Archive pour le 9 décembre, 2007

foto di un presepe che ho « rubacchiato » da un altro Blog

foto di un presepe che ho
http://nonnotavor.blog.kataweb.it/il_mio_weblog/2006/11/

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Il presepio a Roma e « a casa mia »

Il presepio a Roma e  « a casa mia » 

 ( ho provato a scrivere i presepi di Natale a Roma e a casa, ma non so se riesco ad esprimere quello che vedo e quello che sento) 

il presepio a Roma è una tradizione che continua nonostante che sono entrate le tradizioni del Nord Europa e degli Stati Uniti, ossia, soprattutto l’albero di Natale, Babbo Natale, perlomeno a Roma è solo un persona che si veste da Babbo Natale per far affluire la gente in negozi piazze o altri luoghi di ritrovo, ossia non è entrato veramente nel Natale come invece l’albero; 

 

Il presepio a Roma – abbiamo sotto l’occhi quello napoletano ricco di personaggi, anche piccole immagini di persone viventi o amate, per esempio Giovanni Paolo II- a Roma no, si fa un presepio che rispecchi il racconto del Vangelo: una capanna, Maria e Giuseppe, una mangiatoia, l’asino e il bue, gli angeli i pastori, le pecore, (qualche cantina o negozio di stile ’800 con il vino o altri cibi in vendita, ma  non molti) e, naturalmente i Re Magi che si mettono sotto Natale un poco lontano dalla grotta e si avvicinano sotto l’epifania; 

 

si costruisce, in genere, o una grotta o una casetta aperta davanti in legno, una finestrella dietro o di fianco, una luce del tipo delle lucerne antiche o medioevali;  qualcuno di buona volontà costruisce degli attrezzi da falegname, una specie di cantina con riserva di vari oggetti, ossia quello che può esserci in una casa povera « e antica »; 

 

 

questo è il presepe più classico, poi ci sono quelli che realizzano il presepio collocando la Sacra Famiglia in un angolo della città i Roma, soprattutto tra gli antichi ruderi della città, in alcuni angoli più belli ed adatti, questi sono i presepi, diciamo così d’autore e c’è a Roma un’organizzazione che segue questi presepi più elaborati e premia il più bello, mio zio, che ora è morto faceva uno di questi presepi, collocando i personaggi in una o in un’altra piazza di Roma, cioè si può fare anche in una Piazza di Roma; 

 

ci sono anche dei presepi costruiti – da chi lo sa fare e conosce le tradizioni – in una casa ebraica antica con i simboli ebraici, ce ne è uno fatto molto bene in una chiesa vicino a Piazza Navona, uno di questi giorni faccio qualche fotografia; 

 

a me, personalmente, anche se belli esteticamente, questi presepi non piacciono poi molti perché perdono, secondo me, il senso evangelico, sono belli da vedere, ma non ci vai a pregare davanti come invece si fa per gli altri dove ci sono solo i personaggi del Vangelo di Luca; 

 

stamattina sono andata a messa a San Giovanni in Laterano, hanno già fatto il presepio, è bello, grande come un angolo di una cappella – che a San Giovanni sono grandi – non molto alto, con i personaggi essenziali che ho citato prima e l’aggiunta come di un angolo dove delle persone sono ad un tavolo, botti di vino, uno di questi giorni faccio qualche fotografia e ve la faccio vedere; 

 

io quando ero piccola (e giovane) facevo il presepio come lo fanno molti, come piace alle famiglie, carta che assomiglia alla roccia per una grotta, cielo di carta lucida azzurra con le stelle (troppe per essere reali, magari al tempo di Gesù si vedevano, a Roma con le luci della città non si vedono più le stelle se non le più grandi), ci si possono mettere anche altri animali,  ma quelli da cortile come le galline, ma soprattutto tanti pecore, i pastori nelle varie posizioni, con delle luci in mano, donne con brocche d’acqua, una realtà come di un paese di altri tempi che molti di noi non hanno mai conosciuto; 

 

una volta, ero piccola feci una grotta, con la carta roccia, tutta con stalattiti e stalagmiti, mi sembrava tanto bella, poi arrivò un adulto, uno di quelli che non amano i bambini presumo, e me lo disprezzò,  me lo ricorderò sempre; 

