Archive pour le 1 décembre, 2007

Avvento (dal sito Vaticano)

Avvento (dal sito Vaticano) dans immagini sacre avvento2006_it
http://www.vatican.va/liturgical_year/advent/2006/avvento_2006_it.htm

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Di Mons. Gian Franco Ravasi – I PASTORI, I PRIMI NEL REGNO DI DIO

dal sito: 

http://www.novena.it/ravasi/2005/012005.htm

 

Di Mons. Gian Franco Ravasi –  Approfondimento della Bibbia 

 

I PASTORI, I PRIMI NEL REGNO DI DIO

Tra i personaggi che s’affollano attorno alla nascita di Cristo vorremmo far emergere un proffio collettivo, quello dei pastori, destinatari anch’essi – come Maria, Giuseppe e Zaccaria – di una « annunciazione » angelica, questa volta però ambientata sullo sfondo di una notte. È Luca nel capitolo 2 del suo Vangelo a farli entrare in scena, descrivendo una vicenda che ha conquistato la storia dell’arte, a partire dalle miniature passando attraverso le varie Adorazioni dei pastori; come quella del Giorgione (1504 Ca.) alla National Gallery di Washington oppure la tela di EI Greco (1596-1600) al Museo nazionale rumeno di Bucarest.

È curioso notare che l’avvio delle parole dell’angelo, a loro indirizzate, sono diventate, nella versione latina, la frase della proclamazione pubblica dell’elezione di un nuovo Papa: Nuntio vobis gaudium magnum, « Vi annunzio una grande gioia » (Luca 2,10), anche se san Girolamo, l’antico traduttore in latino della Bibbia, aveva tradotto: Evangelizo vobisgaudium magnum.
Ora, bisogna segnalare che in uno dei trattati del Talmud (Sanhedrin 25b), la vasta raccolta delle antiche tradizioni giudaiche, si legge che i pastori non potevano testimoniare in sede processuale perché considerati impuri, a causa della loro convivenza con animali, e disonesti, a causa delle frequenti violazioni dei confini territoriali e di qualche abuso nei confronti delle coltivazioni altrui. Il loro statuto civile era, quindi, posto in basso nella scala sociale e le loro condizioni di vita erano meno idilliache di quanto ci abbiano abituato a pensare poeti come Virgilio o Teocrito.

La tradizione cristiana ha collocato l’accampamento dei pastori del Natale di Gesù nell’attuale villaggio arabo di Bet-Sahur, a tre chilometri da Betlemme, in una località detta « Campo dei pastori », occupata nel IV-V secolo da un monastero bizantino, eretto su grotte usate dai pastori per le loro veglie notturne. Ora là si erge una chiesa inaugurata nel 1953, che cerca nella sua struttura di imitare la tenda beduina e la cui cupola lascia filtrare la luce quasi in un gioco di stelle.

Nell »annunciazione » a loro destinata si leva la voce di un coro angelico che intona le prime battute di quel Gloria in excelsis che sarà poi espanso dalla tradizione cristiana in un solenne inno di lode, cantato nei secoli durante la Messa e accompagnato da mille e mille melodie diverse. È noto che il senso più genuino della frase riferita da Luca in greco (2,14) è: « Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini (oggetto) della buona volontà (di Dio) », quindi: « pace in terra agli uomini che Dio ama ».

Ora, alle soglie della passione saranno i discepoli di Gesù a rispondere agli angeli, cantando: « Pace in cielo e gloria nel più alto del cielo! » (Luca 19,38). Sta di fatto, comunque, che la famiglia di Betlemme è circondata innanzitutto proprio dai pastori, i rifiutati dal Sinedrio, gli ultimi che in tal modo diventano i primi nel Regno di Dio, anticipando quel detto caro a Gesù: « I primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi ». 

