Archive pour le 5 décembre, 2007

ho trovato un presepio molto carino su un sito francese …

i personaggi sono sotto il presepio e si posso mettere dentro, andate a vederlo specialmente se avete bambini:

 http://www.croire.com/html/noel/creche2.htm

 

 

Publié dans:con voi |on 5 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

Vetrata di Natale. andate alla pagina è molto interessante, è in francese

Vetrata di Natale. andate alla pagina è molto interessante, è in francese dans immagini sacre vitrail
http://www.notredame-versailles.org/vitrail.htm

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Il dolore nostro fratello

Una lettura forse difficile ma che mi entra nel cuore:

http://www.santafamiglia.info/messaggisaggi/?cat=4

 

Il dolore nostro fratello 

Venerdì 10 Novembre 2006 

Sofferenza necessaria 

Il dolore è una grazia che non abbiamo meritato. 

Io dico che qualcuno mi ama quando accetta di soffrire con me. Altrimenti egli è un usuraio che vuole installare nel mio cuore il suo vile commercio. 

Io sono soprattutto un uomo di guerra, ma il mio furore si rivolgerà soltanto contro i potenti, gli ipocriti, i seduttori di anime, gli avari, e sono straziato dalla pietà per gli oppressi e i sofferenti. 

Il dolore! Ecco dunque la grande parola. 

Ecco la soluzione di ogni vita umana sulla terra. Il trampolino di tutte le superiorità, il vaglio di tutti i meriti, il criterio infallibile di tutte le bellezze morali! Non si vuole assolutamente capire che il dolore è necessario. Coloro che affermano che il dolore è, utile non ne capiscono niente. L’utilità suppone sempre qualche cosa di aggiunto e di contingente, mentre il dolore è «necessario». 

Nessuno sfugge a questa legge giusta e misericordiosa: si deve sempre «pagare». 

La mia vita è stata eccezionalmente dolorosa. 

Dalla mia infanzia non ricordo d’aver cessato di soffrire in tutti i modi, e spesso con un eccesso incredibile. Ho molto spesso meditato sulla sofferenza. Mi sono persuaso che non c’è che questo di soprannaturale quaggiù. 

Noi siamo tutti dei miserabili e dei devastati, perciò pochi uomini sono capaci di guardare nel fondo del loro abisso… Ah, si, sono passato attraverso terribili dolori, ho conosciuto la «vera» disperazione e mi sono lasciato cadere nelle sue mani di modellatrice di bronzo. Ma, per carità, non crediate che io sia tanto straordinario. Il mio caso sembra eccezionale solo perché m’è stato dato di sentire, meglio di qualche altro, l’indicibile desolazione dell’amore… 

Il dolore non è il nostro fine ultimo, è la felicità il nostro fine ultimo. Il dolore ci conduce per mano alla soglia della vita eterna. 

L’uomo che non soffre o che non vuole soffrire è un figlio diseredato dal Figlio di Dio che sposa il dolore, perché solo colui che accetta di soffrire può intravvedere la pace della sua anima. 

Come far capire che a una certa altezza gioia e dolore sono la stessa cosa, e che un’anima eroica li colloca agevolmente sullo stesso piano? 

Un cristiano che non vuole soffrire con Gesù è un borghese comodamente sdraiato con la pancia piena, che assiste dalla sua poltrona, con voluttuoso dilettantismo di compiacenza, al supplizio di un innocente che muore per lui. 

La felicità è il martirio, la somma felicità in questo modo, il solo bene invidiabile e desiderabile. Essere fatto 

a pezzi, essere bruciato vivo, ingoiare piombo fuso per amore di Gesù Cristo! 

Per quanto folle possa sembrarvi, io sono, in realtà, un obbediente e un tenero. 

Le mie pagine più veementi furono scritte per amore e spesso con lacrime d’amore, in ore di pace indicibili. 

La sofferenza di eh! è lontano da Dio 

Non c’è che una tristezza: quella di non essere santi. Attendo Io Spirito Santo che è il Fuoco di Dio. Sono fatto per attendere continuamente e per rodermi nell’attesa. Da oltre mezzo secolo non sono stato capace di fare altro. 

Ho tale fame e sete dell’Amore di Dio, che conto i giorni come un insensato. Ma una qualità dell’amore è d’essere impaziente. 

È vero solo cià che è Assoluto. 

Eccetto Dio, tutto mi è uguale. 

Affermiamo quanto sia legittima la tristezza degli esiliati dal paradiso. Non ci si pub consolare di aver perduto il giardino… 

La miseria è la mancanza del necessario. 