 

ora facciamo un presepio solo con Maria, Giuseppe, il bambinello, il bue e l’asino, i personaggi, le piccole statuine sono piuttosto belle non hanno bisogno di altro, ci mettiamo della stoffa colorata sabbia come pavimento e qualcosa che ricorda una tenda, ed un fondo celeste o azzurro, ma forse se quest’anno facciamo la grotta con la carta come si faceva una volta; 

 

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La storia del presepe

dal sito:

 

 

http://web.tiscali.it/ilpresepe/Storia.htm

 

  

 

La storia del presepe 

 

Sono gli evangelisti Luca e Matteo i primi a descrivere la Natività. Nei loro brani c’è già tutta la sacra rappresentazione che a partire dal medioevo prenderà il nome latino di praesepium ovvero recinto chiuso, mangiatoia. Si narra infatti della umile nascita di Gesù come riporta Luca « in una mangiatoia perché non c’era per essi posto nell’albergo » (Ev., 2,7) dell’annunzio dato ai pastori, dei magi venuti da oriente seguendo la stella per adorare il Bambino che i prodigi del cielo annunciano già re. Questo avvenimento così famigliare e umano se da un lato colpisce la fantasia dei paleocristiani rendendo loro meno oscuro il mistero di un Dio che si fa uomo, dall’altro li sollecita a rimarcare gli aspetti trascendenti quali la divinità dell’infante e la verginità di Maria. Così si spiegano le effigi parietali del III secolo nel cimitero di S. Agnese e nelle catacombe di Pietro e Marcellino e di Domitilla in Roma che ci mostrano una Natività e l’adorazione dei Magi, ai quali il vangelo apocrifo armeno assegna i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, ma soprattutto si caricano di significati allegorici i personaggi dei quali si va arricchendo l’originale iconografia: il bue e l’asino, aggiunti da Origene, interprete delle profezie di Abacuc e Isaia, divengono simboli del popolo ebreo e dei pagani; i Magi il cui numero di tre, fissato da S. Leone Magno, ne permette una duplice interpretazione, quali rappresentanti delle tre età dell’uomo: gioventù, maturità e vecchiaia e delle tre razze in cui si divide l’umanità, la semita, la giapetica e la camita secondo il racconto biblico; gli angeli, esempi di creature superiori; i pastori come l’umanità da redimere e infine Maria e Giuseppe  rappresentati a partire dal XIII secolo, in atteggiamento di adorazione proprio per sottolineare la regalità del nascituro. Anche i doni dei Magi sono interpretati con riferimento alla duplice natura di Gesù e alla sua regalità: l’incenso, per la sua Divinità, la mirra, per il suo essere uomo, l’oro perché dono riservato ai re. A partire dal IV secolo la Natività diviene uno dei temi dominanti dell’arte religiosa e in questa produzione spiccano per valore artistico: la natività e l’adorazione dei magi del dittico a cinque parti in avorio e pietre preziose del V secolo che si ammira nel Duomo di Milano e i mosaici della Cappella Palatina a Palermo, del Battistero di S. Maria a Venezia e delle Basiliche di S. Maria Maggiore e S. Maria in Trastevere a Roma. In queste opere dove si fa evidente l’influsso orientale, l’ambiente descritto è la grotta, che in quei tempi si utilizzava per il ricovero degli animali, con gli angeli annuncianti mentre Maria e Giuseppe sono raffigurati in atteggiamento ieratico simili a divinità o, in antitesi, come soggetti secondari quasi estranei all’evento rappresentato. Dal secolo XIV la Natività è affidata all’estro figurativo degli artisti più famosi che si cimentano in affreschi, pitture, sculture, ceramiche, argenti, avori e vetrate che impreziosiscono le chiese e le dimore della nobiltà o di facoltosi committenti dell’intera Europa, valgano per tutti i nomi di Giotto, Filippo Lippi, Piero della Francesca, il Perugino, Dürer, Rembrandt, Poussin, Zurbaran, Murillo, Correggio, Rubens e tanti altri. 

