San « Leo Magno »

dal sito:
http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20000915_teresa_it.html
Viver d’Amore!…
« La sera dell’amore, senza parabole Gesù diceva: « Se uno vuole amarmi, la mia Parola nella sua vita accolga. Io e il Padre verremo a visitarlo e, dimora prendendo nel suo cuore, lo ameremo per sempre, da lui stando. Vogliamo che, colmo di pace, resti nel nostro Amore! ».
Viver d’Amore è custodire Te, Verbo Increato, Parola del mio Dio! Ah, tu sai che t’amo, Gesù divino! Lo Spirito d’Amor tutta m’infiamma. È amando Te che io attiro il Padre: il debole mio cuore lo trattiene. O Trinità, tu ormai sei prigioniera del mio Amore!
Viver d’Amore è di tua vita vivere, Re glorioso, delizia degli eletti. Tu nascosto nell’ostia per me vivi: e io voglio per te, Gesù, nascondermi! Pur occorre agli amanti solitudine, un cuore a cuore che duri notte e giorno Il tuo sguardo è per me beatitudine: vivo d’Amore!…
Viver d’Amore non è mai qui in terra un piantare la tenda in vetta al Tabor: è salire invece con Gesù il Calvario, è nella Croce scorgere un tesoro! A me gioire sarà dato in Cielo, ove per sempre esclusa è la prova; ma nell’esilio voglio col soffrire viver d’Amore.
Viver d’Amore è dare senza tregua, senza pretesa di compensi umani. Ah, senza misura io do, ben certa che non si calcola quando pur si ama! Al Cuor Divino, colmo di dolcezza, ho dato tutto ed or leggera corro ed io altro non ho che la mia ricchezza: viver d’Amore.
Viver d’Amore è delle antiche colpe bandire ogni timore, ogni ricordo. Dei miei peccati nessun segno vedo: in un lampo l’amor tutto ha bruciato! Fiamma Divina, Fornace dolcissima, nel tuo braciere io dimora prendo! Nelle tue fiamme libera io canto: « Vivo d’Amore ».
Viver d’Amore è navigare sempre, gioia e pace nei cuori seminando. Mossa da Carità, Pilota caro, ti vedo nell’anime mie sorelle.
La Carità è la mia sola stella: su giusta rotta vogo alla sua luce. Io sulla vela il mio motto ho scritto: « Viver d’Amore ».
Viver d’Amore è, mentre Gesù dorme, trovar riposo sui tempestosi flutti. Non temere, Signor, che io ti svegli! In pace attendo il celeste approdo. Presto la Fede squarcerà il suo velo; la Speranza per me è vederti un giorno: Carità è una vela gonfia che mi spinge: Vivo d’Amore!
Viver d’Amore, mio Divin Maestro, è supplicarti che il tuo fuoco invada del tuo Sacerdote l’anima sacra: più puro sia dei Serafini in Cielo! Glorifica la Chiesa tua immortale; non esser sordo, Gesù, ai sospiri miei; per lei io, Figlia sua, qui mi immolo: Vivo d’Amore!
Viver d’Amore è asciugarti il Volto e ottener perdono ai peccatori: la tua grazia li accolga, o Dio d’Amore; e il tuo Nome in eterno benedicano!
Mi rintrona nel cuore la bestemmia: per cancellarla voglio ricantare: « ll tuo Santo Nome io adoro e amo ». Vivo d’Amore!
Viver d’Amore è imitar Maria che di pianto e preziosi aromi bagna i tuoi piedi divini e, rapita, coi lunghi suoi capelli li rasciuga; poi ella, rotto il vaso, si rialza per profumare il tuo dolce Volto. Anch’io il tuo Volto posso profumare col mio Amore!
« Viver d’Amore, oh, che follia strana! », mi dice il mondo: « Cessate il vostro canto, e vita e profumi non sprecate più! Sappiate farne un uso intelligente! ».
Amarti, Gesù, che perdita feconda! Tutti i miei profumi son per te solo; senza rimpianti lascio il mondo e canto: « Muoio d’Amore! »
Morir d’Amore è assai dolce martirio, che vorrei appunto per te patire! Cherubini, accordatevi la lira: del mio esilio io sento già la fine. Fiamma d’Amor, continua a consumarmi! Vita fugace, pesa il tuo fardello! Gesù Divino, il mio sogno adempi: morir d’Amore.