Publié dans:CAR. GIANFRANCO RAVASI |on 1 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

Le due venute di Cristo – Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo

dal sito: 

http://www.maranatha.it/Festiv2/avvento/avvA1Page.htm

 

Le due venute di Cristo 

Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo


(Cat. 15, 1. 3; PG 33, 870-874)

Noi annunziamo che Cristo verrà. Infatti non è unica la sua venuta, ma ve n’è una seconda, la quale sarà molto più gloriosa della precedente. La prima, infatti, ebbe il sigillo della sofferenza, l’altra porterà una corona di divina regalità. Si può affermare che quasi sempre nel nostro Signore Gesù Cristo ogni evento è duplice. Duplice è la generazione, una da Dio Padre, prima del tempo, e l’altra, la nascita umana, da una vergine nella pienezza dei tempi.
Due sono anche le sue discese nella storia. Una prima volta è venuto in modo oscuro e silenzioso, come la pioggia sul vello. Una seconda volta verrà nel futuro in splendore e chiarezza davanti agli occhi di tutti.
Nella sua prima venuta fu avvolto in fasce e posto in una stalla, nella seconda si vestirà di luce come di un manto. Nella prima accettò la croce senza rifiutare il disonore, nell’altra avanzerà scortato dalle schiere degli angeli e sarà pieno di gloria.
Perciò non limitiamoci a meditare solo la prima venuta, ma viviamo in attesa della seconda. E poiché nella prima abbiamo acclamato: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (MT 21, 9), la stessa lode proclameremo nella seconda. Così andando incontro al Signore insieme agli angeli e adorandolo canteremo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (MT 21, 9).
Il Salvatore verrà non per essere di nuovo giudicato, ma per farsi giudice di coloro che lo condannarono. Egli, che tacque quando subiva la condanna, ricorderà il loro operato a quei malvagi, che gli fecero subire il tormento della croce, e dirà a ciascuno di essi: Tu hai agito così, io non ho aperto bocca (cfr. Sal 38, 10).
Allora in un disegno di amore misericordioso venne per istruire gli uomini con dolce fermezza, ma alla fine tutti, lo vogliano o no, dovranno sottomettersi per forza al suo dominio regale.
Il profeta Malachia preannunzia le due venute del Signore: «E subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate» (Ml 3, 1). Ecco la prima venuta. E poi riguardo alla seconda egli dice: «Ecco l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, ecco viene… Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare» (Ml 3, 1-3).
Anche Paolo parla di queste due venute scrivendo a Tito in questi termini: «E’ apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2, 11-13). Vedi come ha parlato della prima venuta ringraziandone Dio? Della seconda invece fa capire che è quella che aspettiamo.
Questa è dunque la fede che noi proclamiamo: credere in Cristo che è salito al cielo e siede alla destra Padre. Egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti. E il suo regno non avrà fine.
Verrà dunque, verrà il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; verrà nella gloria alla fine del mondo creato, nell’ultimo giorno. Vi sarà allora la fine di questo mondo, e la nascita di un mondo nuovo.
  

 

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CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA I DOMENICA DI AVVENTO – OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI – 26 NOVEMBRE 2005 (anno B)

dal sito: 

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2005/documents/hf_ben-xvi_hom_20051126_vespri-avvento_it.html

 

CAPPELLA PAPALE
CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA I DOMENICA DI AVVENTO 

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI  

Basilica Vaticana
Sabato, 26 novembre 2005
 

    

