Archive pour le 16 décembre, 2007

questa mattina visita del Papa alla Parrocchia Santa Maria del Rosario a Roma

questa mattina visita del Papa alla Parrocchia Santa Maria del Rosario a Roma dans immagini del Papa

Pope Benedict XVI is helped with his robe at St. Mary of the Rosary church during a parish visit in Rome December 16, 2007.
REUTERS/Chris Helgren (ITALY)

http://news.yahoo.com/nphotos/Papacy-and-Vatican-Rome-Chris-Helgren-Pope-Benedict-XVI/ss/events/wl/033002pope/im:/071216/ids_photos_wl/r2178156881.jpg/;_ylt=AspxWzTt2dqj0Deyp9V2duNgWscF

 dans immagini del Papa

Pope Benedict XVI is helped with his robe at St. Mary of the Rosary church during a parish visit in Rome December 16, 2007.
REUTERS/Chris Helgren (ITALY)

http://news.yahoo.com/nphotos/Papacy-and-Vatican-Rome-Chris-Helgren-Pope-Benedict-XVI/ss/events/wl/033002pope/im:/071216/ids_photos_wl/r2398672113.jpg/;_ylt=AorIv.E8FYLRDDmlg_eCM4dgWscF

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Il fine della Legge è l’Amore

dal sito: 

http://www.communiobiblica.org/Articoli/corini-amore.html

   

Il fine della Legge è l’Amore 

di don Gabriele Corini 

Pensando in questi giorni a quale poteva essere il tema di questo articolo per il Natale, ho cercato di riflettere su quale fosse il messaggio ultimo e primo dell’Incarnazione: è l’Amore. Se noi ripercorriamo la Storia della Salvezza ogni qualvolta Dio rinnova la sua Promessa nell’Alleanza, rinnova prima di tutto il suo Amore. Così è stato per l’Alleanza nella fede con Abramo, con Noè, così l’Alleanza fondata sulla Legge mosaica ed infine così è anche per quanto riguarda l’Alleanza definitiva che avviene nell’Incarnazione e nel Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo, che porta a compimento le precedenti forme d’Alleanza. 

Rileggendo proprio in questi giorni un libro molto interessante dell’esegeta gesuita Paul Beauchamp, La Legge di Dio, mi è apparso chiaro come la rivelazione pedagogica del Signore ci porta verso l’esplicitazione piena della nostra natura umana, che si identifica proprio nella nostra capacità d’Amore. Scriveva il Card. Martini in una meditazione ai sacerdoti del decanato di Tradate: « E’ vero che tra un uomo ed una donna sposati possono intervenire problemi legali, che danno dei diritti a seconda delle diverse tradizioni; l’importante però è ricordare che ciascuno si è preso cura dell’altro, totalmente ed incondizionatamente…Nei rapporti conflittuali ci possono essere delle regole di legittima difesa per cui, se sono ingiustamente derubato, esigo ciò che mi è stato tolto; però ciò che importa è considerare l’altro come fratello, come amico, come persona da amare con tutte le forze…Non basta gridare « giustizia, giustizia », se non nasce l’Amore per l’altro. Si potrà mettere qualcosa a posto, però la società sarà sempre da rifare. Chi grida solo « giustizia » e non sente nello stesso tempo amore per l’altro, compassione, desiderio di rialibitazione, di rifacimento, di rinnovamento, che rimetta ciascuno nella sua giusta dignità, non grida davvero « giustizia » o meglio si fa della giustizia uno scudo per non amare ( di fatto grida « vendetta ») …( C.M. Martini, Briciole dalla Tavola della Parola, Piemme 2001, 147-149). 

Certamente queste parole riportano alla mente i fatti tragici e drammatici dei nostri giorni, della situazione internazionale e locale e ci interrogano inesorabilmente come cristiani sul nostro impegno per la Pace e per l’Amore. Il Bambino di Betlemme ci invita ai piedi della mangiatoia a prenderci le nostre responsabilità, a dire no con tutto noi stessi a soprusi, violenze, oppressioni, anche quando questo richiede di giocare in prima linea la nostra dignità ed il nostro tornaconto: questa è la logica dell’Incarnazione, questo è il fine della Legge, di quella mosaica, come di quella dell’Amore rinnovata da Gesù sul Monte delle Beatitudini in Galilea. Le « Dieci Parole » e le « Beatitudini » non sono in contrasto tra loro, ma si intersecano in un progetto d’Amore che deve diventare per ognuno di noi un programma di vita. Devono entrambi penetrare il tessuto della nostra quotidianità e diventare ogni giorno di più familiari alla nostra vita ed al nostro agire. 

