città, ma deve nascere in una stalla, perché nell’albergo non c’è posto per Lui. Riguarda poi Israele: l’inviato viene dai suoi, ma non lo si vuole. Riguarda in realtà l’intera umanità: Colui per il quale è stato fatto il mondo, il primordiale Verbo creatore entra nel mondo, ma non viene ascoltato, non viene accolto. 

Queste parole riguardano in definitiva noi, ogni singolo e la società nel suo insieme. Abbiamo tempo per il prossimo che ha bisogno della nostra, della mia parola, del mio affetto? Per il sofferente che ha bisogno di aiuto? Per il profugo o il rifugiato che cerca asilo? Abbiamo tempo e spazio per Dio? Può Egli entrare nella nostra vita? Trova uno spazio in noi, o abbiamo occupato tutti gli spazi del nostro pensiero, del nostro agire, della nostra vita per noi stessi? 

Grazie a Dio, la notizia negativa non è l’unica, né l’ultima che troviamo nel Vangelo. Come in Luca incontriamo l’amore della madre Maria e la fedeltà di san Giuseppe, la vigilanza dei pastori e la loro grande gioia, come in Matteo incontriamo la visita dei sapienti Magi, venuti da lontano, così anche Giovanni ci dice: “A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). Esistono quelli che lo accolgono e così, a cominciare dalla stalla, dall’esterno, cresce silenziosamente la nuova casa, la nuova città, il nuovo mondo. Il messaggio di Natale ci fa riconoscere il buio di un mondo chiuso, e con ciò illustra senz’altro una realtà che vediamo quotidianamente. Ma esso ci dice anche, che Dio non si lascia chiudere fuori. Egli trova uno spazio, entrando magari per la stalla; esistono degli uomini che vedono la sua luce e la trasmettono. Mediante la parola del Vangelo, l’Angelo parla anche a noi, e nella sacra liturgia la luce del Redentore entra nella nostra vita. Se siamo pastori o sapienti – la luce e il suo messaggio ci chiamano a metterci in cammino, ad uscire dalla chiusura dei nostri desideri ed interessi per andare incontro al Signore ed adorarlo. Lo adoriamo aprendo il mondo alla verità, al bene, a Cristo, al servizio di quanti sono emarginati e nei quali Egli ci attende. 

In alcune rappresentazioni natalizie del tardo Medioevo e dell’inizio del tempo moderno la stalla appare come un palazzo un po’ fatiscente. Se ne può ancora riconoscere la grandezza di una volta, ma ora è andato in rovina, le mura sono diroccate – è diventato, appunto, una stalla. Pur non avendo nessuna base storica, questa interpretazione, nel suo modo metaforico, esprime tuttavia qualcosa della verità che si nasconde nel mistero del Natale. Il trono di Davide, al quale era promessa una durata eterna, è vuoto. Altri dominano sulla Terra santa. Giuseppe, il discendente di Davide, è un semplice artigiano; il palazzo, di fatto, è diventato una capanna. Davide stesso aveva cominciato da pastore. Quando Samuele lo cercò per l’unzione, sembrava impossibile e contraddittorio che un simile pastore-ragazzino potesse diventare il portatore della promessa di Israele. Nella stalla di Betlemme, proprio lì dove era stato il punto di partenza, ricomincia la regalità davidica in modo nuovo – in quel bimbo avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. Il nuovo trono dal quale questo Davide attirerà il mondo a sé è la Croce. Il nuovo trono – la Croce – corrisponde al nuovo inizio nella stalla. Ma proprio così viene costruito il vero palazzo davidico, la vera regalità. Questo nuovo palazzo è così diverso da come gli uomini immaginano un palazzo e il potere regale. Esso è la comunità di quanti si lasciano attrarre dall’amore di Cristo e con Lui diventano un corpo solo, un’umanità nuova. Il potere che proviene dalla Croce, il potere della bontà che si dona – è questa la vera regalità. La stalla diviene palazzo – proprio a partire da questo inizio, Gesù edifica la grande nuova comunità, la cui parola-chiave cantano gli Angeli nell’ora della sua nascita: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” – uomini che depongono la loro volontà nella sua, diventando così uomini di Dio, uomini nuovi, mondo nuovo. 