Più andremo verso Dio e più saremo uniti, cioè avvicinati. Gli esseri umani non sono paralleli, ma convergenti e Dio è il loro fuoco. 

Potevo diventare un santo e un taumaturgo, ma sono diventato un letterato! Non ho fatto quello che Dio voleva da me, è certo. Ho sognato, invece, quello che volevo da Dio ed eccomi con in mano solo della carta. 

Mi sento indicibilmente solo e so in anticipo che non 

avrà neanche un secondo per precipitarmi nell’abisso di luce… 

Ma voglio ancora sperare. 

Attendo ancora Qualcuno. 

Qualcuno di molto povero, molto sconosciuto e molto grande. 

Qualcuno deve venire. 

Qualcuno che io sento galoppare sul fondo- degli abissi, deve venire, in modo inaudito… 

Povertà: tenerezza di Dio 

Il popolo di Dio è tutto ciò che è povero, tutto ciò che soffre, tutto ciò che è profondamente umile. 

Non ho subito la miseria, l’ho sposata per amore, avendo potuto scegliere un’altra compagna. 

Indebolito dall’età e padre delle dolci creature che conoscete, desidero naturalmente un’esistenza meno difficile, ma spero la grazia di non diventare mai ricco. 

Della mia miseria io sono fiero… Essa viene da una mia libera scelta, pur avendo avuto spesso il mezzo e l’occasione di liberarmene. 

L’uomo è posto cos! vicino a Dio che la parola « povero » è espressione di tenerezza. Quando il cuore scoppia di compassione e d’amore, quando non si può quasi più trattenere le lacrime, è questa parola che viene sulle labbra. 

Se un uomo dà un soldo a un povero con il cuore cattivo, questo soldo fora la mano del povero, cade, fora la terra, trapassa il firmamento e compromette l’universo… C’è un solo mezzo per non spogliare gli altri: spogliare se stesso. 

Solo i poveri donano spontaneamente, ai ricchi si deve chiedere con insistenza. 

Prendersi gioco del povero significa camminare sul cuore di Cristo. È impossibile colpire una creatura senza colpirlo, umiliare qualcuno senza umiliarlo o uccidere qualunque uomo senza maledire o uccidere lui stesso. 

—————————— 

LÉON BLOY nasce a Périgueux (Francia) nel 1846; nel 1869 si converte al cattolicesirno, nel 1873 si dà al giornalismo e inizia una vita di grande miseria. Nel 1890 si sposa, senza che la nuova situazione allevii la sua precarietà econornica. Moore nel 1917. Sue opere più significative sono Il disperato, Edizioni Paoline, Roma; Il sangue del povere, Edizioni Paoline, Rorna; La fede impaziente, Bompiani, Milano.  

Publié dans:Approfondimenti |on 5 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

Cardinal Kasper: “La cattedra di Pietro è diventata un centro ecumenico”

dal sito:

http://www.zenit.org/article-12779?l=italian

 

Cardinal Kasper: “La cattedra di Pietro è diventata un centro ecumenico”

 Tutto il mondo cristiano riconosce “la promessa” nel ministero petrino 

 

Di Mirko Testa

 

 CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 5 dicembre 2007 (ZENIT.org).- Le diverse confessioni cristiane riconoscono il contributo vitale del “ministero petrino” al movimento ecumenico, afferma il Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. 

Di ritorno dall’incontro con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I a Istanbul (Turchia), per il tradizionale scambio di delegazioni in occasione della festa di Sant’Andrea apostolo (30 novembre), il porporato tedesco ha riferito a “L’Osservatore Romano” che il clima al Fanar (la sede del Patriarcato) “è stato molto disteso e amichevole”. 

“Abbiamo sperimentato che non c’è soltanto il ‘documento di Ravenna’ ma anche lo ‘spirito di Ravenna’”, ha detto in riferimento al testo approvato, ad ottobre, al termine della riunione della Commissione mista di dialogo cattolico-ortodossa. 

“Tutti – ha continuato – sono soddisfatti di questo documento” che costituisce un accordo tra cattolici e ortodossi su una piattaforma comune su cui fondare la discussione sul primato del Vescovo di Roma. 

“Sono necessari ancora molti passi – ha poi ammesso –. La via non è facile. Ma Roma e Costantinopoli sono fermamente decise ad andare avanti nel dialogo. Speriamo, con l’aiuto di Dio, di poter ricomporre alla fine la piena comunione”. 