Chiediamo dunque con umiltà e fervore al Signore che viene per rinnovare la nostra vita, questa capacità d’amare incondizionatamente, non importa secondo quale progetto vocazionale Egli ha posto nelle nostre mani, perché esso deve essere orientato e concepito proprio alla luce di questa vocazione universale all’Amore; semplicemente dobbiamo trovare quale dimensione ci è più propensa, secondo i « talenti » donatici dal Signore, per esprimere al meglio e con rinnovato entusiasmo la nostra capacità d’amare. Proprio in questi giorni una voce sottile e suadente di un mio confratello mi sussurrava: « Perché non ti fai francescano per continuare le tue ricerche e i tuoi studi… ». Io posso fare di me ciò che voglio, è vero, ma ciò che conta è il fare di Dio, ciò che Lui ha progettato di fare per me e con me, secondo le indicazioni che quotidianamente non manca mai di proporre ed ancor di più è fondamentale che io sappia intravedere quale sia la strada migliore per realizzare pienamente nella mia vita il comandamento dell’Amore: « Ama Dio con tutta la tua anima, con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze ed il prossimo tuo come te stesso ». 

Termino questo mio breve pensiero con le parole del Papa che ho voluto scrivere nei miei bigliettini augurali e che lascio anche a voi come auspicio per questo Natale. Già le avevo scritte lo scorso anno, ma mi pare che ancora una volta possano ben esprimere il nostro particolare anelito di Pace alla presenza di Gesù Bambino, perché questo sia veramente per tutti noi un Natale d’Amore: « O Bambino di Betlemme, Figlio di Maria e Figlio di Dio, Signore di tutti i tempi e Principe della Pace, « lo stesso ieri, oggi e sempre » (Eb 13, 8): mentre avanziamo verso il nuovo millennio, guarisci le nostre ferite, rafforza i nostri passi, apri il nostro cuore e la nostra mente alla « bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge » (Lc 1, 78). Amen ».  

Don Gabriele Corini 

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Il Papa alla parrocchia di Santa Maria del Rosario ai Martiri Portuensi

dal sito:

http://www.zenit.org/article-12911?l=italian

 Il Papa alla parrocchia di Santa Maria del Rosario ai Martiri Portuensi 

 

Visita in occasione della dedicazione della nuova chiesa 

 

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 16 dicembre 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata questa domenica da Benedetto XVI durante la messa celebrata nella parrocchia di Santa Maria del Rosario ai Martiri Portuensi alla Magliana, nel settore ovest della diocesi di Roma. 

* * * 

Cari fratelli e sorelle 

« Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino » (Fil 4,4-5). Con quest’invito alla gioia inizia l’antifona d’ingresso della Santa Messa in questa terza domenica di Avvento che, proprio per questo viene chiamata domenica « Gaudete« . In verità, tutto l’Avvento è un invito a gioire perché « il Signore viene », perché viene a salvarci. Risuonano confortatrici quasi ogni giorno, in queste settimane, le parole del profeta Isaia dirette al popolo ebreo esule in Babilonia dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme e sfiduciato di poter far ritorno nella città santa in rovina. « Quanti sperano nel Signore riacquistano forza – assicura il profeta – mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi » (Is 40,31). E ancora, « gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto » (ibid. 35,10). La liturgia dell’Avvento ci ripete costantemente che dobbiamo destarci dal sonno dell’abitudine e della mediocrità, dobbiamo abbandonare la tristezza e lo scoraggiamento; occorre che rinfranchiamo i nostri cuori perché « il Signore è vicino ». 

