Il dolore nostro fratello
Una lettura forse difficile ma che mi entra nel cuore:
http://www.santafamiglia.info/messaggisaggi/?cat=4
Il dolore nostro fratello
Venerdì 10 Novembre 2006
Sofferenza necessaria
Il dolore è una grazia che non abbiamo meritato.
Io dico che qualcuno mi ama quando accetta di soffrire con me. Altrimenti egli è un usuraio che vuole installare nel mio cuore il suo vile commercio.
Io sono soprattutto un uomo di guerra, ma il mio furore si rivolgerà soltanto contro i potenti, gli ipocriti, i seduttori di anime, gli avari, e sono straziato dalla pietà per gli oppressi e i sofferenti.
Il dolore! Ecco dunque la grande parola.
Ecco la soluzione di ogni vita umana sulla terra. Il trampolino di tutte le superiorità, il vaglio di tutti i meriti, il criterio infallibile di tutte le bellezze morali! Non si vuole assolutamente capire che il dolore è necessario. Coloro che affermano che il dolore è, utile non ne capiscono niente. L’utilità suppone sempre qualche cosa di aggiunto e di contingente, mentre il dolore è «necessario».
Nessuno sfugge a questa legge giusta e misericordiosa: si deve sempre «pagare».
La mia vita è stata eccezionalmente dolorosa.
Dalla mia infanzia non ricordo d’aver cessato di soffrire in tutti i modi, e spesso con un eccesso incredibile. Ho molto spesso meditato sulla sofferenza. Mi sono persuaso che non c’è che questo di soprannaturale quaggiù.
Noi siamo tutti dei miserabili e dei devastati, perciò pochi uomini sono capaci di guardare nel fondo del loro abisso… Ah, si, sono passato attraverso terribili dolori, ho conosciuto la «vera» disperazione e mi sono lasciato cadere nelle sue mani di modellatrice di bronzo. Ma, per carità, non crediate che io sia tanto straordinario. Il mio caso sembra eccezionale solo perché m’è stato dato di sentire, meglio di qualche altro, l’indicibile desolazione dell’amore…
Il dolore non è il nostro fine ultimo, è la felicità il nostro fine ultimo. Il dolore ci conduce per mano alla soglia della vita eterna.
L’uomo che non soffre o che non vuole soffrire è un figlio diseredato dal Figlio di Dio che sposa il dolore, perché solo colui che accetta di soffrire può intravvedere la pace della sua anima.
Come far capire che a una certa altezza gioia e dolore sono la stessa cosa, e che un’anima eroica li colloca agevolmente sullo stesso piano?
Un cristiano che non vuole soffrire con Gesù è un borghese comodamente sdraiato con la pancia piena, che assiste dalla sua poltrona, con voluttuoso dilettantismo di compiacenza, al supplizio di un innocente che muore per lui.
La felicità è il martirio, la somma felicità in questo modo, il solo bene invidiabile e desiderabile. Essere fatto
a pezzi, essere bruciato vivo, ingoiare piombo fuso per amore di Gesù Cristo!
Per quanto folle possa sembrarvi, io sono, in realtà, un obbediente e un tenero.
Le mie pagine più veementi furono scritte per amore e spesso con lacrime d’amore, in ore di pace indicibili.
La sofferenza di eh! è lontano da Dio
Non c’è che una tristezza: quella di non essere santi. Attendo Io Spirito Santo che è il Fuoco di Dio. Sono fatto per attendere continuamente e per rodermi nell’attesa. Da oltre mezzo secolo non sono stato capace di fare altro.
Ho tale fame e sete dell’Amore di Dio, che conto i giorni come un insensato. Ma una qualità dell’amore è d’essere impaziente.
È vero solo cià che è Assoluto.
Eccetto Dio, tutto mi è uguale.
Affermiamo quanto sia legittima la tristezza degli esiliati dal paradiso. Non ci si pub consolare di aver perduto il giardino…
La miseria è la mancanza del necessario.
Più andremo verso Dio e più saremo uniti, cioè avvicinati. Gli esseri umani non sono paralleli, ma convergenti e Dio è il loro fuoco.
Potevo diventare un santo e un taumaturgo, ma sono diventato un letterato! Non ho fatto quello che Dio voleva da me, è certo. Ho sognato, invece, quello che volevo da Dio ed eccomi con in mano solo della carta.
Mi sento indicibilmente solo e so in anticipo che non
avrà neanche un secondo per precipitarmi nell’abisso di luce…
Ma voglio ancora sperare.
Attendo ancora Qualcuno.
Qualcuno di molto povero, molto sconosciuto e molto grande.
Qualcuno deve venire.
Qualcuno che io sento galoppare sul fondo- degli abissi, deve venire, in modo inaudito…
Povertà: tenerezza di Dio
Il popolo di Dio è tutto ciò che è povero, tutto ciò che soffre, tutto ciò che è profondamente umile.
Non ho subito la miseria, l’ho sposata per amore, avendo potuto scegliere un’altra compagna.
Indebolito dall’età e padre delle dolci creature che conoscete, desidero naturalmente un’esistenza meno difficile, ma spero la grazia di non diventare mai ricco.
Della mia miseria io sono fiero… Essa viene da una mia libera scelta, pur avendo avuto spesso il mezzo e l’occasione di liberarmene.
L’uomo è posto cos! vicino a Dio che la parola « povero » è espressione di tenerezza. Quando il cuore scoppia di compassione e d’amore, quando non si può quasi più trattenere le lacrime, è questa parola che viene sulle labbra.
Se un uomo dà un soldo a un povero con il cuore cattivo, questo soldo fora la mano del povero, cade, fora la terra, trapassa il firmamento e compromette l’universo… C’è un solo mezzo per non spogliare gli altri: spogliare se stesso.
Solo i poveri donano spontaneamente, ai ricchi si deve chiedere con insistenza.
Prendersi gioco del povero significa camminare sul cuore di Cristo. È impossibile colpire una creatura senza colpirlo, umiliare qualcuno senza umiliarlo o uccidere qualunque uomo senza maledire o uccidere lui stesso.
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LÉON BLOY nasce a Périgueux (Francia) nel 1846; nel 1869 si converte al cattolicesirno, nel 1873 si dà al giornalismo e inizia una vita di grande miseria. Nel 1890 si sposa, senza che la nuova situazione allevii la sua precarietà econornica. Moore nel 1917. Sue opere più significative sono Il disperato, Edizioni Paoline, Roma; Il sangue del povere, Edizioni Paoline, Rorna; La fede impaziente, Bompiani, Milano.
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