A questo proposito il Cardinale Kasper ha detto che si incontrerà con il Metropolita Kyrill, Direttore del Dipartimento dei Rapporti Esteri con le Chiese del Patriarcato di Mosca (seconda autorità dopo il Patriarca Alessio II), in visita a Roma dal 5 all’8 dicembre in occasione della festa patronale della parrocchia ortodossa russa di santa Caterina d’Alessandria. 

L’incontro servirà in primo luogo a superare l’impasse venutasi a creare a Ravenna dopo che la delegazione del Patriarcato di Mosca si è ritirata dall’incontro in segno di protesta contro la partecipazione all’evento dei membri della cosiddetta Chiesa apostolica estone, creata nel 1996 in Estonia dal Patriarcato di Costantinopoli e da questo dichiarata “autonoma” (uno statuto che non viene riconosciuto dal Patriarcato moscovita). 

Il tentativo di distensione nel dialogo è fatto anche in vista della prossima Plenaria della Commissione mista cattolico-ortodossa, che si riunirà nell’ autunno 2009 per riflettere su “Il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio”. 

Lo stesso Benedetto XVI ha espresso l’auspicio di una piena partecipazione del Patriarcato di Mosca a questo incontro nel messaggio fatto pervenire a Bartolomeo I per la festa di sant’Andrea. 

Da parte sua, il porporato tedesco ha detto di aver “insistito molto” nelle conversazioni private che ha avuto con Bartolomeo I e al Patriarcato di Costantinopoli: “Mi hanno risposto di essere d’accordo e si sono detti convinti che non serve a nulla una divisione nell’ortodossia”.

Secondo il Cardinale Kasper, due sono gli apetti che caratterizzano attualmente i rapporti tra cattolici e ortodossi: “Innanzitutto cresce sempre più l’amicizia tra noi”; “in secondo luogo c’è la precisa volontà di tutte le parti in causa, perché sappiamo bene che l’unità della Chiesa è un mandato di Gesù stesso”.

Circa i temi toccati durante le conversazioni a Istanbul, il porporato ha accennato alla questione del ruolo del Vescovo di Roma nella comunione di tutte le Chiese: “La parte ortodossa dice che c’è un primato anche a livello universale: questo non vuol dire che abbiamo già risolto tutto”.

Tuttavia il Cardinale Kasper ha detto di aver “l’impressione che tutti nella cristianità sentano la promessa che ha in sè il ministero petrino: la cattedra di Pietro, che presiede nell’amore e nella carità, è diventata un centro ecumenico”. 

“Tutti hanno l’impressione che c’è un carisma di unità di cui abbiamo bisogno in questo mondo globalizzato. Si dice che ‘tutte le strade portano a Roma’: in un certo senso questo adagio vale anche a livello spirituale”. 

“Tutti guardano a Roma, al Papa, che in certi casi è già adesso il portavoce della cristianità. Quanti vogliono un po’ frenare il movimento ecumenico non vedono abbastanza questo aspetto molto positivo non solo per la Chiesa cattolica, ma per la cristianità, per la pace e la riconciliazione”, ha poi aggiunto. 

Il 30 novembre, nel presentare invece il messaggio di Benedetto XVI, durante una celebrazione tenutasi nella Cattedrale di San Giorgio al Fanar, il Cardinale Kasper ha ammesso che il cammino verso la piena unità visibile dei cristiani “può ancora essere impervio e difficile”. 

“Tuttavia – ha aggiunto –, nel frattempo, sperimentiamo nuovamente con gratitudine che la nostra speranza e il nostro desiderio di piena comunione non sono vuoti auspici”. 

“Sì, l’unità di tutti i discepoli di Cristo è necessaria se dobbiamo offrire la comune testimonianza cristiana di non violenza, tolleranza, rispetto reciproco, giustizia e pace, di cui il nostro mondo ha tanto bisogno”. 

“È già una grande benedizione l’essere desiderosi di cooperare al raggiungimento di questo sacro obiettivo e per il bene di tutta l’umanità”, ha poi concluso. 

 

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Benedetto XVI presenta la figura di San Cromazio d’Aquileia

from the site:

http://www.zenit.org/article-12783?l=italian 

 

Benedetto XVI presenta la figura di San Cromazio d’Aquileia

 CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 5 dicembre 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato questo mercoledì da Benedetto XVI in occasione dell’Udienza generale nell’Aula Paolo VI, dove ha incontrato i pellegrini e i fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo. 