Il presepio come lo vediamo rappresentare ancor oggi nasce secondo la tradizione dal desiderio di San Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Betlemme coinvolgendo il popolo nella rievocazione che ebbe luogo a Greccio la notte di Natale del 1223, episodio rappresentato poi magistralmente da Giotto nell’affresco della Basilica Superiore di Assisi. Primo esempio di presepe inanimato è invece quello che Arnolfo di Carnbio scolpirà nel legno nel 1280 e del quale oggi si conservano le statue residue nella cripta della Cappella Sistina di S. Maria Maggiore in Roma. Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti producono statue di legno o terracotta che sistemano davanti a una pittura riproducente un paesaggio come sfondo alla scena della Natività, il tutto collocato all’interno delle chiese. Culla di tale attività artistica fu la Toscana ma ben presto il presepe si diffuse nel regno di Napoli ad opera di Carlo III di Borbone e nel resto degli Stati italiani. 

Nel ’600 e ’700 gli artisti napoletani danno alla sacra rappresentazione un’impronta naturalistica inserendo la Natività nel paesaggio campano ricostruito in scorci di vita che vedono personaggi della nobillà, della borghesia e del popolo còlti nelle loro occupazioni giornaliere o nei momenti di svago, nelle taverne a banchettare o impegnati in balli e serenate. Ulteriore novità è la trasformazione delle statue in manichini di legno con arti in fil di ferro, per dare movimento, abbigliati con vesti di stoffe più o meno ricche, adornati con monili e muniti degli strumenti di lavoro tipici dei mestieri dell’epoca e tutti riprodotti con esattezza anche nei minimi particolari. A tali fastose composizioni davano il loro contributo artigiani vari e lavoranti delle stesse corti regie o la nobiltà, come attestano gli splendidi abiti ricamati che indossano i Re Magi o altri personaggi di spicco, spesso tessuti negli opifici reali di S. Lencio. In questo periodo si distinguono anche gli artisti di Genova e quelli siciliani che, fatta eccezione per i siracusani che usano la cera, si ispirano sia per i materiali che per il realismo scenico, alla tradizione napoletana. Sempre nel ’700 si diffonde il presepio meccanico o di movimento che ha un illustre predecessore in quello costruito da Hans Schlottheim nel 1588 per Cristiano I di Sassonia. 

La diffusione a livello popolare si realizza pienamente nel secolo scorso quando ogni famiglia in occasione del Natale costruisce un presepe riproducendo la Natività secondo i canoni tradizionali con materiali – statuine in gesso o terracotta, carta pesta e altro – forniti da un fiorente artigianato. A Roma le famiglie importanti per censo e ricchezza gareggiavano tra loro nel costruire i presepi più imponenti, ambientati nella stessa città o nella campagna romana, che permettevano di visitare ai concittadini e ai turisti. Famosi quello della famiglia Forti posti sulla sommità della Torre degli Anguillara, o della famiglia Buttarelli in via De’ Genovesi riproducente Greccio e la caverna usata da S. Francesco o quello di Padre Bonelli nel Portico della Chiesa dei Santi XII Apostoli, parzialmente meccanico con la ricostruzione del lago di Tiberiade solcato dalle barche e delle città di Gerusalemme e Betlemme. 

Oggi dopo l’affievolirsi della tradizione causata anche dall’introduzione dell’albero di Natale, il presepe è tornato a fiorire grazie all’impegno di religiosi e privati che con associazioni come quella degli amici del presepe, Musei tipo il Brembo di Dalmine vicino Bergamo, Mostre, tipica quella dei 100 Presepi nelle Sale del Bramante di Roma, una tra le prime in Italia, rappresentazioni dal vivo come quelle di Rivisondoli in Abruzzo o Revine nel Veneto e soprattutto gli artigiani napoletani e siciliani in special modo, eredi delle scuole presepiali del passato, hanno ricondotto nelle case e nelle piazze d’Italia la Natività e tutti i personaggi della simbologia cristiana.  

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Papa: Maria, stella di speranza per vincere il potere dell’odio e della violenza

dal sito: 

http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=10996&theme=3&size=A

 

  

08/12/2007 16:28
VATICANO


Papa: Maria, stella di speranza per vincere il potere dell’odio e della violenza


Benedetto XVI domanda a tutti gli uomini di accogliere la maternità di Maria e imparare da lei la via della pace e della fraternità fra gli uomini, che sta nella fede in Dio. Un saluto speciale ai pellegrini di Lourdes e ai giovani di Fourvière (Lione).