Cari fratelli e sorelle

Con la celebrazione dei Primi Vespri della Prima Domenica di Avvento iniziamo un nuovo Anno liturgico. Cantando insieme i Salmi, abbiamo elevato i nostri cuori a Dio, ponendoci nell’atteggiamento spirituale che caratterizza questo tempo di grazia: la « vigilanza nella preghiera » e l’ »esultanza nella lode » (cfr Messale Romano, Prefazio di Avvento II/A). Sul modello di Maria Santissima, che ci insegna a vivere in religioso ascolto della parola di Dio, soffermiamoci sulla breve Lettura biblica poc’anzi proclamata. Si tratta di due versetti contenuti nella parte conclusiva della Prima Lettera di san Paolo ai Tessalonicesi (1 Ts 5,23-24). Il primo esprime l’augurio dell’Apostolo alla comunità; il secondo offre, per così dire, la garanzia del suo adempimento. L’augurio è che ciascuno sia santificato da Dio e si conservi irreprensibile in tutta la sua persona – « spirito, anima e corpo » – per la venuta finale del Signore Gesù; la garanzia che ciò possa avvenire è offerta dalla fedeltà di Dio stesso, il quale non mancherà di portare a compimento l’opera iniziata nei credenti. 

Questa Prima Lettera ai Tessalonicesi è la prima di tutte le Lettere di san Paolo, scritta probabilmente nell’anno 51. In questa sua prima Lettera si sente, ancor più che nelle altre, il cuore pulsante dell’Apostolo, il suo amore paterno, anzi possiamo dire materno, per questa nuova comunità. E si sente anche la sua ansiosa preoccupazione perché non sia spenta la fede di questa Chiesa novella, circondata da un contesto culturale in molti sensi contrario alla fede. Così Paolo conclude la sua Lettera con un augurio, potremmo anche dire con una preghiera. Il contenuto della preghiera che abbiamo sentito è che siano santi e irreprensibili nel momento della venuta del Signore. La parola centrale di questa preghiera è « venuta ». Dobbiamo domandarci: che cosa vuol dire venuta dal Signore? In greco è « parusia », nel latino « adventus »: « avvento », « venuta ». Che cos’è questa venuta? Ci coinvolge oppure no? 

Per comprendere il significato di questa parola e quindi della preghiera dell’Apostolo per questa comunità e per le comunità di tutti i tempi – anche per noi – dobbiamo guardare alla persona grazie alla quale si è realizzata in modo unico, singolare, la venuta del Signore la Vergine Maria. Maria apparteneva a quella parte del popolo di Israele che al tempo di Gesù aspettava con tutto il cuore la venuta del Salvatore. E dalle parole dei gesti narrati nel Vangelo possiamo vedere come realmente Ella viveva immersa nelle parole dei Profeti, era tutta in attesa della venuta del Signore. Non poteva, tuttavia, immaginare come si sarebbe realizzata questa venuta. Forse aspettava una venuta nella gloria. Tanto più sorprendente fu per lei il momento nel quale l’Arcangelo Gabriele entrò nella sua casa e le disse che il Signore, il Salvatore, voleva prendere carne in Lei, da lei, voleva realizzare la sua venuta attraverso di Lei. Possiamo immaginare la trepidazione della Vergine. Maria con un grande atto di fede, di obbedienza, dice sì: « Ecco, sono l’ancella del Signore ». E così è divenuta « dimora » del Signore, vero « tempio » nel mondo e « porta » attraverso la quale il Signore è entrato sulla terra. 

Abbiamo detto che questa venuta è singolare: « la » venuta del Signore. E tuttavia non c’è soltanto l’ultima venuta alla fine dei tempi: in un certo senso il Signore desidera sempre venire attraverso di noi. E bussa alla porta del nostro cuore: sei disponibile a darmi la tua carne, il tuo tempo, la tua vita? È questa la voce del Signore, che vuole entrare anche nel nostro tempo, vuole entrare nella vita umana tramite noi. Egli cerca anche una dimora vivente, la nostra vita personale. Ecco la venuta del Signore. Questo vogliamo di nuovo imparare nel tempo dell’Avvento: il Signore possa venire anche tramite noi. 