Quest’oggi, c’è per noi un ulteriore motivo di rallegrarci, cari fedeli della Parrocchia di Santa Maria del Rosario ai Martiri Portuensi, ed è la dedicazione della vostra nuova chiesa parrocchiale, che sorge sullo stesso luogo dove il mio amato predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, l’8 novembre 1998, celebrò la santa Messa in occasione della sua visita pastorale alla vostra comunità. La solenne liturgia della dedicazione di questo tempio costituisce un’occasione di intenso gaudio spirituale per tutto il Popolo di Dio che vive in questa zona. Mi unisco volentieri anch’io alla vostra legittima soddisfazione di avere finalmente una vostra chiesa accogliente e funzionale. Il luogo in cui essa è costruita evoca un passato di fulgide testimonianze cristiane. Proprio qui nelle vicinanze sono, infatti, ubicate le catacombe di Generosa, dove la tradizione vuole siano stati sepolti tre fratelli – Simplicio, Faustino e Viatrice (Beatrice) – vittime della persecuzione scatenata nell’anno 303, e le cui reliquie vengono conservate, in parte a Roma nella chiesa di san Nicola in Carcere e a Monte Savello, e in parte a Fulda, in Germania, città che dall’VIII secolo, grazie al fatto che san Bonifacio vi portò le reliquie, onora i Martiri Portuensi come suoi compatroni. A questo proposito, saluto il Vescovo di Fulda, Mons. Josef Algermissen, presente a questa Celebrazione, ed anche Mons. Carlo Liberati, Arcivescovo–Prelato di Pompei: Santuario mariano con cui la vostra parrocchia ha stabilito uno spirituale gemellaggio. 

La dedicazione di questa chiesa parrocchiale acquista un significato davvero speciale per voi che abitate in questo quartiere. I giovani martiri che allora morirono per rendere testimonianza a Cristo non sono forse un potente stimolo per voi , cristiani di oggi, a perseverare nel seguire fedelmente Gesù? E la protezione della Vergine del santo Rosario non vi chiede di essere uomini e donne di fede profonda come lo fu Lei? Anche oggi, pur in forme diverse, il messaggio salvifico di Cristo viene contrastato e i cristiani, non meno di ieri, sono chiamati a rendere ragione della loro speranza, a offrire al mondo la testimonianza della Verità dell’Unico che salva e redime! Questa nuova chiesa sia pertanto uno spazio privilegiato per crescere nella conoscenza e nell’amore di Colui che tra pochi giorni accoglieremo nella gioia del suo Natale come Redentore del mondo e nostro Salvatore. 

Permettete ora che, profittando della dedicazione di questa nuova bella chiesa, io ringrazi quanti hanno contribuito a costruirla. So quanto la diocesi di Roma si stia impegnando da ormai molti anni per assicurare a ogni quartiere di una città in costante crescita adeguati complessi parrocchiali. Saluto e ringrazio, in primo luogo, il Cardinale Vicario, e con lui il Vescovo Ausiliare Ernesto Mandara, Segretario dell’Opera Romana per la Preservazione della Fede e la Provvista di Nuove Chiese in Roma. Saluto e ringrazio in particolare voi, cari parrocchiani, che in vari modi vi siete impegnati per la realizzazione di questo centro parrocchiale, che si va ad aggiungere agli oltre cinquanta già funzionanti grazie al notevole sforzo economico della Diocesi, di tanti fedeli e cittadini di buona volontà e alla collaborazione delle pubbliche istituzioni. In questa domenica, che è proprio dedicata al sostegno di tale opera meritoria, chiedo a tutti di proseguire in questo impegno con generosità. 

Vorrei poi salutare con affetto il Vescovo Ausiliare del Settore Ovest, Mons. Benedetto Tuzia, il vostro Parroco, Don Gerard Charles Mc Carthy, che ringrazio per le calde parole che mi ha voluto rivolgere all’inizio della nostra solenne celebrazione. Saluto i sacerdoti suoi collaboratori appartenenti alla Fraternità Sacerdotale dei Missionari di san Carlo Borromeo, alla quale dal 1997 è affidata la cura pastorale di questa parrocchia, e qui rappresentata dal Superiore generale, Mons. Massimo Camisasca. Saluto le Suore Oblate del Divino Amore e le Missionarie di san Carlo che prestano con dedizione la loro opera in questa comunità, e tutti i gruppi di fanciulli, di giovani, di famiglie, e di anziani che animano la vita della parrocchia. Un saluto cordiale giunga anche ai vari movimenti ecclesiali presenti, tra i quali la Gioventù Ardente Mariana, Comunione e Liberazione, il Rinnovamento Carismatico Cattolico, la Fraternità di Santa Maria degli Angeli ed il gruppo di volontariato Santa Teresina. Mi è caro inoltre incoraggiare quanti con la Caritas parrocchiale cercano di andare incontro alle tante esigenze del quartiere, specialmente rispondendo alle attese dei più poveri e bisognosi. Saluto, infine, le Autorità presenti e le personalità che hanno voluto prendere parte a questa nostra assemblea liturgica. Cari amici! Viviamo oggi una giornata che corona gli sforzi, le fatiche, i sacrifici compiuti e l’impegno della comunità di costituirsi come comunità cristiana matura, desiderosa di avere uno spazio riservato definitivamente al culto di Dio. L’odierna celebrazione è quanto mai ricca di parole e di simboli che ci aiutano a comprendere il valore profondo di quanto stiamo compiendo. Raccogliamo perciò l’insegnamento che ci viene dalle letture poc’anzi proclamate. 

