Il Papa: nelle cause dei santi ci vuole “obiettività” e “rettitudine”
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Il Papa: nelle cause dei santi ci vuole “obiettività” e “rettitudine”
Durante l’udienza ai postulatori di cause di beatificazione e canonizzazione
Di Mirko Testa
CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 18 dicembre 2007 (ZENIT.org).- Nella raccolta di prove testimoniali per le cause dei santi occorre dare spazio anche alle voci contrarie, ha ricordato questo lunedì Benedetto XVI.
Così ha detto il Papa nel ricevere in udienza i postulatori delle cause di beatificazione e canonizzazione della Congregazione delle Cause dei Santi, presieduta dal Cardinale José Saraiva Martins, C.F.M.
Esprimendo parole di apprezzamento per il “prezioso” lavoro di quanti collaborano nella trattazione dei processi canonici, data anche “l’importanza ecclesiale e sociale di proporre sempre nuovi modelli di santità”, il Pontefice ha quindi fatto appello agli operatori delle cause dei santi “a porsi esclusivamente al servizio della verità”.
“Per questa ragione, nel corso dell’Inchiesta diocesana, le prove testimoniali e documentali vanno raccolte sia quando sono favorevoli sia quando sono contrarie alla santità e alla fama di santità o di martirio dei Servi di Dio”, ha detto il Vescovo di Roma.
Le tappe che scandiscono una causa di beatificazione sono due: quella diocesana e quella romana. La prima riguarda l’inchiesta che il Vescovo competente istruisce per raccogliere tutti gli scritti del Servo di Dio e tutte le testimonianze e i documenti relativi alla sua vita, alle sue attività e virtù (teologali e cardinali) o al martirio. Mentre la seconda si svolge presso la Congregazione delle Cause dei Santi, dove i fatti vengono vagliati in via conclusiva.
La beatificazione – quando viene dichiarata la santità di vita del beato e permesso il culto pubblico in suo onore entro l’ambito della diocesi o di una istituzione ecclesiastica – è il primo passo nel cammino verso la definitiva canonizzazione, che prescrive il culto pubblico in tutta la Chiesa.
La storia della Chiesa conta anche qualche raro caso in cui la proclamazione a santo è avvenuta senza la precedente beatificazione, come testimonia l’esempio del Cardinale Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano, canonizzato nel 1610.
Al fine dell’inchiesta il Vescovo diocesano costituisce un apposito tribunale, presieduto da lui stesso o da un suo delegato, e formato da un promotore di giustizia e da un notaio.
Un’importanza speciale è rivestita dai testimoni che sono chiamati a deporre, e che, secondo le Normae servandae (7 febbraio 1983), ossia le regole della procedura, “devono essere oculari” e all’occorrenza anche “altri che hanno sentito da coloro che hanno visto”. Unica clausola imprescindibile il fatto che “siano degni di fede”.
A questo proposito, nel caso che un Servo di Dio appartenga a un Istituto di vita consacrata, la maggioranza dei testimoni deve essere estranea all’Istituto.
Questa documentazione viene raccolta da esperti di storia e archivistica i quali sono chiamati ad esprimere un giudizio sull’autenticità e il valore dei documenti, come pure sulla personalità del Servo di Dio, che trapela da quest’ultimi.
In questa prima fase comincia anche l’iter processuale per il riconoscimento del miracolo avvenuto per intercessione del Servo di Dio – spesso la guarigione da una malattia, che deve essere giudicata dagli specialisti come rapida, completa, duratura e inspiegabile secondo le attuali cognizioni medico-scientifiche –, che si svolge nell’ambito della diocesi dove è accaduto il fatto prodigioso.
A studiarlo è una Consulta medica, formata da cinque specialisti nella materia trattata e da due periti d’ufficio (anche se non è eslcusa la consulenza di altri periti), che sono chiamati a dare un giudizio tecnico.
Un tempo non vi era alcuna distinzione fra il giudizio medico-scientifico e quello teologico, successivamente però, nel 1948, Pio XII diede vita alla Consulta medica (allora Commissione medica) come organismo di valutazione scientifica.
Sebbene il riconoscimento di un miracolo (avvenuto solo post mortem, mai in vita) possa spianare la strada alla beatificazione – la prassi in uso dal 1975 deroga rispetto ai due miracoli previsti dal Codice di Diritto canonico del 1917 – non può tuttavia supplire a un eventuale difetto di prove sull’eroicità delle virtù.
Tutti gli atti di inchiesta vengono infine consegnati alla Congregazione delle Cause dei Santi che li esamina con un meticoloso lavoro di profilo scientifico per accertare l’eroicità delle virtù, il martirio e i presunti miracoli.
Una volta giunti a Roma gli atti del processo realizzato dalla diocesi, il postulatore e i suoi collaboratori – sotto la direzione di un relatore – si incaricano di redigere e di stampare la Positio, che comprende i volumi con le prove testimoniali e documentali e tutti gli atti giuridici, gli studi e i sommari.
Quando una causa è antica, questa Positio viene studiata previamente da sei consultori specializzati in storia, insieme con il relatore generale. Per tutte le cause, sia antiche che recenti, si sottomette la Positio all’esame di otto consultori teologici, insieme con il promotore generale della fede.