Possiamo quindi dire che questa preghiera, questo augurio espresso dall’Apostolo contiene una verità fondamentale, che egli cerca di inculcare nei fedeli della comunità da lui fondata e che possiamo riassumere così: Dio ci chiama alla comunione con sé, che si realizzerà pienamente al ritorno di Cristo, e Lui stesso si impegna a far sì che giungiamo preparati a questo incontro finale e decisivo. Il futuro è, per così dire, contenuto nel presente o, meglio, nella presenza di Dio stesso, del suo amore indefettibile, che non ci lascia soli, non ci abbandona nemmeno un istante, come un padre e una madre non smettono mai di seguire i propri figli nel loro cammino di crescita. Di fronte al Cristo che viene, l’uomo si sente interpellato con tutto il suo essere, che l’Apostolo riassume nei termini « spirito, anima e corpo », indicando così l’intera persona umana, quale unità articolata di dimensione somatica, psichica e spirituale. La santificazione è dono di Dio e iniziativa sua, ma l’essere umano è chiamato a corrispondere con tutto se stesso, senza che nulla di lui resti escluso. 

Ed è proprio lo Spirito Santo, che nel grembo della Vergine ha formato Gesù, Uomo perfetto, a portare a compimento nella persona umana il mirabile progetto di Dio, trasformando innanzitutto il cuore e, a partire da questo centro, tutto il resto. Avviene così che in ogni singola persona si riassume l’intera opera della creazione e della redenzione, che Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo, va compiendo dall’inizio alla fine del cosmo e della storia. E come nella storia dell’umanità vi è al centro il primo avvento di Cristo e alla fine il suo ritorno glorioso, così ogni esistenza personale è chiamata a misurarsi con lui – in modo misterioso e multiforme – durante il pellegrinaggio terreno, per essere trovata « in lui » al momento del suo ritorno. 

Ci guidi Maria Santissima, Vergine fedele, a fare di questo tempo di Avvento e di tutto il nuovo Anno liturgico un cammino di autentica santificazione, a lode e gloria di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.     

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buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno columbine-1

Columbine

http://www.shortcourses.com/naturelog/2004_05_01_month

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« Vegliate e pregate in ogni momento »

San Bernardo (1091-1153), monaco cistercense e dottore della Chiesa
Discorso 86 sul Cantico dei cantici

« Vegliate e pregate in ogni momento »

Chi vuole pregare nella pace non solo terrà conto del luogo ma anche del momento. Il momento del riposo è il più favorevole e quando il sonno della notte stabilisce dappertutto un profondo silenzio, la preghiera si fa più libera e più pura. « Alzati, grida nella notte quando cominciano i turni della sentinella; effondi come acqua il tuo cuore, davanti al Signore » (Lm 2,19). Con quale franchezza la preghiera sale nella notte, quando solo il Signore ne è testimone, con l’angelo che la riceve per presentarla sull’altare celeste! È gradevole e luminosa, tinta di pudore. È calma, pacifica quando nessun rumore, nessun grido viene a interromperla. È pura e sincera, quando la polvere delle preoccupazioni terrene non può sporcarla. Non c’è spettatore che possa esporla alla tentazione con i suoi elogi e le sue lusinghe.

Per questo la Sposa [del Cantico dei Cantici] agisce insieme con sagezza e pudore quando sceglie la solitudine notturna della sua camera per pregare, cioè per cercare il Verbo, poiché è tutt’uno. Preghi male se pregando cerchi altro che il Verbo, la Parola di Dio, o se non chiedi qualcosa nella tua preghiera che non sia in rapporto col Verbo. Tutto infatti é in lui: i rimedi alle tue ferite, i soccorsi di cui hai bisogno, il miglioramento dei tuoi difetti, la fonte dei tuoi progressi, insomma quanto si può e si deve desiderare. Non c’è nessun motivo per chiedere al Verbo una cosa diversa da lui stesso, poiché egli è in ogni cosa. Se, come è necessario, sembra che chiediamo alcuni beni concreti, e se, come lo dobbiamo, li chiediamo in rapporto con il Verbo, chiediamo in effetti dando meno importanza a queste cose, rispetto a quella che attribuiamo a colui che è il motivo della nostra preghiera.

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 1 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

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