 

Roma (AsiaNews) – Il papa ha lanciato oggi un appello accorato agli “uomini di ogni nazione e cultura” perché guardino a Maria come alla “stella della speranza” che illumina “il buio” della storia, perché essi scoprano che Dio è Padre e che siamo “tutti fratelli”. 

Nell’omelia tenuta oggi pomeriggio in piazza di Spagna, davanti alla statua della Madonna posta su una lunga colonna al centro dello spazio, il papa ha commentato così il significato della festa odierna dell’Immacolata Concezione: “in questo giorno solenne, la Chiesa addita al mondo Maria come segno di sicura speranza e di definitiva vittoria del bene sul male. Colei che invochiamo ‘piena di grazia’ ci ricorda che siamo tutti fratelli e che Dio è il nostro Creatore e il nostro Padre. Senza di Lui, o ancor peggio contro di Lui, noi uomini non potremo mai trovare la strada che conduce all’amore, non potremo mai sconfiggere il potere dell’odio e della violenza, non potremo mai costruire una stabile pace”. 

La tradizione dell’omaggio alla statua della Madonna di piazza di Spagna a Roma dura da 150 anni. Questo “gesto di fede e di devozione”, ha detto il papa, è anche “un’occasione per offrire a quanti a Roma vivono o vi trascorrono alcuni giorni come pellegrini e turisti, l’opportunità di sentirsi, pur nella diversità delle culture, un’unica famiglia che si raccoglie attorno ad una Madre che ha condiviso le quotidiane fatiche di ogni donna e mamma di famiglia”. 

Il pontefice è giunto davanti alla colonna verso le 16. Davanti a decine di migliaia di pellegrini radunati attorno alla piazza, il papa ha benedetto un cesto di rose, poi deposto ai piedi della colonna. All’avvio della ceebrazione il tempo era inclemente, ma è andato via via migliorando. 

Benedetto XVI ha ricordato  anzitutto alcuni tratti della figura umana di Maria e della sua speciale missione, lei che “ha percorso il suo pellegrinaggio terreno sorretta da una fede intrepida, una speranza incrollabile e un amore umile e sconfinato, seguendo le orme del suo figlio Gesù”. 

Lei, Madre di Dio,  “è nostra Madre! Dall’alto della croce infatti, Gesù, prima di portare a compimento il suo sacrificio, ce l’ha donata come madre e a Lei ci ha affidati come suoi figli”. 

Con toni privi di devozionismo dolciastro, il pontefice aggiunge: “Volgiamo soprattutto quest’oggi il nostro sguardo verso di Lei, cari fratelli e sorelle, e, implorando il suo aiuto, disponiamoci a far tesoro di ogni suo materno insegnamento. Questa nostra celeste Madre non ci invita forse a fuggire il male e a compiere il bene seguendo docilmente la legge divina iscritta nel cuore di ogni cristiano? Lei, che ha conservata la speranza pur nel sommo della prova, non ci chiede forse di non perderci d’animo quando la sofferenza e la morte bussano alla porta delle nostre case? non ci chiede di guardare fiduciosi al nostro futuro? Non ci esorta la Vergine Immacolata ad essere fratelli gli uni degli altri, tutti accomunati dall’impegno di costruire insieme un mondo più giusto, solidale e pacifico?”. 

Maria è l’esempio non solo per i cristiani, ma per tutti gli uomini: “la Chiesa addita al mondo Maria come segno di sicura speranza e di definitiva vittoria del bene sul male”. E dopo aver ricordato che senza Dio “non potremo mai sconfiggere il potere dell’odio e della violenza, non potremo mai costruire una stabile pace”, il papa ha domandato a tutti “gli uomini di ogni nazione e cultura” di accogliere “questo messaggio di luce e di speranza: lo accolgano come dono dalle mani di Maria, Madre dell’intera umanità”. 