La prima Lettura è tratta dal libro di Neemia, un libro che ci racconta la ricomposizione della comunità ebraica dopo l’esilio, la dispersione e la distruzione di Gerusalemme. E’ quindi il libro delle origini di una comunità, ed è pieno di speranza. Nel brano or ora letto ci sono al centro due grandi figure: un sacerdote, Esdra, e un laico, Neemia, che sono rispettivamente l’autorità religiosa e l’autorità civile di quel tempo. Il testo descrive il momento solenne in cui si ricostituisce ufficialmente, dopo la dispersione, la piccola comunità giudaica; è il momento della riproclamazione pubblica della legge, e il tutto si svolge in un clima di semplicità e di povertà. L’ascolto avviene in un clima di grande intensità spirituale. Alcuni cominciano a piangere per la gioia di potere di nuovo, dopo la tragedia della distruzione di Gerusalemme, ascoltare in libertà la parola di Dio. E Neemia li ammonisce dicendo che quello è un giorno di festa e che, per avere forza dal Signore, bisogna gioire, esprimendo riconoscenza per i doni di Dio. 

Questa lettura non suscita anche in voi, cari fedeli, tanta commozione? In questo momento quanti ricordi si affollano nella vostra mente! Quanta fatica per costruire, anno dopo anno, la comunità! Quanti sogni, quanti progetti, quante difficoltà! Ora però ci è data l’opportunità di proclamare e ascoltare la parola di Dio in una bella chiesa, che favorisce il raccoglimento e suscita gioia; una chiesa che vuole essere costante richiamo ad una fede salda e all’impegno di crescere come comunità unita. Rendiamo grazie a Dio per i suoi doni e ringraziamo tutti coloro che sono stati gli artefici della costruzione di questa chiesa. 

Nella seconda Lettura, tratta dall’Apocalisse, ci viene narrata una visione stupenda. Il progetto di Dio per la sua Chiesa e per l’intera umanità è una città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo risplendente della gloria divina. L’autore cerca di descriverla questa città meravigliosa, paragonandola alle gemme più preziose, e infine precisa che essa poggia sulla persona e sul messaggio degli apostoli. L’evangelista Giovanni ci suggerisce così che la comunità vivente è più sacra del tempio materiale che consacriamo. E per costruire questo tempio vivente, spirituale – che siete voi -, occorre tanta preghiera, occorre valorizzare ogni opportunità che offrono la liturgia, la catechesi, e le molteplici attività pastorali, caritative, missionarie, e culturali che conservano « giovane » la vostra promettente parrocchia. La cura che mostriamo per l’edificio materiale – aspergendolo con l’acqua benedetta, ungendolo con l’olio, spargendolo di incenso – sia segno e stimolo di una più intensa cura nel difendere e promuovere il tempio delle persone, formato da voi, cari parrocchiani. 

Infine, la pagina evangelica, che abbiamo ascoltato, racconta di un colloquio tra Gesù e i suoi, in particolare con Pietro; un colloquio tutto incentrato sulla persona del divino Maestro. La gente ha intuito qualcosa di lui; alcuni pensano che sia Giovanni Battista redivivo, altri Elia ritornato sulla terra, altri ancora il profeta Geremia. Pietro, a nome dei discepoli, dichiara che Gesù è assai più di un profeta: è il Messia di Dio, – Cristo – il Figlio del Dio vivente. E il Signore dice a lui solennemente: tu sei Pietro e su questa pietra costruirò la mia Chiesa. Pietro diviene la pietra, associato per la sua fede a Gesù, è la roccia su cui è fondata la Chiesa. In tal modo, ancora una volta, vediamo che è Gesù Cristo l’unica e indefettibile roccia su cui poggia la nostra fede, su cui viene costruita questa parrocchia. E Gesù lo incontriamo nell’ascolto delle Sacre Scritture; è presente e si fa nostro cibo nell’Eucaristia, vive nella comunità parrocchiale. Tutto, quindi, nella chiesa edificio e nella Chiesa comunità parla di Gesù, tutto è relativo a Lui, tutto a Lui fa riferimento. E il Signore ci raccoglie nella grande comunità della Chiesa di tutti i tempi e luoghi, stretta in comunione con il Successore di Pietro come roccia dell’unità. L’azione dei Vescovi e dei presbiteri, l’impegno apostolico e missionario di ogni fedele è proclamare e testimoniare con le parole e con la vita che Lui, il Figlio di Dio fatto uomo, è il nostro unico Salvatore. 