Nella sua riflessione, continuando il ciclo di catechesi sui Padri della Chiesa, si è soffermato sulla figura di San Cromazio d’Aquileia.

 

* * * 

Cari fratelli e Sorelle! 

nelle ultime due catechesi abbiamo fatto un’escursione attraverso le Chiese d’Oriente di lingua semitica, meditando su Afraate persiano e sant’Efrem siro; oggi ritorniamo nel mondo latino, al Nord dell’Impero Romano, con san Cromazio di Aquileia. Questo Vescovo svolse il suo ministero nell’antica Chiesa di Aquileia, fervente centro di vita cristiana situato nella Decima regione dell’Impero romano, la Venetia et Histria. Nel 388, quando Cromazio salì sulla cattedra episcopale della città, la comunità cristiana locale aveva già maturato una storia gloriosa di fedeltà al Vangelo. Tra la metà del terzo e i primi anni del quarto secolo le persecuzioni di Decio, di Valeriano e di Diocleziano avevano mietuto un gran numero di martiri. Inoltre, la Chiesa di Aquileia si era misurata, come tante altre Chiese del tempo, con la minaccia dell’eresia ariana. Lo stesso Atanasio – l’alfiere dell’ortodossia nicena, che gli ariani avevano cacciato in esilio –, per qualche tempo trovò rifugio ad Aquileia. Sotto la guida dei suoi Vescovi, la comunità cristiana resistette alle insidie dell’eresia e rinsaldò la propria adesione alla fede cattolica. 

Nel settembre del 381 Aquileia fu sede di un Sinodo, che vide convenire circa 35 Vescovi dalle coste dell’Africa, dalla valle del Rodano e da tutta la Decima regione. Il Sinodo si proponeva di debellare gli ultimi residui dell’arianesimo in Occidente. Al Concilio prese parte anche il presbitero Cromazio, in qualità di esperto del Vescovo di Aquileia, Valeriano (370/1-387/8). Gli anni intorno al Sinodo del 381 rappresentano « l’età d’oro » della comunità aquileiese. San Girolamo, che era nativo della Dalmazia, e Rufino di Concordia parlano con nostalgia del loro soggiorno ad Aquileia (370-373), in quella specie di cenacolo teologico che Girolamo non esita a definire tamquam chorus beatorum, « come un coro di beati » (Cronaca: PL XXVII,697-698). In questo cenacolo – che ricorda per alcuni aspetti le esperienze comunitarie condotte da Eusebio di Vercelli e da Agostino – si formarono le più notevoli personalità delle Chiese dell’Alto Adriatico. 

Ma già nella sua famiglia Cromazio aveva imparato a conoscere e ad amare Cristo. Ce ne parla, con termini pieni di ammirazione, lo stesso Girolamo, che paragona la madre di Cromazio alla profetessa Anna, le sue due sorelle alle vergini prudenti della parabola evangelica, Cromazio stesso e il suo fratello Eusebio al giovane Samuele (cfr Ep VII: PL XXII,341). Di Cromazio e di Eusebio Girolamo scrive ancora: « Il beato Cromazio e il santo Eusebio erano fratelli per il vincolo del sangue, non meno che per l’identità degli ideali » (Ep. VIII: PL XXII,342). 

Cromazio era nato ad Aquileia verso il 345. Venne ordinato diacono e poi presbitero; infine fu eletto Pastore di quella Chiesa (a. 388). Ricevuta la consacrazione episcopale dal Vescovo Ambrogio, si dedicò con coraggio ed energia a un compito immane per la vastità del territorio affidato alla sue cure pastorali: la giurisdizione ecclesiastica di Aquileia, infatti, si estendeva dai territori attuali della Svizzera Baviera, Austria e Slovenia, giungendo fino all’Ungheria. Quanto Cromazio fosse conosciuto e stimato nella Chiesa del suo tempo, lo si può arguire da un episodio della vita di san Giovanni Crisostomo. Quando il Vescovo di Costantinopoli fu esiliato dalla sua sede, scrisse tre lettere a quelli che egli riteneva i più importanti Vescovi d’Occidente, per ottenerne l’appoggio presso gli imperatori: una lettera la scrisse al Vescovo di Roma, la seconda al Vescovo di Milano, la terza al Vescovo di Aquileia, Cromazio appunto (Ep. CLV: PG LII, 702). Anche per lui, quelli erano tempi difficili a motivo della precaria situazione politica. Molto probabilmente Cromazio morì in esilio, a Grado, mentre cercava di scampare alle scorrerie dei barbari, nello stesso anno 407 nel quale moriva anche il Crisostomo. 