Gregorio di Nissa, nelle sue omelie natalizie ha sviluppato la stessa visione partendo dal messaggio di Natale nel Vangelo di Giovanni: “Ha posto la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1,14). Gregorio applica questa parola della tenda alla tenda del nostro corpo, diventato logoro e debole; esposto dappertutto al dolore ed alla sofferenza. E la applica all’intero cosmo, lacerato e sfigurato dal peccato. Che cosa avrebbe detto, se avesse visto le condizioni, in cui si trova oggi la terra a causa dell’abuso delle energie e del loro egoistico sfruttamento senza alcun riguardo? Anselmo di Canterbury, in una maniera quasi profetica, ha una volta descritto in anticipo ciò che noi oggi vediamo in un mondo inquinato e minacciato per il suo futuro: “Tutto era come morto, aveva perso la sua dignità, essendo stato fatto per servire a coloro che lodano Dio. Gli elementi del mondo erano oppressi, avevano perso il loro splendore a causa dell’abuso di quanti li rendevano servi dei loro idoli, per i quali non erano stati creati” (PL 158, 955s). Così, secondo la visione di Gregorio, la stalla nel messaggio di Natale rappresenta la terra maltrattata. Cristo non ricostruisce un qualsiasi palazzo. Egli è venuto per ridare alla creazione, al cosmo la sua bellezza e la sua dignità: è questo che a Natale prende il suo inizio e fa giubilare gli Angeli. La terra viene rimessa in sesto proprio per il fatto che viene aperta a Dio, che ottiene nuovamente la sua vera luce e, nella sintonia tra volere umano e volere divino, nell’unificazione dell’alto col basso, recupera la sua bellezza, la sua dignità. Così Natale è una festa della creazione ricostituita. A partire da questo contesto i Padri interpretano il canto degli Angeli nella Notte santa: esso è l’espressione della gioia per il fatto che l’alto e il basso, cielo e terra si trovano nuovamente uniti; che l’uomo è di nuovo unito a Dio. Secondo i Padri fa parte del canto natalizio degli Angeli che ora Angeli e uomini possano cantare insieme e in questo modo la bellezza del cosmo si esprima nella bellezza del canto di lode. Il canto liturgico – sempre secondo i Padri – possiede una sua dignità particolare per il fatto che è un cantare insieme ai cori celesti. È l’incontro con Gesù Cristo che ci rende capaci di sentire il canto degli Angeli, creando così la vera musica che decade quando perdiamo questo con-cantare e con-sentire. 

Nella stalla di Betlemme cielo e terra si toccano. Il cielo è venuto sulla terra. Per questo, da lì emana una luce per tutti i tempi; per questo lì s’accende la gioia; per questo lì nasce il canto. Alla fine della nostra meditazione natalizia vorrei citare una parola straordinaria di sant’Agostino. Interpretando l’invocazione della Preghiera del Signore: “Padre nostro che sei nei cieli”, egli domanda: che cosa è questo – il cielo? E dove è il cielo? Segue una risposta sorprendente: “…che sei nei cieli – ciò significa: nei santi e nei giusti. I cieli sono, sì, i corpi più alti dell’universo, ma tuttavia corpi, che non possono essere se non in un luogo. Se, però, si crede che il luogo di Dio sia nei cieli come nelle parti più alte del mondo, allora gli uccelli sarebbero più fortunati di noi, perché vivrebbero più vicini a Dio. Ma non è scritto: ‘Il Signore è vicino a quanti abitano sulle alture o sulle montagne’, ma invece: ‘Il Signore è vicino ai contriti di cuore’ (Sal 34[33],19), espressione che si riferisce all’umiltà. Come il peccatore viene chiamato ‘terra’, così al contrario il giusto può essere chiamato ‘cielo’” (Serm. in monte II 5, 17). Il cielo non appartiene alla geografia dello spazio, ma alla geografia del cuore. E il cuore di Dio, nella Notte santa, si è chinato giù fin nella stalla: l’umiltà di Dio è il cielo. E se andiamo incontro a questa umiltà, allora tocchiamo il cielo. Allora diventa nuova anche la terra. Con l’umiltà dei pastori mettiamoci in cammino, in questa Notte santa, verso il Bimbo nella stalla! Tocchiamo l’umiltà di Dio, il cuore di Dio! Allora la sua gioia toccherà noi e renderà più luminoso il mondo. Amen.  