A Gesù chiediamo di guidare la vostra comunità e di farla crescere sempre più nella fedeltà al suo Vangelo; domandiamogli di suscitare tante e sante vocazioni sacerdotali, religiose e missionarie; di rendere tutti i parrocchiani disponibili a seguire l’esempio dei santi Martiri Portuensi. Affidiamo questa nostra preghiera alle mani materne di Maria, Regina del Rosario. Sia Lei ad ottenere che si verifichi per noi, in questo giorno, la parola conclusiva della prima lettura. « La gioia del signore sia la nostra forza » (cfr Ne 8,10). Solo la gioia del Signore e la forza della fede in Lui possono rendere, infatti, proficuo il cammino della vostra parrocchia. E così sia! 

 

Publié dans:Papa Benedetto XVI, ZENITH |on 16 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

Benedetto XVI: la gioia cristiana è la certezza di un Dio vicino

dal sito:

http://www.zenit.org/article-12909?l=italian

Benedetto XVI: la gioia cristiana è la certezza di un Dio vicino 

Nel discorso introduttivo alla preghiera dell’Angelus 

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 16 dicembre 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole pronunciate questa domenica da Benedetto XVI nell’introdurre la preghiera dell’Angelus, recitata insieme ai fedeli e ai pellegrini convenuti in piazza San Pietro.

* * *

Cari fratelli e sorelle!

« Gaudete in Domino semper – Rallegratevi nel Signore sempre » (Fil 4,4). Con queste parole di san Paolo si apre la santa Messa della III Domenica di Avvento, che perciò è chiamata domenica « gaudete ». L’Apostolo esorta i cristiani a gioire perché la venuta del Signore, cioè il suo ritorno glorioso, è sicuro e non tarderà. La Chiesa fa proprio questo invito, mentre si prepara a celebrare il Natale e il suo sguardo si dirige sempre più verso Betlemme. In effetti, noi attendiamo con speranza certa la seconda venuta di Cristo, perché abbiamo conosciuto la prima. Il mistero di Betlemme ci rivela il Dio-con-noi, il Dio a noi prossimo, non semplicemente in senso spaziale e temporale; Egli ci è vicino perché ha « sposato », per così dire, la nostra umanità; ha preso su di sé la nostra condizione, scegliendo di essere in tutto come noi, tranne che nel peccato, per farci diventare come Lui. La gioia cristiana scaturisce pertanto da questa certezza: Dio è vicino, è con me, è con noi, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, come amico e sposo fedele. E questa gioia rimane anche nella prova, nella stessa sofferenza, e rimane non in superficie, bensì nel profondo della persona che a Dio si affida e in Lui confida.

Alcuni si domandano: ma è ancora possibile oggi questa gioia? La risposta la danno, con la loro vita, uomini e donne di ogni età e condizione sociale, felici di consacrare la loro esistenza agli altri! La beata Madre Teresa di Calcutta non è stata forse, nei nostri tempi, una testimone indimenticabile della vera gioia evangelica? Viveva quotidianamente a contatto con la miseria, il degrado umano, la morte. La sua anima ha conosciuto la prova della notte oscura della fede, eppure ha donato a tutti il sorriso di Dio. Leggiamo in un suo scritto: « Noi aspettiamo con impazienza il paradiso, dove c’è Dio, ma è in nostro potere stare in paradiso fin da quaggiù e fin da questo momento. Essere felici con Dio significa: amare come Lui, aiutare come Lui, dare come Lui, servire come Lui » (La gioia di darsi agli altri, Ed. Paoline, 1987, p. 143). Sì, la gioia entra nel cuore di chi si pone al servizio dei piccoli e dei poveri. In chi ama così, Dio prende dimora, e l’anima è nella gioia. Se invece si fa della felicità un idolo, si sbaglia strada ed è veramente difficile trovare la gioia di cui parla Gesù. E’ questa, purtroppo, la proposta delle culture che pongono la felicità individuale al posto di Dio, mentalità che trova un suo effetto emblematico nella ricerca del piacere ad ogni costo, nel diffondersi dell’uso di droghe come fuga, come rifugio in paradisi artificiali, che si rivelano poi del tutto illusori. Cari fratelli e sorelle, anche a Natale si può sbagliare strada, scambiare la vera festa con quella che non apre il cuore alla gioia di Cristo. La Vergine Maria aiuti tutti i cristiani, e gli uomini in cerca di Dio, a giungere fino a Betlemme, per incontrare il Bambino che è nato per noi, per la salvezza e la felicità di tutti gli uomini.

