Predicatore del Papa: l’Italia ha bisogno di un “sussulto di speranza”
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Predicatore del Papa: l’Italia ha bisogno di un “sussulto di speranza”
Nessun Paese più del nostro deve meditare l’Enciclica del Papa, afferma
Di Mirko Testa
CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 21 dicembre 2007 (ZENIT.org).- L’Italia ha bisogno di un “sussulto di speranza” e di scrollarsi di dosso “lo scoraggiamento” e “la perdita di fiducia in sé”, ha detto questo venerdì il Predicatore della Casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa.
Nell’ultima delle prediche di Avvento, tenutesi nella Cappella “Redemptoris Mater”, alla presenza di Benedetto XVI e della Curia romana, padre Cantalamessa ha voluto centrare la sua meditazione su Gesù come fondamento della speranza che non delude, richiamando il contenuto teologico e l’attualità della seconda Enciclica del Papa, dal titolo “Spe salvi”.
Innanzitutto, ha ricordato che la venerazione di Gesù come figura divina non è “un frutto posteriore della fede”, “imposto per legge da Costantino a Nicea nel 325”, ma si diffuse rapidamente tra le cerchie cristiane giudaiche dei primissimi anni.
Smontando la plausibilità storica del “Gesù degli atei”, il religioso cappuccino ha detto che “se si nega o si prescinde dalla fede in Dio, non si elimina solo la divinità, o il cosiddetto Cristo della fede, ma anche il Gesú storico tout court, non si salva neppure l’uomo Gesú”, perché “il Gesú dei vangeli vive e opera in continuo riferimento al Padre celeste”, “prega e insegna a pregare”, “fonda tutto sulla fede in Dio”.
Per questa ragione, partire dal presupposto che Dio non esiste riduce la figura di Gesù a quella di “uno dei tanti illusi che ha pregato, adorato, parlato con la propria ombra”.
A questo punto, ha continuato il religioso, la nostra speranza si fonda proprio sul fatto che “il dono del Figlio è pegno e garanzia di tutto il resto, e in primo luogo, della vita eterna”, e che noi, in quanto “coeredi di Cristo”, siamo “eredi di Dio”.
“Noi creature umane – ha sottolineato – abbiamo bisogno di speranza per vivere, come dell’ossigeno per respirare”.
Tutto ciò si riflette anche “sul piano umano e sociale”. Infatti, “in Italia si è fermata la speranza e con essa la fiducia, lo slancio, la crescita, anche economica”.
“Il ‘declino’ di cui si parla nasce da qui. La paura del futuro ha preso il posto della speranza. La scarsità delle nascite ne è il rivelatore più chiaro”, ha osservato.
Facendo riferimento al titolo di una parabola dello scrittore danese Johannes Jorgensen, il predicatore del Papa ha paragonato la speranza teologale a un “filo dall’alto” “che sostiene dal centro tutte le speranze umane”.
In questo contesto di crisi, “il servizio più prezioso che la Chiesa italiana può fare, in questo momento al paese, è quello di aiutarlo ad avere un sussulto di speranza”, ha affermato padre Cantalamessa.
“Contribuisce a questo scopo chi (come ha fatto Benigni nel suo recente spettacolo in Tv) non ha paura di contrastare il disfattismo, ricordando agli italiani i tanti e straordinari motivi, spirituali e culturali, che essi hanno di avere fiducia nelle proprie risorse”.
“Di questa terapia abbiamo bisogno per guarire dalla malattia più perniciosa di tutte: la disperazione, lo scoraggiamento, la perdita di fiducia in sé, nella vita e perfino nella Chiesa”, ha aggiunto.
Tuttavia, ha avvertito, “non si abbonda nella speranza senza la virtù dello Spirito Santo”, che è “la scia di profumo che Gesú si è lasciato dietro, passando su questa terra”.
“La speranza è miracolosa: quando rinasce in un cuore, tutto è diverso anche se nulla è cambiato. Dove rinasce la speranza rinasce anzitutto la gioia”.
A questo proposito, ha continuato, l’Apostolo Paolo nella Lettera ai Romani “dice che i credenti sono spe salvi, ‘salvati nella speranza’ e che perciò devono essere spe gaudentes ‘lieti nella speranza’”.
“Non gente che spera di essere felice, ma gente che è felice di sperare; felice già ora, per il semplice fatto di sperare”, ha quindi concluso.

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