Buon Natale a tutti

Buon Natale a tutti dans immagini buon...notte, giorno 7art-00236_Dahlia-decorative-light-pink-flower

http://7art-screensavers.com/free-clipart/7art-00236_Dahlia-decorative-light-pink-flower.shtml

Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 25 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

« Questo per voi il segno: un bambino… che giace in una mangiatoia » (Lc 2,12)

Beato Guerrico d’Igny (circa 1080-1157), abate cistercense
Discorso 1 per il Natale del Signore ; SC 166, 167

« Questo per voi il segno: un bambino… che giace in una mangiatoia » (Lc 2,12)

« Un bambino è nato per noi » (Is 9,5). E il Dio di maestà spogliò se stesso (Fil 2,7), divenendo simile non soltanto al corpo terreno di un uomo mortale, ma anche alla tenera e debole età dei bambini… O santa e dolce infanzia che restituisce all’uomo la vera innocenza! Attraverso di te ogni età può tornare a una beata infanzia (Mt 18,3) e diventare conforme al Bambino-Dio, non per la piccolezza delle sue membra, bensì per l’umiltà del cuore e la mitezza…

Per darti l’esempio, Dio ha voluto, pur essendo più grande di tutti, diventare più umile e più piccolo di tutti. Per lui era poca cosa farsi inferiore agli angeli (Eb 2,9) assumendo la condizione della nostra natura mortale. Doveva proprio farsi inferiore agli uomini, assumendo l’età e la dolcezza di un bambino. Che l’uomo pio ed umile vi presti attenzione, e se ne rallegri. Che l’uomo empio e superbo vi presti attenzione, e ne sia confuso. Vedano il Dio infinito fattosi bambino, un piccolo che va adorato…

In questa prima manifestazione agli uomini mortali, Dio preferisce mostrarsi sotto l’apparenza di un bambino, apparire più amabile che temibile. Perciò, poiché viene a salvare e non a giudicare, mostra per il momento ciò che potrebbe suscitare l’amore, e rinvia a più tardi ciò che potrebbe suscitare il timore. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della sua grazia (Eb 4,16), noi che non possiamo nemmeno pensare senza tremare al trono della sua gloria. Qui, non c’è nulla di terribile e di severo da temere. Al contrario, tutto è bontà e mitezza per ispirarti fiducia. Veramente, nulla è più facile da placare che il cuore di questo bambino; previene le tue offerte di pace e di soddisfazione e, per primo, manda a te, che sei il colpevole, messaggeri di pace per incoraggiarti ad una riconciliazione. Ti basta volerlo, e volerlo veramente e perfettamente. Non solo ti concederà il suo perdono, ma ti colmerà della sua grazia. Anzi, ritenendo che non è un guadagno trascurabile l’aver ritrovato la pecora perduta, celebra una festa con i suoi angeli (Lc 15,7).