E continua: “Se la vita è un cammino, e questo cammino si fa spesso buio, duro e faticoso, quale stella potrà illuminarlo? Nella mia Enciclica Spe salvi, resa pubblica all’inizio dell’Avvento, ho scritto che la Chiesa guarda a Maria e la invoca come ‘stella della speranza’ (n. 49). Nel nostro comune viaggio sul mare della storia abbiamo bisogno di ‘luci di speranza’, di persone cioè che traggono luce da Cristo ‘ed offrono così orientamento per la nostra traversata’ (ibid.). E chi meglio di Maria può essere per noi ‘Stella di speranza’? Lei, con il suo ‘sì’, con l’offerta generosa della libertà ricevuta dal Creatore, ha consentito alla speranza dei millenni di diventare realtà, di entrare in questo mondo e nella sua storia. Per mezzo suo Dio si è fatto carne, è divenuto uno di noi, ha piantato la sua tenda in mezzo a noi”. 

Benedetto XVI ha poi concluso l’omelia con questa preghiera: “Insegnaci, Maria, a credere, a sperare e ad amare con Te; indicaci la via che conduce alla pace, la via verso il regno di Gesù. Tu, Stella della speranza, che trepidante ci attendi nella luce intramontabile dell’eterna Patria, brilla su di noi e guidaci nelle vicende di ogni giorno, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen!”. 

Al termine dell’atto di venerazione, il papa ha salutato in collegamento televisivo i fedeli riuniti nei santuari di Lourdes e Fourvière (Lione). 

A Lourdes è iniziato oggi un anno giubilare per celebrare i 150 anni delle apparizioni della Vergine a Bernadette. Il papa ha anche decretato una speciale indulgenza plenaria per tutti i visitatori del santuario nei Pirenei. Parlando in francese il pontefice ha augurato che “i santuari possano sviluppare la loro vocazione alla preghiera e all’accoglienza delle persone che vogliono, con il sacramento del perdono, ritrovare il cammino di Dio”. 

Egli ha poi salutato “in modo speciale i giovani, che celebrano nella gioia la festa dell’Immacolata Concezione” con le  luminarie della Fourvière. Per tradizione, ogni anno  la sera dell’8 dicembre, le case e le finestre di Lione sono addobbate con piccoli lumini in onore della Vergine. La città è stata consacrata alla Madonna dopo essere scampata alla peste nel 1643 e alla distruzione da parte dei prussiani nel 1870. 

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buona notte

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« Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri »

San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa
Omelie sui vangeli, 20

« Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri »

Ad ogni lettore è evidente che Giovanni non soltanto ha predicato ma ha anche conferito un battesimo di conversione. Tuttavia non ha potuto dare un battesimo che rimettesse i peccati, perché la remissione dei peccati ci è concessa soltanto nel battesimo di Cristo. Per questo ha detto l’evangelista che « predicava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati » (Lc 3,3). Non potendo egli stesso dare il battesimo che avrebbe perdonato i peccati, annunziava colui che sarebbe venuto. Come la parola della sua predicazione era premonitrice della Parola del Padre fatta carne, così il suo battesimo… precedeva il battesimo del Signore, ombra della verità (Col 2,17).

Questo medesimo Giovanni interrogato su chi egli fosse, rispose: « Io sono voce di uno che grida nel deserto » (Gv 1,23; Is 40,3). Il profeta Isaia l’aveva chiamato « voce » perché precedeva la Parola. Ciò che egli gridava, ci viene insegnato dopo: « Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri ». Cosa fa colui che predica la fede retta e le opere buone, se non preparare la via nei cuori degli uditori per il Signore che viene? Allora la grazia onnipotente potrà penetrare in questi cuori, la luce della verità potrà illuminarli…

San Luca aggiunge: « Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle siano abbassato ». Cosa designano i burroni, se non gli umili, cosa designano i monti e i colli se non i superbi? Alla venuta del Redentore, secondo la sua parola: « Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato » (Lc 14,11)… Mediante la fede al mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo (1 Tm 2,5), coloro che credono in lui hanno ricevuto la pienezza della grazia, mentre coloro che rifiutano di credere sono stati umiliati nella loro superbia. Ogni burrone sarà riempito, perché i cuori umili, accogliendo la parola della santa dottrina, saranno colmi della grazia della virtù, secondo quanto sta scritto: « Fai scaturire le sorgenti nelle valli » (Sal 104,10).

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