Quanto a prestigio e importanza, Aquileia era la quarta città della penisola italiana, e la nona dell’Impero romano: anche per questo motivo essa attirava le mire dei Goti e degli Unni. Oltre a causare gravi lutti e distruzioni, le invasioni di questi popoli compromisero gravemente la trasmissione delle opere dei Padri conservate nella biblioteca episcopale, ricca di codici. Andarono dispersi anche gli scritti di san Cromazio, che finirono qua e là, e furono spesso attribuiti ad altri autori: a Giovanni Crisostomo (anche per l’equivalente inizio dei due nomi, Chromatius come Chrysostomus); oppure ad Ambrogio e ad Agostino; e anche a Girolamo, che Cromazio aveva aiutato molto nella revisione del testo e nella traduzione latina della Bibbia. La riscoperta di gran parte dell’opera di Cromazio è dovuta a felici e fortunose vicende, che hanno consentito solo in anni recenti di ricostruire un corpus di scritti abbastanza consistente: più di una quarantina di sermoni, dei quali una decina frammentari, e oltre sessanta trattati di commento al Vangelo di Matteo. 

Cromazio fu sapiente maestro e zelante pastore. Il suo primo e principale impegno fu quello di porsi in ascolto della Parola, per essere capace di farsene poi annunciatore: nel suo insegnamento egli parte sempre dalla Parola di Dio, e ad essa sempre ritorna. Alcune tematiche gli sono particolarmente care: anzitutto il mistero trinitario, che egli contempla nella sua rivelazione lungo tutta la storia della salvezza. Poi il tema dello Spirito Santo: Cromazio richiama costantemente i fedeli alla presenza e all’azione della terza Persona della Santissima Trinità nella vita della Chiesa. Ma con particolare insistenza il santo Vescovo ritorna sul mistero di Cristo. Il Verbo incarnato è vero Dio e vero uomo: ha assunto integralmente l’umanità, per farle dono della propria divinità. Queste verità, ribadite con insistenza anche in funzione antiariana, approderanno una cinquantina di anni più tardi alla definizione del Concilio di Calcedonia. La forte sottolineatura della natura umana di Cristo conduce Cromazio a parlare della Vergine Maria. La sua dottrina mariologica è tersa e precisa. A lui dobbiamo alcune suggestive descrizioni della Vergine Santissima: Maria è la « vergine evangelica capace di accogliere Dio »; è la « pecorella immacolata e inviolata », che ha generato l’ »agnello ammantato di porpora » (cfr Sermo XXIII,3: Scrittori dell’area santambrosiana 3/1, p. 134). Il Vescovo di Aquileia mette spesso la Vergine in relazione con la Chiesa: entrambe, infatti, sono « vergini » e « madri ». L’ecclesiologia di Cromazio è sviluppata soprattutto nel commento a Matteo. Ecco alcuni concetti ricorrenti: la Chiesa è unica, è nata dal sangue di Cristo; è veste preziosa intessuta dallo Spirito Santo; la Chiesa è là dove si annuncia che Cristo è nato dalla Vergine, dove fiorisce la fraternità e la concordia. Un’immagine a cui Cromazio è particolarmente affezionato è quella della nave sul mare in tempesta — e i suoi erano tempi di tempesta, come abbiamo sentito — : « Non c’è dubbio », afferma il santo Vescovo, « che questa nave rappresenta la Chiesa » (cfr Tract. XLII,5: Scrittori dell’area santambrosiana 3/2, p. 260). 

Da zelante pastore qual è, Cromazio sa parlare alla sua gente con linguaggio fresco, colorito e incisivo. Pur non ignorando il perfetto cursus latino, preferisce ricorrere al linguaggio popolare, ricco di immagini facilmente comprensibili. Così, ad esempio, prendendo spunto dal mare, egli mette a confronto, da una parte, la pesca naturale di pesci che, tirati a riva, muoiono; e, dall’altra, la predicazione evangelica, grazie alla quale gli uomini vengono tratti in salvo dalle acque limacciose della morte, e introdotti alla vita vera (cfr Tract. XVI,3: Scrittori dell’area santambrosiana 3/2, p. 106). Sempre nell’ottica del buon pastore, in un periodo burrascoso come il suo, funestato dalle scorrerie dei barbari, egli sa mettersi a fianco dei fedeli per confortarli e per aprirne l’animo alla fiducia in Dio, che non abbandona mai i suoi figli. 