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 25 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

Natale 2007

 Natale 2007 dans Natale 2007 -  Epifania 2008 buon4

natale25 dans Natale 2007 -  Epifania 2008

http://www.fantasygif.it/index_2.htm

Publié dans:Natale 2007 - Epifania 2008 |on 24 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

di Leone Tolstoj: Il Natale di Martin

dal sito:

http://digilander.libero.it/semprenatale/Natale/NatalediMartin.htm

Il Natale di Martin 

di Leone Tolstoj

In una certa città viveva un ciabattino, di nome Martin Avdeic. Lavorava in una stanzetta in un seminterrato, con una finestra che guardava sulla strada. Da questa poteva vedere soltanto i piedi delle persone che passavano, ma ne riconosceva molte dalle scarpe, che aveva riparato lui stesso. Aveva sempre molto da fare, perché lavorava bene, usava materiali di buona qualità e per di più non si faceva pagare troppo.
Anni prima, gli erano morti la moglie e i figli e Martin si era disperato al punto di rimproverare Dio. Poi un giorno, un vecchio del suo villaggio natale, che era diventato un pellegrino e aveva fama di santo, andò a trovarlo. E Martin gli aprì il suo cuore.
- Non ho più desiderio di vivere – gli confessò. – Non ho più speranza.
Il vegliardo rispose: « La tua disperazione è dovuta al fatto che vuoi vivere solo per la tua felicità. Leggi il Vangelo e saprai come il Signore vorrebbe che tu vivessi.
Martin si comprò una Bibbia. In un primo tempo aveva deciso di leggerla soltanto nei giorni di festa ma, una volta cominciata la lettura, se ne sentì talmente rincuorato che la lesse ogni giorno.
E cosi accadde che una sera, nel Vangelo di Luca, Martin arrivò al brano in cui un ricco fariseo invitò il Signore in casa sua. Una donna, che pure era una peccatrice, venne a ungere i piedi del Signore e a lavarli con le sue lacrime. Il Signore disse al fariseo: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e non mi hai dato acqua per i piedi. Questa invece con le lacrime ha lavato i miei piedi e con i suoi capelli li ha asciugati… Non hai unto con olio il mio capo, questa invece, con unguento profumato ha unto i miei piedi.
Martin rifletté. Doveva essere come me quel fariseo. Se il Signore venisse da me, dovrei comportarmi cosi? Poi posò il capo sulle braccia e si addormentò.
All’improvviso udì una voce e si svegliò di soprassalto. Non c’era nessuno. Ma senti distintamente queste parole: – Martin! Guarda fuori in strada domani, perché io verrò.
L’indomani mattina Martin si alzò prima dell’alba, accese il fuoco e preparò la zuppa di cavoli e la farinata di avena. Poi si mise il grembiule e si sedette a lavorare accanto alla finestra. Ma ripensava alla voce udita la notte precedente e così, più che lavorare, continuava a guardare in strada. Ogni volta che vedeva passare qualcuno con scarpe che non conosceva, sollevava lo sguardo per vedergli il viso. Passò un facchino, poi un acquaiolo. E poi un vecchio di nome Stepanic, che lavorava per un commerciante del quartiere, cominciò a spalare la neve davanti alla finestra di Martin che lo vide e continuò il suo lavoro.
Dopo aver dato una dozzina di punti, guardò fuori di nuovo. Stepanic aveva appoggiato la pala al muro e stava o riposando o tentando di riscaldarsi. Martin usci sulla soglia e gli fece un cenno. – Entra· disse – vieni a scaldarti. Devi avere un gran freddo.
- Che Dio ti benedica!-  rispose Stepanic. Entrò, scuotendosi di dosso la neve e si strofinò ben bene le scarpe al punto che barcollò e per poco non cadde.
- Non è niente – gli disse Martin. – Siediti e prendi un po’ di tè.
Riempi due boccali e ne porse uno all’ospite. Stepanic bevve d’un fiato. Era chiaro che ne avrebbe gradito un altro po’. Martin gli riempi di nuovo il bicchiere. Mentre bevevano, Martin continuava a guardar fuori della finestra.
- Stai aspettando qualcuno? – gli chiese il visitatore.
- Ieri sera-  rispose Martin – stavo leggendo di quando Cristo andò in casa di un fariseo che non lo accolse coi dovuti onori. Supponi che mi succeda qualcosa di simile. Cosa non farei per accoglierlo! Poi, mentre sonnecchiavo, ho udito qualcuno mormorare: « Guarda in strada domani, perché io verrò ».