Morir d’Amore, ecco la mia Speranza! Quando spezzate vedrò le mie catene, sarà Dio la mia grande Ricompensa: altri beni io non voglio possedere. Del suo Amore voglio infiammarmi tutta, voglio vederlo, a Lui per sempre unirmi. Ecco il mio Cielo, ecco il mio destino: viver d’Amore!!!… »
Santa Teresa del Bambin Gesù, Dottore della Chiesa: Opere (Febbraio 1897)
Preghiera:
O Dio, il Tuo Santo Spirito infiammò il cuore di Santa Teresa di un amore senza frontiere al Tuo Divino Figlio e la illuminò per comprendere e praticare la Legge Suprema dell’Amore. Supplichiamo umilmente a Te di concederci per sua intercessione, trovare Te in tutte le cose, avvenimenti e persone. Te lo chiediamo per mezzo di Gesù Cristo, Nostro Signore, amen.
A cura dell’Ateneo Pontificio « Regina Apostolorum »
dal sito:
http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=10765&theme=8&size=A
09/11/2007 15:41
CINA
La Bibbia alle Olimpiadi: è la censura di sempre
Ogni atleta o visitatore potrà portare solo “una Bibbia” per “uso personale”. Tutto il resto sarà considerato “propaganda” punibile secondo le leggi cinesi. Vietati in modo assoluto i testi della Falun Gong e incontri con le comunità sotterranee. Tutto il mondo sperimenterà la repressione religiosa “made in China”.
Pechino (AsiaNews) – Il portavoce del Ministero degli esteri ha difeso la politica religiosa della Cina affermando che per le Olimpiadi ad ogni visitatore o atleta sarà lecito portare la Bibbia o altri oggetti religiosi, ma solo “per motivi personali”. Parlando ieri ai giornalisti, Liu Jianchao ha definito “voci infondate” quelle diffuse da alcuni media americani e italiani, secondo cui la Bibbia sarebbe proibita ai Giochi olimpici.
“Secondo le leggi cinesi – ha continuato Liu Jianchao – agli stranieri è permesso di portare oggetti o materiali religiosi, stampati, audio o video, per uso personale”. Durante i Giochi Olimpici non ci sarà dunque alcun cambiamento rispetto ai regolamenti soliti sulle attività religiose.
“I diritti di libertà religiosa – ha concluso il portavoce, citato da Xinhua – sono protetti dalla Costituzione cinese e dalle leggi”.
Li Zhanjun, direttore del Media Centre dei Giochi, ha accusato le voci sulle proibizioni come “una distorsione intenzionale della verità”. In realtà, nelle scorse settimane, vi sono state alcune dichiarazioni ufficiali che proibivano l’introduzione di materiale religioso di “propaganda”, considerato pericoloso ed elencato affianco a “armi ed esplosivi”. Molti atleti e organizzazioni per i diritti umani hanno sollevato il problema di cosa va definito “propaganda”: un segno di croce in pubblico prima di una partita, una preghiera islamica ai bordi del campo potrebbero essere considerati gesti di propaganda religiosa.
Leggendo su sito ufficiale delle Olimpiadi di Pechino (www.beijing2008.cn ) si trova solo l’indicazione di non portare “materiale pericoloso”, sangue, animali infetti, materiale “dannoso alla politica cinese” e poi si precisa in una nota: “Si raccomanda in ogni viaggio di portare in Cina non più di una Bibbia” (cfr. http://en.beijing2008.cn/22/69/article212026922.shtml ).
Non una censura speciale, apposta per le Olimpiadi, ma la censura di sempre. Queste regole infatti vengono applicate in Cina per tutti i viaggiatori per 365 giorni all’anno.
Applicando la censura di sempre, sarà proibita l’entrata di testi del Falun Gong, che la Cina definisce “un culto malvagio” fuorilegge; vietata la distribuzione di bibbie o libri religiosi; perseguita ogni attività a sostegno del Tibet e del Dalai Lama e ogni raduno con fedeli di comunità sotterranee.
Ciò che Pechino teme di più sono le minacce dei buddisti tibetani dall’estero, che hanno promesso di usare la scena olimpica per denunciare le violenze contro il Dalai Lama e il popolo tibetano. E teme le decine di migliaia di protestanti americani che si stanno preparando – perfino studiando la lingua cinese – a usare la finestra delle Olimpiadi per evangelizzare il Paese importando migliaia di bibbie. Chi pensava che le Olimpiadi sarebbero state un momento per la Cina di “assaggiare la libertà”, dovrà ricredersi: toccherà al resto del mondo “assaggiare” la repressione religiosa.
dal sito:
http://www.zenit.org/article-12491?l=italian
Alla scuola spirituale di padre Rebora
ROMA, sabato, 10 novembre 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la lettera inviata da monsignor Antonio Riboldi, Vescovo emerito di Acerra, al Convegno tenutosi presso l’Università Cattolica di Milano, il 30 e il 31 ottobre scorso, sul tema “A verità condusse poesia. Per una rilettura di Clemente Rebora”, nel cinquantesimo della morte di questo sacerdote rosminiano.