Il risultato del lavoro dei consultori viene sottoposto, insieme con la Positio, all’esame dei Cardinali e dei Vescovi. Soltanto una volta superate con voto favorevole tutte queste fasi, il Papa potrà esprimere il proprio giudizio sulla Positio, e ordinare la promulgazione del decreto sulle virtù in grado eroico, sul martirio o sul miracolo del Servo di Dio.
A questo proposito, nel corso dell’udienza di lunedì, Benedetto XVI ha detto che “l’obiettività e la completezza delle prove raccolte in questa prima – e per certi versi fondamentale – fase del processo canonico [...] devono essere seguite ovviamente dalla oggettività e dalla compiutezza delle Positiones”.
Il compito dei postulatori, ha quindi aggiunto, “deve rivelarsi ineccepibile, ispirato da rettitudine e improntato ad assoluta probità”.
“Ai postulatori sono richieste competenza professionale, capacità di discernimento e onestà nell’aiutare i Vescovi diocesani ad istruire inchieste complete, obiettive e valide tanto dal punto di vista formale che sostanziale”, ha aggiunto.
In una intervista a “L’Osservatore Romano” (17-18 dicembre 2007) monsignor Sandro Corradini, Promotore di Giustizia per la Congregazione delle Cause dei Santi, ha spiegato che a livello diocesano mentre “le cause di dichiarazione di nullità di matrimonio [...] sono più frequenti, e dunque ci sono tanti più esperti”, “le cause di beatificazione sono più rare e non ci sono persone più preparate”.
Monsignor Corradini ha spiegato che a livello diocesano mentre “le cause di dichiarazione di nullità di matrimonio [...] sono più frequenti, e dunque ci sono tanti più esperti”, “le cause di beatificazione sono più rare e non ci sono persone più preparate”.
“A volte esse si trovano di fronte alla prima ed unica esperienza che faranno in questo settore – ha aggiunto –. Ecco perché l’attenzione, la vigilanza devono essere maggiori e sono altamente necessarie”.
Attualmente, ha fatto sapere, sono circa 350 le Positiones in giacenza pronte per essere studiate, alcune delle quali risalgono al 1500, altre al 1652, mentre la maggior parte risale al XIX e XX secolo. Inoltre alla Congregazione sono giunte richieste per oltre 1.700 cause.
Monsignor Corradini ha poi fatto eco a quanto detto dal Papa evidenziando la necessità di non eliminare mai le testimonianze contrarie in una causa di beatificazione.
Da queste omissioni, ha spiegato, “dipende molto il percorso della causa, sia per desumere la tipicità del Servo di Dio, sia per non avere un servo di Dio fatto a cliché su un modello precostituito”.
Inoltre, ha aggiunto, “i lati negativi [...] non sempre sono ostantivi a un discorso di santità, anzi, fanno capire e fanno avvicinare la santità a noi. Quelli per i quali il servo di Dio è santo fin dalla nascita, sono cliché agiografici, che vanno evitati”.
Sempre nell’udienza Benedetto XVI ha poi tenuto a sottolineare che “non meno delicato e importante è l’aiuto che essi [i postulatori, ndr] prestano al Dicastero delle Cause dei Santi nella ricerca processuale della verità da raggiungere mediante una appropriata discussione, che tenga conto della certezza morale da acquisire e dei mezzi di prova realisticamente disponibili”.
La causa della verità storica è stata sempre presente nel lavoro della Congregazione sin dai suoi inizi, come testimonia il decreto di Pio X del 26 agosto 1913, poi recepito nel Codice di Diritto canonico del 1917, che stabiliva la raccolta e lo studio di tutti i documenti storici relativi alle cause.
Tuttavia, la fondamentale novità è stata apportata con la Lettera apostolica Già da qualche tempo del 6 febbraio 1930, con la quale Pio XI isitutì presso la Congregazione dei Riti (come si chiamava la Congregazione delle Cause dei Santi prima della Pastor Bonus del 1988) la “Sezione storica”, con il compito di portare il suo efficace contributo per la trattazione delle cause storiche, legate cioè ad eventi di cui non si avevano testimoni contemporanei ai fatti esaminati.
Questa Sezione, denominata a partire dal 1969 Ufficio storico-geografico, cominciò ad occuparsi di tutte le cause. Ma un determinante apporto al metodo e alla qualità storica della trattazione delle cause dei santi si è avuto con la Costituzione apostolica Divinus perfectionis Magister (25 gennaio 1983), promulgata da Giovanni Paolo II.
La velocità e lo snellimento negli ultimi decenni dei processi canonici, che hanno portato alcuni a parlare di una “fabbrica dei santi”, non sono dovuti a una minore accortezza ma innanzitutto alla decisione presa da Paolo VI, nel 1969, con la Lettera apostolica Sanctitas clarior.
Questo Papa infatti volle ridurre a uno soltanto i due processi che allora dovevano realizzarsi nella diocesi, con un ampio intervallo di tempo fra l’uno e l’altro, perché dovevano prima essere studiati a Roma gli atti del primo (per approvare la fama di santità e le virtù in generale del Servo di Dio) e soltanto una volta conclusa questa fase si poteva passare alla successiva.
La Congregazione delle Cause dei Santi è stata creata nel 1588 da Papa Sisto V con la Costituzione apostolica Immensa aeterni Dei con la quale vennero istitutiti nella Curia Romana ben quindici Dicasteri. E’ composta da 34 membri – Cardinali, Arcivescovi e Vescovi – un promotore della fede (prelato teologo), 5 relatori, 84 consultori e 64 medici per lo studio dei miracoli.
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