Mentre Stepanic ascoltava, le lacrime gli rigavano le guance. – Grazie, Martin Avdeic. Mi hai dato conforto per l’anima e per il corpo.
Stepanic se ne andò e Martin si sedette a cucire uno stivale. Mentre guardava fuori della finestra, una donna con scarpe da contadina passò di lì e si fermò accanto al muro. Martin vide che era vestita miseramente e aveva un bambino fra le braccia. Volgendo la schiena al vento, tentava di riparare il piccolo coi propri indumenti, pur avendo indosso solo una logora veste estiva. Martin uscì e la invitò a entrare. Una volta in casa, le offrì un po’ di pane e della zuppa. – Mangia, mia cara, e riscaldati -  le disse.
Mangiando, la donna gli disse chi era: -  Sono la moglie di un soldato. Hanno mandato mio marito lontano otto mesi fa e non ne ho saputo più nulla. Non sono riuscita a trovare lavoro e ho dovuto vendere tutto quel che avevo per mangiare. Ieri ho portato al monte dei pegni il mio ultimo scialle.
Martin andò a prendere un vecchio mantello. – Ecco – disse. -  È un po’ liso ma basterà per avvolgere il piccolo.
La donna, prendendolo, scoppiò in lacrime. – Che il Signore ti benedica.
-  Prendi – disse Martin porgendole del denaro per disimpegnare lo scialle. Poi l’accompagnò alla porta.
Martin tornò a sedersi e a lavorare. Ogni volta che un’ombra cadeva sulla finestra, sollevava lo sguardo per vedere chi passava. Dopo un po’, vide una donna che vendeva mete da un paniere. Sulla schiena portava un sacco pesante che voleva spostare da una spalla all’altra. Mentre posava il paniere su un paracarro, un ragazzo con un berretto sdrucito passò di corsa, prese una mela e cercò di svignarsela. Ma la vecchia lo afferrò per i capelli. Il ragazzo si mise a strillare e la donna a sgridarlo aspramente.
Martin corse fuori. La donna minacciava di portare il ragazzo alla polizia. – Lascialo andare, nonnina – disse Martin. – Perdonalo, per amor di Cristo.
La vecchia lasciò il ragazzo. – Chiedi perdono alla nonnina – gli ingiunse allora Martin.
Il ragazzo si mise a piangere e a scusarsi. Martin prese una mela dal paniere e la diede al ragazzo dicendo: – Te la pagherò io, nonnina.
- Questo mascalzoncello meriterebbe di essere frustato – disse la vecchia.
- Oh, nonnina – fece Martin – se lui dovesse essere frustato per aver rubato una mela, cosa si dovrebbe fare a noi per tutti i nostri peccati? Dio ci comanda di perdonare, altrimenti non saremo perdonati. E dobbiamo perdonare soprattutto a un giovane sconsiderato.
- Sarà anche vero – disse la vecchia – ma stanno diventando terribilmente viziati.
Mentre stava per rimettersi il sacco sulla schiena, il ragazzo sì fece avanti. – Lascia che te lo porti io, nonna. Faccio la tua stessa strada.
La donna allora mise il sacco sulle spalle del ragazzo e si allontanarono insieme.
Martin tornò a lavorare. Ma si era fatto buio e non riusciva più a infilare l’ago nei buchi del cuoio. Raccolse i suoi arnesi, spazzò via i ritagli di pelle dal pavimento e posò una lampada sul tavolo. Poi prese la Bibbia dallo scaffale.
Voleva aprire il libro alla pagina che aveva segnato, ma si apri invece in un altro punto. Poi, udendo dei passi, Martin si voltò. Una voce gli sussurrò all’orecchio: – Martin, non mi riconosci?
- Chi sei? – chiese Martin.
- Sono io – disse la voce. E da un angolo buio della stanza uscì Stepanic, che sorrise e poi svanì come una nuvola.
- Sono io – disse di nuovo la voce. E apparve la donna col bambino in braccio. Sorrise. Anche il piccolo rise. Poi scomparvero.
- Sono io – ancora una volta la voce. La vecchia e il ragazzo con la mela apparvero a loro volta, sorrisero e poi svanirono.
Martin si sentiva leggero e felice. Prese a leggere il Vangelo là dove si era aperto il libro. In cima alla pagina lesse: Ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi dissetaste, fui forestiero e mi accoglieste. In fondo alla pagina lesse: Quanto avete fatto a uno dei più piccoli dei miei fratelli, l’avete fatto a me.
Così Martin comprese che il Salvatore era davvero venuto da lui quel giorno e che lui aveva saputo accoglierlo
.