* * *
“La Parola zittì chiacchiere mie
la Provvidenza sue vie dispose;
mi feci attento a Pietro e alla sua Chiesa
dei Martiri la Fede venne accesa” (dai Frammenti)
Queste sono, per me, le parole di Rebora, con cui esprime ciò che caratterizzava la sua vita dopo la conversione. Padre Rebora era mio padre spirituale durante il Noviziato e mi colpiva, ogni volta, quanto desse peso anche alle piccole mancanze, che erano il ‘bagaglio’ di una vita chiusa nel silenzio del Calvario.
Non sapevo nulla di lui e nessuno ne parlava. Ebbi la fortuna di averlo confratello, durante le vacanze alla Sacra di San Michele. Ogni volta veniva lassù, chiedeva con umiltà, all’Abate, di avere la cella vicina alla Cappella interna; non solo, ma chiedeva il ‘permesso’ – cosa davvero incredibile – di disporre il letto in modo che fosse rivolto verso la parete della Cappella, perché – diceva – ‘così riposo testa a testa con Gesù’.
In quella cella trascorreva la sua giornata in un silenzio, che era contemplazione, meditazione e scrittura. Quando – a volte per metterlo alla prova! – bussavo alla sua porta, si alzava e mi veniva subito incontro con un ‘caro’, che era la grande carità, che andava oltre i miei scherzi e il mio disturbo. Quel suo modo di ‘vivere Cristo’, metteva in crisi la mia voglia giovanile, che amava il chiasso, la gioia. La luminosità del suo sguardo, con il suo sorriso sempre stampato in volto, erano come una ‘guida’ alla serietà di una vita donata a Dio, totalmente.
Davvero, dopo la conversione, il Rebora di ‘prima’ non c’era più. C’era il Rebora del ‘dopo’, che doveva recuperare i ‘passi smarriti’. Tanti pomeriggi uscivamo insieme per una passeggiata attorno alla Sacra. Allora la Sacra era poco conosciuta e, quindi, facile il silenzio. Mi camminava a fianco, sempre in silenzio. Io cercavo la conversione e, siccome ero – allora – ‘un divoratore di libri’, tentavo di trasmettergli ciò che leggevo, a volte aggiungendo la mia critica.
Continuavo a non sapere nulla del suo passato, rendendo vere: ‘la Parola zittì chiacchiere mie’. Leggevo i romanzi russi e, a mio modo, facevo commenti e osservazioni. Ascoltava, senza mai dire ‘parole sue’ e neppure scrollando il capo, per farmi capire quanto poco ne capissi. Non sapevo che era uno dei pochi grandi conoscitori della letteratura russa!
Se poi incontravamo una cappella aperta al culto, appena vedeva il tabernacolo correva e letteralmente si prostrava in adorazione, come avesse incontrato Cristo, il suo grande Bene, in carne ed ossa. Da parte lo guardavo e mi interrogavo: “Ma chi è Rebora?”.
Per toglierlo dalla sua ‘estasi’, dopo un certo tempo dicevo: “Padre, l’obbedienza ci attende, perché presto ci sarà la visita al Sacramento e il Rosario”. Immediatamente mi seguiva…mai rimproverandomi della bugia detta! Poi le nostre vie si divisero: io nella vita pastorale, lui in quella formativa. E lentamente cominciai ad accostarmi alle sue poesie.
In un certo senso mi fu guida il ‘suo silenzio contemplativo’, la seria ricerca, senza limiti, della santità, la grande e totale carità. Non ci si poteva accostare a Don Clemente, senza portarsi appresso un continuo richiamo all’Assoluto. Mi rimane la sofferenza di non esserci tra voi, oggi, per ricordarlo. Ma faccio gli auguri e dico a don Clemente di donarvi il suo spirito.
San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa
Moralia, 34
« Nessuno servo può servire a due padroni »
Volere mettere la propria speranza e la propria fiducia nei beni passeggeri, è volere porre delle fondamenta nell’acqua corrente. Tutto passa: Dio resta. Attaccarsi al transitorio, è staccarsi dal perenne. Chi dunque, spazzato dai vortici impetusoi di una rapida, può rimanere fisso al suo posto, nel torrente impetuoso? Se dunque vogliamo rifiutare di essere portati via dalla corrente, dobbiamo sfuggire tutto ciò che scorre; altrimenti l’oggetto del nosto amore ci costringerà ad arrivare a ciò che precisamente vogliamo evitare. Chi si attacca a dei beni transitori sarà sicuramente trascinato fino al punto in cui derivano queste cose alle quali si attacca.
La prima cosa è dunque guardarsi dall’ amare i beni materiali; la seconda, non mettere tutta la nostra fiducia in questi beni che ci sono affidati per usarne, non per goderne. L’anima attaccata a questi beni che passano perde velocemente la propria stabilità. La corrente della vita presente trascina colui che porta, ed è illusione folle, per colui che è trascinato da questa corrente, volere tenervisi in piedi.