[DOPO L'ANGELUS]

Desidero salutare anzitutto i bambini e i ragazzi di Roma, venuti anche quest’anno, nonostante il freddo, a ricevere numerosi la benedizione dei Bambinelli per i loro presepi. Carissimi, con tanto affetto auguro un buon Natale a voi e ai vostri familiari. E mentre ringrazio il Centro Oratori Romani che organizza questa bella iniziativa, esorto i sacerdoti, i genitori e i catechisti a collaborare con entusiasmo per l’educazione cristiana dei più piccoli. Grazie a tutti voi e buona domenica!

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli provenienti da Casamarciano (Diocesi di Nola) e dalla Parrocchia di Santa Edith Stein in Roma. Saluto inoltre le Corali « Adriese » di Adria e « Santa Rita » di Canale di Ceregnano, il gruppo dell’Ospedale San Giuseppe e Melorio di Santa Maria Capua Vetere, l’associazione « Per una speranza in più » di Verona e i partecipanti al corteo storico dell’Accademia « Nuova Ellade Italia » di Roma. A tutti un augurio di gioia in questa domenica “gaudete”. Buona domenica a tutti!

Publié dans:Angelus Domini |on 16 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini sacre fountain.water

http://www.cepolina.com/freephoto/vf/fountain.water-country.htm

Publié dans:immagini sacre |on 16 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

Giovanni Battista, precursore di Cristo nella morte e nella vita

San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa
Omelie sul Vangelo, n° 6

Giovanni Battista, precursore di Cristo nella morte e nella vita

Perché, in carcere, Giovanni Battista manda i suoi discepoli a domandare: « Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo attenderne un altro? », come se non conoscesse colui che aveva designato?… Questa domanda trova presto una risposta se si esaminano il tempo e l’ordine nei quali si sono svolte le vincende. Sulle rive del Giordano, Giovanni ha affermato che Gesù era il Redentore del mondo (Gv 1,29); incarcerato, domanda comunque se egli è veramente colui che deve venire. Non perché dubita che Gesù fosse il Redentore del mondo, ma perché cerca di sapere se colui che è venuto in persona nel mondo andrà anche a scendere in persona nelle carceri del soggiorno dei morti. Colui infatti che Giovanni, in quanto suo precursore, ha già annunciato al mondo, è da lui anche preceduto negli inferi con la sua morte… Come se dicesse chiaramente: « Così come ti sei degnato di nascere per gli uomini, facci sapere se ti degnerai anche di morire per loro, cosicché, precursore della tua nascita, io diventi anche precursore della tua morte e annunci al soggiorno dei morti che stai per venire, come ho già annunciato al mondo che eri venuto ».

Per questo la risposta del Signore tratta dell’abbassamento della sua morte, subito dopo aver enumerato i miracoli operati dalla sua potenza: « I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me. » Al vedere tanti segni e tanti prodigi, nessuno aveva motivo di scandalizzarsi, bensì piuttosto di meravigliarsi. Sorse tuttavia una grave occasione di scandalo nello spirito di coloro che non credevano, pur dopo tanti miracoli, quando lo videro morire. Da lì la parola di Paolo: « Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani » (1 Cor 1,23)… Quando dunque il Signore dice: « Beato colui che non si scandalizza di me », non vuole forse designare chiaramente l’abbiezione e l’abbassamento della sua morte? Come se dicesse apertamente: « È vero che faccio delle cose mirabili, ma non rifiuto per questo di sopportare cose ignominiose. Poiché sto per seguire Giovanni Battista nella morte, si guardino bene dal disprezzare in me la morte, gli uomini che venerano in me i miracoli ».

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 16 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

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