di Leone Tolstoj: Il Natale di Martin dans Natale 2007 -  Epifania 2008 gifpic4

http://www.fantasygif.it/index_2.htm

Publié dans:Natale 2007 - Epifania 2008 |on 24 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans Natale 2007 -  Epifania 2008 jesus

 

http://www.fantasygif.it/index_2.htm

Publié dans:Natale 2007 - Epifania 2008 |on 24 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

« Hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo » (Colletta della messa)

Giuliano di Vézelay (circa 1080-circa 1160), monaco benedettino
Discorsi, 1 per Natale; SC 192, 45s

« Hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo » (Colletta della messa)

« Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente, o Signore, venne dal trono regale » (Sap 18, 14-15). Si riferisce la Scrittura a quel sacro tempo in cui la parola onnipotente di Dio venne tra noi a rivelarci la salvezza, discendendo dal seno e dal cuore del Padre nel seno di una madre… Dalla sede regale, dunque, la parola del Signore è scesa fino a noi, umiliandosi per esaltarci, spogliandosi del suo splendore per arricchirci, incarnandosi per renderci divini…

Questa parola disse: Sia fatto il mondo; e il mondo fu. Disse: Sia fatto l’uomo; e l’uomo fu fatto. Ma non fu così semplice la redenzione come lo era stata la creazione: creò con un fiat, redense con la morte; fece tutto con un comando, rifece con la sua passione. « Mi avete stancato » disse (Ml 2,17). Non ho fatto fatica a creare tutto il mondo, reggerlo e governarlo: mi estendo da un confine all’altro con forza, governo con soavità ogni cosa (Sap 8,1). Solo l’uomo, violando continuamente la legge da me stabilita, mi ha fatto soffrire per i suoi peccati. E così, venendo dal mio trono regale, non ho sdegnato di chiudermi nel seno di una vergine né di farmi uno con l’uomo nella sua abiezione. Appena nato, mi lascio avvolgere in fasce e adagiare in una mangiatoia, perché per il Creatore del mondo non c’è posto in un’albergo!

E così, un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose: tacevano i profeti che lo avevano annunziato, tacevano gli apostoli che presto lo avrebbero predicato… Venga anche ora la parola del Signore a noi che l’attendiamo nel silenzio! Ascoltiamo che cosa ci dice Dio nell’intimo dell’anima. Tacciano i movimenti della nostra carne e il chiasso importuno, taccia anche la nostra irrequieta fantasia, per ascoltare attentamente che cosa dice lo Spirito, la voce che viene dal cielo.

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 24 décembre, 2007 |Pas de commentaires »
123456...18

PUERI CANTORES SACRE' ... |
FIER D'ÊTRE CHRETIEN EN 2010 |
Annonce des évènements à ve... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | Vie et Bible
| Free Life
| elmuslima31