Raccogliamo infine, a conclusione di queste riflessioni, un’esortazione di Cromazio, ancor oggi perfettamente valida: « Preghiamo il Signore con tutto il cuore e con tutta la fede – raccomanda il Vescovo di Aquileia in un suo Sermone -preghiamolo di liberarci da ogni incursione dei nemici, da ogni timore degli avversari. Non guardi i nostri meriti, ma la sua misericordia, lui che anche in passato si degnò di liberare i figli di Israele non per i loro meriti, ma per la sua misericordia. Ci protegga con il solito amore misericordioso, e operi per noi ciò che il santo Mosè disse ai figli di Israele: Il Signore combatterà in vostra difesa, e voi starete in silenzio. È lui che combatte, è lui che riporta la vittoria… E affinché si degni di farlo, dobbiamo pregare il più possibile. Egli stesso infatti dice per bocca del profeta: Invocami nel giorno della tribolazione; io ti libererò, e tu mi darai gloria » (Sermo XVI,4: Scrittori dell’area santambrosiana 3/1, pp. 100-102). 

Così, proprio all’inizio del tempo di Avvento, san Cromazio ci ricorda che l’Avvento è tempo di preghiera, in cui occorre entrate in contatto con Dio. Dio ci conosce, conosce me, conosce ognuno di noi, mi vuol bene, non mi abbandona. Andiamo avanti con questa fiducia nel tempo liturgico appena iniziato. 

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:] 

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della parrocchia San Cromazio d’Aquileia in Udine e quelli di Gorizia, guidati dall’Arcivescovo Mons. Dino De Antoni, qui convenuti in occasione dell’apertura dell’Anno cromaziano. Saluto i membri del gruppo Follereau-de Foucauld, accompagnati dall’Arcivescovo di Pompei Mons. Carlo Liberati, e i rappresentanti dell’Istituto bancario Artigiancassa, di Roma. Saluto, inoltre, le Ancelle dell’Amore Misericordioso, che stanno celebrando in questi giorni il loro capitolo, e le incoraggio ad andare incontro a Cristo con la coerenza della fede per testimoniare con rinnovato ardore apostolico la divina misericordia. 

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Ci stiamo preparando a celebrare tra qualche giorno la solennità della Vergine Immacolata. Sia Lei a guidarvi, cari giovani, nel vostro cammino di adesione a Cristo. Per voi, cari malati, sia sostegno nella sofferenza e susciti in voi rinnovata speranza, e guidi voi, cari sposi novelli, a scoprire sempre più l’amore di Cristo. 

Publié dans:Papa Benedetto XVI, ZENITH |on 5 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno love_in_nature_cats

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« Sento compassione di questa folla »

Cardinale John Henry Newman (1801-1890), sacerdote, fondatore di una comunità religiosa, teologo
Twelve Meditations and Intercessions for Good Friday, 9-10

« Sento compassione di questa folla »

La Scrittura ispirata ce l’aveva detto: « Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, non guardi ai peccati degli uomini in vista del pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato;… Tu risparmi tutte le cose, perché tutte sono tue, Signore, amante della vita » (Sap 11,23s). Questo lo fa scendere dal cielo e gli dà il nome di Gesù…: « Lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati » (Mt 1,21). Il suo grande amore per gli uomini, la sua compassione per i peccatori, questo lo fa scendere dal cielo.

Perché dunque acconsentire a velare la sua gloria in un corpo mortale, se non perché desiderava salvare coloro che si erano smarriti, che avevano perso ogni speranza di salvezza? Lo dice egli stesso: « Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto » (Lc 19,10). Invece di lasciarci perire, ha fatto tutto quanto può fare un Dio onnipotente secondo tutti i suoi divini attributi: ha dato se stesso. E ci ama tutti in modo tale da volere dare la sua vita per ognuno di noi, così assolutamente, così pienamente come se ci fosse un solo uomo da salvare. Egli è il nostro migliore amico…, l’unico vero amico, e spiega tutti i mezzi possibili per ottenere che lo amiamo in cambio. Non ci rifiuta nulla, purché acconsentiamo ad amarlo…

O mio Signore e mio Salvatore, nelle tue braccia io sono al sicuro. Se mi custodisci, non ho nulla da temere; invece se mi abbandoni, non ho più nulla da sperare. Non so nulla di ciò che mi succederà fino alla mia morte, non so nulla dell’avvenire, ma confido in te… Conto su di te, perché sai ciò che è buono per me, mentre io non lo so.

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 5 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

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